Stesso corpo elettorale, stessa legge elettorale e stesse prerogative: ormai tra Camera e Senato non ci sono più differenze sostanziali. Ma che senso ha continuare a prevedere un doppio voto di fiducia al governo e un doppio passaggio per ogni legge?
Correva l’anno 1947…
Il 22 dicembre del 1947 veniva approvata la Costituzione della Repubblica Italiana, la legge fondamentale del nostro Paese. Pochi giorni dopo, il 27 dicembre dello stesso anno, la Costituzione viene promulgata e infine entra in vigore dal 1° gennaio 1948. Nella sua versione originaria, la Carta era composta da 139 articoli (gli articoli 115, 124, 128, 129 e 130 sono stati in seguito abrogati) e da XVIII disposizioni finali e transitorie.
Gli articoli dedicati al Parlamento, cioè all’organo legislativo, sono quelli compresi tra il 55 e l’82. Il sistema parlamentare italiano è stato definito bicameralismo perfetto, in quanto Camera e Senato hanno esattamente gli stessi compiti. Ciò per esplicita scelta dell’Assemblea costituente che, dopo un lungo dibattito sull’opportunità o meno di avere due camere, decise a favore di un Senato della repubblica che facesse da bilanciamento alla Camera dei deputati.
Tra i principali elementi di differenziazione delle due camere, ne spiccavano tre. Il primo era dato dalle età di elettorato attivo e passivo (art. 57), fissate rispettivamente a 25 e a 40 anni, contro la maggiore età e i 25 anni per la Camera (artt. 48 e 56). Questo articolo è stato modificato con legge costituzionale 1/2021 che ha ridotto l’età di elettorato attivo alla maggiore età (18 anni), equiparandola a quella delle Camera dei deputati. Il secondo elemento di differenziazione era (ed è) la previsione che il Senato sia “eletto a base regionale” (art. 60). Si tratta di una differenza originata dal dibattito in Assemblea che, per alcuni suoi membri, prevedeva la possibilità che il Senato diventasse, totalmente o parzialmente, un’assemblea eletta dalle autonomie regionali. In altre fasi del dibattito, il comma sarebbe stato necessario per garantire a ciascuna regione un numero minimo di Senatori. Oggi, la “base regionale” di fatto condiziona solo la necessità che i confini dei collegi elettorali per il Senato non travalichino i confini regionali. Infine, altro rilevante elemento di differenziazione era la durata del mandato, che fino alla legge costituzionale n. 2/1963 era di sei anni per il Senato e di cinque per la Camera (art. 60). Anche se, a dire il vero, in quei quindici anni, il Senato venne sempre sciolto insieme alla Camera dei deputati (due scioglimenti).
Vale la pena di ricordare che la riforma costituzionale del 2016, poi bocciata dal referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, pur non eliminando del tutto il Senato, conteneva un parziale superamento del bicameralismo.
Così diversi, così uguali
Come si è già scritto, per la prima volta nella storia repubblicana, nelle elezioni del 25 settembre ha votato per il Senato e per la Camera dei deputati lo stesso corpo elettorale, composto da tutti i cittadini maggiorenni. Ciò è stato possibile a seguito dell’approvazione della già citata legge costituzionale 1/2021. Per quanto riguarda la legge elettorale, a entrambe le camere si applica la Legge 165/2017 (cosiddetto “Rosatellum”), che non prevede differenze sostanziali salvo quelle (minime) sulla ripartizione dei seggi tra le liste, che avviene su base nazionale per la Camera e invece su base regionale per il Senato, e sulla presenza di una soglia di sbarramento anche a livello regionale per il Senato.
Già si è scritto delle prerogative e dei compiti delle due assemblee. Se prima il bicameralismo italiano era definito perfetto, ora è addirittura più che perfetto. E al di là della perfezione c’è solo un mondo astratto e irreale. Irreale come la necessità di richiedere, per approvare una legge, l’approvazione di due assemblee identiche. Perché, date queste premesse, ha senso chiedersi se i risultati elettorali siano stati diversi oppure no. E la risposta è, poco sorprendentemente, no. In Tabella 1 si riportano le percentuali di voto raccolte da tutti i partiti che hanno ottenuto rappresentanza (mancano all’appello la SVP e altre liste locali). Il tasso di partecipazione è stato identico per Camera e Senato (63,91 per cento e 63,90 per cento rispettivamente).
Le percentuali di voto ottenute dai partiti sono praticamente le stesse. A parte rare eccezioni (Impegno civico e Più Europa), gli stessi partiti che hanno eletto deputati hanno ottenuto anche dei senatori. Il peso percentuale dei gruppi parlamentari nelle due camere è virtualmente uguale. Che senso può avere una situazione del genere?
