Lavoce.info

Autore: Desk Pagina 123 di 188

Il desk de lavoce.info è composto da ragazzi e ragazze che si occupano della gestione operativa del sito internet e dei social network e delle attività redazionali e di assistenza alla ricerca. Inoltre, sono curati dal desk il podcast e le rubriche del fact checking, de "La parola ai grafici" e de "La parola ai numeri".

TESTIMONIANZA DI ANTONIO LA SPINA

Docente Università degli studi di Palermo

CHE FARE CONTRO LA MAFIA?

La criminalità di stampo mafioso non è presente soltanto nel Mezzogiorno, giacché come è noto si è da tempo espansa verso altre aree dell’Italia e dell’Europa. È tuttavia in alcune regioni del Mezzogiorno (che poi sono anche quelle che presentano le condizioni più gravi di arretratezza socioeconomica) che tali organizzazioni hanno il loro radicamento territoriale e hanno tradizionalmente svolto le loro attività avvalendosi sia di intrecci con parte delle istituzioni e del ceto politico, sia della collusione con taluni imprenditori, professionisti, “colletti bianchi”, o quanto meno dello loro acquiescenza.
Su questo fronte stiamo assistendo, come è noto, a novità radicali, che a loro volta sono favorite dai grandi successi conseguiti dall’azione di contrasto. La presenza delle varie mafie è tutt’ora pervasiva e pericolosissima, ma oggi si comincia ad immaginare come possibile un momento non lontano in cui queste saranno sconfitte. Il che deve indurci non già a rilassare l’impegno antimafia, adagiandoci sui risultati indiscutibilmente ottenuti (ma fino a poco tempo fa negati anche da una certa parte della mafiologia), bensì a mantenere l’abbrivio e a moltiplicare gli sforzi fino alla definitiva sconfitta di organizzazioni che sono certamente sotto stress (mi riferisco in particolare a Cosa nostra), ma hanno anche, ciascuna secondo le proprie peculiarità, una proteiforme capacità di adattarsi e riprendersi.
L’iniziativa della Voce.info è tempestiva e meritoria. Fin da subito ha consentito ai lettori di prendere buona nota di chi ha risposto e di chi ha taciuto, nonché dei contenuti delle posizioni espresse. Visti i limiti di spazio (ma in certa misura anche se tali limiti non vi fossero) ho ben poco da aggiungere alle indicazioni di policy formulate nel testo di Veltroni, che a loro volta rinviano al programma del Pd. Si tratta di una summa articolata e completa di linee di intervento avvalorate come efficaci e promettenti sulla base di un’esperienza – quella italiana – che è unica al mondo quanto a varietà e intensità delle forme di contrasto. Inoltre, il leader del Pd ha pubblicamente e recisamente rifiutato i voti riconducibili alle mafie, mentre almeno fino al momento in cui scrivo non si è sentita un’analoga presa di posizione da parte di altri soggetti politici.

Mi limito ad alcune sottolineature. La prima è che quelle che possiamo definire politiche dirette contro le organizzazioni mafiose (volte cioè ad aggredire direttamente gli affiliati, i loro beni, le loro reti di relazioni e così via) sono già molto incisive, ma possono essere ulteriormente irrobustite e affinate (come evidenziato nei testi appena richiamati) quanto a potenziamento dell’attività delle forze dell’ordine, intensificazione delle sanzioni, velocizzazione e snellimento delle procedure sia giudiziarie sia amministrative (pensiamo ai beni confiscati, e anche all’esigenza che essi vadano destinati a soggetti dotati di capacità imprenditoriali, così da reimmetterli nel processo produttivo e farne mezzi di produzione efficiente di ricchezza). La seconda è che vanno diventando sempre più importanti le politiche indirette, vale a dire quelle che invece modificano il contesto in cui hanno finora operato con grande efficacia le varie mafie, ad esempio diffondendo una cultura della resistenza al racket nelle giovani generazioni, ovvero favorendo e rendendo conveniente la ribellione da parte degli imprenditori, finora il più delle volte vittime passive dell’estorsione e in genere della distorsione della concorrenza. Una delle grandi novità del momento attuale è che vi è una spinta dal basso (anziché soltanto o prevalentemente da parte delle istituzioni pubbliche) a modificare il contesto in modo da ostacolare le mafie. Penso ovviamente a iniziative come quelle di Addiopizzo, di Confindustria, di singoli imprenditori e in genere operatori economici che vanno diventando sempre più numerosi. È molto importante valorizzare un’impostazione del genere. È altrettanto importante comprendere le difficoltà di chi fa impresa in territori in cui sono presenti le mafie, senza aggiungere difficoltà e oneri ulteriori (ad esempio, ipotizzando, come è stato erroneamente fatto in un recente passato, la possibilità che la mano pubblica si sostituisse alla libertà d’impresa nei casi di operatori economici “assoggettati” alla mafia).

