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UNA TASSA CONTRO IL CIBO SPAZZATURA *

L’obesità è in crescita in molti paesi dell’Europa occidentale, sulla scia di quanto è già avvenuto negli Stati Uniti, dove è soprappeso il 30 per cento della popolazione. Con conseguenti problemi per la salute e costi diretti e indiretti per la società. La soluzione più efficace sembra essere una tassazione ad hoc sugli alimenti eccessivamente calorici. Andrebbe a colpire i più poveri e i più giovani che sono i grandi consumatori di cibo spazzatura. Ma potrebbe spingere l’industria agro-alimentare a produrre nuovi prodotti, meno grassi e con meno zuccheri.

obesità è diventata uno dei principali problemi di salute pubblica. Sappiamo che la sua causa prima è il consumo di troppe calorie, molte delle quali si nascondono nelle bibite gassate, nelle barrette di cioccolata, nelle patatine, nelle pizzette e negli hamburger. Sappiamo anche che il grande consumo di "cibo spazzatura" è legato al basso prezzo e che se il prezzo sale, gli acquisti diminuiscono significativamente. La conclusione è chiara: questi prodotti devono essere tassati in modo mirato, per ridurre il loro consumo e incoraggiare i produttori a proporre cibi più sani che non saranno tassati.

I rischi e i costi dell’obesità

Senza dubbio, non si tratta di una misura molto popolare, ma la situazione è sufficientemente allarmante da giustificare l’assunzione di un rischio politico. Negli ultimi cinque anni, in Francia l’obesità tra gli adulti è salita dall’8 all’11 per cento, e tra i bambini e gli adolescenti si è passati dal 2 al 4 per cento, con il 25 per cento dei bambini soprappeso che appartiene a famiglie a basso reddito. La stessa tendenza si ritrova nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale: gli europei guadagnano peso come avviene negli Stati Uniti, solo sono qualche anno indietro rispetto alla curva Usa. Guardare alla situazione attuale negli Stati Uniti come a un predittore di quella futura dell’Europa ci fa aprire gli occhi: l’obesità interessa il 30 per cento della popolazione adulta negli Stati Uniti.
L’obesità ci espone a rischi per la salute: problemi cardiovascolari, diabete di tipo 2, ipertensione e problemi respiratori e muscoloscheletrici. Per la Francia, le stime portano già a oltre 800 milioni di euro l’anno i costi per malattie legate all’obesità, senza contare i costi indiretti per assenze dal lavoro e perdita di produttività. E tutto questo mentre siamo solo all’inizio rispetto ai numeri americani.
Gli operatori del settore agroindustriale hanno già messo le mani avanti: sottolineano il legame tra una vita estremamente sedentaria e la comparsa dell’obesità, un fatto che diminuisce le loro responsabilità. E certamente l’obesità ha più di una causa, ma uno studio condotto per tre anni sugli acquisti di ventimila persone ha inequivocabilmente legato il consumo di calorie all’aumento di peso: mangiare 150 calorie in più al giorno – diciamo un croissant vuoto o una barretta al cioccolato – si trasforma in una differenza di peso, in media, di quattro chili dopo un anno: una dieta eccessivamente ricca è la causa principale del soprappeso.
Il cibo spazzatura è caratterizzato per lo più da una estrema densità calorica a un prezzo particolarmente basso. Con 1,50 euro si possono comprare caramelle, cracker e bibite che danno in media mille calorie, mentre per ottenere lo stesso numero di calorie con frutta e verdura bisogna spendere 2,30 euro, con la carne, 2,80 euro e ancor di più per mangiare pesce. Al prezzo, si deve poi aggiungere il tempo per la preparazione del cibo, per tagliarlo, cuocerlo, portarlo in tavola: tutto tolto al tempo libero, il cui valore monetario è ben lontano da zero.

