Pubblichiamo un capito del libro di Roberto Perotti “L’università truccata” (Einaudi, 183 pagine, 16 euro), in libreria in questi giorni. L’università italiana non si riforma con nuove ondate di regole, prescrizioni e controlli. Serve invece introdurre invece un sistema di incentivi e disincentivi efficaci. Dove sia nell’interesse stesso degli individui cercare di fare buona ricerca e buona didattica ed evitare comportamenti clientelari. Su quest’ultimo aspetto si soffermano alcune parti del libro. Ecco un capitolo.
BARI, FACOLTA DI ECONOMIA
Per dare concretezza alle argomentazioni che saranno sviluppate in seguito, è opportuno partire dal caso specifico di una delle maggiori università italiane, quella di Bari. Per anni giornali, settimanali, libri e TV hanno elevato agli onori della cronaca i casi di alcune famiglie particolarmente portate alla carriera accademica. Nella facoltà di Economia sono noti i casi della famiglia Girone, con lex magnifico rettore Giovanni professore di Statistica, la moglie Giulia Sallustio, tre figli, un genero, tutti docenti della stessa facoltà; o della famiglia Massari, con Lanfranco professore di Economia Aziendale, due fratelli, e almeno cinque tra figli e nipoti, a Bari e atenei limitrofi; o della famiglia Tatarano, con il padre Giovanni e due figli, tutti docenti di Diritto Privato e tutti nello stesso corridoio.
Meno noto è il fatto che non ci sono solo loro. Nella facoltà di Economia almeno 42 docenti su 179 (quasi il 25 percento) risultano avere almeno un parente stretto nella stessa facoltà; altri parenti sono sparsi per le altre facoltà dell ateneo, ed altri ancora insegnano negli atenei satelliti, nella sede staccata di Taranto, a Lecce, a Foggia; ed. Tutte queste sono stime prudenziali, perché in parecchi casi fortemente sospetti non sono riuscito a rompere il muro di omertà e ad accertare al di là di ogni dubbio l esistenza di un legame di parentela, o l esatto grado di parentela. E non c è solo Economia: a Medicina e Chirurgia i cognomi che ricorrono almeno due volte sono 40, su 417 docenti di ruolo.
Le complesse relazioni di parentela fra docenti della Facoltà di Economia, allinterno della stessa facoltà, con docenti in altre facoltà (casella scura), e con docenti in altri atenei pugliesi (casella scura con bordo frastagliato), sono ricostruite, per quanto possibile, nel Grafico 1. Dal grafico sono esclusi i docenti il cui unico parente stretto accertato in facoltà sia il coniuge. Sono invece inclusi anche alcuni tra i commissari più attivi nei concorsi delle varie famiglie.
Tutti sono andati in cattedra in maniera perfettamente legale. Ma i concorsi, per quanto regolari, rivelano ugualmente dei tratti interessanti. La Tabella 1mostra i dati più importanti dei 38 concorsi sostenuti dal 1999 in poi (da quando cioè i concorsi sono diventati locali) dalle persone che appaiono nel Grafico 1, e di cui siano disponibili i verbali. La tabella riporta anche i nomi di alcuni dei commissari più attivi in questi concorsi. Si noti che ciò non esaurisce lattività di commissario di molti docenti di Economia a Bari: essi possono essere apparsi come commissari in molti altri concorsi, a Bari e altrove.
Per comprendere questa tabella, è utile illustrare brevemente come si svolge un concorso per professore associato (con qualche variazione sul tipo di prove e sul numero e qualifiche dei commissari, lo stesso procedimento viene utilizzato per i concorsi per ricercatore e per ordinario). Il concorso viene bandito da un ateneo, che designa un commissario; gli altri quattro commissari vengono eletti dai docenti di tutta Italia. Dopo un esame dei titoli ed una prova orale, la commissione dichiara il candidato idoneo. Questi può venire chiamato dallateneo che ha bandito il concorso, o da un altro ateneo, o potrebbe anche non essere chiamato da alcun ateneo. Inizialmente, ogni concorso poteva dichiarare fino a tre idonei; dal 2001, solo due; dal 2005, soltanto uno (e dal 2008, di nuovo due).
