Uno dei temi più frequentemente al centro del dibattito pubblico italiano è la crisi demografica e quali politiche possano favorire una inversione di tendenza. I dati Istat restituiscono un quadro in cui il tasso di fecondità dal 2010, complice la grande crisi finanziaria, è in costante calo. E non sono solo le donne di cittadinanza italiana ad avere meno bambini; negli ultimi anni, anche le donne straniere hanno famiglie meno numerose.
Anche gli altri grandi stati europei stanno da anni facendo i conti con un generalizzato calo delle nascite. In Italia però il livello di spesa pubblica destinata alla famiglia è particolarmente basso, pari all’1,4 per cento del Pil (al 2019), ben al di sotto della media Ocse.
Numerosi fattori intervengono nelle scelte riproduttive. La concezione del ruolo della donna nella società e il livello di emancipazione di cui gode si riflettono inevitabilmente sulla priorità attribuita alla maternità. Buoni indicatori del livello di emancipazione femminile possono essere il tasso di occupazione e il livello di istruzione delle donne. Le relazioni che intercorrono tra questi e il tasso di fecondità variano da paese a paese e sono oggetto di frequenti analisi economiche.
In questa serie proponiamo 8 grafici per approfondire diversi aspetti relativi alle tendenze del tasso di fecondità e alle caratteristiche del nostro inverno demografico.
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Anastasia Musorivschi
Sicuramente anche l’indipendenza economica incide tantissimo sulla scelta di fare un figlio. Con la precarietà che c’è in questo periodo storico e già tanto che un giovane riesca a lasciare la casa dei genitori, figuriamoci mantere un figlio. Questo spiega anche il perchè si tenda a fare i figli più tardi.
Mi domando se la parità salariale e l’equiparazione della paternità obbligatoria a quella della maternità possano invertire questa tendenza.