Tentando un bilancio dell’esperienza del Patto, si può dire che la riorganizzazione del sistema industriale ha avuto successo. Ora però si deve riformare il sistema di contrattazione a due livelli, nazionale e locale, rivedendone gli equilibri e sfruttandone meglio le potenzialità positive
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Cè molta disinformazione riguardo al decentramento della contrattazione in Italia. Tre le domande più frequenti, cui cerchiamo di dare risposta: 1. Decentrare la contrattazione significa ripristinare le cosiddette gabbie salariali? 2. Quanto rilevanti sono i divari di produttività fra Nord e Sud nel nostro paese? 3. Posto che sia desiderabile, può il Governo fare qualcosa per incoraggiare il decentramento della contrattazione?
Lintroduzione dei limiti anagrafici al pensionamento ha riportato verso lalto i tassi di occupazione maschili nella fascia di età 50-60 anni. Incentivi e disincentivi economici apprezzabili possono perciò rivelarsi efficaci per ritardare le uscite dal mondo del lavoro. Con una nuova domanda sullo sfondo: ha ancora un senso mantenere listituto della pensione di anzianità in assenza di penalizzazioni?
La globalizzazione aumenta l’insicurezza del posto di lavoro e del salario, ma offre anche più incentivi e opportunità. Lo dimostra uno studio sulle industrie manifatturiere nell’India degli anni della liberalizzazione commerciale. Per proteggere i lavoratori dall’incertezza globale, lo Stato dovrebbe perciò pensare a schemi di sostegno al reddito legati a programmi di riqualificazione.
Dopo i recenti sbarchi, e naufragi, sulle coste siciliane, si è molto discusso delle soluzioni ipotizzabili per contrastare limmigrazione extracomunitaria. Ma è poi vero che gli immigrati sono sempre e solo un costo per leconomia e la società che li ospita? Levidenza delle aree con piena occupazione, come quella della provincia di Brescia, sembra smentire questo luogo comune, confermando invece lapporto vitale dellimmigrazione per gli equilibri del mercato del lavoro.
Il Documento di programmazione economica e finanziaria 2004-2007 dovrà tracciare il programma da qui alla fine della legislatura. Al Governo Berlusconi rimane poco tempo e moltissimo da fare per onorare i cinque punti del contratto con gli italiani. E nel frattempo si sono aggiunte nuove costose promesse. Per avvicinarsi ai traguardi indicati servono risorse e quindi tagli in delicati capitoli di spesa. Altrimenti bisognerà rinunciare a parti del programma. Meglio che il Dpef chiarisca tutto questo. Sarebbe anche un modo per vincolare lintera coalizione di governo ai piani di fine legislatura.
Appare nel bilancio consolidato 2002 di General Motors e rivela un deficit patrimoniale dei fondi pensione intorno agli 80 miliardi di dollari, quattro volte la capitalizzazione di Borsa della società. Per coprirlo la casa automobilistica ha emesso obbligazioni, molto ben accolte dal mercato. Ma il caso Gm non è isolato: anche per i fondi previdenziali americani si affaccia un problema di insostenibilità?
La spesa del settore pubblico per R&S è sullo stesso livello degli altri Paesi. Mancano invece gli investimenti privati e in particolare quelli dellindustria manifatturiera. I motivi? Imprese troppo piccole, che operano in settori a scarso contenuto tecnologico, oltre al basso livello di istruzione della forza lavoro. La soluzione non è allora nei generosi incentivi ai privati, ma in una politica di valorizzazione del capitale umano. E rinunciando a proteggere le produzioni industriali più tradizionali.
Importante il ruolo degli strumenti di finanziamento pubblico nelle politiche di formazione, ma le imprese giudicano ancora troppo elevati gli oneri burocratici e scarsa l’informazione sulle opportunità offerte. E alla deducibilità fiscale delle spese, dovrebbero essere affiancati incentivi per particolari tipologie di interventi formativi.
Il processo di espansione del mercato del lavoro iniziato a metà degli anni Novanta non si è interrotto. Aumenta, però, il divario tra Nord e Sud, mentre dietro gli aumenti di occupati nelle costruzioni potrebbe esserci lemersione di lavoro irregolare. Le limitazioni ai co.co.co previste dalla Legge 30 sono comunque un segno di coraggio, giustamente dimostrato in un momento di crescita occupazionale.