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IN DIFESA DEL PUBBLICO CONCORSO

La sfiducia nel pubblico concorso è diffusa. Invece, è una difesa contro gli abusi. Ed è la Costituzione a dire che agli impieghi con le pubbliche amministrazioni si accede per concorso. La stabilizzazione dei precari avviene in violazione di questo principio. Tanto più grave se le sanatorie sono due consecutive. Per risolvere il problema alla radice occorre interrompere la catena di comportamenti e rimedi sbagliati. Ma non basta intervenire su uno solo degli anelli. Serve, nelle varie fasi del rapporto di lavoro, la giusta quantità di precarietà e di sicurezza.

Prima si chiamavano avventizi, adesso precari, ma la sostanza è la stessa: personale che in qualche modo riesce a mettere un piede dentro una pubblica amministrazione e poi aspira alla stabilizzazione. Il fenomeno è stato acuito dalla tendenza ad aggirare i blocchi delle assunzioni, imposti dalle ultime Leggi finanziarie, ma la ragione fondamentale è l’elusione della regola del pubblico concorso: già nel 2001, quando non c’erano blocchi, i dipendenti a tempo determinato sfioravano le 90mila unità, per poi arrivare a circa 110mila.

C’è precario e precario

I precari, però, non sono tutti uguali. Ci sono quelli selezionati rigorosamente da amministrazioni serie, come l’Autorità antitrust, e quelli arruolati con criteri clientelari. Quelli reclutati per esigenze temporanee, e quelli assunti per colmare i vuoti di organico. Quelli che, quando si facevano i concorsi pubblici, avrebbero vinto i più difficili, ma pur di lavorare si adattano a un lavoro meno qualificato, e quelli che occupano posizioni dirigenziali senza averne i titoli. Di queste differenze bisognerebbe tener conto.
Le Leggi finanziarie, invece, fanno poche distinzioni: agiscono in modo grossolano sia quando si tratta di bloccare le assunzioni, sia quando si tratta di stabilizzare chi è stato assunto in violazione del blocco. Ciò vale, innanzitutto, per le previsioni della Legge finanziaria per il 2007 relative alla stabilizzazione del personale a tempo determinato che sia stato reclutato “mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge”: stabilizzazione da operarsi con ulteriori procedure selettive. L’applicazione di questa norma, da parte delle amministrazioni pubbliche, ha stiracchiato il concetto di procedura selettiva al di là del buon senso.

C’è procedura selettiva e procedura selettiva

Anche tra le procedure selettive, infatti, bisogna distinguere, come suggerito dalla legge stessa: alcune hanno natura concorsuale, altre no. Questa ardita distinzione tra concorso e procedura selettiva è la confessione di un legislatore intellettualmente onesto ma costituzionalmente disonesto, che consente l’assunzione di dipendenti pubblici con procedure che con il concorso pubblico non hanno nulla a che fare. Su questo è bene essere chiari: la Costituzione stabilisce che agli impieghi pubblici si accede per concorso; si ha concorso quando tutti coloro che hanno certi requisiti possono concorrere e il numero dei posti è significativamente inferiore al numero dei concorrenti; i cosiddetti concorsi interni e riservati non sono concorsi (possono servire ad altro, per esempio per le progressioni economiche, ma non devono servire ad assumere). La stabilizzazione dei precari, dunque, avviene in violazione del principio del concorso.
La Leggefinanziaria per il 2008, come approvata dal Senato, amplia la platea dei beneficiari, spostando di un anno il termine entro il quale occorreva aver maturato i requisiti e ammettendo in via generale anche i collaboratori coordinati e continuativi, che di regola sono reclutati senza alcuna selezione. Sono esclusi, con una certa dose di demagogia, solo i famigerati “portaborse dei politici”, evidentemente di razza inferiore rispetto ai portaborse dei presidenti di enti pubblici e a quelli dei direttori generali, spesso nominati, a loro volta, dai politici, e non eletti dai cittadini.
È difficile prevedere quanti precari beneficeranno della nuova norma e in quali tempi (la norma della Finanziaria 2007 è in parte inattuata). Dell’allungamento di un anno potrebbero beneficiare in circa 15mila, dell’estensione molti dei 90mila co.co.co. Ancora più difficile ipotizzare i costi reali: lo stanziamento è di 20 milioni di euro per ciascuno dei prossimi tre anni, ma potrebbe essere aumentato. Molto dipenderà dai piani di stabilizzazione predisposti dalle amministrazioni. L’effetto della norma è comunque grave, perché due sanatorie consecutive implicano il passaggio dall’eccezione alla regola: il reclutamento senza concorso, con successiva stabilizzazione, tende a diventare un modo ordinario di assunzione. Poiché non c’è due senza tre, continuerà la corsa a mettere un piede nelle amministrazioni, sperando in successive sanatorie. Sanatorie che non mancano mai, perché – a torto o a ragione – nessun governo vuole licenziare dipendenti pubblici. Continuerà, quindi, la sistematica violazione della Costituzione.

