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Legge elettorale proporzionale: l’occasione persa

Il Centrodestra ha ottenuto la maggioranza in Parlamento solo grazie ai seggi uninominali. Una legge elettorale proporzionale avrebbe dato risultati diversi, come dimostra una simulazione, garantendo più rappresentanza e più stabilità agli italiani.

Il ruolo dei collegi uninominali

In questo articolo cercheremo di analizzare i risultati delle elezioni politiche italiane del 25 settembre. Ci concentriamo soprattutto sul ruolo che la legge elettorale ha avuto nella composizione del nuovo Parlamento. L’elemento più distintivo del Rosatellum è l’assegnazione di un terzo dei seggi tramite un sistema maggioritario basato su collegi uninominali. Analizziamo i risultati con una “what if” analysis, che permette di mostrare come si sarebbero trasformati in seggi i voti espressi il 25 settembre se il sistema elettorale fosse stato un proporzionale puro. Più nel dettaglio, nel sistema “100 per cento proporzionale” abbiamo considerato una soglia di sbarramento nazionale al 3 per cento, con successiva ripartizione dei seggi a seconda della circoscrizione considerata (la soglia non è in vigore solo per le circoscrizioni Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Sicilia 1 e Sicilia 2).

L’obiettivo è far vedere come, con il proporzionale puro, la maggioranza degli italiani e in particolare l’elettore mediano sarebbero più rappresentati. Ne segue che la mancata riforma elettorale proporzionale costituisce un’occasione perduta sia dal punto di vista del welfare che da quello della stabilità delle politiche.

Analisi dei risultati e scenario proporzionale

Dopo le elezioni del 25 settembre, si presume che il prossimo esecutivo sarà composto dai tre partiti membri della coalizione di Centrodestra: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. La percentuale di preferenze espresse per tali partiti nella componente proporzionale del sistema elettorale è intorno al 44 per cento. L’osservazione immediata è che l’elettore mediano non è rappresentato se si considera solo la distribuzione delle preferenze degli elettori nella parte proporzionale. Se si considerano anche i seggi assegnati con il maggioritario, la destra è arrivata al 59 per cento, quindi è importante calcolare come sarebbe cambiato il risultato se anche quei voti espressi per i collegi uninominali fossero stati aggregati con un sistema proporzionale.

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Nello scenario “puramente proporzionale” ipotizzato, il totale dei seggi ottenuti dal Centrodestra sarebbe stato 286 (il 49 per cento del totale), confermando quindi che l’elettore mediano continua a non essere rappresentato nell’attuale sistema. In altre parole, i voti espressi in queste elezioni non avrebbero determinato un governo di destra se fossero stati aggregati con un sistema proporzionale puro: ci sarebbe stato bisogno di un altro partito per raggiungere la maggioranza in Parlamento, sia alla Camera che al Senato.

Ci saranno altri elementi con cui valutare il combinato disposto del Rosatellum e del taglio dei parlamentari (numero di laureati, gender balance, percentuale di under 35 alla Camera), ma quello che oggi va fatto notare è come da un lato il sistema elettorale e dall’altro l’incapacità di creare un polo che potesse fronteggiare il Centrodestra abbiano portato una coalizione che rappresenta meno della metà degli italiani a sfiorare i due terzi dei seggi fra Camera e Senato. Non è questa la sede per indicare i colpevoli di questa ripartizione “drogata” dei seggi, ma va sottolineato come il Rosatellum abbia creato effetti distorsivi sulla capacità rappresentativa del Parlamento italiano.

Ecco le due tavole di risultati in termini di seggi che avremmo ottenuto aggregando i voti espressi con una legge elettorale proporzionale:

Una legge che non rappresenta gli interessi degli italiani

Qualcuno penserà che se il sistema fosse stato al 100 per cento proporzionale, il comportamento degli elettori (ma anche dei partiti) sarebbe stato diverso, e quindi è difficile sostenere che i cittadini avrebbero votato allo stesso modo. Tuttavia, la letteratura di scienze politiche mostra che il comportamento strategico di elettori e partiti emerge molto di più con plurality rule, mentre con il sistema proporzionale quasi tutti gli elettori votano seguendo le loro preferenze vere. Quindi, la distorsione potenziale rafforza il nostro punto, in quanto la percentuale di preferenze vere per i partiti di destra stimata usando i voti espressi (49 per cento) supera quasi sicuramente la percentuale reale, come indicato dal fatto che la percentuale ottenuta nella componente proporzionale si avvicina al 44 per cento.

