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Astensionismo, una minaccia per la democrazia

Il disagio economico e sociale è alla radice dell’astensionismo nelle elezioni politiche. La sua crescita, soprattutto tra i giovani, indebolisce la partecipazione politica e corrode alla base i fondamenti democratici della società civile.

Il partito del “non voto”

Sembra che l’unica cosa certa dei risultati elettorali del prossimo 25 settembre sarà la vittoria del “partito del non-voto”.

Non si può considerare una novità, visto che la quota dell’astensione in Italia è in forte crescita dal 1979 (Figura 1). E, se a settembre si dovesse ripresentare il boom di astensioni delle comunali di giugno (45 per cento), il prossimo dato nazionale sfonderà di molto la soglia del 30 per cento, cinque volte il minimo storico degli anni Settanta.

In termini assoluti, questo 30 per cento si traduce in 15 milioni di elettori astenuti su 50, cioè, rispetto ai votanti, ben 43 per cento (=15/35).

Figura 1 – Astensionismo alle elezioni politiche in Italia

Qualcuno potrebbe osservare che il 70 per cento degli elettori – o anche solo il 60 per cento – sono la grande maggioranza del corpo elettorale.

Se, per conoscere l’opinione di una popolazione, se ne intervistasse un campione del 60 per cento si otterrebbero risultati molto rappresentativi. Tuttavia, è così solo perché quel 40 per cento che non si è contattato o che non ha risposto è un gruppo casuale e la sua assenza non inficia la rappresentatività del restante 60 per cento. Se, viceversa, quel 40 per cento di assenze è un gruppo sistematico, per esempio tutte donne, o tutti meridionali, o tutti del Nord, o tutti giovani, il risultato di quel sondaggio uscirebbe fortemente distorto e per nulla rappresentativo dell’intera popolazione. Qui sta il problema.   

Come è stato di recente sottolineato da Ludovica Geraci e Massimo Taddei per l’Italia e da Alexandria Symonds in un confronto internazionale, la componente degli elettori giovani è tendenzialmente più assente al momento del voto rispetto agli anziani.

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Quanto incide la povertà

Tra gli aspetti che aiutano a spiegare questi livelli di astensionismo, oltre a questioni logistiche, di costi-opportunità, di habit formation e di forme alternative di partecipazione attiva, credo abbia un ruolo la morsa della povertà, nella doppia tenaglia dei problemi più pressanti che incombono sul potenziale elettore e della forte disillusione che la politica sia ancora capace di darvi una risposta.

Infatti, oltre a spiegare una quota elevatissima (63 per cento) della variabilità interregionale dell’astensione, la relazione tra povertà e astensionismo elettorale (Figura 2) mostra molto nettamente, nei dati 2018, il ritorno di un dualismo Nord-Sud che si pensava almeno in parte superato.

Figura 2 – Povertà e astensionismo elettorale

Fonte: Elaborazioni su dati Istat.
Nota: La povertà relativa è definita con riferimento allo standard di una famiglia di due persone con consumi totali uguali o inferiori al consumo medio pro capite.

Con l’eccezione virtuosa dell’Abruzzo, tutte le regioni del Sud mostrano livelli record di astensione e di povertà, mentre le regioni del Centro-Nord sono tutte accomunate da bassa astensione e ridotta povertà.

Guardando dentro il dato di povertà, che colpisce in misura più che doppia i giovani rispetto agli anziani, si trovano due fattori di grave disagio sociale (Figura 3): l’abbandono scolastico e la disoccupazione (Neet, Not in employment, education or training), vale a dire rispettivamente la povertà educativa e la povertà economica, che si sommano e si combinano per corrodere alla base i fondamenti democratici della società civile.

Figura 3 – Determinanti della povertà giovanile

Aggiungendo questi due fattori alla correlazione in Figura 2 si vede come la povertà famigliare perde di significato in favore delle altre due componenti. L’R2 della regressione sale dal 63 all’85 per cento e le stime indicano quasi mezzo punto di astensionismo per ogni punto di abbandono prematuro degli studi e oltre un quarto di punto di astensione elettorale per ogni punto di Neet.