C’è dipendente e dipendente

Tutto ciò comporta una grave discriminazione tra i precari e i vincitori di concorso che non hanno ancora preso servizio. I primi lavorano, anche se in molti casi non hanno fatto niente per meritarlo; i secondi non lavorano, anche se hanno vinto un concorso. Un legislatore che privilegia i primi ai secondi è inqualificabile.
Ma c’è anche un’altra ingiustizia, spesso trascurata: è la disparità di trattamento tra i precari del settore pubblico e quelli del settore privato. Perché i primi devono essere stabilizzati e i secondi no? Semmai, dovrebbe essere il contrario: perché nel settore privato i precari sono spesso vittime dell’elusione di norme poste a loro tutela; nel settore pubblico sono spesso beneficiari dell’elusione di norme poste a tutela dei cittadini (sia in quanto utenti dei servizi amministrativi, sia in quanto potenziali concorrenti per gli impieghi pubblici).
Nonostante la privatizzazione, infatti, i dipendenti pubblici rimangono, per alcuni importanti aspetti, diversi da quelli privati. Una delle differenze è che nelle pubbliche amministrazioni non c’è un padrone che spende i propri soldi: si possono attenuare le conseguenze di questo fatto (per esempio, con la trasparenza), ma non lo si può eliminare. È per questo che la Costituzione pone il principio del concorso per l’accesso agli impieghi, sottraendo ai vertici delle amministrazioni il controllo delle assunzioni. Ed è per questo che la legge esclude, per il settore pubblico, la conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato: sarebbe un modo troppo facile per eludere il concorso. Sanatorie come questa aggirano questo divieto e consentono questa elusione.

C’è precarietà e precarietà

Nel settore privato, e tra gli studiosi che si concentrano su di esso, è diffusa la sfiducia nel pubblico concorso come strumento di selezione del personale pubblico. Vicende come questa dovrebbero far riflettere i critici: il concorso è una difesa contro gli abusi, anche se non sempre efficace. Ma la sfiducia si fonda su alcune buone ragioni, come il fatto che i concorsi sono spesso superflui (per certi lavori basterebbe ricorrere alle liste di collocamento) o fasulli (con commissioni interne o con bandi ritagliati intorno alle figure dei candidati interni). E, soprattutto, chi vince il concorso passa dall’inferno al paradiso, con un biglietto di sola andata. Ecco perché la stabilizzazione è vissuta in termini drammatici: perché si passa dalla totale precarietà alla totale sicurezza. Una volta assunti, è difficile venire licenziati – anche se si lavora poco – e le progressioni di carriera (non solo quelle economiche) sono automatiche.
La Costituzione dice che agli impieghi con le pubbliche amministrazioni si accede per concorso. Ma non dice affatto che poi si rimane lì per sempre, né che poi si va avanti per inerzia, né che non si può essere trasferiti. Al contrario, recepisce il principio del merito, che implica che anche la progressione in carriera sia legata a valutazioni di merito; afferma il principio del buon andamento dell’amministrazione, che deve prevalere sugli interessi dei dipendenti; e pone principi sui doveri e sulla responsabilità dei dipendenti stessi.
Tutto ciò suggerisce che, per risolvere il problema del precariato alla radice, occorre interrompere la catena di comportamenti e rimedi sbagliati: le assunzioni clientelari, i blocchi delle assunzioni, i contratti a termine, la stabilizzazione dei precari. Ma non basta intervenire su uno degli anelli della catena. Occorre introdurre, nelle varie fasi del rapporto di lavoro, la giusta quantità di precarietà e di sicurezza: decrescente nel tempo la prima e crescente la seconda, ma entrambe legate al merito e alla responsabilità. Un po’ di precarietà può fare bene a tutti i dipendenti pubblici, a cominciare dai professori universitari. Bisogna fare i concorsi, e farli bene. Ma, poi, gli esami non devono finire mai.

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43 commenti

  1. Luca Melindo

    Questo articolo dovrebbe essere pubblicato a caratteri cubitali su tutti i quotidiani e declamato sulle pubbliche piazze. Invece rimarrà uno dei tanti inascoltati appelli ad applicare con rigore la Costituzione.

  2. Gaetano Zilio Grandi

    Mi permetto di dissentire con l’autore. Come in altra sede credo di aver dimostrato, il concorso pubblico, suo malgrado e nonostante la sua previsione costituzionale, non intacca i meccaniusmi perversi che presiedono all’accesso alle pubbliche amministrazioni; se a questo aggiungiamo che in verità l’accesso è spesso “rieervato” a chi ha svolto,, in qualche modo, attività per le PA, ecco che il cerchio è chiuso. Con buona pace del merito e del bilancio delle stesse PA. Cordialità

    • La redazione

      Il dissenso è in larga misura apparente e dipende dal fatto che spesso i concorsi sono organizzati male o fasulli: un concorso con accesso riservato non è un concorso. Perché la Costituzione sia rispettata non servono timbri, certificati e buste sigillate: servono ampia possibilità di partecipare, competizione reale e indipendenza della commissione giudicatrice. Chi propone di superare il principio del concorso, comunque, dovrebbe riflettere sulle alternative: storicamente, per il settore pubblico, le alternative al pubblico concorso sono state la venalità degli uffici, il patronato politico e il clientelismo. Oggi, in Italia, l’unica alternativa reale è quest’ultima.
      Fare un concorso spesso non è sufficiente a garantire contro il malcostume, ma non farlo garantisce il malcostume.