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Morelli (2004) aveva mostrato come un sistema proporzionale tenda sempre a portare a politiche moderate e stabili, concludendo dal punto di vista teorico che in presenza di avversione al rischio l’elettore mediano dovrebbe sempre preferire tale sistema elettorale. La forma prescelta dal sistema vigente per l’assegnazione dei seggi dei collegi uninominali (plurality rule) consente al partito o coalizione che ha la maggioranza relativa di governare nonostante i dati mostrino che l’elettore mediano non è mai compreso. Un’alternativa all’aggregazione dei voti nei collegi uninominali com’è oggi avrebbe potuto essere un sistema di doppio turno alla francese. Anche in quel caso, una corrispondente “what if” analysis porterebbe alle stesse conclusioni, in quanto sia un sistema a doppio turno sia un sistema proporzionale non escludono mai l’elettore mediano.

Gratton, Guiso, Michelacci e Morelli (2021) hanno anche mostrato come i sistemi elettorali della cosiddetta Seconda Repubblica abbiano portato, insieme a instabilità, anche conseguenze gravi per il sistema legislativo e per il funzionamento dello stato. I dati qui mostrati confermano ancora una volta che la Seconda Repubblica non rappresenta più gli interessi della maggioranza degli italiani.

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12 commenti

  1. Savino

    Col proporzionale non ci sarebbe stata una maggioranza chiara. Piuttosto bisogna tornare quantomeno al Mattarellum, con la garanzia di chi ha scritto quella legge.

  2. Savino

    Col proporzionale non ci sarebbe stata una maggioranza chiara in quanto ci si mette d’accordo dopo sul Governo e magari si decide di andare più al centro politico per farlo rispetto alla nettezza del risultato che premia la destra o la sinistra. Piuttosto, per migliorare la democrazia dell’alternanza, bisogna tornare quantomeno al Mattarellum, con la garanzia di chi ha scritto quella legge.

  3. Francesco

    E meno governabilità, che è il valore più elevato (l’unico?) da chiedere a una tornata elettorale. Anche quando l’esito, come nel mio caso, non ci soddisfa.

  4. Soprattutto in uno scenario politico frammentario come quello italiano, le leggi elettorali devono contemperare rappresentatività e governabilità. Magari, in questo caso, il pendolo si è spostato troppo verso la seconda.

  5. Fabrizio

    A mio parere il proporzionale va bene per eleggere il Parlamento, che fa le leggi (le leggi le fa il popolo); ma per l’esecutivo, presidente del consiglio, sono d’accordo con renzi che ci vuole un’elezione diretta, così abbiamo la stabiilità dell’esecutivo. Con elezioni differenziate nel tempo, come negli Stati Uniti. Il presidente della Repubblica dovrebbe rimanere figura di garanzia, possibile che venga eletto tra i membri della Corte Costituzionale.

    • Framcesco Vecil

      L’unico paese non presidenziale che ci ha provato (proporzionale puro + elezione diretta del capo di governo) è stato Israele, e l’esperienza è stata molto negativa, ragion per cui sono tornati insietro. Il problema era la rigidità: se il campo politico del capo di governo non coincideva con la maggioranza parlamentare, non si poteva rifare un governo espressione di quest’ultima, ma bisognava o sciogliere la Knesset o rivotare per il capo di goveno. Fu un disastro, quest’esperienza durò tipo dal 1996 al 2001 (cito a memoria, da verificare), poi tornarono indietro.

