Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Giuseppe Conte: i sondaggi del 2018 erano diversi rispetto al risultato delle elezioni?
Mercoledì 10 agosto, intervenendo a La7, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha dichiarato:
“Come è successo già nelle ultime elezioni politiche, poi in realtà l’esito è molto diverso da quelle che sono le previsioni dei sondaggi. I sondaggi adesso fotografano una situazione che è un po’ pregressa, non riescono a registrare ovviamente quel che sarà la campagna elettorale. Per esempio, quando si calcolano gli uninominali, non si calcolano le persone che saranno candidate negli uninominali.”
Giuseppe Conte sostiene che il risultato delle scorse elezioni fosse molto diverso rispetto a quanto avevano previsto i sondaggi e sottolinea due degli aspetti importanti che determinano la differenza tra previsioni e risultati effettivi: il fatto che i sondaggi mostrino una fotografia delle intenzioni di voto nel periodo in cui sono stati svolti e non nel giorno delle elezioni e il fatto che, con una legge con una quota maggioritaria come il Rosatellum, per la parte relativa ai collegi uninominali ha un ruolo importante anche la persona che viene candidata.
Non esistendo la possibilità di un voto disgiunto tra voto di lista nella quota proporzionale e voto al candidato uninominale, questo secondo fattore risulta meno determinante, mentre il primo è molto importante in Italia, dove, a due settimane dalle elezioni, non è più possibile diffondere sondaggi.
Il confronto tra sondaggi e risultati
Per verificare la veridicità delle affermazioni di Conte, utilizziamo, per la quota proporzionale, le stime dell’ultima Supermedia Agi-YouTrend prima delle elezioni del 4 marzo 2018 (risalente al 18 febbraio). La Supermedia è uno strumento molto utile per questa analisi perché sintetizza tutti i principali sondaggi in un’unica media mobile a 15 giorni. Per la quota maggioritaria, invece, ci affidiamo a una simulazione di Ipsos per il Corriere della Sera del 16 febbraio 2018, due giorni prima del divieto di diffusione di sondaggi sulle elezioni.
Per quanto riguarda la quota proporzionale, il risultato effettivo delle elezioni si è discostato molto rispetto ai sondaggi del 18 febbraio: dei primi sei partiti, solo per Fratelli d’Italia la differenza è stata marginale, mentre per Movimento 5 Stelle, Lega e Partito Democratico è stata pari o superiore a 4 punti percentuali, come mostrato in Figura 1.
Confrontando le simulazioni Ipsos con i risultati effettivi nei collegi maggioritari, si nota di nuovo una forte differenza tra sondaggi e realtà. In particolare, è stato molto sottostimato il potenziale del Movimento 5 Stelle, mentre il Centrosinistra ha ottenuto circa la metà dei collegi uninominali rispetto a quanto pronosticato.
Come leggere i sondaggi
Questo significa che i sondaggi sono inutili? No, ma occorre leggerli senza aspettarsi che possano predire il futuro. Rilevazioni di questo tipo sono molto utili per capire in generale “che aria tira”, soprattutto osservando l’andamento delle preferenze più che il valore in un preciso momento. Per esempio, il Partito Democratico, che patì uno dei risultati peggiori della propria storia, era stato in calo per tutto il 2017, mentre Lega e Movimento 5 Stelle erano rimasti piuttosto stabili. Con il senno di poi, era possibile prevedere che, anche grazie alla loro strategia aggressiva, i due partiti populisti vincitori delle elezioni sarebbero riusciti a guadagnare il voto degli indecisi.
Come migliorare i sondaggi? Per esempio, permettendo alle agenzie statistiche di diffonderli anche pochi giorni prima delle elezioni o addirittura senza imporre un limite. È quello che accade negli Stati Uniti, dove i sondaggi, pur con un certo margine di errore, sono decisamente più accurati, anche solo per il fatto che forniscono una fotografia delle intenzioni di voto immediatamente precedente al giorno delle elezioni.
Verdetto
Pur sottolineando le naturali imprecisioni statistiche e le limitazioni alla diffusione dei sondaggi, le parole di Giuseppe Conte rimangono VERE: nel 2018, le intenzioni di voto mostrate dagli ultimi sondaggi disponibili non si sono poi dimostrate particolarmente rappresentative dei risultati elettorali.