UN MEZZOGIORNO DISPERATO

La mafia è uno dei problemi più gravi del Mezzogiorno. Non è l’unico. Ve ne sono altri, almeno altrettanto difficili da sradicare. D’altro canto, molti di tali problemi non vanno disgiunti dalla presenza delle organizzazioni criminali, perché in parte la favoriscono, e in parte ne sono aggravati.
In estrema sintesi, la gran parte dei mali deriva dall’onnipervasività della distribuzione delle risorse da parte del ceto politico, da un’economia e da una società civile che ne è dipendente, dalla tendenza a trasformare financo le emergenze (a cominciare dai terremoti per finire alla protezione civile e ai rifiuti) in occasioni per espandere il settore pubblico, moltiplicare gli scambi politici, fornire risposte particolaristiche e clientelari alla domanda di lavoro.
Ne segue che la povertà relativa al Sud non solo è molto superiore rispetto al Nord, ma negli ultimi anni è cresciuta. Le prestazioni effettive del sistema sanitario, dell’istruzione, dei servizi pubblici al Sud restano sensibilmente inferiori rispetto al Centro-Nord. Il rendimento delle pubbliche amministrazioni è in genere scadente, nonostante la massiccia immissione di personale senza concorso tratto dalle file di un certo precariato (anzi probabilmente anche a causa di ciò). Il livello di protezione di beni pubblici, come l’ambiente, il territorio, il paesaggio, la sicurezza, è basso in modo allarmante. Il senso civico appare debole. Se una delle raffigurazioni non ufficiali più efficaci del Mezzogiorno com’era fu il Cristo si è fermato a Eboli di Levi, quella del Mezzogiorno – o almeno di un certo Mezzogiorno (giacché è vero che ve ne sono diversi) – com’è oggi non è forse la Gomorra di Saviano?

Occorre quindi rendersi conto che la questione meridionale non è affatto superata, e riguarda non soltanto il Sud come tale, ma anche l’intero paese e l’Unione europea. D’altro canto, un certo meridionalismo (nelle sue varie riedizioni, che arrivano fino ai fallimenti della “nuova programmazione” dei fondi comunitari), finalizzato all’attrazione di flussi di denaro pubblico, ha in definitiva agito a favore della permanenza nel sottosviluppo economico e civile.
La risposta a tale situazione di degrado non può che essere l’isolamento di certi processi decisionali pubblici dalla pressione distributiva. Ciò sicuramente vale per le risorse destinate allo sviluppo (che invece vengono disperse in mille rivoli e avviate a utilizzi inutili o dannosi), che occorrerebbe sfruttare secondo priorità e con prestazioni decisionali che le amministrazioni locali, a partire dalle regioni, non sono di norma in grado di garantire. Ma vale anche per la fornitura di servizi ordinari (dalla gestione dei rifiuti all’acqua, in genere ai servizi pubblici locali). Mai più si dovranno nominare commissari i “governatori” o i sindaci, o comunque soggetti a essi strettamente legati. Gli interventi sostitutivi dovranno essere mirati, ma anche tanto frequenti quanto ciò viene richiesto dalla gravità delle varie situazioni, avere una durata congrua, essere accompagnati dai poteri necessari. È appena il caso di ricordare che, sia pure talvolta con le migliori intenzioni, l’impostazione complessiva dell’ultimo quindicennio delle politiche nostrane è andata in senso diametralmente opposto.

