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Il fisco nei programmi elettorali

Coalizioni e partiti hanno visioni molto diverse del fisco. Ma in tutti i programmi manca un disegno complessivo di riforma fiscale, che invece servirebbe per rispettare gli impegni del Pnrr e, soprattutto, per garantire una crescita equa e sostenibile.

Sui temi del fisco i programmi elettorali presentano qualche punto comune, ma anche molte diversità nell’impostazione generale e nelle proposte specifiche. L’impressione complessiva è che il pur circoscritto consenso trasversale che si era raggiunto in Parlamento sul disegno di legge delega di riforma fiscale – ottenuto più per cancellazione dei punti qualificanti, ma divisivi, della riforma, come il catasto e l’imposizione duale, che per effettiva capacità di trovare soluzioni di compromesso – sia stato messo in soffitta dai partiti per riappropriarsi rapidamente delle rispettive parole d’ordine identitarie.

Di seguito le proposte sul fisco dei principali partiti: Fratelli d’Italia (FdI), Forza Italia (FI), Lega – Salvini premier (Lega), Pd – Italia democratica e progressista (Pd), Alleanza Verdi e Sinistra (Sinistra), Azione – Italia Viva – Calenda (Terzo Polo) e Movimento 5 Stelle (M5s).

I (pochi) punti comuni

Quasi tutti propongono un taglio del cuneo fiscale sul lavoro in favore di imprese e/o lavoratori: FI propone la riduzione di circa un punto di Pil del cuneo contributivo per i dipendenti fino a 35 mila euro; la Lega immagina una riduzione per i lavoratori di 10 punti percentuali per 10 anni; il Pd propone di fiscalizzare gradualmente i contributi a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati fino a consentire una mensilità in più; il Terzo Polo sostiene la detassazione, per il 2022, di una mensilità aggiuntiva per le imprese che decidano di erogarla ai propri dipendenti per alleviare l’inflazione; M5s e FdI parlano genericamente di taglio del cuneo fiscale.

Altra proposta presente in tutti i programmi (a eccezione della Sinistra) è la progressiva abolizione dell’Irap. Nessuno si preoccupa però di indicare una fonte fiscale sostitutiva in grado di contribuire al finanziamento della sanità pubblica e garantire adeguati spazi di autonomia fiscale alle Regioni. Soltanto il Pd sottolinea l’esigenza di garantire la copertura del fabbisogno sanitario con la partecipazione di tutti i redditi al suo finanziamento.

Altro elemento comune è un generale, quanto generico, auspicio di ridurre le spese fiscali, che risulta però in contraddizione con le proposte di mantenere i bonus esistenti e introdurne di nuovi. Diffusa è anche la proposta di trasformare le detrazioni fiscali in erogazioni dirette via cash-back, in modo da includere gli incapienti, con conseguenti contrazioni nel prelievo o, a parità di gettito, necessarie riduzioni delle detrazioni.

Le principali differenze

Le differenze più profonde riguardano l’Irpef. Tutti i partiti della coalizione di centrodestra richiamano, con modalità diverse, la formula della flat tax. La Lega prevede tre fasi, partendo dall’estensione della attuale regime forfetario per le partite Iva a 100 mila euro di fatturato e ai redditi incrementali per arrivare, a regime, a una flat tax per tutti. Contestualmente si prevede l’aumento del minimo esente a 14 mila euro. FI propone invece un passaggio intermedio ad un’Irpef con tre aliquote (15, 23 e 33 per cento) con un minimo esente pari a 13 mila euro e, a regime, una flat tax al 23 per cento. FdI si limita a prevedere l’estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato e sugli incrementi di reddito.