Tre fenomeni emergono molto chiaramente dalla Tabella 1. Primo, la mancanza di concorrenza: in molti concorsi alla fine della procedura rimane un numero di candidati esattamente pari al numero di idoneità disponibili: al momento del voto, non cè niente da scegliere. Secondo, lintreccio di commissari che presiedono a vicenda i concorsi delle famiglie più importanti. Terzo, la sorprendente velocità di carriera di certi rampolli di queste famiglie.
Consideriamo il primo fenomeno. In ben 18 concorsi su 33 (per 6 concorsi linformazione non era disponibile) al momento della votazione le idoneità disponibili sono pari al numero dei candidati; in altri 8 concorsi rimane un solo candidato in più delle idoneità disponibili. In alcuni casi il numero dei dispersi è particolarmente sorprendente. Dei tredici candidati che si iscrivono al concorso per professore associato in Diritto Privato a Economia a Bari nel 2002, undici si ritirano nelle varie fasi; solo due si presentano alla prova didattica, tra cui Marco Tatarano, che viene dichiarato idoneo e poi chiamato nella stessa facoltà e nello stesso dipartimento del padre Giovanni. Nel concorso per associato di Economia Aziendale alla Parthenope di Napoli del 2005, di diciassette candidati ne rimangono tre alla votazione finale; due di questi ottengono lidoneità, fra cui Virginia Milone, ricercatrice a Bari e figlia del professore ordinario Marino Milone (ciò che avvenne dopo questo concorso è ancora più interessante, come vedremo più avanti in questo capitolo). Su dieci candidati iscritti al concorso per ordinario in Economia Aziendale a Lecce del 2003, sette si ritirano prima della stesura dei giudizi; dei tre candidati rimasti, due sono dichiarati idonei; fra questi, Gianluca Girone figlio di Giovanni e già associato a Bari, dove viene poi chiamato come ordinario: presenta cinque monografie, tutte pubblicate nel dipartimento cui appartiene.
Grafico 1: Relazioni a Bari, Facoltà di Economia
Per ingrandire il grafico cliccare qui.
Alcuni concorsi prendono due rampolli con una fava. Nel concorso per ordinario di Economia Aziendale a Economia a Bari nel 2003, si candidano in sette, si ritirano in quattro; i due idonei sono Vittorio dellAtti, figlio di Antonio ordinario in facoltà, e Michele Milone, altro figlio di Marino. Al concorso per ricercatore in Economia degli Intermediari Finanziari di Economia a Bari del 2000, si candidano in cinque, si ritirano in tre, le due rimaste sono Raffaella Girone figlia di Giovanni e Virginia Milone figlia di Marino, entrambe idonee.
Veniamo al secondo fenomeno, gli intrecci fra commissari. Lanfranco Massari è commissario designato nel 2000 nel concorso della figlia di Marino Milone, Virginia, e della figlia di Giovanni Girone, Raffaella. Entrambi i padri gli restituiscono il favore: nel 2001 Giovanni Girone è commissario nel concorso della figlia di Lanfranco Massari, Antonella; nel 2003 Marino Milone è commissario designato nel concorso di un altro parente di Lanfranco Massari, Francesco Saverio (sorprendentemente, nonostante indagini di parecchi mesi non mi è stato possibile ricostruire se questultimo è figlio o nipote del capostipite Lanfranco Massari). Benito Leoci e Luigi Ciraolo appaiono in entrambi i concorsi di una terza figlia di Lanfranco Massari, Stefania, da associato e da ordinario.
Nel concorso da ordinario di Maria Chiara Tatarano del 2000 è commissario designato Pietro Perlingieri, ordinario a Benevento e già senatore del Ppi; nello stesso periodo Tatarano padre è a sua volta commissario designato nel concorso per ricercatore di Giovanni Perlingieri, figlio di Pietro. Questultimo è anche proprietario della casa editrice Edizioni Scientifiche, presso cui hanno pubblicato le loro monografie i due Tatarano figli. In tutti e tre i concorsi dei Tatarano figli, i due di Marco e quello di Maria Chiara, è commissario anche Giuseppe Panza, ordinario a Giurisprudenza a Bari oggi in pensione, il cui figlio Fabrizio Panza è docente ad Economia a Bari. Vito Leonardo Plantamura è commissario in entrambi i concorsi dei Marengo, padre e figlio, il primo da ordinario e il secondo da ricercatore, che si aprono entrambi nel 2003.