LA QUESTIONE SETTENTRIONALE

Un’ultima riflessione, sempre legata al momento elettorale. Come è noto, le difficoltà in cui versa l’economia delle aree più sviluppate del paese sono oggi, e giustamente, molto sentite. A prima vista, dedicare i propri sforzi alla soluzione della “questione settentrionale” ha un’alta utilità attesa. In primo luogo perché, visto il peso di tali forze produttive, sia pure in difficoltà, il rilancio dell’attività in tali aree produrrebbe un beneficio notevole in termini assoluti. In secondo luogo, sebbene certamente non sia facile prevenire ad una soluzione, che vi si riesca è assai più plausibile rispetto al Mezzogiorno, come ci insegna la sua storia antica e recente. Vi è dunque un beneficio elevato, che potrebbe per di più ottenersi con una probabilità anch’essa elevata. In terzo luogo, vi sono i ritorni politico-elettorali: per il Pdl, il settentrione è favorevole, sicché va coltivato; ma ciò vale a maggior ragione per il Pd, che ha quanto meno necessità di riacquistare consensi perduti. Infine, è opinione diffusa che al Sud prevalga il voto di scambio, il che potrebbe significare sia che politiche pubbliche corrette e incisive non saranno premiate da un voto d’opinione, sia anche che proprio perché corrette e incisive potrebbero far perdere i consensi clientelari, quanto meno nell’orizzonte di breve periodo (che poi è quello il più delle volte decisivo).
Tali considerazioni lascerebbero presagire, nei fatti, uno scarso interesse non tanto verso i voti dei meridionali (che invece e ovviamente risultano appetibili), quanto piuttosto verso un impegno per il superamento di quella che, per comodità, continuerei a chiamare questione meridionale. A tale “predizione” del modello dell’utilità attesa sembrano “disubbidire” i punti programmatici sulle politiche antimafia del Pd. È un segnale importantissimo, cui un Mezzogiorno al momento senza speranza dovrebbe sperare si accompagnino altri passi (relativi ai problemi di cui al paragrafo precedente), anch’essi necessari.

TESTIMONIANZA DI LILIANA FERRARO

Segretario generale della Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone”, Consigliere giuridico del Ministro dell’Interno.

I CANDIDATI PREMIER RISPONDONO: COSA FARO’ CONTRO LA MAFIA

Lavoce.info ha preso un’iniziativa perché la politica, senza distinzioni di schieramento, si assuma impegni chiari e trasparenti sulla lotta alla criminalità organizzata. Ai candidati premier abbiamo chiesto, con un appello ripreso dai maggiori quotidiani e da molte radio, di dichiarare in modo circostanziato quali provvedimenti adotteranno, se verranno eletti. Hanno risposto al nostro sito e in altre occasioni pubbliche Veltroni, Boselli e Bertinotti, mentre nel corso della trasmissione Radio anch’io Berlusconi ha risposto in proposito a una sollecitazione di Tito Boeri Nonostante le ripetute richieste, non hanno dato alcuna risposta Casini (UDC) e Santanchè (La Destra), i quali evidentemente non ritengono che la lotta alle mafie sia una priorità nell’agenda politica e non sentono il bisogno di affermare esplicitamente che non vogliono i voti di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Ne prendiamo atto.

