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Prossimo Parlamento: produttività

Anche se il Pd è il partito che avrà il gruppo parlamentare più rinnovato, grazie all’aumento dei seggi attesi è anche il partito che riuscirà a confermare la percentuale maggiore di parlamentari uscenti. I parlamentari confermati, in media, sono quelli meno produttivi e più fedeli al proprio gruppo.
Dove sono finiti i parlamentari uscenti? Quanti sono stati lasciati a casa o ricandidati? E quale era la produttività nei lavori parlamentari degli uni o degli altri? Grazie ai dati raccolti da Openpolis nel corso della legislatura, è possibile abbozzare qualche risposta.

La prima tabella riporta, per ogni gruppo di Camera e Senato nella scorsa legislatura, in quali liste sono finiti i parlamentari uscenti o se sono rimasti a casa. Le liste sono raggruppate per coalizione elettorale: centrosinistra, centrodestra, liste centriste per Monti, Movimento 5 Stelle, Rivoluzione Civile. Per esempio, dei 299 parlamentari Pd per cui abbiamo dati a disposizione, 166 sono ricandidati nel centrosinistra, 4 nelle liste Monti e 129 non sono stati ricandidati.

flussi tra vecchi gruppi parlamentari e nuove coalizioni al votoLa seconda tabella, invece, raggruppa direttamente i vecchi gruppi parlamentari in base alla nuova coalizione elettorale di cui dovrebbero far parte (laddove ha senso farlo). Di conseguenza, il gruppo Pd è l’unico per il centrosinistra (Sel non era rappresentata in Parlamento); Idv per Rivoluzione Civile; Udc e Fli per Monti; Pdl, Lega e altri gruppi minori per il centrodestra. Sulla base di questa classificazione, la tabella riporta le posizioni in lista dei parlamentari ricandidati: sicuri, incerti, non eletti, non ricandidati. Il centrodestra è riuscito a ricandidare in posizioni sicure solo il 26% dei propri parlamentari, contro il 45% del Pd. Questi numeri evidenziano come il maggiore rinnovamento del gruppo Pd analizzato nella scheda precedente sia in verità arrivato per il minore costo che questo partito ha dovuto pagare in termini di “no” da dire ai propri parlamentari uscenti, sull’onda di un numero atteso di seggi ben maggiore rispetto a quello su cui poteva contare nel vecchio Parlamento.

PROD Posizione dei parlamentari uscenti in base alla coalizione cui ha aderito il proprio gruppo

Ma qual è il legame tra la decisione di essere ricandidati o meno e gli indici di produttività parlamentare raccolti da Openpolis? Togliendo Rivoluzione Civile per cui la bassa numerosità del campione rende molto volatili le medie, consideriamo tre indicatori.

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1)    Il percentile (cioè la posizione in classifica) di ogni parlamentare rispetto all’indice di produttività complessiva calcolato da Openpolis (per cui numeri più alti indicano una maggiore produttività, da 1 a 100), la cui costruzione è spiegata in dettaglio qui.

2)    Il tasso di assenteismo (cioè la percentuale di assenze non giustificate sul totale di votazioni elettroniche) espresso in punti percentuali.

3)    Il tasso di “ribellione” rispetto al proprio gruppo (cioè la percentuale di volte in cui ogni parlamentare ha votato in disaccordo con l’indicazione del gruppo), anche questo espresso in punti percentuali.

Le tendenze che emergono sono presto dette. In ogni coalizione, ma in particolare nel Pd, i parlamentari in posizioni sicure hanno un indice complessivo di produttività minore rispetto a quelli non ricandidati o candidati in posizioni non eleggibili. Come dire: se vuoi fare carriera in politica, meglio se ti dedichi ad altro (lavoro di partito o rapporti col territorio) rispetto a un assiduo lavoro parlamentare. Lo stesso indica il tasso di assenteismo, che è (statisticamente) maggiore tra gli eletti sicuri, soprattutto nel Pd e nei partiti di centro.

PRODIndice Openpolis e probabilità di essere eletto

PROD Indice di assenteismo e probabilità di essere eletto

Infine, l’indice di ribellione rispetto al gruppo (ultima tabella). Questo indicatore va preso con le molle, perché – come si può vedere dai numeri – nel Parlamento italiano la disciplina di gruppo è molto elevata (a differenza, per esempio, di quello statunitense) e sono alquanto infrequenti i casi di voto in disaccordo dal gruppo. Inoltre, l’indicatore ha meno senso per la coalizione di centro, data la maggiore mobilità politica dei parlamentari di quei partiti. Ma, pur tenendo conto di questi limiti, fa riflettere che l’indice di ribellione, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra, sia maggiore per i parlamentari non ricandidati rispetto a quelli in posizione sicura, e che nel Pd l’indice quasi si dimezzi passando dai primi ai secondi. La fedeltà paga.

PROD Indice di ribellione e probabilità di  essere eletto

 

 

 

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  1. Andrea

    Il giudizio espresso sul PD mi sembra decisamente poco rigoroso.
    “il maggiore rinnovamento del gruppo Pd analizzato nella scheda precedente sia in verità arrivato per il minore costo che questo partito ha dovuto pagare in termini di “no” da dire ai propri parlamentari uscenti”.

    Il PD avra’ (o almeno si aspetta) un gruppo molto piu’ grande che nella scorsa legislatura. Quindi avrebbe potuto confermare molti piu’ dei propri parlamentari e mettere dentro comunque molti nomi nuovi – cosa che e’ stata messa in evidenza nell’analisi del CISE. Non si capisce dunque perche’ il PD avrebbe affrontato costi minori nel dire no ai parlamentari uscenti (e tra l’altro completamente ignorate il ruolo delle primarie, cosa che il CISE nella sua analisi non fa). Caso mai e’ ragionevole il contrario: con piu’ posti a disposizione in futuro e’ probabilmente stato piu’ difficile per il PD “imporre” ad alcuni degli uscenti di non essere ricandidato o di essere candidato in posizione non sicura.

    Si ignora, inoltre, che quel 10% di parlamentari uscenti del PD che sono ricandidati in posizioni “incerte” o “non eletti” sono li’ perche’ sono andati male nelle primarie. Insomma, hanno perso le elezioni.

  2. Complimenti. Analisi molto interessante.

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