La decontribuzione comporta un aumento dell’Irpef dovuta, solo in parte compensato dalla riduzione dell’imposta determinata alla riforma fiscale. Si tratta di misure temporanee e costose, mentre il sistema tributario diventa sempre più complesso.
Autore: Simone Pellegrino Pagina 1 di 6
Simone Pellegrino è professore associato di Scienza delle finanze presso il Dipartimento di Scienze Economico-sociali e Matematico-statistiche (ESOMAS) dell’Università di Torino. In precedenza è stato ricercatore presso la medesima Università. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in finanza pubblica presso l’Università di Pavia e il Master in public economics presso la University of York (UK). I suoi interessi di ricerca vertono prevalentemente su tematiche relative all’imposizione fiscale, alla costruzione di modelli di micro-simulazione tax-benefit e all’analisi dell’effetto redistributivo delle imposte.
Il governo ha varato il primo decreto di attuazione della delega fiscale. Prevede quattro novità sull’Irpef. Ma si tratta di interventi relativamente limitati e, soprattutto, validi solo per il 2024. Alcuni esempi dei possibili risparmi di imposta.
Lo scorso agosto è stata approvata la legge delega di riforma fiscale del governo Meloni. Successivamente, su decreto del Vice Ministro Leo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha istituito un Comitato tecnico per la predisposizione dei decreti legislativi di attuazione della riforma fiscale. Le Commissioni di esperti devono trasmettere entro il 20 settembre 2023 gli schemi di decreti legislativi al Comitato generale di coordinamento. Sembra dunque che si stia entrando nel vivo della riforma fiscale.
In questo ebook, disponibile gratuitamente, ripercorriamo come i principi e i criteri direttivi siano cambiati, partendo dal disegno di legge delega del governo Draghi fino al nuovo testo del governo Meloni approvato dal Parlamento lo scorso 4 agosto.
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L’Irpef è l’imposta più importante del nostro ordinamento. Per valutare gli effetti delle modifiche previste nella legge delega fiscale occorrerà conoscere i dettagli e le modalità di copertura. Il rischio principale è una “riforma a metà”.
La flat tax è un regime fiscale originariamente pensato per essere semplice. Nella realtà si rivela molto complicato e consente vari calcoli di convenienza fiscale. Senza dimenticare che determina un trattamento fiscale molto differenziato tra lavoratori dipendenti e autonomi.
Confrontare il cuneo fiscale di dipendenti e autonomi non è semplice perché la struttura delle aliquote contributive è molto variegata. Ma i calcoli mostrano che è la flat tax a produrre una chiara iniquità tra le due tipologie di lavoratori.
Il disegno di legge di bilancio 2023 prevede norme che contribuiscono a erodere ulteriormente la base imponibile Irpef e aumentano la complessità e l’iniquità del sistema. La più importante riguarda l’estensione della “flat tax delle partite Iva”.
Coalizioni e partiti hanno visioni molto diverse del fisco. Ma in tutti i programmi manca un disegno complessivo di riforma fiscale, che invece servirebbe per rispettare gli impegni del Pnrr e, soprattutto, per garantire una crescita equa e sostenibile.
La proposta della Lega non disegna una vera flat tax, ma un’imposta in cui le aliquote diventano moltissime. L’analisi rivela una “fase 2” solo apparentemente semplice, ma in realtà complessa e confusa, che produce benefici limitati per i contribuenti.
La “rivoluzione” fiscale del governo Meloni
Di Silvia Giannini e Simone Pellegrino
il 21/03/2023
in Fisco
Il disegno di legge delega sul fisco è molto articolato. Ma nel complesso sembra mancare una visione coerente e organica della struttura del sistema tributario e dell’interazione tra le sue componenti. Resta poi aperto il nodo di come finanziare la riforma.
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