I vantaggi della tassa

A comprare in modo massiccio il cibo spazzatura, che dà calorie a buon mercato e senza sforzo, sono le fasce di popolazione più povere, quelle che più sono colpite dall’eccesso di peso. Ma per ragioni culturali, è largamente acquistato anche dai più giovani, i più a rischio nella recente epidemia di obesità. Come possiamo spingerli a cambiare abitudini e a mangiare cibi a basso contenuto calorico, per non diventare obesi? La nostra ricerca ha dimostrato che per questi prodotti, la decisione di acquisto varia molto in funzione del prezzo, il che non è così sorprendente trattandosi di fasce di popolazione povere o giovani. Per esempio, una tassa del 5 per cento comporterebbe una riduzione nelle vendite del 15 per cento e un effetto molto importante sull’obesità.
Inaccettabile? Le famiglie a basso reddito vedrebbero diminuire il loro potere d’acquisto: certo, una scelta impopolare quando, al contrario, l’incremento del loro potere d’acquisto è un leitmotif della politica. Ma i consumatori poveri potrebbero trovare calorie a buon mercato in alimenti meno densi, come gli amidi che meno si prestano a essere mangiati in eccesso. Le tasse sul cibo spazzatura favorirebbero il consumo di bibite senza zuccheri o di patatine prive di grassi e, nel lungo periodo, gli agro-industriali potrebbero reagire molto bene alla misura, cambiando la composizione dei loro prodotti proprio per evitare la nuova tassa: si potrebbe persino arrivare a concepire snack con meno grassi e meno zuccheri.
Misure di questo tipo sarebbero comunque più efficaci delle attuali campagne informative sull’alimentazione, che sono costose e delle quali, almeno per il momento, non si conoscono gli effetti. Sarebbero anche più appropriate dei sussidi a frutta e verdura, che alcuni chiedono.
La nostra ricerca ha dimostrato che il consumo di frutta e verdura è meno influenzato da variazioni di prezzo rispetto al consumo di cibo spazzatura. Per ottenere un qualche effetto significativo, la frutta e la verdura dovrebbero essere sussidiate in modo massiccio, una scelta che difficilmente può essere fatta in tempi di riduzioni di bilancio. In breve, per combattere l’obesità, la tassazione del cibo spazzatura è la soluzione più efficiente sul piano dei costi.

Per saperne di più

 Levy E., Levy P.; Le Pen C., Basdevant A. (1995) "The economic cost of obesity: the French situation" Int J Obes Relat Metab Disord, 19: 788-792.
Rapporto Opeps n. 8 (2005-2006) di M. Gérard Dériot, per l’Office parlementaire d’évaluation des politiques de santé, depositato il 5 ottobre 2005.
Bonnet C., P. Dubois, V. Orozco (2007) "Food Consumption and Obesity in France", mimeo, Toulouse School of Economics.
Wolf, A. e G. Colditz, (2006) "Current Estimates of the Economic Cost of Obesity in the United States", Obesity Research, 6, 2, 97-106.

* Il testo inglese è disponibile su www.voxeu.com

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. corrado finardi

    Effettivamente il sistema della tassazione del trash food va affrontato con meno pregiudiziali di quanto l’attuale dibattito internazionale suggerisca. I poveri in realtà sono colpiti non tanto dal costo della tassa, quanto dalla assenza di una tassa (in termini anche di aspettative di vita e di mancato reddito). Infatti la tassa servirebbe proprio a dissuaderli da comportamenti alimentari ancora più costosi nelle loro conseguenza (seppure nel lungo periodo). La studiosa americana Marion Nestle proponeva la tassazione simbolica di un centesimo per prodotto. Ininfluente sulle tasche del consumatore finale, al limite, ma in grado di avviare nuovi programmi pubblici di informazione alimentare su corretti stili dietetici. Ricordiamo che negli USA, per ogni $ speso da organismi pubblici (OMS) per informazione nutrizionale, 500$ ne sono spesi per advertising dalle aziende private, che trovano più conveniente risparmiare sulle materie prime e poi spandere in pubblicità. Tassare può essere utile, ma nulla vieta che un marketing ancora più aggressivo -scaricando i costi sul consumatore- gli faccia mutare il sistema di preferenze, annullando gli effetti disincentivanti della tassazione. Altro punto delicato: oggi in Europa si sta discutendo, entro l’Agenzia Europea, circa i profili nutrizionali, in grado di stabilire se alcuni cibi possono recare vanto salutistico a seconda del bilanciamento nutrizionale complessivo. Una strada inversa rispetto alla tassazione (volta a individuare i prodotti da incentivare, non quelli da disincentivare),ma che arriva allo stesso discrimine presunto tra alimenti "buoni" o "cattivi". Ovviamente, se tutti siamo d’accordo sui rischi di snacks e dolci, diventa più difficile caricare molti cibi tradizionali di valenze e di connotazioni positive o negative quando in realtà è l’uso che fa la differenza. Può allora essere davvero indispensabile un programma di inculturazione alimentare su vasta scala. Magari finanziato dalla stessa tassazione. Ma in una visione complessiva del cibo: il disincentivo a breve termine della tassazione va accompagnato dall’acquisizione di sane abitudini a lungo termine, in alternative consapevolmente accettate e non solo imposte. saluti

  2. mirco

    Sono daccordo con la tassazione che potrebbe anche arrivare al 30% .Gli introiti potrebbero essere destinati al fondo sanitario nazionale per la cura delle malattie da obesita e contro il diabete e simili. ma occorrre anche tassare fortemente la pubblicità di alimenti ipercalorici( merendine maionesi ecc)un prelievo secco per ogni spot televisivo trasmesso, oppure per combattere le stragi del sabato sera tassare anche gli spot di auto e moto che basano il messaggio sulla velocità

  3. vincenzo carrieri

    Sono molto d’accordo con quanto sostiene l’autore circa la desiderabilità di una tassa sul cibo spazzatura. Inoltre, studi condotti negli Stati Uniti mostrano come la decisione di iniziare a fumare tra gli adolescenti sia molto collegata al problema del sovrappeso e dell’obesità. Una tassa che riducesse il consumo di cibo spazzatura e quindi l’obesità potrebbe avere anche l’effetto positivo di ridurre il numero di fumatori adolescenti che utilizzano il fumo come strumento di controllo dell’appetito.

