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Il Patto Repubblicano vuole abolire i tirocini non pagati, ma non ha le idee chiare su come funzionino

Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta analizziamo il programma di Azione e +Europa. Davvero esistono ancora tirocini extracurriculari non pagati?

I tirocini secondo il Patto Repubblicano

Il Patto Repubblicano, il raggruppamento politico sotto cui parteciperanno alle elezioni +Europa e Azione, ha presentato sotto forma di appello il suo programma per le elezioni politiche che si terranno il 25 settembre.

Il Manifesto – così viene definito – tocca i più importanti punti dell’azione di un eventuale governo con all’interno i due partiti e sostanzialmente si ispira alla cosiddetta “Agenda Draghi”.

Tra le varie proposte (a pagina 5) c’è quella di vietare “i tirocini gratuiti non inseriti in un piano di formazione universitaria o di scuola secondaria”. Già da tempo si discute, nel dibattito politico, dei tirocini (spesso confondendosi tra quelli curriculari e quelli extra-curriculari) e di come rappresenterebbero un potenziale strumento di sfruttamento. Ma i tirocini descritti nel Manifesto del Fronte Repubblicano esistono davvero?

La distinzione tra tirocini curriculari ed extracurriculari

Concentrandosi solo sulla formazione lavorativa all’università (escludendo quindi l’alternanza scuola-lavoro, che comunque rientra nel campo dei progetti formativi all’interno di un percorso scolastico) esistono sostanzialmente due tipi di tirocinio: quelli inseriti in un progetto universitario, il cui svolgimento comporta l’acquisizione di crediti formativi (Cfu), e quelli che invece non vengono riconosciuti dalle università, ma che rappresentano comunque un’occasione formativa e non un rapporto di lavoro vero e proprio. Si tratta rispettivamente dei tirocini curriculari e di quelli extracurriculari.

I primi sono quelli descritti nel programma di Azione e +Europa: prevedono l’esperienza in azienda di uno studente, concepita come occasione di formazione universitaria che va ad arricchire il curriculum accademico. Per questi stage non esiste obbligo di retribuzione, dal momento che, almeno in teoria, le attività da svolgere in tirocinio e lo svolgimento del tirocinio stesso sono monitorate da vicino dall’università. Per l’azienda, quindi, non si tratterebbe di “lavoro gratis”, ma di seguire da vicino e formare uno studente affinché possa essere inserito all’interno dell’impresa o di imprese simili una volta terminato il percorso di studi.

I tirocini extracurriculari, invece, pur non configurandosi comunque come un rapporto di lavoro, sono – o molto più spesso dovrebbero essere – uno strumento per il pre-inserimento del tirocinante (che non deve essere per forza iscritto a un corso di studi) all’interno del mercato de lavoro. È uno strumento molto più flessibile per l’impresa rispetto a un contratto di lavoro e spesso viene utilizzato per un “periodo di prova” che faccia capire se vale la pena assumere il tirocinante in una posizione più stabile.

Di solito, è questa la forma di tirocinio più criticata nel dibattito pubblico. Molte imprese, infatti, non utilizzano lo strumento come occasione di formazione per i tirocinanti, ma si limitano a usarlo in sostituzione di contratti di lavoro più stabili e con maggiori tutele. Non è raro, infatti, che – una volta terminato il periodo stabilito – a molti tirocinanti venga semplicemente offerto un rinnovo del tirocinio, a dimostrazione che spesso non si tratti di un’occasione di formazione, ma di un semplice rapporto di lavoro mascherato.

I tirocini extra-curriculari non vengono pagati?

Sia chiaro: gli abusi nell’ambito dei tirocini, sia curriculari che extracurriculari, esistono e vanno combattuti con tutti gli strumenti possibili. In legge di bilancio 2022, per esempio, il governo e il Parlamento si erano impegnati a migliorare la normativa sugli stage extracurriculari in modo da renderli più equi e ridurre le possibilità di sfruttamento. Non è però vero che è possibile assumere un tirocinante all’interno di un progetto extracurriculare senza pagarlo. La legge prevede infatti che venga riconosciuta un’indennità minima, la cui soglia viene definita a livello regionale. Si va dai 300 ai 600 euro di minimo a seconda della regione. In Lombardia, per esempio, il minimo per un impegno di 40 ore settimanali è di 500 euro mensili, che calano a 350 se il tirocinio si svolge in part-time.

Si può discutere del fatto che questi importi siano troppo bassi, ma non si può sostenere che esistano ancora oggi “tirocini gratuiti non inseriti in un piano di formazione universitaria o di scuola secondaria”.

Verdetto

Nel Manifesto del Patto Repubblicano si parla esplicitamente di vietare una forma di tirocinio che non esiste. È chiara l’intenzione di voler tutelare gli studenti e i giovani che si stanno inserendo nel mercato del lavoro, riducendo le occasioni di sfruttamento. La proposta, però, si basa su un presupposto FALSO.

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  1. Savino

    Chi lavora per la sola gloria pur avendo fior di titoli di studio esiste davvero e ciò stride molto con il management strapagato e le consulenze strapagate senza dare alcun risultato, nel pubblico e nel privato.

  2. paolo

    così potranno dire di avere mantenuto la promessa…

  3. Ele

    Leggo con piacere che non esistono.
    Io sono certa di aver fatto nel 2009 uno “Stage” non pagato di 2 mesi, e vista la dimensione dell’azienda credo proprio fosse legalmente consentito, altrimenti non si sarebbero esposti a un rischio.
    Mi viene da pensare che spesso si dice Tirocinio, Stage, Apprendistato non si documenta sulle diverse sfumature legali dei contratti … è desolante se chi fa questi errori è chi poi siedrà nel ruolo di propositore o emendatore di leggi dello Stato. E a mio parere non è il vizio di un solo partito.
    Ele

  4. Entrambi i miei figli li hanno subiti.. pur comprendendo le esigenze aziendali si dovrebbero inserire tali utilizzi nel percorso formativo universitario per consentire anche ai giovani italiani di essere economicamente indipendenti non dopo i 35 anni. Gli euri indicati sono rimborsi spese e non giustificano un rapporto di lavoro offerto ad un laureato, altrimenti si ammetta che all’Università non si apprende molto della vita reale 🙂 e si riduca il percorso formativo .

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