  3. Giovanni

    Le sanatorie talvolta sono la soluzione più giusta a problemi che non sono stati affrontati al momento giusto. Ho da due anni un incarico dirigenziale conferitomi a seguito di una procedura di selezione interna aperta ai funzionari. Nell’ente in cui lavoro è una cosa ormai comune, gli incarichi dirigenziali attribuiti sono circa 350 e di questi quasi 100 sono stati attribuiti a personale che non ha la qualifica di dirigente. Questi ultimi sono, per ragioni anagrafiche, destinati a crescere. Per quale motivo? Sono più di dieci che non viene bandito un concorso per dirigenti. Questa situazione, per quanto ne so, è generalizzabile a molti altri enti. Allora che facciamo? Un bel concorso per 10.000 dirigenti! E chi lavora più, saremo tutti impegnati a studiare. Da un lato dalla PA si pretendono giustamente efficacia, efficenza, risposte alle esigenze dei cittadini, etc. dall’altra si impedisce ad un ente di fare concorsi per dirigenti ovvero se consentiti di scegliere i dirigenti tra i propri funzionari.

    • La redazione

      È vero che a volte, in concreto, la sanatoria può essere una soluzione giusta, perché arriva quando il danno è già fatto. È vero che i concorsi per i dirigenti devono essere diversi da quelli per le qualifiche inferiori e non devono richiedere una preparazione nozionistica. È vero che un concorso con 10.000 partecipanti è comunque ingiusto, perché non consente una reale comparazione. Ma è vero anche che una selezione interna non è un concorso: dare incarichi in questo modo può fare contenti tutti, tranne chi sta fuori e rimane escluso.

  4. FRANCO BONACCHINI

    basta il titolo dell’articolo per capire come l’eliminazione del pubblico concorso abbia creato una serie di guasti nella pubblica amministrazione che saranno difficilmente eliminabili e le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, compresi i politici, che ne hanno beneficiato e che ora ne pagano le conseguenze con la crescita dell’antipolitica. Io penso che, dopo una oportuna riforma che li renda più attuali e seri, vanno ripristinati

  5. Davide Di Laurea

    Bisognerebbe farsi anche un giro nel mondo reale e sobbarcarsi l’onere di analizzare cosa è veramente il precariato nelle P.A.. Ma veramente si vuole credere che siano tutte assunzioni clientelari? Che il pubblico concorso, in Italia, sia una difesa contro gli abusi è una favoletta per cittadini in campane di vetro o per filosofi del diritto. Ma il punto è un altro: la stabilizzazione è sicuramente soluzione non ottimale nel medio periodo, ma resta una soluzione (senza che ne siano state avanzate altre di pari importanza ed incisività) e non il problema. Scambiarla per il male e non battersi, invece, perché venga accompagnata da una seria riforma dell’organizzazione del lavoro pubblico (e della dirigenza pubblica, già che ci siamo) che metta proficuamente a lavoro tutte (tutte!) le coorti di dipendenti pubblici può valere un posto di primo piano in una vetrina intellettualmente speciale, ma fa un torto enorme alle migliaia di precari (quelli non raccomandati, ché questi precari non lo sono mai stati) cui la stabilizzazione restituirà una dignità lavorativa finora mai conosciuta. O è forse proprio questo che dà noia?

    • La redazione

      Questa critica può essere legittimamente rivolta a chi non si batte “per una seria riforma dell’organizzazione del lavoro pubblico”: francamente, non credo di appartenere a questa categoria. Ma il fatto che ci siano altri problemi non può essere un alibi per non denunciare un modo di reclutamento che è alla base dello sfascio delle amministrazioni pubbliche italiane. La stabilizzazione è forse un male politicamente inevitabile, ma è un male, anche perché mette sullo stesso piano precari meritevoli e precari non meritevoli.

  6. Sandro

    Sì, si, vìola di nuovo la costituzione, ma che dire di tutti coloro che l’hanno nel tempo “precarizzata” senza mai migliorare la P.A. partendo proprio dalle forme di accesso e che invece per farla funzionare a singhiozzo hanno pensato ad assumere solo con i precari. Il rimedio attuale è solo frutto di seme mai piantato.

    • La redazione

      Sarà una deformazione professionale, ma a me il rispetto della Costituzione sembra una cosa piuttosto importante. Ma sono d’accordo: una volta che i precari sono dentro, il danno è fatto; la pressione per la loro stabilizzazione – come si è visto in questi giorni – diventa irresistibile e può far leva su non trascurabili preoccupazioni di ordine sociale. Rimane il fatto che la stabilizzazione di dipendenti assunti senza concorso aggiunge ingiustizia a ingiustizia.

  7. VM

    Vorrei condividere con voi i miei dubbi sulla capacità del concorso pubblico di difendere dagli abusi. Vi porto il caso concreto della Sicilia dove si è passati da concorsi pubblici palesemente truccati a assunzioni di precari poco trasparenti. Quale sarebbe la giusta via?

    • La redazione

      Anche le elezioni politiche e le partite di calcio possono essere truccate, ma questo non vuol dire che non si debba votare o che non si debba giocare a calcio, né che non si possa farlo onestamente.

  8. Alberto

    Secondo me bisognerebbe sempre fare un concorso pubblico, ma solo a titolo di IDONEITA’. Poi fra gli idonei il dirigente dovrebbe scegliersi i dipendenti che fanno al caso suo, naturalmente prendendosene tutte le responsabilità, giustificandone la scelta davanti allo stato e venendo degradato, ad esempio, se sceglie un ladro. I concorsi di idoneità non dovrebbero essere fatti dai dirigenti. Dovrebbero essere completamente anonimi (la commissione giudicatrice non dovrebbe nemmeno vedere in faccia il candidato). Un concorso di idoneità con meno di 10 candidati non dovrebbe essere nemmeno tenuto (è chiaro che in quel caso si tenterebbe di fare un concorso ad personam). Dovrebbe essere sempre garantito un numero minimo di vincitori (almeno 5 vincitori, ad esempio), così si evita che vinca solo il raccomandato. Dovrebbe essere sempre garantito anche un numero minimo di non idonei, così si evitano le bufale di concorsi in cui vincono tutti. Bisognerebbe usare certificazioni internazionali (tipo TOEFL) nelle valutazioni. Alcuni test dovrebbero essere a crocetta con numero ALTISSIMO di possibilità (scelta fra 10 risposte multiple similissime), farne giusto almeno l’80%.