LA RISPOSTA DI WALTER VELTRONI CANDIDATO DEL PARTITO DEMOCRATICO

La lotta ad ogni forma di criminalità organizzata e a tutte le mafie è parte del codice genetico del Partito democratico. Nasciamo anche per questo, per far sentire meno soli e non indifesi tutti coloro che alla “normalità” della mafia non si rassegnano e che con coraggio portano avanti quella resistenza civile che è la condizione indispensabile per vincere e debellare il cancro del fenomeno mafioso.
Reagire all’idea che la mafia debba continuare a tenere prigioniere intere aree del nostro Paese, contrastarla duramente con tutti i mezzi per colpirla nella sua organizzazione e nei suoi interessi, mettere nelle condizioni di operare nel modo più efficace chi la mafia la combatte ogni giorno, per affermare al suo posto il rispetto della legalità e la difesa delle regole, questo è lo spirito con il quale il Pd intende fronteggiare la questione.
Ho detto nelle piazze siciliane e calabresi una cosa chiara, e cioè la ‘ndrangheta, la mafia e la camorra decidano quello che vogliono, ma decidano solo una cosa: di non votare per il Partito democratico, perchè devono sapere che il Pd se governerà l’Italia cercherà di distruggere quei poteri che impediscono al sud di esprimere tutta la sua forza e la sua energia.
Il Pd mette in campo 10 punti per il contrasto alle mafie, che abbiamo accolto e fatto nostri nel programma di governo.
Primo, potenziare gli strumenti legislativi e di controllo per un effettivo attacco ai patrimoni criminali, attraverso l’approvazione del testo unico antimafia, l’istituzione dell’anagrafe dei conti e dei depositi bancari e dell’albo degli intermediari finanziari, l’attivazione della Legge Mancino e l’istituzione dell’Agenzia unica dei beni confiscati.
In secondo luogo, liberare l’economia del sud dalla morsa mafiosa attraverso il monitoraggio degli appalti e la riduzione delle stazioni appaltanti, il controllo della gestione del movimento terra ossia la verifica dell’utilizzo corretto delle risorse nazionali erogate per le infrastrutture, la promozione e il sostegno delle attività delle associazioni antiracket, la promozione di un tutor per le imprese e il rilancio del consumo critico.
Terzo punto, potenziamento del sistema di contrasto, con il rafforzamento dell’impegno per la cattura dei latitanti, l’integrazione delle polizie nazionali e delle polizie locali, la realizzazione di un sistema di sicurezza integrata con l’approvazione della proposta di Legge nazionale definita unitariamente nel 2003 da Anci Upi e Regioni e aggiornata in questi mesi, l’aumento delle dotazioni strumentali delle forze di polizia, l’integrazione operativa polizia e carabinieri e la riapertura dei concorsi pubblici per le forze armate.
Ancora, al quarto punto del programma del Pd proponiamo l’adeguamento normativo efficace e sostegno alle attività d’indagine da ottenersi mediante il potenziamento della dda, della dna e della dia, il mantenimento della piena efficienza del 41 bis, la certezza della pena attraverso una riduzione della possibilità per gli indagati per reati di mafia di ricorrere al patteggiamento allargato, evitando in tal modo che le maglie del sistema consentano a persone assicurate alla giustizia, grazie all’impegno delle forze dell’ordine, di tornare fuori, e infine l’aumento di organici di magistrati.
Al quinto punto del decalogo antimafia del Pd, l’impegno nel contrasto dei fenomeni mafiosi a livello europeo e internazionale con la costituzione di uno spazio giuridico antimafia europeo e globale, il contrasto alle nuove schiavitù e la promozione di una grande iniziativa europea sul contrasto ai fenomeni mafiosi.
Sesto, spezzare definitivamente il legame tra mafia e politica, la vera grande sfida che la classe dirigente del Paese deve fare propria senza esitazioni né zone d’ombra.
E dunque attuare un monitoraggio dei comuni già sciolti per mafia e di quelli che sono attualmente in fase di commissariamento affiancando a questo l’adeguamento della normativa in materia di scioglimenti di consigli comunali e l’allontanamento di tutti i rappresentanti pubblici con condanne per associazione a delinquere o favoreggiamento.
Poi, al settimo punto la lotta contro i clientelisimi, la promozione del merito nello studio e nell’accesso al mondo del lavoro da raggiungere con il ripristino della legalità dei concorsi, la valorizzazione dei talenti, il rilancio dell’offerta formativa locale, l’attivazione dei centri per l’impiego, una campagna di educazione alla legalità e alla lotta alle mafie, nella scuola e nelle istituzioni, l’istituzione di corsi universitari di storia della mafia e dell’antimafia e lo sviluppo di un piano globale di promozione della legalità e di sviluppo nel territorio.
Ancora, ottavo punto, il contrasto al lavoro nero, con premi alle imprese virtuose, un coordinamento stato regioni, la semplificazione delle procedure amministrative e la definizione di piani territoriali di emersione.
Al nono punto del nostro decalogo, la lotta all’abusivismo edilizio e alle ecomafie, da realizzarsi con una maggiore repressione dell’abusivismo edilizio nelle aree soggette a vincoli di tutela e un controllo efficace del sistema di gestione dei rifiuti.
Ultimo punto del decalogo del Pd, il mantenimento di un’attenzione continua sul fenomeno con la promozione di iniziative, inchieste e convegni nei territori a rischio, il sostegno alle vittime di mafia con la promozione della legge sulle vittime, che deve essere approvata prevedendo l’equiparazione dei fondi per le vittime della mafia a quelli per le vittime del terrorismo e la promozione della giornata nazionale della memoria per le vittime di mafia. Sarebbe significativo istituzionalizzare il 21 marzo che da più di dieci è la giornata che l’associazione Libera ha dedicato a questo scopo.

