L’immigrazione è uno dei temi forti della campagna elettorale e non è certo una novità. I numeri contraddicono le affermazioni propagandistiche. Ma il dibattito si svolge lungo linee che segnalano una vittoria culturale dei sovranisti.
Perché è un tema da campagna elettorale
L’immigrazione è uno dei temi forti della campagna elettorale in corso. Non è una sorpresa, perché da anni ormai l’argomento occupa un rango di primaria importanza nelle agende politiche dei governi e dei partiti in competizione. L’immigrazione in verità sembra mobilitare soprattutto i suoi oppositori: risultati elettorali clamorosi, come la Brexit, la vittoria di Donald Trump nelle presidenziali statunitensi del 2016, lo stesso successo delle forze politiche anti-sistema in Italia nel 2018, hanno trovato nel contrasto all’immigrazione uno dei principali fattori trainanti.
Fa parte della campagna elettorale anche la mobilitazione di emozioni, sentimenti e paure. Niente di nuovo sotto il sole. Nuovi decreti sicurezza (Lega), blocco navale (Fratelli d’Italia), lotta all’immigrazione “clandestina” (Forza Italia) sono le proposte di punta delle forze di centro-destra date per favorite nei sondaggi. Viaggi a Lampedusa e comizi in Sicilia rafforzano questa impostazione, insieme a una competizione piuttosto scoperta sulle ricette più drastiche per combattere gli arrivi indesiderati.
Senza entrare nel merito, vorrei però richiamare l’attenzione su due contraddizioni della propaganda anti-immigrati. La prima è la riduzione del fenomeno dell’immigrazione (oltre cinque milioni di residenti regolari, perlopiù donne, almeno per metà europei, 2,5 milioni occupati regolarmente) agli sbarchi sulle coste meridionali del paese di persone in cerca di asilo (58.451 al 29 agosto 2022, secondo gli ultimi dati del Viminale). La seconda è la silenziosa distinzione tra profughi ben accolti, quelli ucraini (quasi 160 mila secondo Il Sole-24Ore), e profughi etichettati come pericolosi invasori da respingere (tutti gli altri, sia che arrivino via terra dalla rotta balcanica, sia che approdino spontaneamente, sia che vengano tratti in salvo dalle navi delle vituperate Ong).
Le due contraddizioni
Sul primo punto, va richiamato almeno un dato. Anzitutto, è vero che si assiste a una crescita degli sbarchi, dopo due anni con numeri inferiori anche a causa della pandemia (19.391 nel 2020 e 39.471 nel 2021, alla stessa data). Siamo però lontani non solo dai dati del 2015-2016, ma anche dall’impegno nell’accoglienza dei rifugiati da parte di altri paesi dell’Ue. È strano come nel nostro paese si continui a riproporre il mito vittimistico di un’Italia lasciata sola da un’Europa indifferente. I dati Eurostat relativi alle prime domande di asilo dicono che nel 2021, come negli anni precedenti, la Germania è stata la prima destinazione, con 148.200 richieste (27,7 per cento del totale Ue), seguita dalla Francia con 103.800 (19,4 per cento) e dalla Spagna, con 62.100 (11,6 per cento). L’Italia figurava al quarto posto, con 43 mila richieste (8,2 per cento) e precedeva di poco la piccola Austria (36.700, pari al 6,9 per cento). È vero che gli sbarchi sono più drammatici e visibili rispetto ad altri arrivi più silenziosi e discreti, ma ai fini degli obblighi di accoglienza umanitaria poco cambia. Va ribadito: l’Italia nel 2021 ha ricevuto poco più dell’8 per cento delle richieste d’asilo presentate nell’Ue.
Ancora più stridente la seconda contraddizione. I profughi ucraini sono stati fin qui ben accolti, senza polemiche di parte. Associazioni e gruppi di volontariato si sono attivati con solerzia e anche molti semplici cittadini, in varie forme, hanno manifestato solidarietà e volontà di accoglienza. Le istituzioni pubbliche locali hanno accolto i nuovi arrivati con generosità, mentre il governo nazionale ha assunto provvedimenti speciali, in linea con Bruxelles, per assicurarne la protezione. È vero che si trattava perlopiù di donne e bambini, ma non è vero che gli ucraini non abbiano nulla a che fare con l’immigrazione irregolare: nella sanatoria del 2020 hanno occupato la prima posizione per domande di regolarizzazione relative al settore domestico-assistenziale (18 mila). Non è neppure vero che non comportino costi: il 60 per cento, fin qui, ha percepito il contributo governativo di 300 euro mensili per le spese abitative, 150 euro per i minori. Colpisce il fatto che gli afghani, per i quali un anno fa sembrava profilarsi un analogo slancio di solidarietà, siano ora invece relegati tra i “cattivi” da respingere, insieme a siriani, eritrei e altri fuggiaschi da guerre e persecuzioni.
Stupisce che l’opinione pubblica e i maggiori mass-media non abbiano colto queste contraddizioni e siano nel complesso trascinati a discutere della questione secondo l’impostazione dettata dai leader sovranisti del centrodestra. Le vittorie politiche sono in genere precedute da vittorie culturali, dalla capacità d’imporre la propria visione dei fenomeni e i termini della discussione.
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Catullo
Non so se i numeri sono corretti ma io uno sciopero dei ferrovieri contro le aggressioni sui treni non l’avevo mai visto. Vedo invece sempre più aggressioni fatte da extracomunitari verso i capotreno, specie se donna, nel totale disinteresse di tutti. Può darsi che sia veramente una percezione ma le notizie di queste aggressioni ci sono eccome.
Lorenzo Luisi
Del resto nella Penisola ci sono ancora centinaia di odonimi che celebrano Vittorio Emanuele III promulgatore delle leggi razziali [https://wiki.openstreetmap.org/wiki/Vittorio_Emanuele_III].