  4. Giacomo Spallacci

    Per comprendere e limitare la crescente diffusione dell’obesità nelle società più ricche, bisognerebbe prima conoscere i meccanismi alla base dell’alimentazione: il funzionamento del metabolismo, il significato biologico delle preferenze alimentari e il ruolo dei sensori del gusto, gli aspetti psicologici. A riguardo negli ultimi decenni vi sono stati rapidi progressi, nonostante ciò è probabile che parecchi meccanismi ci sfuggano ancora. Un risultato nuovo, intorno al quale si è creato un chiaro consenso, mette l’obesità in relazione a una dieta eccedente in zuccheri, unita a una predisposizione individuale. Vi è in tutti noi, in misura variabile, una predisposizione genetica a creare tessuto adiposo in risposta a un pasto ricco di zuccheri o carboidrati. Da qui al tassare la marmellata, il pane e tutti i cereali occorrerebbe un cambio di mentalità impensabile adesso. Il problema è risolvibile molto di più a livello di educazione scolastica e civica, educando al modo di mangiare più corretto l’intera società. Tassare il cibo spazzatura contribuirebbe in maniera marginale a ridurre l’obesità, d’altra parte alcuni prodotti dell’industria alimentare sono ampiamente dimostrati nocivi alla salute, valga l’esempio dei grassi idrogenati. Qui una tassazione sarebbe cinica al pari di quella sul tabacco, ma mentre proibire il tabacco sarebbe impossibile perché si creerebbe un mercato nero, proibire all’industria alimentare l’uso di precisi prodotti è fattibile e anzi doveroso. Ad ogni modo si tratta come si vede di un argomento complesso e importante, che non può essere affrontato dal solo punto di vista economico. La nutrizione è uno dei gangli centrali di una società, e per elaborare una politica che possa funzionare occorre coinvolgere tutti, politici, agrotecnici, l’industria alimentare, biologi, fisiologi, economisti, e soprattutto i cittadini.

  5. Marco Chiacchiaretta

    Qualcosa del genere andrebbe introdotto anche per i beni dai quali scaturiscono "rifiuti non riciclabili".

  6. Chiara

    L’idea di introdurre una tassazione dei cibi spazzatura mi trova fermamente contraria. Mi sembra un ulteriore passo verso un’imitazione deteriore della deriva statunitense verso una deresponsabilizzazione delle scelte individuali: se fumo e mi ammalo è colpa di chi mi vende le sigarette, se mangio porcherie e divento obeso è colpa dell’industria agroalimentare. Sarebbe molto più sano incentivare una corretta educazione all’alimentazione, che costituisce del resto parte integrante dell’educazione in generale e, come tale, compito irrinunciabile dele famiglie e dello stato. Ribaltare il peso di scelte individuali irresponsabili sulla società attraverso la tassazione non fa altro che incentivare la deplorevole tendenza a rendere meno responsabli e meno adulti gli individui.

  7. Peter Claeys

    Ci sono certo vari aspetti al problema, sia culturali, sociali, ecc. Capisco completamente la logica della tassazione sul cibo spazzatura, per ridurre la discrepanzia di prezzo con cibi considerati sani. In questo contesto, non va dimenticato l’enorme quantità di sussidi all’industria agro-alimentare che risulta in un prezzo piu elevato al consumatore. Un’intervento sui sussidi farebbe l’idea della tassa piu accettabile.

  8. Santodirocco Michele

    Ho letto l’articolo sulla tassa contro il cibo spazzatura e lo trovo interessante ed affascinante. A mio parere, però non può costituire l’unico strumento per ridurre sostanzialmente il consumo dei cibi spazzatura o migliorarne la qualità. L’utilizzo di specifiche imposte sui consumi di particolari beni per influenzare i comportamenti dei consumatori e dei produttori è ampiamente diffuso senza grandissimi risultati basti pensare alle imposte sul tabacco, alcool, pornografia, ai combustibili più inquinanti. Occorrono anche altri “ingredienti” per trasformare dei cibi spazzatura in alimenti più salutari, vale a dire occorre una regolamentazione del settore strumento che non lo trovo più invasivo dell’introduzione di un’apposita tax (basti pensare a prodotti commercializzati nei discount), la diffusione di una cultura alimentare e del movimento (come è stato fatto per il fumo), la valorizzazione per i prodotti dell’agricoltura, l’incentivazione eventualmente anche attraverso la tassa sui cibi di spazzatura alla produzione e al consumo di prodotti dell’agricoltura e di altri cibi salutari, l’introduzione di programmi sanitari di controlli presso le scuole inferiori.

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