E’ un grande impegno, enorme, quello che ci viene richiesto. Non uso il termine “straordinario” perché in realtà io credo che si debba stare attenti a non far rientrare il problema della mafia, di tutte le mafie, nella dimensione dell’emergenza.
I riflettori non si devono accendere solo quando si raggiungono livelli estremi di criticità, quando accadono avvenimenti tragici come quello di questa estate a Duisburg. E nemmeno, per certi versi, quando si raggiungono risultati importanti come i recenti straordinari successi nella cattura di pericolosi latitanti come il boss Lo Piccolo.
Può sembrare un paradosso questo i recenti omicidi in Calabria e Campania, ma il fenomeno criminale non è più così forte come un tempo. Sono stati inferti molti colpi. Adesso dobbiamo dare il colpo più grande, dobbiamo distruggere mafia, camorra e ‘ndrangheta.
Un modo per tenere sempre, in ogni istante, altra l’attenzione nei confronti dei fenomeni di mafia sarebbe se la nostra frase rivolta alle cosche a non votare per noi fosse ripetuta da tutti i leader politici, come ho già più volte invitato a fare. Un appello, questo, che rinnovo anche in questa occasione, non per la convenienza di questa o quella parte politica ma per il bene del Paese.

Walter Veltroni

LA RISPOSTA DI ENRICO BOSELLI CANDIDATO DEL PARTITO SOCIALISTA

Il programma del socialismo europeo contro la criminalità è stato sintetizzato da Blair con lo slogan "duri contro il crimine, duri contro le cause del crimine", per riconoscere la dimensione sociale di questa piaga. Noi socialisti riteniamo che contro la criminalità organizzata occorra una strategia integrata, che faccia perno su una pluralità di strumenti senza ricercare un’unica ricetta salvifica.

Nel medio periodo, è fondamentale riconoscere che corruzione e criminalità hanno creato, in parti della nostra economia e della nostra società, una forte rete di scambi e relazioni, e a volte forniscono ai cittadini più servizi dello Stato.
È dunque fondamentale riconoscere il ruolo di prevenzione e contrasto che può avere lo sviluppo economico, di cui il senso civico e la diffusione di un’istruzione di qualità sono componenti fondanti. Nonostante la crescita della scolarità, proprio su questo sito pochi giorni fa si è mostrato che al Sud il livello di capitale umano -in termini di conoscenze e competenze- è ancora ben inferiore che al Nord.