  9. Francesco

    Ben vengano i Concorsi ma non la retorica del Concorso, che ormai sembra pervadere anche un giornale attento La Voce. Posto che spesso chi bandisce in concorsi lo fa con disinvolta discrezionalità, ricordo che alla Scuola e dunque alla Pubblica Istruzione non si accede per concorso (a meno che le selezioni per le Siss non vengano ritenute tali). Non si parli poi dello spregio della Costituzione in un paese come l’ltalia, dove il rispetto della forma (l’aderenza formale ai principi costituzionali) prevale sulla loro elusione di fatto, e i casi sono numerosi, anche di questi tempi. Che dire poi di un governo che parla di stabilizzazione per chi ha sostenuto prove di natura concorsuale o a norma di legge. O è una tautologia – per cui si stabilizza chi ha sostenuto e vinto un concorso, e dunque si riconosce tardivamente un diritto già acquisito – oppure con l’espressione "a norma di legge" si introducono una serie di criteri che non rappresentano affatto la trasformazione di tutti i rapporti di lavoro flessibili in essere, ma bensì a certe condizioni e secondo le diverse volontà politiche, compreso il patto di stabilità dell’ente e l’esigua dotazione finanziaria prevista.

  10. FRANCESCO COSTANZO

    Un Governo che mette in piedi una sanatoria, e solo per una certa categoria di lavoratori, di sicuro non vuole risolvere alcun problema occupazionale del Paese, perchè in Italia tutti i cittadini dovrebbero essere uguali. Forse, il Governo punta a risolvere la difficoltà di alcuni suoi elettori nella pubblica amministrazione, chi può dirlo? Io lavoro nel settore privato, personalmente ho fatto pochissimi concorsi pubblici, quelli che ho fatto avevano sempre qualcosa di poco trasparente, con migliaia di poveracci a concorrere, e sempre con il "dubbio" che ci sia l’inganno dietro la legge, soltanto perchè gestire situazioni così estreme è sempre molto difficile. Non esiste una "giusta dose" di precarietà e sicurezza: o il Governo è in grado di dare sicurezza a tutti i cittadini, oppure deve ammettere di non poterlo fare e decidere di non darla a nessuno, senza distinzioni: la precarietà deve valere per tutti. Va poi affrontato anche il problema della produttività, che è altrettanto complesso perchè implica una rivisitazione dei meccanismi (meritocratici?) di carriera, e dei metodi produttivi. Lavoratori male organizzati lavorano (e costano) tantissimo, con quali risultati?

  11. Donatella

    Se la sfiducia nel concorso pubblico è diffusa è perchè questo, da difesa contro gli abusi, si è tramutato in un abuso. Da quanto ho potuto constatare personalmente, i precari da stabilizzare in barba al concorso pubblico (quello serio, però, che in pratica è solo un’utopia) sono doppiamente fortunati: primo, per aver avuto la raccomandazione per entrare da precari – chiedete a chi non ha avuto neanche quella se i precari sono sfortunati – e secondo, perchè ora avranno il posto fisso, alla faccia di chi ancora spera, continuamente deluso, in un briciolo di meritocrazia. Qualcuno si vuole occupare di questi ultimi, anzichè perdere tempo con i finti sfigati?

    • La redazione

      Siamo d’accordo: la stabilizzazione trasforma un’ingiustizia a tempo determinato in un’ingiustizia a tempo indeterminato.

  12. Franco

    Credo che il concorso sia, al momento, il miglior modo possibile per accedere nella PA. Almeno è pubblico e aperto a chiunque.
    Quanti di noi è a conoscenza di procedure selettive diversa dal concorso, da parte di un qualsiasi ente pubblico?
    La Gazzetta Ufficiale possiamo leggerla quando vogliamo.

  13. Luca Taglietti

    Ogni qualvolta confronto in tipo di servizio pubblico con un omologo privato, noto che lo stesso lavoro è svolto dal privato con il 25% del personale in meno. Perchè? Perchè il privato rischia il proprio capitale. Nel pubblico,invece, pagano sempre i cittadini. Qualsiasi forma di assunzione, fatta per concorso o a chiamata, nulla può se non c’è chi si assume il rischio del fallimento dell’obiettivo. I carrozzoni pubblici sono sempre lì che spillano soldi senza dare i servizi per cui sono nati. Se una situazione analoga avvenisse nel privato, questi fallirebbe. Due pesi e due misure. Rassegnamoci.

