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Dalla Brexit un conto salato per il commercio britannico

Dopo quarantatré anni, il Regno Unito esce dall’Unione Europea. I possibili scenari prevedono un aumento delle barriere al commercio internazionale del paese. L’uscita dal mercato unico costerebbe alle famiglie britanniche tra le 850 e le 1.700 sterline l’anno. E si tratta di stime prudenti.

Quando il Regno Unito era nell’Unione

L’ingresso nella Ue ha ridotto sostanzialmente le barriere commerciali tra il Regno Unito e gli altri paesi membri. Da un lato, l’unione doganale ha eliminato tutte le barriere tariffarie nello scambio di beni e servizi tra i paesi membri. Dall’altro, la creazione del mercato unico europeo ha comportato una riduzione sostanziale delle cosiddette barriere non tariffarie, ad esempio delle regole di origine dei prodotti, dei controlli doganali, licenze, delle regole tecniche e di quelle date dagli standard.
L’Ufficio nazionale di statistica britannico calcola che prima di entrare nella Comunità economica europea nel 1973, gli scambi con i paesi Cee erano circa un terzo del commercio internazionale del Regno Unito. Nel 2014, il 45 per cento delle esportazioni britanniche di beni e servizi (pari a circa il 13 per cento del Pil) era verso paesi Ue; ancora maggiore, il 53 per cento, la quota delle importazioni dall’Ue.

I benefici del commercio

Gli effetti positivi del commercio internazionale sull’economia di un paese seguono diverse strade. Il primo canale è quello dei vantaggi comparati proposto da uno dei padri dell’economia politica, David Ricardo. L’apertura al commercio permette ai consumatori e alle imprese di comprare i migliori beni e servizi disponibili su scala mondiale a prezzi inferiori.
Un secondo canale raccoglie i vantaggi derivanti dalla disponibilità di una gamma di beni e servizi più vasta di quella possibile in economie chiuse.
Un terzo canale è dato dagli effetti competitivi e di selezione: la maggior concorrenza prodotta dall’apertura commerciale elimina dal mercato le imprese meno produttive, aumentando così la produttività media delle economie nazionali.
L’analisi economica ha dimostrato che questi canali generano anche effetti dinamici, aumentando ancor più i vantaggi del commercio. Per esempio, gli effetti concorrenziali e di selezione spingono le imprese a innovare di più, migliorando così la qualità dei prodotti e riducendone costi e prezzi.

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I conti in tasca agli inglesi

Un gruppo di esperti europei di commercio internazionale della London School of Economics  ha analizzato i possibili gli effetti della Brexit sulle importazioni e esportazioni britanniche e le relative conseguenze per l’economia del Regno Unito. Lo studio tiene conto dei costi economici della Brexit causati da uno solo dei canali descritti sopra, i vantaggi comparati.
Per calcolare l’impatto della Brexit dovuto al cambiamento delle barriere al commercio estero bisogna fare alcune ipotesi sulle conseguenze che l’uscita dalla Ue avrà sul commercio. Gli scenari più probabili sono due: quello ottimistico immagina un accordo commerciale con la Ue simile a quello della Norvegia, che proibisce le tariffe, ma permette barriere non tariffarie. Nello scenario pessimistico, il commercio con la Ue avverrebbe secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e comporterebbe un aumento delle barriere sia tariffarie sia non tariffarie.
A questi costi gli economisti della Lse aggiungono i trasferimenti fiscali tra Ue e Regno Unito. Il contributo fiscale netto del Regno Unito al budget della Ue è oggi circa lo 0,53 per cento del Pil britannico. Nello scenario ottimista porterebbe un risparmio su questo contributo pari allo 0,09 per cento del Pil. Nello scenario pessimista, il risparmio sarebbe pari allo 0,31 per cento del Pil. Questi risparmi, insieme agli aumenti delle barriere doganali, vengono poi inseriti in un modello molto avanzato per l’analisi quantitativa degli effetti degli scambi internazionali. La tabella qui sotto riassume i risultati delle simulazioni.

Tabella 1 – Effetti della Brexit sui redditi delle famiglie

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Lo scenario ottimista prevede una riduzione del reddito nazionale pro-capite dovuta alle nuove barriere al commercio, al netto del risparmio fiscale, dell’1,28 per cento all’anno. Questo corrisponde a una riduzione del reddito della famiglia media britannica di circa 850 sterline (1.080 euro) l’anno. Nello scenario pessimistico il Pil pro-capite scende del 2,61 per cento, che comporta una perdita di 1.700 sterline (2.160 euro) l’anno per famiglia.
Le stime sono in realtà troppo caute, perché considerano solo i minori benefici del commercio dovuti ai vantaggi comparati. Escludono così tutti i vantaggi del libero scambio tra nazioni avanzate dovuti alla maggiore varietà di beni a disposizione e agli effetti di selezione. Studi recenti hanno inoltre dimostrato che gli effetti dinamici possono raddoppiare, se non triplicare, i benefici del commercio misurati dai tradizionali modelli statici. Infine, l’incertezza sulle caratteristiche dell’accordo commerciale tra Regno Unito e Ue, incertezza che durerà certo vari anni, causerà di per sé costi non trascurabili.

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10 commenti

  1. P. M. Santore

    Il fatto che la quota delle importazioni dall’Ue sia superiore a quella delle importazioni dovrebbe suggerire che non ci sarà nessun secondo scenario, a meno che i leader europei agiscano irrazionalmente.
    Poi, parafrasando, se le esportazioni non-CEE della GB sono diminuite dal 66% del 1973 al 45% del 2014, quando la GB sarà libera di fare accordi commerciali col resto del mondo, esse presumibilmente aumenteranno.