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Glauco Boscarolli
Buon giorno Sig. Taddei. L’analisi sul rapporto previsioni/risultati dei sondaggi preelettorali è tecnicamente interessante, corretto, direi piacevole. Segue una domanda: a parte ai media che con i sondaggi più o meno ravvicinati alle scadenze riempiono carta e tempi televisivi, a chi ed a cosa sono utili, in particolare quelli dell’ultimo giorno? Quelli di un mese prima, in USA come in Italia, sono inevitabilmente soggetti agli stessi – come da Lei evidenziato – margini di errori; quelli dell’ultimo giorno sono, molto probabilmente, ulteriore campagna elettorale; e quindi eticamente scorretti. O no?
Massimo Taddei
Caro lettore, grazie del commento. Direi che il vantaggio principale sarebbe la trasparenza: fino all’ultimo giorno si saprebbe qual è il peso delle forze politiche, per esempio per decidere se dare un “voto utile” al partito grande oppure, se il partito piccolo è vicino alla soglia di sbarramento, decidere di votare quello. Non permettere di dare sondaggi precisi fino all’ultimo è anche un fattore che riduce la fiducia nelle istituzioni politiche in senso lato, secondo me: nell’idea di molti, i sondaggi non ci azzeccano quindi dicono cose false (non vero, dicono “la verità” fino a quindici giorni prima delle elezioni), ergo i sondaggisti sono i soliti “esperti” che in realtà non ci capiscono nulla.
Spartaco Langani
Guardando al passato e limitandosi alle elezioni politiche, non trova che i sondaggi tendano a sovra- e sotto-stimare sempre le stesse forze? Tipicamente sono le forze percepite come antisistema a ottenere nelle urne risultati migliori di quelli previsti dai sondaggi, forse perché gli elettori che rimangono indecisi fino all’ultimo sono anche quelli più delusi dalla politica.
Massimo Taddei
Sicuramente le persone che votano partiti tradizionali, e che quindi, in media, apprezzanno maggiormente le istituzioni (comprese le “istituzioni” intorno alla politica, come media e sondaggi) saranno più propensi a rispondere alle indagini statistiche. Non voglio avventurarmi troppo in un campo che non è il mio, ma mi risulta che comunque chi si occupa di sondaggi stia affinando metodi sempre più avanzati per ridurre al minimo queste sotto o sovrastime.
Luca M
Per la quota proporzionale è sorprendente la somiglianza con la situazione attuale (sondaggi) pur di effettuare la sostituzione:
FdI (2022) al posto di M5S (2018)
Poi è
PD (2022) ⁓PD (2018)
Lega/M5S (2022) ⁓ Lega (2018).
Quindi la proiezione dei risultati effettivi 2022 è presto fatta, utilizzando i seguenti differenziali rispetto ai sondaggi attuali:
FdI: +4/5%
PD: -4%
Lega o M5S: +4%
Considerando i trend attuali i risultati 2022 potrebbero essere questi:
FdI: 31%
PD: 17%
Lega 12/13%
M5S: 14/15%
Sono curioso di vedere, il 26 Settembre, se ci azzecco.
Francesco
Buonasera ,
interessante osservare gli scostamenti tra i risultati definitivi e le previsioni ( sondaggi ) di due settimane prima del voto . E’ importante ricordare che un sondaggio fotografa una intenzione di voto in un determinato momento temporale . La statistica e’ una scienza ed una media di sondaggi rappresenta certamente una ottima garanzia . Un grosso problema e’ rappresentato dal campionamento della popolazione in relazione all’astensionismo , una variabile che protrebbe determinare uno scostamento anche sensibile dagli ultimi sondaggi . In ogni caso , ci sono dei trend che solitamente sono confermati .
FdI ( cresce ) PD ( stabile tendente in basso ) M5S ( cresce con discrete possibilita’ di arrivare secondo ) Lega ( decresce ) Azione ( stabile ) FI ( stabile tendente in basso ) Verdi ( stabili al limite della soglia ) . tutti gli altri saranno sotto il 3%
Buon voto a tutti