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TITO BOERI E CARLO SCARPA REPLICANO A MARCO FORTIS

Ci fa piacere notare che Marco Fortis sul Sole24ore del 25 aprile riconosca finalmente che il nostro paese è in crisi e potenzialmente in declino. Lo fa però accusandoci di mostrare poco rispetto nei confronti degli imprenditori. Nel nostro intervento sollevavamo un punto di metodo (che non riguarda le imprese, ma chi produce nuovi indici e commenta  i dati) sostenendo che confrontare i valori è più utile di un conteggio dei settori. Il fatto che il made in Italy si affermi in tanti comparti ci fa (ovviamente!) solo piacere.  Abbiamo sottolineato (anzi, lo ha scritto Confindustria che speriamo non sia accusata di scarso rispetto per gli imprenditori) che la competitività del nostro paese è in declino. Su questo, di nuovo, i dati di Confindustria ci sembrano più utili della conta dei settori.
Abbiamo poi fatto notare che i dati (sui quali Fortis torna) dal 2005 al 2008 sono relativamente confortanti solo se uno:

– ignora che l’import resta comunque superiore all’export (dal 2004 a oggi, il saldo commerciale del paese è sempre stato negativo)

– ignora che a fronte della crescita dell’export l’import aumenta ancora di più

– ignora il fatto che invece dal 2000 al 2003 il saldo commerciale del paese era positivo. (si veda la tabella allegata).

Se vogliamo consolarci, possiamo sempre trovare delle ragioni per farlo. L’eterogeneità tra le nostre imprese è grande, e per fortuna continua a presentare indubbie punte di eccellenza, che peraltro creano filiere produttive più all’estero che in Italia.
Se invece vogliamo guardare ai numeri leggiamoli a partire dai dati aggregati. Questi ci indicano le condizioni in cui opera la media delle nostre imprese e la dinamica della produttività, che è, al tempo stesso, la chiave per la crescita e la competitività.

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SE LA CRISI DI ATENE ENTRA IN BANCA

  1. Daniele Ferretti

    Purtroppo, anche nei giornali che dovrebbero essere più indipendenti, pare che non si riesca a sfuggire alla regola che sollevare il morale sia meglio di prendere coscienza della realtà e adottare accorgimenti concreti per migliorare la situazione….

  2. Franco ECONOMISTA

    Purtroppo le critiche di Fortis non riescono a far uscire la scienza economica dal circolo -chiuso per definizione- dell’autodifesa del presente: le comparazioni e i raffronti tra i numeri e i settori devono essere omogenei se si vuole metterli a base di scelte o di critiche, altrimenti si devono analizzare i dati oggettivi generali. Voglio dire che se non si abbandona il circolo dell’attuale e non ci si addentra nella sinusoide dei periodi economici l’accusa di "Giocolieri con i numeri" è difficilmente confutabile e tanto più quanto la difesa si avvalga di prove elaborate nello stesso circolo. Non voglio dire che il giocoliere risponde principalmente all’impresario del circo, ma che ne va della sua stessa professionalità se lo spettacolo è alla lunga ripetitivo.

  3. Cristina Castelli

    Andando a guardare i dati di commercio estero (ICE-ISTAT) emergerebbe ancora che il totale export 2007 ammontava a ca. 492 mld USD,(358,6 mln di euro al cambio 2007, pari a 1,37). Percio’ l’Italia sarebbe stata ai primi, secondi, terzi posti per complessivi 235 mld USD, ovvero un po’ meno della meta’ dell’export totale (bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?). Mi rimane la curiosita’ di vedere nel corso degli anni come si e’ modificato il peso delle eccellenze, nonche’ di avere questo tipo di confronto anche con altri paesi europei, tra cui la Germania (e perche’ no, la Spagna …)

  4. M.Nassini

    Come cittadino mi pare che, nonostante le dichiarazioni, la classe politica dirigente abbia scarso rispetto per i tecnici e gli accademici. I cui contributi – giova ricordarlo – superano i confini di schieramento per poter rivendicare "standard professionali", soprattutto adatti per comprendere il "che fare" da parte degli attori in causa, nel prossimo futuro. Su questo sarebbe meglio per i giornalisti fare il loro mestiere di divulgazione e non di propaganda. Spiegando – per esempio – come sul "divenire economico", il "work in progress" che interessa l’intero paese – a partire dai non occupati – si giochi lo sviluppo o la recessione. Certo è che gli interessi in gioco sono diversi: la ri-conferma – tramite elezioni – del proprio posto al sole nel parlamento, oppure una sfida apparentemente economica, in realtà scientifica (accademica) e di civiltà tra "società dello spettacolo" ed industriale avanzata. Sintetizzando: "economia etica", vi dice qualcosa?

  5. antonio

    E’ da parecchio che dalle colonne del messaggero ci assicura che grazie al debito aggregato ci posizioniamo vicino alla Germania e all’improvviso ecco la manovra. Non ho mai letto del notevole aumento dell’ Rca auto, delle mancate liberalizzazioni, della corruzione che brucia il 5% del Pil (80 milardi circa), dei 120 miliardi circa di evasione, delle statali che vanno in pensione a 65 anni e per i politici tutto è rimasto come prima, dei costi della poltica in generale, dei dirigrenti delle Asl che sono i trombati della politica e di quanto ci costano in termini di spesa sanitaria e del conseguente deficit, del merito che non c’è, dell’aumento del divario tra le classi sociali grazie a politiche corporative (altro che popolo delle libertà). I dati ciascuno li snocciola come vuole!

  6. Leprechaun

    ancora oggi (aprile 2011), a distanza di un anno, ripete più o meno le stesse cose, sul Sole24ore. Il titolo è, naturalmente, "La prima riforma è la spesa pubblica", la quale andrebbe "ristrutturata" (solita generica parola per non dire "ridotta"). Non si sa perché questo articolo, a differenza di tutti gli altri, non è commentabile, altrimenti mi sarei limitato ad invitare a leggere questo pezzo di Boeri e Scarpa, fornendone il link.

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