Infine, il terzo fenomeno, le carriere. Marco Tatarano, figlio di Giovanni, si laurea in Giurisprudenza a Bari nel 2000; ottiene lidoneità per ricercatore in un concorso in cui non ha concorrenti dopo che si ritirano sei candidati; cinque mesi dopo, il 24 settembre 2002, viene bandito un concorso per associato, in cui su tredici candidati ne sopravvivono due, entrambi idonei; a quattro anni dalla laurea Marco Tatarano è quindi professore associato, una carriera fulminante.
Bruno Notarnicola fa meglio. Diventa ricercatore nel 1999 (in un concorso di cui su internet cè traccia solo del decreto di nomina); subito viene aperto un concorso per associato nel 2000, che egli vince nel 2001 (e anche di questo concorso non è possibile accedere ai giudizi su internet); nel 2004 apre un concorso per ordinario luniversità telematica Guglielmo Marconi di Roma; lo vince nel 2006, e viene chiamato dalla facoltà di Economia di Bari (e anche di questo concorso non c è traccia su internet); in sette anni passa così da ricercatore ad ordinario. In Italia solo un ordinario su 1000 ha meno di 35 anni; ma nel 2006 Stefania Massari vince lidoneità per ordinario in statistica economica proprio a 35 anni; la sorella Antonella la vince nella stessa materia a 37 anni.
Ma la carriera più spettacolare è probabilmente quella di Giovanni Perlingieri (figlio di Pietro ordinario a Benevento), che già abbiamo visto vincere il concorso da ricercatore nel 2001 a 24 anni con Giovanni Tatarano come commissario. Nellaprile del 2002 viene bandito un concorso da associato a Cagliari, che egli vince in dicembre, venendo subito chiamato a Salerno; dopo otto mesi viene indetto un concorso da ordinario a Padova, che vince nel marzo del 2004; viene quindi chiamato come ordinario nel settembre 2005 alla seconda università di Napoli, a 29 anni appena compiuti. Stabilisce così probabilmente due record, o almeno vi si avvicina molto: la carriera più fulminante (quattro anni e mezzo dalla nomina a ricercatore alla nomina a ordinario, quando spesso ci vogliono tre anni solo per espletare un singolo concorso, e altrettanti per ottenere la conferma in ruolo); e uno dei più giovani ordinari nella storia delluniversità italiana (Luigi Einaudi divenne ordinario a 28 anni, e per decenni se ne parlò come di un fatto leggendario).
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Maria Vitali-Volant
I fatti esposti nel libro di Perotti non mi stupiscono. Anche in Francia soffriamo delle stesse malattie: clientelismo e fenomeni incomprensibili, assunzioni di ricercatori senza una pubblicazione e esclusione di altri con libri e articoli importanti. Siamo anche alla discriminazione dell’età: bisogna avere entro i 30 e fino ai 40 e se si supera la soglia allora non c’è più niente da fare (ma non è solo una canzone) anche se le pubblicazioni arrivano al soffitto e l’impegno pedagogico strappa plausi. Non mi dilungo sul percorso del combattente, ma è altrettanto delirante che in Italia. Se poi si pensa ai favolosi stipendi e alle nuove disposizioni di M. Sarkosy c’è da chiedersi sinceramente, ma perché continuare la ricerca?
checco
Questo articolo non fa che confermare che la "famiglia", nel senso di comunità legata dagli stessi valori e interessi, è il nucleo ahimè congeniale alla mentalità italica. La famiglia nella scala di valori viene prima della comunità a cui si appartiene, e ciò crea i danni che ben conosciamo. La mafia ne è forse la degenerazione più evidente, ma anche la logica dei furbetti del quartierino, ad esempio, o della difesa ad oltranza dei privilegi o delle caste professionali (e, aggiungo, sindacali), è basata sugli stessi principi e valori. E come quindi sorprendersi quando la politica agisce nello stesso modo? Non è vero che, come si sente ripetere spesso, l’Italia ha una classe politica peggiore della società civile, ne è purtroppo lo specchio fedele.