Il risultato così ottenuto indica, in modo abbastanza chiaro, che le politiche educative ed economiche per i giovani possono avere ricadute positive anche in termini di partecipazione sociale, per ridare senso e vigore a un sistema politico avviato su una pericolosa deriva che sta progressivamente togliendo il demos alla democrazia.

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15 commenti

  1. davide445

    Abito in una delle regioni più virtuose e non sono un giovane, ma non vado a votare da oltre dieci anni.
    Il motivo è che dopo avere investito regolarmente molto tempo per fare confronti e valutazioni non trovavo mai nessuno che avesse la competenza, esperienza, qualità morale minima per avere il mio voto, oppure finivo per votare partitini irrilevanti, oppure visto il sistema elettorale sapevo di non essere io a scegliere.
    Non mi sento minimamente rappresentato dai populisti ma nemmeno dai carrozzoni dei partiti principali.
    Vado a votare solo solo per le europee dove quantomeno si discute di temi più elevati dei patetici manifesti elettorali nazionali.
    In ultima analisi evidentemente sono una minoranza fuori posto nel mio paese e regione.
    Sto pensando di andarmene altrove, almeno non dovrò vedere e vivere ulteriormente il disastro di un paese che distrugge se stesso.
    Quanto si sfregano le mani i cancellieri degli altri paesi ad avere una Italia sempre più debole ed allo sbando posso solo immaginarlo.

    • Francesca

      La penso esattamente come te. Vivo in una regione considerata virtuosa e ho un buon reddito, ma non mi sento rappresentata da questi partiti.

  2. bob

    “le regioni del Sud mostrano livelli record di astensione e di povertà, mentre le regioni del Centro-Nord sono tutte accomunate da bassa astensione e ridotta povertà…”
    Rispetto il Suo lavoro ma personalmente associo l’astensionismo direttamente proporzionale a livello culturale dell’elettorato. In pratica un elettorato più istruito manifesta in questi frangenti maggiore astensione.
    Una preparazione culturale di base che presuppone anche una capacità critica è antidoto ai facili populismi , alle promesse ” della scarpa singola in attesa dell’altra dopo la vittoria” ai personaggi con evidenti profili miseri.
    La democrazia di quantità andrà sostituita con la democrazia di qualità.
    Oltre 60 anni fa “con democrazia economica, etica e bellezza” Adriano Olivetti percepiva e anticipava il bisogno.

    • MB

      Personalmente ritengo che l’elettorato più istruito sia quello che più va a votare.
      Votare è un diritto e dovere del cittadino.

      • Maria

        Solo il fatto di declamare che il diritto al voto è anche un obbligo, fa capire la sua ignoranza (colui che ignora). Si informi su libri seri.

  3. Marco

    E se invece la gente non va a votare perché non ha fiducia in questa classe politica, la peggiore di sempre, come cambierebbe il valore del sondaggio?

  4. mauro

    La pericolosa deriva è in atto da trent’anni, e la rotta è persa.
    Gli ignavi prosperano e non vedo né proposte né soluzioni.
    Forse dobbiamo fondare un partito in nome di Dante e spedirli all’Inferno

  5. Enrico

    Due commenti: uno “statistico” e uno sostanziale.
    Il primo riguarda la relazione tra emigrazione e astensionismo, che non viene considerata nell’articolo. Il Sud, dove si registra la minore partecipazione al voto, oltre ad essere più povero, è anche caratterizzato da un elevato numero di giovani che emigrano per lavoro o studio, lasciando tuttavia al sud la residenza anagrafica per vari motivi, e difficilmente tornano solo per votare. Forse l’autore dovrebbe inserire nella regressione anche la percentuale di elettori che normalmente si trovano fuori regione (che in alcuni casi raggiunge il 30-40%).
    La seconda osservazione riguarda le cause dell’astensione. È noto che in un sistema sempre più maggioritario tutti i partiti e candidati puntano a conquistare l’elettore “mediano”, che è quello che di fatto determina la vittoria o la sconfitta. Se è così, una larga parte di elettori si trova sempre meno rappresentata politicamente e quindi non vota. Tra questi spiccano proprio gli elettori più poveri, i cui interessi sono molto lontani da quelli dell’elettore mediano. Quindi la relazione tra povertà e astensionismo approssimerebbe, in realtà, quella tra rappresentanza e “offerta” politica.