  14. luca

    Condivido il contenuto dell’articolo, che sottolinea quanto affermato dalla Costituzione: l’accesso nella PA avviene, di regola, per concorso. Nella realtà poi poi ogni ente deve fare i conti con il proprio bilancio, con i blocchi delle assunzioni, con la riduzione di spesa del personale.. Lavoro al Personale e di concorsi ne ho visti e seguiti parecchi: ognuno ha una sua storia e una sua motivazione ed evoluzione. In alcuni casi il concorso, in quanto tale, non garantisce che emerga il più bravo o il più idoneo: il concorso dovrebbe permettere di individuare colui che, oltre alle conoscenze nozionistiche, dispone di una determinata professionlità o attitudine (es. faccio un concorso per addetto ‘Ufficio Relazioni con il Pubblico, il concorso mi garantisce che il vincitore sa tutto sull’URP, ma non che abbia anche buone capacità relazionali e comunicative). La stabilizzazione, in termini astratti e con i dovuti distinguo evidenziati nell’articolo, poteva essere una operazione positiva. L’applicazione che ne è seguita l’ha trasformata in un allegro carrozzone per “sistemare” tanta gente e basta. Con buona pace della professionalità. Che fa

    • La redazione

      Bene: allora, invece di rinunciare alla selezione, occorre perfezionare gli strumenti di selezione e calibrarli correttamente in base alle mansioni da svolgere e alle responsabilità da assumere.

  15. Mariano Stoppa

    Per i nostri politici la priorità non è creare occupazione, ma di garantire per quei pochi che l’hanno, la conservazione del posto di lavoro! In questo modo agli occhi di chi non è del campo, sembra che si crei grazie alla politica, nuova occupazione:in realtà è la strada più semplice per una politica inadeguata, quella di garantire la conservazione del posto anzichè nuove reali possibilità occupazionali ( e quindi anche flessibilità)! Quanto al concorso pubblico, non si può dar torto ad un tale istituto se sicuramente in principio è la migliore modalità per assicurare imparzialità: caso mai dobbiamo deprecare la poca trasparenza nello svolgimento, ma questa non è sicuramente una colpa che dobbiamo attribuire al concorso ma a chi ne garantisce l’esecuzione!

  16. Bruno57

    Migliaia di precari godevano da 10 anni di proroghe (giustizia, soprintendenze, catasto ecc. settori nevralgici). Tanto rumore per nulla. Se ci fosse stata l’ennesima proroga (in un comma della finanziaria) nessuno se ne sarebbe accorto. In Europa non esistono proroghe a vita. Si tratta (in maggioranza) di lavoratori già professionalizzati. Perdere tempo per professionalizzarne altri anche nel privato sarebbe una “diseconomia”. Dopo anni si mettono alla porta, con un grazie? Nel privato, l’Inps ha “pagato” prepensionamenti alle aziende e posto in cassa integrazione gli esuberi. Cifre da capogiro. Costoro non sono in esubero perché l’Italia (vedi dati Eurispes 2007) non assume con i concorsi da anni e in Europa, l’Italia ha il numero dei dipendenti pubblici tra i più bassi. Le leggi finanziarie da anni impongono il blocco delle assunzioni, e da tre anni tagliano del 5% i posti in organico nella PA. Altro che concorsi pubblici! Non si può per legge. Le altre forme di reclutamento traggono origine dall’estensione della legge Biagi anche alla PA. E allora: o La P.A. è un datore di lavoro come il privato e allora non si sottrae alle leggi oppure ci vogliono leggi di di sblocco dei

  17. stefano

    credo che il problema della sfiducia nel pubblico concorso debba essere affrontato in modo diverso. Fermi restando i difetti del concorso che, bisogna ammetterlo, sono a tutti noi evidenti e oggi da più parti evidenziati, il problema non è se il concorso pubblico sia migliore o peggiore di altre procedure selettive nell’evitare abusi di qualche genere. Il vero problema nello strumento selettivo utilizzato, quanto piuttosto nelle modalità con cui tale strumento viene utilizzato e gestito. Penso, in sostanza, che in Italia ci sia più che altro un problema di natura culturale che, indipendentemente dallo strumento a disposizione, porta inevitabilmente al verificarsi di quei difetti e/o abusi oggi attribuiti al concorso pubblico.

    • La redazione

      A parte le acrobazie linguistiche della legge, concorso e procedura selettiva sono sinonimi. Ma, per rispettare il principio del concorso, la procedura selettiva deve essere seria, aperta e trasparente.

  18. giuseppe

    ..il problema dei concorsi è noto a noi tutti ,appartiene alla famosa casta di cui ne parla Boeri nel suo ultimo libro. si privileggia sempre i cd raccomandati ,che poi sono ,nipoti,figli ,amici ecc.ecc. una vero multilevel.

  19. Massimo

    Ho visto cosa sta passando mio padre che ha fatto il concorso per diventare preside in puglia. Delle porcate pazzesche. Mi sembra più trasparente la mia situazione, mi sono laureato, ho fatto un master in management pubblico, sto facendo uno stage, è mi hanno proposto di rimanere per seguire il progetto su cui ho lavorato durante lo stage. MI hanno conosciuto ed osservato per tre mesi, mi hanno valutato positivamente, e mi fanno lavorare per un annetto. Se alla fine dell’anno, ritengono che la mia professionalità possa essere utile per il lavoro della "direzione"… perchè non dovrebbero assumermi a tempo indeterminato? Sono in una regione che non è la mia, non conoscevo nessuno prima di arrivare qui. Che problema c’è? Il problema è connesso alla valutazione del lavoro. Non è il mio caso, ma in un altro contesto, dopo tre mesi uno stagista mediamente preparato che sappia usare bene il computer e conosca l’inglese, è già più produttivo del 30% dei colleghi. Chi tenere e chi "fare fuori" in quel caso?