decio
All’estero (il resto del mondo) i dipartimenti sono autonomi dalle facoltà: il direttore del dipartimento può assumere chi vuole (senza la burocrazia dei concorsi italiani), può licenziare chi vuole, ha autonomia di entrata e di uscita (per quanto riguarda le questioni economiche). Per il resto non ci resta che condividere quanto scritto su questo sito da Gianni De Fraja nel bellissimo articolo "Privatizzazione, la parola magica".
decio
Se mi è consentito, volevo aggiugere un’altra cosa: "dove è lo scandalo?". Attualmente il sistema dei concorsi è costuito da aprove scritte ed orali, la commissione si scioglie subito dopo la valtuazione (magari anche truccata) e non è responsabile di chi assume. Nel resto del mondo non vi sono concorsi, ma semplicemente colloqui di lavoro tenuti dal capo del dipartimento (anche pubblico) che è costretto ad invesitre sui migliori ricercatori per poter produrre risultati consistenti e prendere più finanziamenti pubblici. Le prove scritte ed orali oggetto dell’attuale concorso da ricercatore sono anche, laddove non truccate, totalmente inidonee, e questo lo dice anche il Prof. Ichino, illustre giuslavorista e parlamentare PD, che tanto stimo.
Marianna
E’ pensare che Perlingieri è ritenuto come uno dei professori più intransigenti di Benevento. Sono schifata! Comunque lo si sapeva e, poi, a Benevento ce ne sono tantissimi altri. Basta indagare sulla prof. di matematica finanziaria alla facoltà di economia e commercio Ventra, figlia del padre, a sua volta professore di matematica finanziaria; oppure di D’Ambra junior, professore, ricercatore, di statistica, figlio del più noto D’Ambra, ordinario di statistica, della ricercatrice Cuomo, figlia del più noto presidente dell’ordine dei dottori commercialisti di Benevento, Cuomo. Ci sarebbe un elenco infinito, ma a che serve? Tanto non cambierà mai nulla! E si chiedono come mai l’università italiana non è più competitiva.
MARCO MUSCETTOLA
Quanto detto o scritto, tutti noi laureati lo avevamo ben chiaro già prima di iscriverci all’Università di Bari. Mi dicevano che era seconda solo a Messina in quanto a corruzione. Ma lì era questione di mafia armata. Nessuno di noi, però, ha denunciato chiaro il problema e tutti vigliaccamente pensavamo "dopo laureati facciamo scoppiare lo scandalo". Ricordo bene lo schifo dei listini prezzo per superare gli esami, quasi esposti al pubblico per trasparenza, la plutocrazia schiacciante e l’omertà disperata, la voglia di sbattere contro un muro di gomma e la paura di subire conseguenze peggiori di essere uno sconosciuto insignificante da uno schifo di sistema. Oltre ai professori e ai concorsi suggeriti, il potere politico arriva ben oltre: i contatti, i contratti, i libri universitari, i commercialisti, l’albo dei promotori finanziari. Oggi non ho più paura: Marco Muscettola, 32 anni, laureato a 23 anni a Bari, promotore finanziario, analista di bilancio, autore di 3 libri di economia aziendale, non devo ringraziare nessuno, libero.
guest
Io introdurrei un sistema di incentivi basato sul numero di pubblicazioni. Una pubblicazione vale un aumento di stipendio di x Euro per x anni, una pubblicazione in una rivista internazionale con peer review garantisce un aumento maggiore. Se uno pubblica 2/3 articoli all’anno su riviste internazionali secondo me dovrebbe ricevere un grosso bonus. (e.g. 500 euro al mese per ogni articolo internazionale per i successivi cinque anni. Se tieni una media di due articoli all’anno dal 5 anno in poi sono 5000 in piu’ se mantieni il ritmo). Io credo che questa sarebbe forse l’unica strada in Italia. Probabilmente lascerei solo le pubblicazioni internazionali però. Sennò fiorirebbero tanti di quei giornalini. Ovviamente bisogna trovare i soldi.
Marco De Cristofaro
Carissimi, guardate che eventuali atti dei concorsi non reperibili nei siti degli Atenei sono rintracciabili (con semplice ricerca per cognome) sul sito del MIUR: e precisamente alla pagina http://reclutamento.murst.it/idonei.html
Claudio B.
