Nei sondaggi gli anziani si mostrano preoccupati dagli effetti fiscali dell’immigrazione, anche se in genere sono positivi e contribuiscono a finanziare pensioni e sanità pubblica. A pagare il costo di politiche migratorie più restrittive sono i giovani.
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Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Giuseppe Conte: i sondaggi del 2018 erano diversi rispetto al risultato delle elezioni?
Concentrare a livello regionale l’acquisto di beni e servizi essenziali: è l’obiettivo delle centrali uniche di acquisto. Che in materia sanitaria assicurano costi più bassi a parità di servizio. In risposta alla crisi pandemica, si è reso necessario un rapido e massiccio reclutamento di nuovo personale pubblico. Ma serve una visione di lungo periodo, che guardi oltre l’emergenza.
Il Recovery Fund è un’occasione storica anche per le start-up accademiche. L’Italia ha bisogno di un sistema di ricerca applicata moderno, attrattivo e competitivo a livello internazionale. Dove urge un cambio di passo è sulla tassazione ambientale: solo l’1 per cento viene speso in protezione dell’ambiente. E l’ecotassa sui rifiuti andrebbe destinata alla costruzione degli impianti già previsti.
In aumento ovunque lo share dei tg durante la prima ondata della pandemia. Tra i motivi per cui le politiche di contenimento sono state accolte con favore anche nelle regioni meno colpite.
Dopo quasi quattro giorni di attesa, Joe Biden è stato proclamato 46° presidente degli Usa. Al centro delle polemiche, ancora una volta, i sondaggi. Ma un esito del genere era stato ampiamente previsto.
Spesso un grafico vale più di tante parole: seguite la nostra rubrica “La parola ai grafici”.
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Ci sono voluti giorni prima di conoscere il vincitore delle elezioni Usa ma alla fine la vittoria di Joe Biden è stata più netta di quanto la lunga attesa possa far pensare. Davvero, come hanno detto in molti, i sondaggi hanno sbagliato anche stavolta?
In tutto il mondo i governi più conservatori e populisti hanno a lungo cercato di minimizzare la portata della pandemia. Ma i cittadini sembrano premiare, almeno per ora, le amministrazioni che sono intervenute con tempestività e misure drastiche.
La valanga di no alla riforma costituzionale è stata subito digerita dai mercati anche se apre scenari politici da definire. Se si vota, ci aspetta il Porcellum corretto dalla Consulta per il Senato e l’Italicum in attesa di giudizio da parte della stessa Corte per la Camera. Oppure un bel proporzionale come si usava nella prima Repubblica. Quale che sia il nuovo assetto che nascerà dalle ceneri del governo Renzi, si troverà sul tavolo la patata bollente del dossier banche, con alcuni casi che rischiano di diventare esplosivi. Anche in Gran Bretagna, a quasi sei mesi dalla Brexit, non sono chiare le modalità di uscita del paese dalla Ue, con il governo che un giorno mostra i muscoli e il giorno dopo cerca un distacco morbido. L’opposizione laburista, non pervenuta. E qualche scricchiolio nell’economia. Brexit, vittoria di Trump in Usa e ora il il trionfo del no nel referendum italiano rafforzano le spinte anti-establishment e ridanno fiato a chi vuole uscire dall’euro. Una scelta guidata dal miraggio dell’autonomia politica, con il rischio di gravi conseguenze sul portafoglio degli italiani e sul sistema finanziario. E come escono i sondaggisti dalla prova del referendum italiano dopo i clamorosi errori nel Regno Unito e in America? Hanno azzeccato il risultato, ma ampiamente sottostimato l’entità dei “no”. Con qualche giustificazione plausibile.
Nel rinnovo del contratto dei metalmeccanici – appena concluso – è solo tracciata una proposta innovativa messa sul tavolo da Federmeccanica: il salario di garanzia. È uno strumento che rafforzerebbe la contrattazione a livello aziendale. E un utile punto di riferimento per le future trattative sindacali.
Quale eredità economica lascia Fidel Castro? Confrontando Cuba con altri paesi latino-americani ad essa comparabili come Uruguay e Repubblica Dominicana dal 1990 (prima non ci sono i dati), si vede un soddisfacente andamento del Pil mentre dal 2010 si sono fermati proprio quegli indicatori di sviluppo umano tanto cari al Lìder Maximo.
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Anche sul referendum costituzionale i sondaggi non hanno azzeccato il risultato. Questa volta è stata la distanza tra “no” e “sì” a essere sottostimata. Le ragioni sono molte: le non risposte e la massa notevole di indecisi, certo. Ma anche alcune rilevanti leggerezze nella selezione dei campioni.
Finalmente si vota. Alla fine di una campagna referendaria molto urlata. Abbiamo raccolto tutti gli interventi pubblicati sul nostro sito (più alcuni inediti) in un Dossier che dà elementi per una valutazione documentata e razionale (ma non indicazioni di voto!) a chi ancora è indeciso. Domenica notte sapremo anche se i sondaggi hanno azzeccato le previsioni, dopo i clamorosi fallimenti nei casi Brexit e Trump. Prevedere i risultati elettorali è sempre più difficile per la ritrosia delle persone intervistate a dichiarare le loro vere intenzioni.
Sempre in questo denso fine settimana sapremo anche se i detentori di obbligazioni subordinate Monte dei Paschi accettano di convertirle in azioni aprendo la strada al salvataggio. Ma se Mps piange, le altre banche non ridono con 210 miliardi di sofferenze. Un registro elettronico dei crediti deteriorati ora dovrebbe renderli più commerciabili.
I rientri volontari assistiti sono un nuovo strumento di contenimento dell’immigrazione. Il cittadino straniero entra in un percorso di apprendimento di un mestiere per poi rimpatriare. Meglio dell’espulsione che costa alla persona un alto prezzo psicologico e sociale. E a noi mediamente 4 mila euro.
Tutti i paesi hanno responsabilità nelle emissioni di carbonio. Ma ne ha di più chi partecipa all’inquinamento globale per una percentuale superiore alla sua quota di crescita Pil mondiale. E viceversa. Ne viene fuori una classifica con qualche sorpresa. Ultimo di una serie di tre articoli sul tema.
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Manca esattamente un mese alle elezioni presidenziali americane e la campagna elettorale è finalmente entrata nel vivo. Archiviati i primi due dibattiti televisivi (tra i Hillary e Donald il primo, tra i candidati alla vice presidenza il secondo) e schivando polemiche varie a ogni piè sospinto, è bene dare un’occhiata ai sondaggi per cercare di capire dove l’opinione pubblica americana si stia effettivamente indirizzando.
Dopo una lunga campagna referendaria che del caratteristico aplomb inglese ha avuto ben poco, il verdetto è e arrivato: 52 per cento per il Leave, 48 per il Remain.