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Il Pd caldeggia una riduzione del prelievo sui redditi medio-bassi e un sistema complessivamente più progressivo. La Sinistra propone: un sistema onnicomprensivo, in cui la base imponibile include ogni fonte di reddito; l’innalzamento del minimo imponibile a 12 mila euro; l’introduzione di una progressività continua con aliquota massima pari al 65 per cento sopra 10 milioni di euro. Il Terzo Polo prevede: una revisione basata sulla semplificazione del sistema; l’introduzione di una deduzione pari a un importo considerato essenziale per sopravvivere; un meccanismo di imposizione negativa, tipo Earning tax credit anglosassone; l’unificazione della detrazione per lavoro dipendente e autonomo; una detassazione specifica per i giovani (totale fino a 25 anni e ridotta del 50 per cento fino a 29 anni); uno scivolo di tassazione agevolata per chi supera i 65 mila euro di ricavi nel regime forfetario delle partite Iva.

Sull’individuazione dell’unità impositiva la coalizione di centrodestra sostiene compatta il quoziente familiare, incurante del fatto che ciò penalizzerebbe il mercato del lavoro femminile. Inoltre, la Lega punta sulla piena detraibilità delle spese per figli a carico, in particolare per le spese educative, e sull’esenzione a vita dall’imposta sui redditi per le donne con almeno 4 figli. FI prevede una specifica detrazione per il secondo coniuge che lavora, una deduzione di 2.900 euro per i primi tre anni di vita di ogni figlio e un ampliamento delle spese fiscali per favorire la famiglia e la nascita di nuovi nuclei familiari. Il Pd mantiene, come peraltro suggerito anche in ambito europeo, il riferimento alla tassazione su base individuale, con in più l’introduzione di un regime agevolato per il secondo percettore di reddito in famiglia, per favorire l’occupazione femminile.

Anche sul tema dell’imposizione patrimoniale i programmi divergono. Da un lato, la coalizione di centrodestra condanna ogni nuova patrimoniale dichiarata o mascherata: in particolare, la Lega propone l’abolizione dell’imposta di bollo sui conti correnti e depositi postali, la progressiva riduzione dell’Imu e l’esenzione sui negozi sfitti; FI vorrebbe eliminare del tutto l’imposta su successioni e donazioni e l’Imu su immobili occupati (abusivamente?) o inagibili. Dall’altro, la Sinistra propone la sostituzione delle attuali patrimoniali con un’imposta personale, unica e progressiva, che gravi sull’insieme di tutti i beni mobili e immobili. Il Pd riprende l’idea di un inasprimento dell’imposta sulle successioni e donazioni per i grandi patrimoni (superiori ai 5 milioni di euro), il cui gettito andrebbe a finanziare un assegno ai diciottenni, parametrato sull’Isee, per coprire le spese relative alla casa, all’istruzione e all’avvio di un’attività lavorativa. M5s e Terzo Polo rimangono silenti sul tema. Nessun partito richiama la controversa revisione del catasto immobiliare.

La revisione dell’Iva non sembra al centro delle attenzioni dei programmi elettorali. Nessuno, tranne il Terzo Polo (che propone un sistema a due sole aliquote, una ordinaria e una ridotta), prospetta un riordino complessivo dell’imposta. I partiti indicano solo, chi più, chi meno, interventi contingenti per contrastare l’attuale fiammata inflazionistica (beni di prima necessità e prodotti energetici) o misure di sostegno via Iva a specifici consumi ritenuti meritori (prodotti per l’infanzia, cultura e animali domestici).

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Oltre alle agevolazioni fiscali Iva, assai variegato e creativo è il panorama di quelle proposte via Irpef/Ires. Solo per citarne alcune, si va dagli incentivi all’imprenditoria femminile e giovanile (FI e FdI), agli sgravi fiscali per favorire il rientro di italiani dall’estero, per l’abbonamento in palestra o in piscina (Lega), all’estensione della detrazione Irpef del 50 per cento a tutte le tipologie di start-up per le persone fisiche under 35 (Pd), al rafforzamento delle agevolazioni per il welfare aziendale e per i giovani che avviano un’attività imprenditoriale (Terzo Polo), alla stabilizzazione degli sgravi per l’acquisto della prima casa da parte degli under 36 (M5s). Sui bonus edilizi si va da FI che vede nella loro riduzione una fonte di finanziamento, al M5s che vorrebbero addirittura renderli permanenti, insieme alla cessione dei crediti.

