I derivati sono strumenti finanziari largamente utilizzati come forma di assicurazione, ma anche di speculazione. Il loro valore nozionale è otto volte il Pil mondiale. Una bomba a orologeria per l’economia internazionale? Misure più corrette della dimensione del mercato raccontano un’altra storia.
Il mercato dei derivati
I derivati sono strumenti finanziari comunemente utilizzati come forma di assicurazione, per esempio da un debitore per proteggersi rispetto al rischio che i tassi di interesse aumentino (ecco perché sono utilizzati anche dal Tesoro nella gestione del debito pubblico). Possono essere usati anche come investimento speculativo e possono servire per nascondere perdite e rischi nei bilanci. Ma è compito delle autorità di regolamentazione e di vigilanza assicurarne un uso virtuoso, visto che il “male” non è nello strumento, ma in come viene utilizzato (vedi la storia recente della Banca Monte dei Paschi).
Una regolamentazione eccessivamente stringente di questo mercato, per esempio tesa a renderli standardizzati perché siano scambiati su mercati organizzati, finirebbe per ridurre il servizio di condivisione dei rischi, tipico dei mercati finanziari.
Chi propone una maggiore regolamentazione, considera i derivati alla stregua di una mina pronta a far crollare l’economia globale. A supporto di questa tesi catastrofica, si porta spesso il valore nozionale dei contratti in essere di circa 550mila miliardi di dollari, ovvero otto volte il Pil mondiale. Un lettore meno esperto, messo di fronte a numeri simili, penserà che la mala gestione delle banche nostrane è davvero poca cosa di fronte a questa bomba a orologeria. Meglio investire nel mattone, o nelle piccole e medie imprese, la cosiddetta “economia reale”.
Saper leggere i numeri
Tuttavia, parafrasando Nanni Moretti, i numeri (non solo le parole) sono importanti. Il valore nozionale del mercato globale dei derivati di per sé significa molto poco. Molto meglio guardare alla cosiddetta posizione lorda di mercato (gross market position), ovvero a quanto costerebbe rilevare, a prezzi di mercato, tutti i contratti in essere. Il perché è evidente. Basta immaginare uno strumento derivato come se fosse un biglietto della lotteria. La vincita massima può essere a sette e più zeri e a questo valore massimo corrisponde il cosiddetto “valore nozionale”. Ma se decidessi di vendere sul mercato un biglietto della lotteria otterrei solo pochi euro in quanto la probabilità che sia quello fortunato è remota. Secondo la Bis (Bank for International Settlements), il valore lordo di mercato dei derivati vale circa 15mila miliardi: il 3 per cento circa del corrispondente valore nozionale, una cifra pari a un quinto del Pil globale. Ancora meglio sarebbe guardare alla posizione netta, che vale anche meno, circa il 10 per cento di quella lorda. La posizione netta elide derivati che comportano flussi di cassa che si annullano tra loro. Per restare nel campo delle scommesse, pensiamo a uno scommettitore che abbia puntato sulla vittoria della Roma nella prossima partita di campionato e a un altro che abbia invece scommesso sulla sua sconfitta. La posizione lorda somma il valore di mercato delle due scommesse. Quella netta considera invece il fatto che non è possibile che la Roma vinca e perda la medesima partita. È certamente vero che la posizione nominale segnala l’ammontare complessivo dei rischi potenziali, se pur corrispondenti a esborsi legati a eventi possibilmente remoti. Ecco perché la Bis diffonde anche questi numeri. Tuttavia, non è ragionevole ignorare la probabilità dei vari eventi nel decidere le proprie azioni. Altrimenti, forse non dovrei mai uscire di casa per paura di essere investito dal primo automobilista distratto (evento non poi così remoto a Roma, città in cui vivo)?
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Marco
Mi pare che le dimensioni del nozionale abbiano un altro importante significato, totalmente ignorato nell’articolo: possono essere indicative delle dimensioni della speculazione. Se la natura prima dei derivati è di protezione o assicurazione, come ricordato dall’autore, il nozionale che può aver senso è al massimo pari al quantitativo esistente del sottostante, e spesso in realtà molto meno (basti l’esempio dei derivati sui titoli di stato: una larghissima fetta di questi titoli è detenuta da cassettisti che non sentono la minima esigenza di proteggersi dalle oscillazioni di mercato). Ma la speculazione non tiene conto di questo e può moltiplicare le dimensioni di un mercato rispetto alle sue dimensioni “fisiche”. E’ anche così che la finanza si scolla dall’economia reale e l’uccide.
Luca
Marco, in realtà la situazione è più complessa: per esempio prendiamo il caso in cui un investitore A faccia un prestito all’impresa B per €100 e che B paghi un tasso variabile ad A. B ha paura che i tassi si possano alzare troppo e compra un cap sul tasso variabile con nozionale €100; A invece ha paura che i tassi si possano abbassare troppo e compra un floor sul tasso variabile con nozionale €100. Ipotizziamo che A sia basato negli Stati Uniti e abbia anche paura di movimenti sul tasso di cambio EUR/USD: entra quindi in un derivato di cambio con nozionale €100 ($115) per proteggersi da questo rischio. Ad un certo punto l’impresa B comincia a navigare in cattive acque: A non vuole più correre rischio di credito con B e allora compra un CDS su B per un nozionale di €100. Da una situazione di economia fisica di €100 (un prestito ad un’impresa), eccoci ad avere cap + floor + derivato di cambio + CDS = €400 di nozionale di derivati, il tutto a scopo di protezione/assicurazione senza speculazione. Inoltre la speculazione non è necessariamente negativa: fornisce liquidità ai mercati e aiuta ad evitare mispricing.
Ernest
L articolo non considera neanche il pareggio della Roma, nel qual caso perderebbero entrambi i suoi protagonisti. Infatti se le cose fossero cosi semplici come dice il ricercatore nn sicapisce come Lehman e AIG hanno riscbiato di far crollare l intero sistema finanziario mondiale. Pretendere di capire le posizoni nette che nn sono stimate da registri ma da indagini al telefono della BIS é sbagliato e rischioso.
Luca
Finalmente un articolo che affronta la questione della dimensione del mercato dei derivati in maniera pacata e razionale. Peccato solo per il grossolano errore nello spiegare la posizione netta: le posizioni non si nettano tra operatori diversi, altrimenti il risultato globale sarebbe nullo, dato che per ogni compratore c’è un venditore. Se l’operatore B entra in una posizione lunga su un derivato con nozionale 100 con A e poi entra in una posizione corta sullo stesso derivato con nozionale 100 con C, in questo caso la posizione lorda è 200 mentre quella netta è 100: infatti è come se A fosse entrato direttamente in una posizione corta su quel derivato con nozionale 100 con C; B agisce semplicemente da intermediario. La posizione lorda è utile per misurare il rischio controparte, mentre la posizione netta per il rischio di mercato.
francesco ceccherini
Usare il denaro(che è sterile) per comprare le cose?