Una legge per essere approvata deve ottenere il voto favorevole di entrambe le camere. È vero, queste sono composte da individue differenti. Ma allora, si potrebbe argomentare, anche la stessa Camera dei deputati è composta da 400 individui differenti e liberi. Analogamente per la fiducia da votare all’esecutivo. Superare il bicameralismo non è una questione di costi: andrebbe benissimo sostituire due camere da 400 e 200 membri rispettivamente con una da 600. E, in fin dei conti, non è nemmeno una questione di bicameralismo: se le due assemblee avessero elementi che le differenziano in maniera sostanziale, il meccanismo di “check and balances” avrebbe un senso. Senso che invece non c’è in una situazione del genere. Oggi ci sono certamente altre priorità; ma entro fine legislatura, forse, la questione del destino del Senato andrà definitivamente affrontata.
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firmin
Con un modello legislativo cosi’ ferraginoso e ridondante abbiamo il maggior numero di leggi di tutto il mondo. Sarebbe il caso di chiedersi se, per frenare questa alluvione legislativa, non sarebbe piuttosto il caso di introdurre una terza e quarta camera…come gli stomaci dei bovini.
Giovanni Lattuca
Prima si arriva alla modifica costituzionale verso il mono cameralismo meglio è per il paese. Una semplificazione istituzionale ma anche politica un autentico passo per aiutare i cittadini a tornare a votare.
Savino
Il bicameralismo nasceva dall’esigenza, ormai nettamente superata, di ponderatezza nel legiferare.
Il Senato all’origine aveva un mandato di 6 anni e, come abbiamo visto, solo a partire da queste elezioni si sono uniformate le età per l’elettorato attivo. Evidentemente si tratta di un doppione Camera-Senato che non possiamo più permetterci e che non è confacente con la tempistica richiesta per le decisioni.
Fabio
11 paesi, oltre all’Italia, hanno un sistema bicamerale: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovenia e Spagna. Tuttavia, solo in Francia, Polonia e Romania, le due camere hanno entrambe poteri rilevanti nella approvazione delle leggi: in Francia il senato, pur non votando la fiducia, ha sostanzialmente le medesime funzioni legislative della Camera bassa.
non si può dire certo che il nostro parlamento non lavori :n Italia si stima vi siano 160.000 norme, di cui 71.000 promulgate a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia, invece, sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000»,
forse lavorando troppo invece di diminuire o semplificare complicano la vita dei cittadini italiani e delle imprese.
ma noi italiani siamo un popolo ” complicato ” per cui l’assemblea costituente conscia di tale complessità pensò di creare il bicameralismo perfetto .
un esempio ?il numero di avvocati presenti in Italia è il doppio di quelli della Germania.
Lorenzo
Renzi propose il referendum costituzionale per abolire il Senato. Ms5 lo affossò.
B.B.
E’ vero. Non solo il M5S ma anche tutte le fazioni politiche, alleati di Renzi in primis che vedevano minacciate le loro rendite.
Pur non votandoa sinistra votai con gioia a favore della proposta di Renzi Matteo, di eliminare il senato e gli altri enti inutili compreso TREU.
Gabriele
Il referendum di Renzi non proponeva l’abolizione del senato, ma la sua modifica, riducendo il numero dei senatori e l’attività legislativa, e per questo furono sollevati molti dubbi, anche da insigni costituzionalisti, sulla sua effettiva utilità. Contro il referendum si espressero non solo M5s, ma anche Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Inoltre anche all’interno del PD ci furono perplessità: D’Alema e Bersani si dichiararono contrari. Il referendum fu bocciato da circa il 60% dei votanti, quindi con ampio margine rispetto ai favorevoli. Ricordo, di passata, che allora Renzi, novello Charles de Gaulle, dichiarò che se il referendum fosse stato bocciato si sarebbe non solo dimesso, ma anche ritirato dalla attività politica. Infatti lo vediamo ancora bello arzillo a fare il Gianburrasca in Parlamento affossando governi che lui stesso ha promosso… davvero un politico credibile!
B.B.
30 sett 2022
Le conclusioni della valutazione sopra mostrata, legittima e condivisibile, non convincono del tutto. Stabilito che le due camere, a questo punto, servono solo alla politica, cosi’ come ogni scranno dentro gli inesauribili rivoli della irritante burocrazia, eliminare una delle due camere sarebbe auspicabile e giusto. Ma attenzione, solo eliminazione. Ovviamente il senato, senza ridiscutere il numero dei parlamentari fissato a 400. Altrimenti, i poco decorosi finti rappresentanti del popolo, con l’occasione, non aspettano altro per poter ripristinare i 1000, forse anche 3000.
Altrimenti non si capisce perché non abbiano fatto esprimere i cittadini “ad referendum” sull’europa che tanti danni ci arreca.