Manca il disegno di riforma

In conclusione, le proposte fiscali avanzate dai partiti si sostanziano per la gran parte in promesse di tagli e agevolazioni, che rischiano di aumentare la frammentazione e la complessità del sistema. Mancano poi le valutazioni del possibile impatto economico e finanziario (minori entrate) degli interventi proposti e conseguentemente come farvi fronte, dati i vincoli di finanza pubblica. Come copertura si fa spesso riferimento al recupero di evasione e, da parte del Centrodestra, alla “pace fiscale” (ennesimi condoni). Solo il Terzo Polo e FI dedicano un “capitoletto” specifico al tema, ma le risorse individuate paiono nel complesso poco credibili nella loro effettiva capacità di reperire quelle necessarie. Siamo ben lontani dalle best practices a livello internazionale (il riferimento d’obbligo è ai Paesi Bassi), in cui i partiti sottopongono le proprie proposte adeguatamente dettagliate a istituzioni indipendenti per valutarne in modo trasparente e super partes i loro effetti finanziari ed economici, distributivi e allocativi.

La visione del fisco che emerge mostra profonde differenze fra le diverse coalizioni e anche fra i partiti all’interno delle coalizioni, ma diffusa è l’assenza di un disegno complessivo, sistemico e organico di riforma fiscale (la cui esigenza viene richiamata espressamente solo dal Terzo Polo), con buona pace del percorso avviato dal governo Draghi, non solo per rispettare gli impegni europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma perché indispensabile per una crescita equa e sostenibile.

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12 commenti

  1. Savino

    Chi non ha voluto più Draghi avrà Tremonti dietro il nuovismo di Meloni.

  2. bob

    un solo “partito” potrebbe delegittimare soprattutto agli occhi del mondo questa “classe politica”: l’astensionismo!
    Una forte percentuale di astenuti potrebbe dare uno scossone al Paese, in qualche maniera farebbe riflettere e potrebbe innescare un movimento di persone intellettualmente preparate ( ci sono eccome).
    In democrazia essere delegittimati da un no-voto vuol dire la fine del politico stesso

    • BB

      E’ vero che in Italia la politica è diventata un problema insanabile. Probabilmente la causa non verrà mai presa in considerzione e mai eliminata, stante gli interessi in ballo e l’enorme conflitto di interessi dei partiti.
      Vd ultime rivelazioni sulla gestione della sanità e monnezza nel Lazio)

      Pero’ la tentazione di non votare porterà un gran favore proprio a quella politica dei favori, ruberie milionarie, provvigioni, posti da primario negli ospedali, dirigenti e impiegati inutili nelle pubbliche amm.ni ecc;
      Infatti hanno deciso di votare un solo giorno, perchè tutti gli appartenenti a quelle cosche, della politica dell spartizione andranno sicuramente a votare.

      • Gigi

        Non eravamo mai giunti al capolinea senza piu’ credibilità istituzionale e politica come adesso. Nemmeno nei tempi piu bui della DC.

    • Savino

      Sono molto d’accordo

  3. Stefano

    Articolo molto chiaro che analizza come sul Fisco i partiti italiani vadano in ordine sparso con promesse elettorali, forse sapendo che le scelte fiscali del futuro governo saranno vincolate dagli impegni di finanza pubblica già assunti dal governo Draghi verso l’Europa.
    Interessante la proposta di una valutazione ex post delle efficacia e dei costi delle misure agevolative, sebbene appare preoccupante per la democrazia l’idea di esternalizzarla ad organismi indipendenti.
    Tali valutazioni dovrebbero spettare ai Ministeri competenti perché servono ai Governi a capire la bontà delle politiche fiscali adottate ed a risponderne di fronte agli elettori.
    Peraltro, nella realtà tali organismi sono “indipendenti” solo formalmente (come dimostra l’entrata in politica di Cottarelli), perché legati a precisi orientamenti politici (non votati dagli elettori) e si limitano a valutare i costi delle misure non avendo gli strumenti informativi adeguati per misurarne l’impatto economico (a differenza dei Ministeri competenti).
    Quindi di fatto possono limitarsi ad una valutazione “ragioneristica” delle misure fiscali ed a considerazioni rispetto al modello di tassazione prescelto a priori (che è ovviamente frutto di una decisione politica).
    Ciò comporta (come dimostra il caso Grecia) che per rispondere esclusivamente a ragioni di finanza pubblica ci si dimentica del denominatore, la “crescita”, ed il rapporto debito/PIL peggiora dopo l’intervento dei saggi..