Il ministro Gelmini ha affermato che soltanto il 20% dei posti resi liberi dai pensionamenti potrà essere occupato con nuove assunzioni. Uno ogni cinque. Sorprende che proprio una cattolica inviti gli accademici a un così drastico controllo della natalità.
StudenteUda
Lo stesso vale per il corso di laurea in Economia Aziendale all’Università G. D’Annunzio di Pescara. Non sembra strano il fatto che i doocenti nelle materie di Economia Aziendale, Revisione Aziendale e Ragioneria siano rispettivamente il professore ordinario (nonchè presidente del corso di laurea), il figlio e l’ex moglie?
Andrea
Scoprire che i concorsi universitari sono truccati è come scoprire l’acqua calda. Si potrebbe pensare che urgono misure per rendere più "oggettivo" e non manipolabile il concorso stesso, ma questo rappresenta l’errore di fondo che ha condotto a questa incresciosa situazione: il concorso è per sua stessa definizione inappellabile (se non per vizi di forma). Chi ha vinto non deve a nessuno la sua nomina se non al proprio "merito". Il problema è un altro: nei paesi anglosassoni ogni Università sceglie il proprio corpo docente, più o meno, come crede, salvo poi dover fare i conti con un sistema di finanziamento molto attento ai risultati conseguiti dall’Univeristà medesima. Non dimentichiamo che, in Italia, anche quando non ci sono figli e nipoti di mezzo, il vincitore in pectore è "scelto" in ogni caso, non prendiamoci in giro: se un professore onesto "porta avanti" un valente scienziato in nome del suo merito (e non è un caso raro, per fortuna) cionondimeno esso si trova costretto a "giocare" le sue mosse in suo favore, ovvero. Non esiste un concorso che sia veramente tale. Io sono dell’idea che se si eliminasse questa ipocrisia (e perfino in assenza del sistema di incentivi di tipo anglosassone) e si permettesse alle Università di scegliere liberamente il proprio corpo docente, come di fatto già accade, questo porterebbe se non altro alla luce del sole le singole nomine, che non potrebbe più "coprirsi le vergogne" con la foglia di fico del concorso. E’ evidente che un sistema severo di incentivi è indispensabile, ma in ogni caso la trasparenza di una scelta dichiarata farebbe gravare sulle spalle dell’Università la responsabilità (pubblica!) di ogni singola nomina. Vi pare poco?
bergamasco aldo
Un groppo alla gola mi impedisce di dire le tante cose che vorrei su questo argomento, ma l’unico sentimento che provo e’ una tristezza senza fine in un paese senza futuro dominato sempre di piu’ da fenomeni come questo.
Davide Bassi
Non basta combattere il familismo. Dobbiamo aggredire le cause della malattia: le università non sono tutte uguali, così come non lo sono i professori. Bisogna abbandonare i concorsi e gli automatismi di carriera, attivare i contratti di tenure track, ridurre letà di pensionamento dei docenti e limitare a due mandati le cariche elettive. Perotti propone di liberalizzare il sistema e di affidare al mercato (leggi studenti) il compito di selezionare gli atenei. Io ho molti dubbi sulla bontà della sua ricetta iperliberiste. Chi ci garantisce che gli atenei, per attirare più studenti, non dilapidino risorse in attività di grande impatto mediatico e di scarso contenuto scientifico? Almeno un terzo dei finanziamenti dovrebbe essere legato alla capacità di fare ricerca a livello internazionale. Inoltre si dovrebbero negoziare accordi di programma tra i singoli atenei ed i ministeri competenti per definire gli impegni in tema di stabilità finanziaria e di offerta formativa. Gli atenei che non otterranno finanziamenti per la ricerca e non onoreranno gli accordi di programma dovrebbero essere chiusi. In fondo un po di cassa integrazione in Italia non è mai stata negata a nessuno.
franco tomasello
Articolo dal 109 settimanale regionale siciliano. Pag 19: "Aldo Lupo capo del personale, Giovanni Lupo dottorato di ricerca, Flavia Lupo dottorato di ricerca, Antonietta Lupo dottorato di ricerca. Messina
Stuozzo
Un concorso per il dottorato di ricerca di ormai alcuni anni fa all’Università di Economia di Genova fu soprannominato "Il concorso delle mogli". Secondo voi chi ha vinto il concorso?