Un nuovo modello di sviluppo, basato sulla democrazia e la partecipazione, l’innovazione tecnologica e la competitività, può essere una strada maestra per ridare fiducia ai cittadini. A sua volta, la fiducia riduce il numero di reati non denunciati, aumenta la collaborazione dei cittadini con le forze dell’ordine, riduce le zone di collusione o indiretto coinvolgimento.
Insomma, prevenire il crimine è importante quanto reprimere il crimine, e la prevenzione passa per la promozione della legalità e del senso civico, per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione più debole ed esposta al rischio di essere vittima o complice della criminalità.

Inoltre, stabilire una cultura della legalità richiede anche la lotta ai reati cosiddetti minori, che danneggiano di più i cittadini più deboli e meno abbienti. Come per la criminalità organizzata, la posizione del Partito Socialista è che né un maggior numero di forze dell’ordine né l’inasprimento delle pene costituiscono un’opposizione efficace o un deterrente al crimine. Solo un’alta probabilità di intervento tempestivo ed efficace delle forze dell’ordine, e il coinvolgimento in veri percorsi di recupero (il contrario delle attuali condizioni carcerarie) possono condurre ad una riduzione del numero di reati. Questi due elementi, a nostro parere, richiedono una profonda riforma della giustizia, del sistema penitenziario, e dell’organizzazione delle forze dell’ordine.
Per le forze dell’ordine, l’attuale modello, basato sul coordinamento, finisce spesso per generare sia duplicazioni che lacune. La nostra posizione è decisamente nella direzione della completa specializzazione dei diversi Corpi, del miglioramento della professionalità, anche grazie all’uso delle più moderne tecnologie, e della giusta incentivazione, mediante un sistema di retribuzioni fondato più sulla produttività e sul merito che non su gerarchia e anzianità.
Ad ogni modo, ciò che riteniamo più importante è riconoscere che oggi la mafia "non spara, o spara poco", nel senso che la criminalità organizzata si è evoluta in direzione di una minore conflittualità interna e verso lo Stato, e verso un ancor maggiore controllo del territorio e delle attività economiche illegali. Al di là di singoli casi ed immagini stereotipate, sempre più la criminalità organizzata è concentrata sull’accumulo di potere politico e economico: il gangster è ormai ampiamente sostituito dal consulente finanziario, nel suo ruolo di spina dorsale delle organizzazioni di tipo mafioso.
Dunque, lo strumento principale che come candidato premier mi propongo di sviluppare contro la criminalità organizzata è il controllo dei flussi finanziari. Con misure in parte analoghe a quelle necessarie alla lotta all’evasione fiscale, è necessario investigare e monitorare i movimenti di capitali finanziari e valutari.
Infatti, il controllo delle transazioni finanziarie, nazionali e internazionali, della criminalità organizzata serve un duplice scopo. Da un lato, impedisce il riciclaggio di fondi provenienti dalle attività illecite, in attività economiche apertamente visibili e legali per ogni altro aspetto. D’altro lato, il contrasto delle transazioni finanziarie costituisce una barriera al finanziamento delle stesse attività illecite, condotte ormai su una scala internazionale e con tipologie di attività da richiedere l’investimento di notevoli quantità di denaro.
Oltre allo sviluppo di specifiche tecnologie e competenze a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura, il controllo dei flussi finanziari passa anche per un maggiore coordinamento delle autorità nazionali, e per la rimozione delle aree di impunità dei soggetti complici di queste operazioni: non solo i singoli consulenti finanziari o i dipendenti delle società, ma le stesse istituzioni bancarie e finanziarie che si rendono responsabili aiutando i clienti in queste transazioni, garantendo efficienza, rapidità, anonimato.