  4. Enrico Bennati

    Un solo chiarimento, come mai il quoziente familiare penalizzerebbe il lavoro femminile ? Se non erro i paesi che lo applicano hanno un tasso di occupazione femminile superiore al nostro. Grazie

  5. Stefano Sereni

    Complimenti agli autori che hanno fatto una analisi molto puntuale delle proposte elettorali dei partiti, che non sembrano molto allineate ai vincoli di bilancio presi con l’Europa dal governo uscente.
    Suscitano dubbi, invece, le proposte di riforma proposte nell’ultima parte dell’articolo.
    Assegnare ad organi indipendenti il compito di valutarne in modo trasparente e super partes gli effetti finanziari ed economici, distributivi e allocativi delle scelte dei governi eletti dai cittadini è molto teorico perché non si comprendono quali sarebbero gli effetti politici di di una eventuale bocciatura (il provvedimento viene ritirato? il ministro si dimette?).
    In Italia ad esempio abbiamo da oltre 10 anni un monitoraggio puntuale delle agevolazioni fiscali da parte di organi esterni incaricati dal MEF, ma non è riuscito a contenere la loro proliferazione (spesso irrazionale).
    Immaginare di assegnare a tali organi maggiori poteri appare difficilmente realizzabile.
    In primo luogo perché, come dimostrano le recenti vicende del Prof. Cottarelli, spesso tali organi sono solo formalmente “super partes” posto che i loro componenti hanno precise idee politiche che ne condizionano i giudizi.
    Quindi già la scelta degli organi indipendenti cui assegnare tale compito da parte del governo risponderebbe a precise scelte politiche (ogni partito sceglierebbe i tecnici a lui più “vicini”).
    Ma soprattutto, come evidenziano gli autori, tali organi hanno la possibilità di verificare dall’esterno i costi finanziari delle misure adottate e ricostruire le logiche economiche sottostanti, ma non hanno tutte le informazioni per valutarne l’esatto impatto economico (che hanno o dovrebbero avere i ministeri competenti).
    Il rischio concreto è che rispetto al rapporto debito pubblico/PIL si dia preferenza solo al numeratore senza verificare se quella misura fiscale abbia o meno un impatto positivo sul denominatore (con la conseguenza che misure restrittive adottate in passato hanno peggiorato, non migliorato tale rapporto).
    Spesso tali valutazioni di policy fiscale sono effettuate sulla base di un modello teorico, la cui scelta è discrezionale (non esiste un solo modello adottabile), e risponde ad una precisa decisione di politica economica (puntare sul risanamento finanziario, ovvero sul rilancio dell’offerta/domanda, ecc.).
    Non si comprende perché tale scelta dovrebbe essere meritevole se fatta da parte di un organo tecnico, mentre lo sarebbe meno se fatta da un governo legittimamente eletto, magari con una larga maggioranza.
    In buona sostanza, l’unico reale strumento per vigilare sull’operato dei governi è avere una informazione libera da vincoli che faccia da “cane da guardia” al potere e che informi i cittadini/elettori. ma sappiamo che anche questo è poco realistico..