PAOLO TREVISAN
Pensare che il concorso, specie se all’italiana, sia la panacea dei mali della università è utupia. del resto anche se lo fosse, la tendenza alla università di massa, cosa doverosa e giusta, vista la necessità di laureare sempre più ampie quote di popolazione attiva, renderebbe sicuramente in fase calante la qualità dei selezionati e potrebbe alla fin fine essere antieconomico investire risorse solo in selezione del personale. a – molto meglio lasciare libertà ai capi dipartimento b – collegare le risorse disponibili ai risultati ….. a patto però: porre precisi palette ai baroni nelle scelte dei collaboratori, A, vietate assunzioni di parenti entro il 3 grado, almeno nello stesso ateneo, vietato la conferma oltre il 2 mandato per ogni incarico dirigenziale interno, obbligo di pubblicazone delle graduatorie di selezione e scientifica misurazione della produzione accademica pubblicata e del merito delle riviste ospitanti, nazionali o internazionali che siano; B – distribuzione dei fondi di ricerca secondo il modello premier league. 13 in base alla storia d’ateneo, 13 in base ai risultati recenti (scoperte e pubblicazioni) 13 in base ai bacini di utenza (iscritti).
Beppe
E’ sicuramente opportuno che il marcio venga a galla, il prima possibile. L’intervento di Perotti è meritorio da questo punto di vista. Ciò detto, mi chiedo: cosa farsene della parte buona dell’università? Cosa farsene della minoranza che fa ricerca tra sforzi e difficoltà facili da immaginare, e magari sta per buttare la spugna? Mi farebbe piacere vedere un nuovo volume, uno che racconta dove sono e chi sono quelli che -a dispetto di tutto- proseguono nella vita grama del ricercatore. In questa fase di delegittimazione dell’istruzione e della ricerca sarebbe forse più utile, perchè l’obiettivo politico non è di riformare e/o migliorare l’università, ma dimostrarne l’inutilità sociale. Un’ultima nota: avere un cognome noto non significa necessariamente essere incompetenti: esistono famiglie di antica aristocrazia con grandi tradizioni culturali, famiglie che usano la propria influenza per far studiare i figli a stanford o al MIT, piuttosto che per vincere il concorsino a Montescaglioso.
Priamo
Quando vedo gli universitari protestare mi vengono delle coliche di fegato visto che conosco molti figli di porfessori, discepoli della sinistra (anche estrema) che hanno ottenuto cattedre e fondi senza aver passato uno dico uno solo degli esami regolarmente. Tra accordi per le domande all’esame (mai + di tre), o fogli intestati degli scritti giá risolti questa gente non fa ricerca semplicemente perché non sa nulla, eppure sono professori ordinari e vengono chiamati anche per fare consulenza alle aziende pubbliche. Gli studenti, invece di supportare questo sistema mafioso, dovrebbero andare in piazza per la meritocrazia altro che per i soldi a questa gentaglia… ma evidentemente la massima aspirazione degli studenti e di far parte del sistema non di cambiarlo!
antonella
Quando si sente dire questa frase, magari con compiacimento, come spesso capita in Italia, vuol dire che altre cose vengono dopo, e a una bella distanza. Tra queste ci sono il rispetto della legge e la moralità pubblica. Non è una soluzione, ma vorrei solo far notare che l’istituzione della famiglia come la concepiamo in Italia, feticizzata da molti a destra e a sinistra, ha anche le sue responsabilità rispetto al declino del paese.
aldo
Eliminare i concorsi, che sono una buffonata e vedere gli studenti in piazza per protestare contro queste porcate. Lo so, due sogni irrealizzabili, torno a nanna.
marco
Ecco perchè i ricercatori in Italia prendono meno di 1000 euro al mese Cari ragazzi ci stanno distruggendo il futuro, rubandoci anche ogni sogno e speranza. Non dico che bisogna scappare, ma almeno lavorare perchè i nostri figli stiano meglio
lidia
Conosco bene la situazione e appartengo alla generazione di moltissimi di quei figli di professori. Tanti di loro erano miei colleghi nei corsi e li ho conosciuti personalmente. E vi dico che si distinguevano per preparazione, serietà nello studio e brillavano veramente di luce propria, a prescindere dai loro genitori. Il contesto familiare nel quale si vive è sicuramente trainante e funziona da stimolo e incentivo per la preparazione dell’individuo. Si respira da piccoli pane e cultura. Non si faccia l’errore di sminuire la professionalità di molti di loro solo perchè "figlio di…." Nell’organico ci sono anche moltissimi figli di nessuno, ma questi non fanno notizia. E poi parliamoci chiaro, senza gridare allo scandalo, chi non favorirebbe un proprio figlio se ne avesse l’opportunità "scagli la prima pietra".