  20. carmelo lo piccolo

    Nella Pubblica Amministrazione si accede (si dovrebbe accedere) tramite concorso pubblico. Lo stabilisce la Costituzione, ed il primo vero impegno della classe politico – amministrativa che governa il Pubblico Impiego dovrebbe essere appunto quello di dare piena attuazione alla previsione costituzionale.
    Quindi niente assunzioni stabili mascherate per “procedure selettive”, e niente assunzioni a chiamata diretta o attribuzione di qualifiche (e stipendi!) dirigenziali nelle società a capitale pubblico. Basta leggere i quotidiani per constatare ogni giorno come tale prescrizione costituzionale sia elusa e inapplicata, e soprattutto come non esista alcuna reale volontà politica di cambiare le cose.

    Il concorso pubblico dovrebbe servire essenzialmente a garantire due esigenze di funzionalità e organizzazione degli uffici: la necessità di assumere i migliori e la possibilità di offrire al personale una opportunità (non una certezza!) di carriera.

    Per realizzare queste due esigenze occorrebbe stabilire una volta per tutte che, a meno di particolari profili professionali e/o tecnici, il concorso si svolge in base ad esami e non per titoli ed esami.

  21. Lorenzo Cassata

    Faccio brevemente solo alcuni appunti al testo: "si ha concorso quando tutti coloro che hanno certi requisiti possono concorrere e il numero dei posti è significativamente inferiore al numero dei concorrenti" Quindi tutti i concorsi universitari, ad esempio, i cui c’è un solo candidato e un solo vincitore (e sono la stragrande maggioranza) sono incostituzionali, secondo l’autore? La seconda questione riguarda il ripetersi della "sanatoria" per due anni che prefigurerebbe, secondo l’autore, un meccanismo "stabile" di sanatoria. Scrive l’autore: "continuerà la corsa a mettere un piede nelle amministrazioni, sperando in successive sanatorie" Proprio la finanziaria 2008 prevede che non si possa piu’ assumere se non a tempo indeterminato. A parte le deroghe del caso (che andrebbero quasi tutte tolte) mi sembra l’unico modo per evitare il ripetersi in futuro di questo "meccanismo". Infine ricordo all’autore che nella pratica la stabilizzazione non esiste. Nessun ente pubblico (se non quelli già inclusi nella molto piu’ chiara "stabilizzazione Baccini" su cui la destra non aveva nulla da ridire) ha sostanzialmente iniziato, tranne rare eccezioni.

  22. Carmelo Vella

    Concordo pienamente con l’articolo. Posso segnalare, essendo io un dirigente tecnico ( ispettore come si chiamavano una volta)del MPI, casi che sono diventati usuali. L’ultimo concorso è stato bandito nel 1988. Ad esso avevano accesso docenti o presidi con una certa anzianità. Era estremamente selettivo (prevedeva tre prove scritte, in ciascuna delle quali si doveva conseguire un punteggio non inferiore a sette decimi): di norma passava lo 0,4%. Ebbene nell’ultima legislatura sono stati nominati, a termine, per meriti politici, addirittura docenti non appartenenti ai ruoli dello Stato. Ciò accadeva in Toscana. Ma il clientelismo non ha colore. Nell’attuale legislatura, sempre in Toscana, sono stati designati dirigenti di Uffici Scolastici Provinciali presidi, e persino un docente, senza alcuna procedura selettiva, per esclusivi meriti politici. Posso ben dire che persone come il sottoscritto, che oltre a avere sostenuto due concorsi ispettivi, in possesso di master di specializzazione universitaria, oltre a titoli conseguiti presso la Scuola Superiore della P.A., sono discriminati e non valorizzati per la loro professionalità. Ma, ovviamente, non sono il solo.

  23. Paolo Bizzarri

    Gentile professore, mi pare assurdo il richiamo alla Costituzione. Il rispetto del suo dettato non è un suo vezzo, ma un fatto che si suppone garantito da un parlamento e da una Corte Costituzionale. Questo detto, trovo assurdo l’accanimento contro i precari, che di fatto hanno garantito e garantiscono il funzionamento della PA, e di fatto sono già stati valutati assai più dei loro colleghi passati per concorso. Molti di loro sono infatti al secondo, al terzo o al quarto contratto, e il rinnovo è ovviamente soggetto alla loro capacità di lavoro. Il problema NON è se essi accedono senza una selezione (perchè una selezione, per lo meno per quelli a cui è stato rinnovato il contratto c’è stata). Il problema è che dopo l’assunzione non ci sarà più nessuna valutazione. Ma questo è un problema che riguarda tutti i dipendenti della PA (dai professori universitari all’ultimo degli uscieri). Introdurre una valutazione per essi eviterebbe di discutere, come al solito, sulla pelle dei più deboli.

    • La redazione

      Condivido l’ultima parte del commento: di valutazione ce ne è troppo poca. Per quanto riguarda la prima parte, il ragionamento mi sembra debole: dato che qualcuno controlla il rispetto della Costituzione, noi dovremmo
      disinteressarcene? E comunque: il Parlamento non garantisce il rispetto della Costituzione perché è il controllato e non il controllore; la Corte costituzionale è il controllore, ma questa è la tipica norma che difficilmente viene giudicata dalla Corte, perché non c’è nessun interessato che possa avviare un processo e, quindi, nessun giudice che possa chiamare in causa la Corte. Quindi, forse un po’ di preoccupazione è giustificata.
      Lascio al giudizio dei lettori le affermazioni secondo le quali il richiamo alla Costituzione è assurdo e il rinnovo dei contratti dei precari è "ovviamente" soggetto alla loro capacità di lavoro. Ma ribadisco che il concorso è una cosa seria, le procedure selettive fatte per i precari no.