  6. Marcello

    Come al solito le cose sono semplici, anzi semplicissime. Fare pagare le atsse a tutti, per farne pagare di meno. Poi si può discutere di come farle pagare, ma prima affermiamo e pratichiamo il principio che tutti, debbano pagare le tasse, perchè abbiamo dei servizi universali, come la sanità, che vanno finanziati. Cominciamo dalla fotografia dell’esistente: I contribuenti italiani sono 41,5 milioni, a dichiarare tra 0 e 15.000 euro sono 17,2 milioni di contribuenti, tra 15.000 e 29.000 euro 14,5 milioni, tra 29.000 e 55.000 euro 6,9 milioni, tra 55.000 e 100.000 euro sono 1,4 milioni, tra 100.000 e 300.000 euro 461 mila e sopra i 300.000 euro 41 mila. Complessivamente in Italia quasi metà dei contribuenti del 2019 ha avuto un reddito inferiore ai 20.000 euro.
    La ricchezza ddi una famiglia italiana, 2 adulti e un figlio/figlia è di 340.000 euro (2020), cioè con oltre 10000 mld di euro la ricchezza è 8,7 il reddito disponibile (dichiarato) ed è simile a quello della Francia e più elevato rispetto a quello di Canada, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Quest rapporto indica un’elusione ed evasione fiscale devastante. La Francia ha una struttura di tassazione delle persone fisiche simile alla nostra.
    Elusione vuol dire norme ad hoc, che tassano i redditi sulla base dell’origine e non per quello che sono, cioè soldi.
    L’evasione è permessa e tollerata, perchè nessuno crede che non sia possibile scovare e far pagare gli evasori: siamo in grado di realizzare il riconoscimento facciale ma non di traccaire le spese di un cittadino? Non ci crede nessuno!
    Il cuneo fiscale è simile a quello dei paesi industrializzati europei, quindi il problema non è li, ma nella mancata crescita della pruduttività, dovuta a un costo dei fattori: energia, materie prime e lavoro semplcemnte osceno.
    Con la globalizzazione, il cambiamento climatico e infine la guerra questa formula tutta italiana, quella del Miracolo Economico per intenderci, è semplicemente anacronistica e inattuale. Quindi se vogliamo dire qualcosa e fare di semplice e realizzabile per avviare un nuovo sviluppo, un nuovo contratto per uno stato sociale direi “Pagare tutti per pagare meno”.

  7. Simone Pellegrino

    Buongiorno,
    provi a vedere questo articolo; è esaustivo per il quesito che pone.
    https://www.lavoce.info/archives/50414/quoziente-familiare-buono-solo-piu-ricchi/

    Simone Pellegrino

  8. marcello

    Oggi, il tema non è come tassare, ma far pagare le tasse a tutti. La struttura dei redditi da cui partiamo è irreale, sembra quella della Francia pre rivoluzionaria. I dati sono semplicemente non veri, o meglio fotografano un paese che non è il 7° paese più ricco del mondo, ne tanto meno la seconda manifattura d’Europa. Le imprese italiane contribuiscono al gettito fiscale in modo inaccetabile, IRES nel 2021 è stata di 1,9 mld, Francia la situazione mi sembra diversa, oasbaglio? I redditi evasi dai contribuenti sono ingenti a cominciare da quelli sul b&b che hanno distrutto il tessuto sociale e urbano delle città. Mi spegate come si fa ad avere l’80% di case di proprietà con il 49% dei contribuenti che dichiara meno di della spesa sanitaria pro-capite. Nel dettaglio, più o meno, 20 milioni pagano il 2,5% dell’IRPEF, 6 milioni di contribuenti pagano meno di 2000 euro anno. Ma vi sembra credibile questa descrizione? Cominciamo a far pagare le tasse a tutti e a rimettere in sesto sanità, scuola trasporti pubblici ,che come sapete sono sussidiati al 70%, e poi parliamo di redistribuzione del carico fiscale. Cominciamo dal semplce: pagare tutti per pagare meno, poi si accettano esercizi di virtuosismo impositivo, che per ora sono semplicemente fuori luogo.

  9. claudio zanghi

    Bisogna eliminare il superbollo, in quanto tassa inutile che frena il mercato automobilistico.
    Senza il Superbollo il mercato automobilistico avrà un impennata portando più soldi nelle casse delle stato.

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