Infine, occorre notare che parte del proprio sostentamento, e fonte di sviluppo per le organizzazioni criminali, è lo sfruttamento di attività illecite o illegali, che risultano di maggior danno sociale proprio in quanto dichiarate illegali dallo Stato. Tipici esempi sono il traffico delle droghe, anche leggere, o lo sfruttamento della prostituzione.
In quest’ultimo caso, la modalità con cui la prostituzione è di fatto condotta nel nostro Paese, ovvero in maniera ipocriticamente tollerata e malamente controllata, espone i soggetti coinvolti (spesso minorenni) a condizioni di vera schiavitù, è tra le principali cause della tratta di esseri umani, e conduce a notevoli rischi sanitari per l’intera popolazione. Talora, è nostra opinione, il danno sociale prodotto da alcune attività illecite può essere annullato o notevolmente ridotto proprio con una buona regolazione di queste attività, che ne permetta lo svolgimento a certe condizioni, sottraendo così importanti fonti di finanziamento della criminalità organizzata.

Enrico Boselli

AZIONI PER IL LUNGO PERIODO

Si discute molto in questo periodo della crisi che sta attraversando i mercati finanziari. Proponiamo un grafico che mostra il valore attuale di un dollaro investito nel 1800 in diversi strumenti finanziari e nell’indice dei prezzi al consumo (CPI). Come si può notare un dollaro investito nel 1800 in azioni (Stocks) varrebbe oggi ben 8 milioni di dollari, mentre un dollaro investito nell’indice dei prezzi al consumo dopo 200 anni varrebbe solo 15 dollari.

Fonte: Siegel: Stocks for the Long Run, 3rd edition (New York: McGrew Hill, 2002)

LA RIBELLIONE

Cosa sta accadendo? Due giorni fa vi è stata a Bari una grande manifestazione con oltre centomila persone che, ricordando le centinaia di vittime della criminalità organizzata, hano elevato il loro grido perché la società coralmente si ribelli alla schiavitù delle mafie. Oggi si apprende che i commercianti di Palermo, stanchi dei ricatti dei mafiosi, hanno collaborato con le forze di polizia e consentito l’arresto di 21 persone che imponevano loro il pagamento del pizzo. Sembra che si stia sgretolando il muro dell’omertà e che, grazie ai moti della società civile, il mangime di cui la mafia si nutre – paura e soggezione – stia venendo a mancare. Tutto questo avviene, come notava ieri Michele Serra in un trafiletto su Repubblica, sotto la sostanziale disattenzione dei mezzi di comunicazione. Eppure sono eventi cruciali per il nostro paese, molto più importanti di quelli che riempono le prime pagine dei giornali in questi giorni. Questo risveglio delle coscienze va promosso e supportato, in modo che si traduca in cultura stabile, solidificandosi in norma sociale.Una modesta inziativa che il governo potrebbe prendere: una campagna televisiva che incoraggi alla ribellione alla mafia. Un impegno di peso: niente ponte sullo Stretto di Messina, che sarebbe il più grosso regalo a mafia e ‘ndrangheta del dopoguerra. E realizzare meccanismi per schermare dalle organizzazioni criminali l’enorme fiume di finanziamenti che riguarda molte opere pubbliche in corso e il potenziamento della Salerno-Reggio Calabria.

ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Immaginate un capo d’azienda che in passato ha riscosso vari ed importanti successi internazionali, grazie ad un gruppo eccezionale di dirigenti, giunti peraltro alle soglie della pensione, senza che ne sia assicurato un adeguato ricambio. Immaginate che, per beghe familiari egli non voglia mettere ulteriori risorse nell’azienda e che quindi proponga per il futuro di affidarsi a vari dirigenti, quali in un ospizio per convalescenti, quali passati per varie e poco esaltanti esperienze in piccole imprese di provincia. Immaginate ancora che queste scelte miopi e sparagnine siano presentate come la chiave per una lunga, ulteriore stagione di successi futuri.
Affidereste ad una persona siffatta un qualsiasi incarico di responsabilità? Ovviamente no: i successi del passato non compensano né gli errori nella gestione delle risorse umane, né il rifiuto di aprire i cordoni della borsa né, soprattutto, la palese contraddizione fra mezzi e obiettivi.
Il tragico è che quell’uomo esiste e si chiama Silvio Berlusconi. Le sciagurate imprese che abbiamo descritto sono quelle che caratterizzano l’ultimo anno della gestione del Milan.