  24. Marino

    Vabbè, è una provocazione. Ho vinto due concorsi per bibliotecario all’università, con un numero ragionevole di concorrenti e molto selettivi, e va bene. Ma ho anche sostenuto e vinto (più di vent’anni fa) un concorso alla motorizzazione con più di diecimila concorrenti per 625 posti di coadiutore 4° livello, richiesta la terza media. Semplice statistica: o i 10.000 erano tutti analfabeti meno i vincitori o la selezione è stata più o meno casuale. Oppure un concorso per bibliotecari al Comune di Roma, con migliaia di concorrenti, molti senza nessuna conoscenza di biblioteconomia (venivano alla mia biblioteca a chiedere informazioni…”un manuale corto e semplice, per carità, non ne so niente, comincio da zero”). Sono queste modalità di selezione efficaci? Per di più, siamo sicuri che i Costituenti, quando hanno previsto il pubblico concorso avessero previsto il “pubblico impiego di massa” del dopoguerra (che non è stato solo clientelismo) o avessero invece in mente la scarna burocrazia dello Stato liberale “guardiano notturno”, un pò come i generali della prima guerra mondiale che pensavano ancora alle cariche di cavalleria?

    • La redazione

      Tutto molto ragionevole. E sui concorsi con 10.000 concorrenti mi sono giàespresso criticamente rispondendo a un altro commento. Ma la conseguenza è che il principio del merito va adeguato, non abbandonato.

  25. Domenico

    Egregio Professore, sempre con riferimento ai famosi concorsi italiani che lei esalta e gestiti dai suoi colleghi Prof. Universitari cosa pensa di dire a Montezemolo che oggi ha trattato del prossimo concorso per ricercatori nelle Università autorizzato con decreto da Mussi e ha dichiarato (secondo me a ragione): Università, infornata di raccomandati. La Finanziaria ha vanificato l’accordo raggiunto con il governo la scorsa estate per destinare nel 2008 il 5% del fondo di finanziamento ordinario dell’università agli atenei migliori e sono saltati i meccanismi per l’assunzione dei ricercatori migliori, ha sottolineato Montezemolo. “In Finanziaria è rimasto solo un impegno privo di vere risorse – ha attaccato – nel frattempo l’agenzia per la valutazione è stata parcheggiata, si sono persi per strada i nuovi meccanismi di reclutamento per i ricercatori e stiamo per assistere alla consueta infornata di raccomandati”.

    • La redazione

      Non esalto i concorsi italiani, ma il principio del merito, che implica concorsi seri: i quali spesso si fanno, anche nelle università. Sono il primo a essere critico sulle modalità di reclutamento dei professori e scorsi avrebbe aggravato il problema. Sono ancora più critico sull’assenza di meccanismi di valutazione per i professori e i ricercatori, ma questo è
      veramente un altro problema.

  26. roberto napoletani

    Ho fatto decine di concorsi in qualità di presidente della commissione, nel periodo 1990/1997 quando ero segretario generale nei comuni e prima della legge Bassanini. Non ho mai ricevuto condizionamenti da nessuno e nemmeno mi risulta i componenti delle commissioni. Abbiamo assunto decine di funzionari e impiegati pubblici giovani e meritevoli perché hanno potuto dimostrare la loro preparazione e professionalità, con piena soddisfazione degli enti ineteressati. Tutto è cambiato quando i segretari generali dei Comuni sono stati assoggettati allo spoils system del Sindaco e del Presidente della provincia. Occorre riflettere sul fatto che il merito viene ucciso dalla scelta fiduciaria di coloro che poi devono giudicare i concorrenti. Grazie professore.

  27. Marta Ferretti

    Condivido parola per parola quanto da Lei esposto. Io scrivo per fare una denuncia seria e racconare la mia storia: sono una vincitrice di concorso presso un ministero non ancora assunta da più di un anno, la quale sta vivendo sulla sua pelle proprio tutta la situazione da Lei descritta.Sono stata estromessa dal d.pr. assunzioni 2007 a causa di oneri 2008 da fame concessi per i vincitori.E si figuri che sono anche tra le prime in graduatoria! Siamo all’assurdo, caro Dott.Mattarella. I nostri diritti sono stati scavalcati da un losco sistema clientelare in barba ai principi della legalità,del buon andamento, della correttezza,del merito. Stiamo subendo una vera e propria discriminazione e nessuno ci tutela!non c’è un sindacato che fa sciopero per noi,non ci sono forze politiche in grado di incidere in senso risolutivo. Siamo in balìa di un sistema ingiusto. Ci appelliamo alla giustizia? Ma un giudice cosa puo’ fare,risarcire?Ma io mi chiedo:perchè si bandiscono concorsi e poi non ci sono i soldi per assumere? Che paese serio e responsabile è questo, che crea aspettative a chi vince concorsi e poi non è in grado di ottemperare agli impegni presi?