  6. Michelangelo

    Analisi sicuramente interessante, esprime una causa dell’astensionismo; può essere collegata alle teorie di Harsanyi sul fatto di non consentire il voto agli ignoranti. Però in Italia, dove non ci sono ostacoli oggettivi al voto (eccetto per i fuori sede), l’astensionismo è un segno di maturità democratica; se non ho particolari opinioni (o sono “tutti uguali” cambia poco) mi sembra un’ottima scelta il non votare. Io spero vivamente che l’astensioni dilaghi in quanto vedendo l’incapacità di critica postvoto non mi sembra che la maturità democratica italiana sia sufficiente a garantire l’espressione del voto a suffragio universale.

    • MB

      L’importante è presentarsi comunque al seggio e far mettere a verbale il rifiuto della scheda elettorale. Così facendo non si farebbe più parte del corpo votante.
      Astenersi si può ma bisogna farlo bene.

      • Maria

        Astenersi 1, 2 o n. di volte NON FA PERDERE IL DIRITTO DI VOTO.
        Ripeto, lasci stare i mass media e studi su un buon libro di diritto

      • lidia

        Abbiamo faticato tanto per ottenere un diritto al voto; non andare a votare può significare anche disinteresse, menefreghismo, irresponsabilità ; io vado a votare (prima che questo diritto si affievolisca al punto che qualcuno si sentirà legittimato a soppiantarlo) e se non mi sento rappresentata annullo la scheda, do un segnale che ci sono ma che sono in disappunto con l’intero sistema politico e con le proposte dei vari partiti.
        Qualche decennio fa non credo che l’elettorato italiano (in particolare quello delle regioni del centro e del sud) fosse più ricco e acculturato di oggi; era economicamente meno benestante di oggi e senz’altro meno scolarizzato. Dunque povertà o ricchezza, ignoranza o cultura (lasciatemi generalizzare) non determinano nè rappresentano le cause dell’astensionismo.
        Proverei a rilanciare nelle scuole l’insegnamento dell’educazione civica (attenzione : educazione non solo istruzione civica) e senso di appartenenza alla comunità che partecipa e può contribuire a decidere le sori di un Paese: vediamo cosa sortisce.

  7. Daniele

    La cosa grave é la discriminazione degli astenuti, perché oggi non hanno alcuna rappresentanza parlamentare ed il loro sacro santo diritto di non votare viene derubricato a problema di tenuta democratica.

    Sarebbe piú corretto che vi sia pari rappresentanza in parlamento, assegnando i seggi al “partito virtuale dell’astensione”, magari estraendo a sorte tra candidati indipendenti e non iscritti ad alcun partito.

    Questo sarebbe davvero democratico ed inclusivo, non il merimonio del consenso a cui assistiamo da anni con la pantomima delle “elezioni a suffragio universale”.

  8. Claudio

    Ma possibile che nessuno capisca perché la gente non vota?
    Allora si può votare destra sinistra centro ma nulla cambia …. Cambia solo chi intasca più soldi
    E gli italiani se ne sono accorti!!
    Ma quale democrazia
    L esempio più lampante sono i 5 stelle .., grandi idee ma normalizzati in una legislatura e divenuti un partito come un altro mangiasoldi uguale agli altri

  9. Se dopo che io vado a votare mi ritrovo presidenti del consiglio non eletti che massacrano i cittadini e svendono l’Italia perchè dovrei fare il mio dovere e non posso esercitare il diritto del non voto?
    Questa sarebbe la democrazia? Non ci credo più da un pezzo alla favola della democrazia.
    Se votare servisse a qualcosa non ce lo farebbero fare!

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