Giuseppe Esposito
C’è un aspetto preoccupante in questa idea che chi si circonda di parenti, concubine e raccomandati sarà poi punito dallallontanamento degli studenti. Infatti, intanto i benemeriti saranno stati assunti. Se per mandarli via bisognerà chiudere un’Università, perché dalle malefatte di uno deve derivare la tragedia dei colleghi della porta accanto? Resto dell’opinione che, tra le cure anti-nepotismo fattibili, ad offrire maggiori vantaggi sia questa: a) gli Atenei costituiscono un pool di risorse economiche, sulla base delle proprie esigenze e disponibilità; b) si stila una graduatoria nazionale (attenzione non "lista", "graduatoria") con criteri analitici e palesi; c) si fa scorrere la graduatoria, lasciando che siano i candidati a scegliere la sede e non viceversa.
Chiara Petrioli
Che esistano fenomeni di malcostume e nepotismo, concentrati soprattutto in alcune realta’ e tipi di Facolta’, e’ cosa nota a tutti. La magistratura dovrebbe avere mezzi per intervenire in modo efficace sui concorsi truccati, e ben vengano meccanismi che disincentivino la selezione di parenti scarsi (ad esempio tramite valutazioni periodiche dei docenti e penalizzazioni economiche per i dipartimenti che assumono persone di scarsa qualita’). Tuttavia ci sono (molte) parti sane dell’universita’. I provvedimenti e gli attacchi mediatici non scalfiscono i baroni, non migliorano la situazione in senso meritocratico (sono anni che aspettiamo questo) mentre demotivano i molti che lavorano seriamente e per passione. Ho la fortuna di lavorare alla Sapienza ma di non avere nessun omonimo nel paese (un Prof. Rossi o Bianchi sarebbe meno fortunato). Non mi risulta che nessuno del mio dipartimento sia figlio di un Prof. Ranking internazionali (The Times inetrnational ranking) continuano ad avere nostre universita’ al top (Scienze della Sapienza 37esima al mondo, il Politecnico di Milano circa 60esimo in ingegneria ad esempio). Quando si dara’ spazio a queste realta’ in cui il merito prevale?
federico
Introdurre l’obbligo del tempo pieno per i docenti e la pubblicazione di almeno un saggio all’anno su una rivista di carattere nazionale o internazionale. Dopo due anni senza pubblicazioni si è destituiti dall’impiego.
elvira lima
Caro autore, anch’io sono docente universitaria e ben conosco le pratiche nepotistiche da Lei descritte, anch’io ho dovuto faticosamente farmi strada fra figli, seconde mogli, amanti, relazioni particolari (le più pericolose). Ma crede davvero che questa ragnatela parentale sia il male maggiore dell’Università attuale? Il sistema universitario non si basa forse da sempre sulla cooptazione? Fa differenza dover lasciare il passo all’allievo del barone anziché al figlio? Anche fra gli allievi di un illustre maestro si contano gli incompetenti, un tempo il barone ne metteva in cattedra almeno uno, dopo essersene servito per anni come portaborse. Vogliamo piuttosto riflettere sulle conseguenze di tagli non mirati che costringeranno le università del sud a chiudere? Puniamo chi non produce, ma non decapitiamo capacità promettendo di discutere dopo di riforma!
rina luce
Ho letto con atenzione l’articolo relativo alla facoltà di economia. Credo, per esperienza personale, che la situazione al politecnico di bari non sia diversa. Anche qui ci sono generazioni più generazioni che il sapere lo trasmettono "geneticamente" e che hanno carriere altrettanto fulminanti. Anche in questo caso alcuni sono stati sistemati a Taranto, Lecce, Potenza, Foggia, la stessa Bari nello stesso dipartimento spudoratamente. Ma tanto si sa che è tutto più facile per chi mangia pane e scienza fin da piccoli!