Come ben sa il popolo milanista, la stagione 2007-08 è stata affrontata con un manipolo di atleti, onusti di gloria, ma anche tanto logori da risultare spesso più fragili di un cristallo di Swarowski. Eppure, dopo tante poco esaltanti partite di campionato e dopo l’eliminazione crudele e meritata da parte del giovane Arsenal, Berlusconi ha proclamato davanti alle truppe demoralizzate che la riscossa futura si baserà sul ritorno di Shevchenko, il recupero di Ronaldo e l’innesto di Borriello.
Milanisti, fratelli, popol mio, come avrebbe detto il grande Gianni Brera, se dovete prepararvi ad altri anni amari, almeno aprite gli occhi come elettori. Il Nostro è completamente fuori di testa e non è più in grado di dirigere alcunché, meno che mai di assumere la guida del Governo.
Che credibilità, anche internazionale, ha un Berlusconi che dà retta ad una figlia che invoca il principio del sano bilancio? Non si era mai visto un politico rinnegare così spudoratamente le sue tradizioni e i suoi principi. Come se Eltsin avesse partecipato in campagna elettorale ad una riunione di alcolisti anonimi o se Bush (uno a scelta) si fosse iscritto ad un corso di filosofia teoretica.

Oppure il male è ancora più sottile. Forse le solerti cure del chirurgo plastico cui Berlusconi si è rivolto più volte nel passato hanno determinato gravi ed irreversibili effetti collaterali. L’abilità del chirurgo, unita agli effetti di plurime anestesie, fanno sì  che il Cavaliere, ogni mattina davanti allo specchio creda di vedere un uomo con meno rughe, meno zampe di gallina, più capelli. Un uomo che si vede ringiovanire giorno dopo giorno, che vede il tempo scorrere all’indietro, non può che avere una visione distorta della realtà. Sa benissimo che un Ronaldo di 31 anni, con davanti un lungo anno di convalescenza non può certo tornare ai suoi livelli. Ma basterà aspettare tre anni, quando Ronaldo avrà soli 28 anni, e tutto sarà di nuovo possibile. E quando sarà al governo,  le cose si aggiusteranno da sole, tornerà tutto come ai bei vecchi tempi: già egli pregusta il prossimo G8, in cui – seduto tra Reagan e Andropov – farà battute da caserma sulla Thatcher. L’uomo non è afflitto da delirio di onnipotenza, come qualche anima semplice ritiene. E’ vittima dell’accanimento terapeutico del passato. Assicurategli una serena pensione in cui possa sognare un Milan vittorioso grazie a Ronaldo e (perché no?) Rivera e Nordahl.
Nel 2003 l’Economist dedicò la copertina a Silvio Berlusconi e un lungo editoriale per sostenere come e qualmente egli fosse “unfit to lead Europe”.  Questa volta non è necessario che si scomodi l’autorevole settimanale. Basta il popolo di San Siro.

I MacOnads

NIENTE CONDONI, GRAZIE

L’impegno che la Redazione de lavoce.info chiede al futuro Ministro dell’Economia.

PREMIO COLLEGIO CARLO ALBERTO

"Un’idea per l’Economia"

Il Collegio Carlo Alberto ha istituito il premio "Un’idea per l’Economia" per proposte di policy (riferite all’economia italiana o internazionale) presentate da cittadini europei al di sotto dei 40 anni di età. La miglior proposta riceverà un premio di 5,000 Euro. Il premio ha cadenza semestrale. Le proposte devono essere inviate via email a policy@carloalberto.org entro il 30 maggio 2008 per il premio relativo al primo semestre ed entro il 30 novembre 2008 per il premio relativo al secondo semestre.

Lavoce.info sostiene l’iniziativa del Collegio Carlo Alberto che coincide con lo spirito che anima questo sito: confronto di idee, approfondimento dei problemi, innovazione, spazio ai più giovani.

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