Michele Lalla
Le argomentazioni dell’articolista e di gran parte dei commentatori parlano di doppione per giustificare la loro passione per il monocameralismo, ottenendo di fatto un Parlamento ancora piú “decisionista”.
Primo. Doppione era appioppato anche prima, quando per diversi motivi era proprio una “camera di compensazione”; purtroppo, colpo dopo colpo, si sta snaturando questa funzione e chi ha perpetrato questa riforma è responsabile della lenta trasformazione in doppione.
Secondo. Si dà il caso che doppione ancóra non è, giacché sarebbe la camera dei vecchi: perché non portiamo l’eleggibilità a 50 anni, visto che l’infantilismo impera in questo paese?
Terzo. Non si conosce il paese che si àbita o si fa finta di non conoscerlo. Per questo paese la lentezza è salutare, tant’è che di fatto si sta smontando la costituzione: si introduce il finto bipolarismo, la finta elezione del primo ministro, e tante altre azioni deleterie non denunciate da alcuno, perché tutti complici, di fatto, di una forma di illegalità diffusa. E qui si arriva, se si parla senza avere forti e chiari i riferimenti fondamentali.
La costituzione USA vige da oltre due secoli, ha subito , sí, una trentina di cambiamenti e ha due camere, perché qui si continua a sparare sul Senato? Ci sarà una ragione o una moda (sconsiderata?).
Perché non riduciamo di nuovo la base elettorale?
Perché non fissiamo la stretta “regionalità” degli eletti?
Perché non proporre solo collegi uninominali per il Senato, come era una volta, se ricordo, bene e non vado a controllare? (con l’uninominalità sparisce il problema dei resti). Mi fermo qui per brevità.
B.B,
In USA fu deciso che la Camera di 435 deputati, doveva essere eletta in base al numero quantità di popolazione, mentre il Senato doveva rappresentare gli stati (stesso numero di senatori 2 /stato =100 senatori, totale 535 eletti per oltre 329 milioni di abitanti.
N.1 eletto a carico di 615.000 cittadini.
In Italia siamo a 600 eletti (dopo la riduzione) per una popolazione di 1/5 rispetto agli USA.
N.1 eletto a carico di 100.000 cittadini.
Michele Lalla
La ringrazio per le precisazioni e la risposta in quanto tale, ma la mia argomentazione voleva essere di principio e politica. Il commento successivo al mio ripropone il tema, anche se incolpa i partiti.
La colpa non è dei partiti o di tutti i partiti di allora, ma sia del clima internazionale che si è creato dopo il 1989 sia dell’informazione. E quest’ultima opera ancóra di piú oggi: c’è un solo giornale di sinistra, poco diffuso, non c’è una televisione di sinistra, Berlusconi governa entrambe le aree. Questi canali hanno contribuito a smantellare di fatto alcuni aspetti della costituzione e l’obiettivo è sempre lo stesso: un governo piú centralizzato e possibilmente presidenziale e una Camera sola. Due Camere non sono un dogma, ma sono utili per questo paese, magari riportando le regole simili all’origine, mentre bisogna formare una classe politica capace di governare con lungimiranza e non proterva e pronta a incappare il pro esso… ma questa è in po’ utopia, oggi, perché queste modalità si stanno diffondendo a livello mondiale e nessuno resiste o si oppone. ..
B&B
Purtroppo sono un partita iva.
Ad ogni rivolo di spesa deve corispondere un progetto di rendita, oppure un servizio adeguato, efficiente, funzionale, godibile et equipollente alla spesa sostenuta.
Con questi criteri di base, valori fortemente rigorosi e formativi, (da fare assumere anche ai politici con esame pratico di ammissione, altrimenti, boriosi e imbroglioni, con due chicchiere al partito, pensano e millantano di essere diventati ingegneri) si puo’ tentare di progettare il fare, quindi con l’esperienza qualsiasi iniziativa, costruire l’universo sicuri di non perdere perchè allenati, profondamente, alla verifica. Altrimenti siamo sempre a cercare il colpevole……
Fabrizio Fabi
Il bicameralsmo delineato dalla Costituzione del ’47 era abbastanza in linea con quello degli USA: 2 camere con pari poteri, ma con tempi di elezione sfalsati e Senato espressione delle Regioni. Il regime dei partiti ha progressivamente appiattito tutto in modo che niente potesse sfuggire al suo controllo; fino alla legge elettorale vigente, che consente ai capipartito un controllo pressoche totale sull’elezione dei propri parlamentari. L’estensione dei poteri (partitocratici) regionali, e l’impastrocchiamento con quelli statali ha fatto il resto. Urgente ripristinare integralmente la Costituzione del ’47… Poi magari si può vedere se qualcosa va aggiustato…