Carlo Bassi
Mi piacerebbe puntualizzare un aspetto relativo al reclutamento nell’Università. La cooptazione porta, inevitabilmente, a processi di selezione che solo occasionalmente sono condivisibili. E’ inutile crocifiggere solo i figli e parenti dei professori ignorando che tutti (quindi intendo non escludere nessuno) coloro che accedono ai concorsi devono avere uno sponsor che "apprezzi" il lavoro di ricerca svolto. Riprova ne è che se si digita il nome del prof. Perotti su Google si scopre che costui è più noto per il libro "l’Università truccata" che non per meriti scientifici.
Donatella Bertozzi
Ciò che il libro documenta e denuncia mi procura un senso di nausea e la voglia di vomitare. Ma alcuni commenti qui pubblicati… uno dice più o meno così "chi, potendo, non favorirebbe il proprio figlio?". L’unica risposta possibile a una domanda così è, naturalmente "Qualunque persona onesta." Che intenda fare, contemporaneamente, il bene del suo paese e – quel che più conta – il bene di suo figlio. Ma in Italia questa semplicissima risposta, che risponde a una logica assolutamente elementare, non viene in mente neppure a persone che dobbiamo presumere colte, visto che frequentano un sito come questo. Mentre il libro di Perotti – che ho appena comprato e che leggerò per intero – ti fa venir voglia di combattere, commenti di quel genere su un sito come questo procurano un senso di desolante, forse inesorabile, sconfitta. Mi viene in mente quella frase scrritta sul muro di Palermo all’indomani dell’assassinio di Dalla Chiesa e di sua moglie: "Qui finisce la speranza dei palemitani onesti".
roberto
Ho divorato il libro di Roberto Perotti in circa ventiquattro ore e mi ha attanagliato un senso di tristezza infinita e la rabbia di urlare come Roberto Saviano nel finale di Gomorra: "Maledetti bastardi! Sono ancora vino!". Perché sono uno dei poveri idioti che cerca di farsi strada in mezzo alle discariche delle università senza avere nessuno alle spalle e armato soltanto di un entusiasmo che il Sistema sta cercando di minarmi quotidianamente. Vorrei avere l’onore di stringere la mano un giorno al Prof. Perotti per il coraggio che ha avuto scrivedno questo libro. E quanto al sig. Carlo Bassi, che mette in dubbio l’operato scientifico di Perotti, vorrei ricordargli di digitare il nome del nostro autore su Google Scholar: il prof. Perotti presenta 3850 citazioni, tutte relative a pubblicazioni di economia, e nessuna relativa al suo recente libro.
bia
Vergogna, provo solo una pudica vergogna!
Emanuela Gutkowski
Qualche anno fa feci un concorso per ricercatrice di Lingua Inglese a Messina. Il verbale è ancora leggibile e narra di una poveretta che non sapeva nemmeno parlare in inglese. Peccato che quella poveretta avesse già allora svariate pubblicazioni su riviste accademiche inglesi, che oggi sia consigliata quale autrice dalla St Jerome (vangelo della traduttologia), che avesse lAdvanced Certificate of English e nel concorso a cattedra avesse conseguito il massimo.Quanto alla vincitrice… nella graduatoria del concorso a cattedra avrebbe atteso per qualche annetto, cioè, ufficialmente non era pronta nemmeno per tenere una lezione di prima media! Ma è falso che la sottoscritta non avesse risposto in inglese? No, ma sapere che cervellotica domanda (di cui non conosco nemmeno oggi la risposta!) le fu riservata. E la vincitrice (guardacaso, interna alla facoltà)? Ha risposto brillantemente alla complicatissima domanda:é diverso insegnare agli adulti rispetto a fare lo stesso con i ragazzi? Pensate un po rispose senza difficoltà! Peccato che sul pubblico verbale non siano scritte le domande, sarebbe materiale da cabaret! Ogni paese ha gli accademici che merita Emanuela Gutkowski
Maurizio d'Amato
Caro Perotti, bravo potresti darci informazioni sul concorso del candidato del Politecnico di Milano Gianfranco Brusa settore ICAR 22 che nel 2012 con 5 pubblicazioni in italiano è passato da ricercatore a ordinario di estimo. Grazie