    • EF

      Bisogna vedere quanto il resto del mondo abbia voglia di fare accordi commerciali con la GB, visto che tutti i leader hanno seguito questa campagna referendaria e sono ancora inorriditi da come sia stata condotta. Gli accordi commerciali sono lunghi e laboriosi, e presuppongono un certo grado di fiducia politica che la GB ha in questo periodo dissipato.

  2. Maurizio Cocucci

    Io rimango convinto che alla fine la Gran Bretagna non uscirà dalla UE. Troppi e incalcolabili i costi, sia finanziari che politici, con la Scozia che minaccia la ribellione e sullo stesso piano l’Irlanda del Nord. La questione insomma non è da guardare solo sul fronte commerciale ma anche su quello della stabilità interna del Regno Unito. Queste sono le conseguenze di una presunta democrazia, quella di far votare il popolo su questioni di così larga portata. E’ come far guidare una autovettura ad uno che non conosce il codice della strada, non ci si può meravigliare se commette presto un incidente. Per questo ritengo che su questioni del genere i cittadini deleghino dei propri rappresentanti, dato che poi loro (ed in questo caso i cittadini inglesi) si aspettano solo conseguenze positive. Vai a spiegare a chi ha votato per l’uscita perché ha creduto che così facendo potesse avere maggiori possibilità nel trovare un posto di lavoro ma che invece non lo troverà da oggi a qualche mese. Oppure a coloro che lo perderanno perché aziende e banche trasferiranno la loro sede altrove.

  3. Mario Rossi

    Va tutto bene a patto che però ognuno spenda i soldi che guadagna

  4. Denise

    Non saprei: se applico le tesi dell’autore, dopo l’ingresso nell’Ue, in Italia sarebbero dovuti scendere i prezzi e aumentare la produttività media delle aziende. Invece entrambi gli indicatori sono andati in senso contrario.

  5. Ho letto velocemente lo studio citato (http://cep.lse.ac.uk/pubs/download/brexit02.pdf). A me sembra di capire che la perdita di reddito pro-capite sia l’1.28% e basta, una volta sola, non l’1.28% ogni anno. Questa e’ la perdita stimata istantanea, che assume che tutta l’economia rimanga invariata ma cambino le tariffe, quindi i prezzi di beni e servizi, il contributo alla UE. Poi c’e’ una perdita di PIL maggiore ma anche questa una volta e basta, non ogni anno, dovuto al fatto che con minore integrazione dei mercati gli stimoli a competizione e produttivita’ diminuiscono.

    • Giammario Impullitti

      Il modello è statico, ma lo interpretano come uno steady state, quindi da quando si esce a 10 anni dopo il reddito è più basso di quando si era nella eu permanente. Quindi ogni anno è più basso, la perdita media è quindi calcata su 10 anni. I modelli dinamici sono più appropriati per calcoli di questo genere ma portarli ai dati è più difficile.

  6. Attualmente sto’ in GB e credo che, ancora non sia stata valutata la situazione.C’e’ bisogno di un leader e ad ora non c’e’, lo stesso Cameron ha abbandonato la barca. Alla ribalta solo figure antieuropee. Come affrontare la trattativa in modo sereno se l’altra parte non ti giudica alla sua altezza? Credo che
    sia necessaria lucidita’ e fermezza, senza considerare il domani, senza mercanteggiare sui principi. Prima la scissione e solo dopo, riallacciare trattative per normalizzare nuovi rapporti.L’importante e’ non mercanteggiare, si chiude una situazione non condivisa e basta, senza processi. Comunque la chiave di volta sta, per i paesi UE, nel correggere gli errori commessi e nell’avere chiaro, molto chiaro, l’obiettivo che intendono perseguire, una linea condivisa da tutti a piu’ velocita’ se servisse, ma vincolata a principi realistici.

  7. La libertà dai legami europei che sono imposti dalla Germania non può che favorire gli Inglesi. Sono consci di ciò che hanno votato, anche i loro politici molto più maturi dei nostri, lasciano ai cittadini la scelta. Fino ad oggi non hanno notificato l’uscita perchè la Brexit ha generato una crisi politica che verrà colmata con i veri istituti democratici.

  8. carlo

    la maggioranza degli inglesi ha deciso, non solo da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista politico di essere sovrana nelle proprie decisioni e nei propri rapporti con l’estero restando libera da vincoli che potrebbero irretirla in un sistema burocratico limitante le libertà. La Sovranità di un popolo non si misura dalla condivisione, nolenti o volenti, di un sistema dove comunque si ergono forze non solidali ma di convenienza a fare in modo che si formi un potere sovranazionale lontano dalle esigenze di un popolo. Da un punto di vista commerciale loro avranno una maggiore libertà di movimento per fare trattati commerciali seguendo una logica propria, indipendente e molto più flessibile. Il paese ne è uscito sicuramente spaccato ma loro hanno grosse capacità di rendere inattivi tutti i fattori che possono rendere difficile la vita al loro popolo. la Ue in poco più di un anno ha reso invivibile la vita a milioni di greci mandando alla deriva il paese stesso. Siamo sicuri nel dire che la brexit non è stata salutare per i britannici, mentre per i greci la grexit non sarebbe stata salutare?

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