Scuola e università sono citate, con più o meno spazio dedicato, nei programmi di tutti i partiti candidati alle politiche. In una serie di articoli, analizziamo alcune delle proposte.
Dopo aver esaminato il programma di Fratelli d’Italia sulla scuola e l’università, passiamo ora a quello di Sinistra Italiana, la formazione guidata da Nicola Fratoianni che ha siglato un accordo elettorale, anche se non programmatico, con il PD. Le proposte di SI sono inserite in un’ampia analisi dei problemi del sistema di istruzione italiano, visti come conseguenza della “aziendalizzazione” di scuola e università.
Come è ovvio per un partito di sinistra, il testo prende le mosse dalle disuguaglianze di origine sociale presenti nella scuola: curiosamente però, non affronta uno dei principali fattori che determinano le differenze di apprendimento sulla base del background familiare – la struttura per indirizzi della scuola superiore – che vede una forte concentrazione dei figli delle famiglie benestanti nei licei e di quelli delle famiglie fragili negli istituti professionali. Sinistra Italiana non propone quindi di andare verso il modello “comprensivo” della scuola scandinava, con un tronco unico per tutti fino almeno ai 16 anni, verso cui si è recentemente indirizzata anche la Francia: in generale, il tenore di quasi tutte le proposte è di conservare le caratteristiche del nostro sistema, ripristinando semmai alcuni aspetti precedenti la riforma Berlinguer di venti anni fa e rafforzando le tutele dei docenti, che rappresentano evidentemente un bacino elettorale importante per questo partito.
Per esempio, come forma di contrasto alla povertà educativa si propone da un lato “un cambiamento radicale delle finalità e delle metodologie degli strumenti Invalsi, rimettendo al centro le scuole e i loro organi collegiali, a cominciare dai collegi docenti” e, dall’altro, “un ribaltamento dell’impostazione di un Pnrr che riempirebbe di soldi le scuole “meritevoli” e di inutile tutoring (estraneo al mondo della scuola ed espressione delle più evidenti logiche aziendalistiche) le scuole in maggiore difficoltà”. Questa impostazione riflette l’ostilità di molti docenti ai test Invalsi, visti come uno strumento di valutazione dei risultati dei singoli studenti e professori, anziché del sistema scolastico nel suo complesso, che è invece la principale finalità delle prove. Vi è però una confusione fra il piano delle politiche scolastiche, in cui gli strumenti di analisi, fra cui l’Invalsi, servono a identificare le scuole più bisognose di interventi a sostegno e a indirizzarvi i finanziamenti, attività che gli organi collegiali della scuola non sono in grado di svolgere; e il piano dell’attuazione delle politiche, in cui il coinvolgimento di docenti e dirigenti è cruciale. Anche in questo caso, però, le figure dei tutor e mentor, previste dal Pnrr, servono ad accompagnare i docenti delle scuole in condizioni più critiche, attraverso la definizione dei vari interventi e la formazione. Al di là degli anglicismi più o meno graditi, il ruolo di queste figure è di fare in modo che le scuole che hanno davvero bisogno, e che spesso non partecipano alla distribuzione dei fondi europei e nazionali perché non sono neanche in grado di definire i progetti con cui partecipare ai bandi, ricevano comunque aiuti finanziari e didattici.quella he quello che
Sullo stesso tema è invece condivisibile la proposta di SI di “ripristino del tempo pieno nella scuola primaria ed estensione generalizzata del tempo scuola nella secondaria di primo grado e di secondo grado”. Il tempo pieno è sicuramente una misura rivolta a ridurre i divari di apprendimento e a contrastare l’abbandono scolastico. Oggi in Italia è presente nel 60 per cento delle scuole primarie, prevalentemente al Nord, e appena nel 10 per cento delle medie: un’estensione del tempo scuola al pomeriggio – anche se andrebbero quantificati i costi – sarebbe da salutare positivamente. Sempre nel solco della tutela dei posti di lavoro dei docenti, il testo prevede la completa stabilizzazione degli insegnanti di sostegno (difficile perché legata al numero di studenti disabili, di per sé imprevedibile) e una riduzione della numerosità delle classi a 15 allievi (con alcune eccezioni fino a 18). La proposta del ridimensionamento del numero degli allievi è ampiamente condivisa nel mondo della scuola: tuttavia, non vi è un’evidenza convincente che meno studenti per classe determinino un miglioramento dei risultati e l’Italia è già uno dei paesi avanzati con classi mediamente meno numerose.
Per quel che riguarda l’Università, Sinistra Italiana è molto critica nei confronti della presunta “aziendalizzazione” degli atenei, dell’appiattimento acritico sull’innovazione tecnologica e della precarizzazione dei ruoli della ricerca, peraltro oggi superata dalla riforma del ruolo di ricercatore previsto dalla legge 79 del 2022. La principale proposta è la completa gratuità dell’accesso universitario; manca però una valutazione dell’impatto sui bilanci degli atenei e dello Stato e una discussione dell’impatto dal punto di vista dell’equità: il rischio naturalmente è di rendere gratuito lo studio anche a chi potrebbe comunque permetterselo.
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Giovanni Realdi
Grazie.
Le chiedo, se interessato, un commento sul programma di Possibile.
Giovanni Realdi
Savino
Se non si fara’ ripartire l’ascensore sociale, dando spazio ai capaci, meritevoli e talentuosi, presenti oggi esclusivamente nei ceti sociali piu’ bassi (con bisogno oltre che merito),l’Italia sara’ morta. Non saranno certo i figli di papa’ a tirarci fuori da questa situazione ma i figli di persone normali che frequentano scuole pubbliche e che vanno tutelati e curati al massimo delle possibilita’.
Michele Mastromartino
Tutor e mentor non mi risulta che siano degli anglicismi