  6. Vincenzo Bafunno

    Penso che la stabilità non derivi solo dalla legge elettorale. Un sistema elettorale proporzionale come quello tedesco si accompagna all’istituto della sfiducia costruttiva, mentre un sistema a doppio turno come quello francese si regge grazie al semi-presidenzialismo. Entrambi hanno pregi e difetti ma entrambi garantiscono maggiore equilibrio, stabilità e governabilità. In Italia l’attuale sistema elettorale e l’impianto costituzionale invece (anche dopo lo scellerato taglio dei parlamentari) garantiscono perenne instabilità e eccesso di potere dei vertici di partito a danno della rappresentatività e della stabilità. Una riforma che viri o nel senso tedesco o in quello francese (molto simile a quello di elezione dei sindaci) sarebbe utile e giusta.

  7. TOMMASO

    si continua a discutere sul proporzionale. Si ha il coraggio di mettere uno sbarramento al 5%.

    La via maestra, comunque, è il collegio uninominale a doppio turno e la regolamentazione dei partiti politici, movimenti o associazioni come li si voglia chiamare

  8. Francesco

    Il ritorno al proporzionale più o meno “puro” (3% non è una soglia esplicita particolarmente alta ) costringe a governi di coalizione ampia ( ossia che occupano una porzione di spazio politico grande) con molti partiti. In letteratura si sostiene a questo proposito che gli effetti siano 2
    1) Elevata instabilità di governo
    2) Alta stabilità delle politiche ovvero poco “policy change”.
    E’ questo davvero quello che vogliamo ? Di tutte le preferenze possibili un sistema di questo tipo più che rappresentare l’elettore mediano rappresenta ( e anche molto bene) la preferenza per lo status quo. Capisco che le politiche possano anche cambiare in peggio ma se non è la politica rappresentativa a cambiare le politiche, queste procedono per inerzia fino al disastro o qualcuno (burocrazia, corti, attori non “domestici”) le cambia comunque e non credo nella direzione preferita dall’elettore mediano ( ammesso poi che quest’ultimo esista davvero in uno spazio di policy multidimensionale..)

    • Framcesco Vecil

      Tra l’altro, io ricordo un articolo apparso proprio su La Voce che studiava la correlazione tra proporzionalità del sistema elettorale e livello di corruzione, concludendo che questa correlazione esisteva, per le ragioni da Lei elencate all’inizio del Suo intervento.

      Francesco Vecil

  9. Lamberto

    Le considerazioni sono corrette,ma non mi convince il tono e le dimenticanze dell’esposizione;sembra che sia colpa del centrodestra se i risultati sono determinati da una legge del centrosinistra(Meloni voto contrario),come nel caso del famoso allarme per la Costituzione dimenticando che la modifica più rilevante venne fatta a maggioranza dalla sinistra(Titoli V)Saluti
    PS:ho votato Calenda.

  10. ugo romano

    Buongiorno.
    Non condivido affatto l’analisi e le conclusioni dell’articolo. La premessa e antefatto da analizzare è: in Italia finora (dal 1919) non si è mai applicato un vero sistema maggioritario, che per essere tale deve basarsi su collegi uninominali. Anche la Legge Acerbo rientra tra i sistemi proporzionali di lista (listone) seppur con enorme correttivo maggioritario. Con l’arma di ricatto della rappresentatività, nozione che se portata agli estremi, si può realizzare soltanto lasciando la possibilità a tutto l’elettorato di fondare ciascuno un proprio partito, non si è potuta realizzare l’unica riforma elettorale veramente necessaria per l’Italia. un sistema maggioritario che induca naturaliter alla formazione di soli due partiti veramente competitivi. Tutti gli ibridi finora sperimentati, al contrario, hanno puntato a maggioranze di coalizione, e quindi a sistemi che, come la nostra storia testimonia, sono la fonte di tutti i mali: deresponsabilizzazione, fuga dal voto per irrilevanza della scelta, mancanza di stabilità dei governi. Il vero guaio è che, purtroppo, anche i cosiddetti professori non hanno mai detto la verità in merito: un sistema maggioritario non c’è più stato in Italia dalle elezioni del 1919.

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