  28. antonio de luca

    E’ vero: il concorso pubblico è, in astratto, il sistema di reclutamento sicuramente più trasparente e più ‘democratico’; con le sanatorie ex post non si fa un buon servizio al mondo del lavoro pubblico, ma qualche distinzione deve essere fatta. il vero problema non è la cd sanatoria dei precari, è la corporazione dei dirigenti pubblici, pardon dipendenti, terrorizzata da qualsiasi possibile confronto con il mondo esterno. ci si attacca alla sacralità del concorso per impedire qualsiasi opera di ammodernamento culturale, di competenze, di conoscenze e capacità, in sintesi il confronto col mercato. non a caso si agita il problema del concorso pubblico e intanto si procede con la demonizzazione della norma che prevede la possibilità di reclutare il 5/10% dei dirigenti dall’esterno se dotati di specifiche professionalità, prevedendone l’abolizione. il concorso non è uguale per tutti i lavori, se è giusto farlo per tipologie impiegatizie non è altrettanto vero che è l’unico metodo per reclutare specifiche professionalità sia tecniche che manageriali. PS: sono un dirigente pubblico vincitore di concorso pubblico.

  29. Dario Quintavalle

    Sul Corriere della Sera del 21.11.2006, Pietro Ichino dichiarava che “Il concorso pubblico è un ferrovecchio, eredità di un sistema amministrativo superato”. Eccolo accontentato: di concorsi non se ne fanno più. Caro prof. Mattarella, la sua difesa del pubblico concorso è apprezzabile ma tardiva. Quello che appare chiaro, dagli eventi degli ultimi due anni, è che è venuta meno ogni velleità di riformare la PA, ed essa, dopo le riforme degli anni 90 è tornata ad essere, nella considerazione dei politici ed opinione pubblica, un distributore di “posti” ed ammortizzatori sociali, il Grande Fardello della nostra economia. La crisi del concorso pubblico come metodo di selezione del personale amministrativo, del resto non è che il riflesso della crisi delle elezioni come metodo di selezione del personale politico: elezioni e concorsi, infatti, sono gli strumenti principi con cui ogni democrazia seleziona la sua classe dirigente. Nei prossimi anni andranno in pensione mezzo milione di impiegati pubblici. Ove si avviasse un serio programma di reclutamento di giovani preparati sarebbe un’occasione unica per rinnovare la PA. Ma nulla di simile è all’orizzonte. DQ (Dirigente Min. Giustizia)

  30. Luca Guerra

    Un commento secco: non vi è alcun bisogno di altri dipendenti pubblici, ve ne sono già troppi che gravano sul contribuente! nella p.a. sembra che il computer non sia mai stato inventato, efficienza e rendimento sono termini sconosciuti. la produttività del settore privato è cresciuta moltissimo grazie alla informatica, ma di questo nel paese dei bolli e dei timbri non si ha traccia. intanto si sfruttino al meglio ed al massimo le risorse umane disponibili, che sono già tantissime. guardatevi attorno negli uffici pubblici, dalle comunità montane alle università passando per i ministeri e vedrete orde di persone perlomeno poco impegnate. occorre ridurre le spese inutili e la tassazzione, anzi prima questa e di conseguenza la seconda.

  31. Marisa Arcuri

    L’articolo è datato, ma resta confermata la inviolabilità della regola del pubblico concorso, ho letto oltretutto la sentenza n.420/2005 del Tribunale del Lavoro di Monza che dichiara nullo anche il rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato da una società a totale partecipazione pubblica senza concorso a evidenza pubblica. Mi chiedo allora come è possibile che vi siano dirigenti pubblici a tempo indeterminato che non hanno mai superato l’inderogabile concorso? Sarebbe opportuno che i dirigenti pubblici pubblicassero nel curriculum vitae anche il concorso superato e che le amministrazioni rispondessero all’accesso civico o alle richieste di accesso ex l.241/1990 ai dati concorsuali dei dirigenti, pur se anteriori al d.lgs 33/2013. Trattasi di dati reperibili nei fascicoli personali dei dirigenti ed è giusto che siano resi conoscibili ai destinatari dei provvedimenti della pubblica amministrazione.

  32. Fabrizio Colliva

    Sono convinto che il concorso pubblico sia il metodo peggiore per selezionare e reclutare il personale. Sono un precario “storico” di un ente pubblico con il quale collaboro da ormai dodici anni senza soluzione di continuità: controvoglia ho anche partecipato ai pochi e generici bandi indetti dall’ente per il quale lavoro per posizioni in organico inferiori alle mie mansioni e competenze per cercare di stabilizzarmi ma, entrato “utilmente in una graduatoria”, questa è stata lasciata scadere senza scorrere: non sono riuscite ad entrare nemmeno le persone che mi avevano “superato” per poche frazioni di punto o a parità di punteggio solo perchè avevano figli, erano nate sei mesi prima di me o avevano avuto bisnonni invalidi civili.
    Il concorso pubblico è una grande ipocrisia di Stato che valuta (male) solo le conoscenze mnemoniche dei candidati e non la reale capacità di lavorare e di aggiornarsi. Chi vince un concorso pubblico vince una lotteria con in palio una rendita a vita e diventa semplicemente un “inamovibile di Stato” quando invece noi precari ogni anno dobbiamo dimostrare di saper lavorare ed aggiornarci. So che il mio ragionamento è politicamente scorretto ma a questo paese servirebbe una profonda riforma dell’accesso al pubblico impiego e l’abolizione dei c.d. diritti acquisiti (posto fisso, pensioni retributive…).
    In camera caritatis molte persone che conosco la pensano come me ma nessuno ha il coraggio di dirlo. PS.: sono laureato in giurisprudenza.

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