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SORPRESA: L’INDULTO HA UN EFFETTO POSITIVO

Studiato per ridurre almeno temporaneamente il sovraffollamento delle carceri italiane, l’indulto del 2006 è stato tra i provvedimenti più criticati della scorsa legislatura. Perché favoriva i criminali e diminuiva il valore deterrente e la credibilità del sistema penale, sostenevano i contrari. Ma il provvedimento stabiliva che se fossero tornati in carcere per un nuovo reato, i beneficiari avrebbero dovuto scontare anche la pena residua in aggiunta alla nuova. Insomma, ha dato certezza alla pena. E questo ha determinato un calo delle recidive.

È L’IMMIGRAZIONE, BELLEZZA

Perché i partiti socialdemocratici crollano in tutta Europa proprio in un periodo di recessione? La risposta è nei 26 milioni di immigrati nell’Unione Europea negli ultimi anni. I cittadini sono preoccupati per la sostenibilità del welfare state europeo. E se la soluzione sembra essere in più rigide politiche sull’immigrazione e nelle limitazioni all’accesso allo stato sociale, le coalizioni di destra sono decisamente più credibili. Ma sono politiche inattuabili nel lungo periodo. Esistono alternative ben più efficaci. Senza rinunciare alla redistribuzione.

ITALIA A TUTTO GAS

Il gas naturale è diventato in questi anni la fonte di energia di riferimento in Italia. Il balzo dei consumi è stato molto elevato, con un tasso medio di crescita di oltre il 4 per cento. Ancora oggi, nonostante la crisi e la sbandierata volontà di virare sul nucleare, esistono diversi progetti d’investimento che riguardano il metano. E’ dunque arrivato il momento di ragionare sul futuro dell’approvvigionamento di energia nel nostro paese, per impostare una politica energetica e industriale che decida davvero quali fonti sono prioritarie.

LA PRECARIA INDAGINE SUI PRECARI

L’Italia è uno dei pochissimi paesi europei in cui non sono ancora disponibili dati sull’occupazione e la disoccupazione nel 2009. Questi dati vengono raccolti sulla base di rilevazioni continue, il che significa che, ad esempio, anche oggi sono in corso rilevazioni. Poi i dati vengono centralizzati, si svolgono una serie di controlli di coerenza e poi vengono elaborati. Tutto questo richiede circa tre mesi. Ciò non impedisce dunque a un istituto di statistica di pubblicare ad aprile i dati di gennaio, a maggio quelli di febbraio e così via. Da noi, invece, si aspetta la fine di ogni trimestre per rendere pubblici i dati, il che significa che solo a fine giugno sapremo cosa è accaduto nei primi mesi del 2009. Questo è un fatto molto grave perché impone alla politica economica (e al dibattito pubblico) di operare al buio. Soprattutto in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo, questo ritardo è molto costoso. Impedisce, ad esempio, di capire cosa sta succedendo ai lavoratori precari. Quanti di loro hanno già perso il posto di lavoro nella recessione.
Perché in Italia non si pubblicano dati mensili su occupazione e disoccupazione basati sullÂ’indagine sulle forze lavoro? Il problema è che per svolgere unÂ’indagine che interessa i lavoratori precari lÂ’Istat si è dotato di una rete di Â… precari. Si tratta infatti di circa 320 rilevatori che operano sul territorio con tecniche CAPI (computer assisted personal interviews). Questi rilevatori hanno una tipologia contrattuale – co.co.co. – che la Funzione Pubblica già nel 2005 dichiarò illegittima, intimando all’Istat di cambiarla. Da allora, di anno in anno e di emendamento in emendamento, la rete sopravvive in regime di deroga e in attesa di una "soluzione definitiva". L’ultimo decreto milleproroghe ha concesso l’ennesima proroga ma solo fino al 30 giugno di quest’anno. NellÂ’attesa di vedere cosa succederà ai rilevatori, lÂ’Istat ha così deciso di rimandare i piani di pubblicazione di dati mensili sulle forze lavoro, lasciando tutto in sospeso.
Ma c’è un rischio ancora peggiore. Nel caso in cui la Funzione Pubblica decidesse di non concedere più la solita proroga, lÂ’Istat potrebbe condurre tutte le interviste senza rilevatori sparsi sul territorio. In altre parole, lÂ’indagine verrà svolta solo per via telefonica. Questo significa ottenere stime distorte e incoerenti con quelle degli anni precedenti, con ripercussioni anche sulla stima del PIL, per la quale l’occupazione stimata a partire dallÂ’indagine forze lavoro rappresenta un asse portante.
Per capire gli effetti di questa scelta, basta ricordare come si svolge oggi lÂ’indagine. Questa prevede quattro interviste per ogni famiglia a cadenze prestabilite. La prima intervista viene effettuata da un rilevatore professionista presso l’abitazione della famiglia con tecnica face to face (CAPI). Quelle successive sono svolte telefonicamente da una società specializzata, tranne che nel caso di famiglie senza telefono o con intestatario straniero. In questi casi, sono gli stessi rilevatori della prima intervista a visitare nuovamente la famiglia. Se tutto dovesse svolgersi con il metodo CATI si rischia di avere una bassa qualità della prima intervista e di non raggiungere le famiglie senza numero di telefono. Inoltre, il metodo CAPI è fondamentale quando si ha a che vedere con famiglie di immigrati, che non parlano bene la nostra lingua.

CLIVE GRANGER, LA SEMPLICITÀ E LE COSE COMPLESSE

La morte del premio Nobel per l’economia 2003 Clive Granger riempie di tristezza chi ha studiato i suoi contributi all’econometria e chi ha conosciuto la sua dedizione alla circolazione delle idee e la generosità nell’incoraggiare studenti e colleghi più giovani. Ma offre anche un’occasione di riflessione su come attraverso la credibilità e la coerenza si possa costruire un dipartimento accademico di reputazione mondiale.

UN AZZARDO MORALE NELLA LOTTA ALLA DROGA

Alla lotta al commercio di droga si dedicano molte risorse. Senza grandi risultati. Forse perché si parte da una concezione errata di quel mercato. La teoria economica suggerisce di far leva proprio sull’azzardo morale che lo mette a repentaglio, inducendo i venditori a diluire le sostanze. Lo si può fare attraverso una politica di riduzione di pena per chi vende dosi molto diluite. Si avrebbero effetti paragonabili a un aumento del prezzo della droga all’ingrosso. E diminuirebbe anche la popolazione carceraria. A costi quasi zero.

UN ANNO DI GOVERNO: AIUTI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

I PROVVEDIMENTI

Nell’area della cooperazione internazionale e degli aiuti allo sviluppo, il primo anno del Governo Berlusconi è stato all’insegna della discontinuità con il precedente governo, soprattutto per quel che riguarda la priorità data alla cooperazione nelle politiche governative. Mentre il Governo Prodi era riuscito ad aumentare le risorse disponibili per gli aiuti allo sviluppo gestite dal Ministero degli Affari Esteri del 86%, ed a stanziare un miliardo di Euro del "tesoretto" di 13 miliardi per saldare debiti pregressi ad organizzazioni internazionali, il Governo Berlusconi ha ridotto significativamente gli stanziamenti. Un primo taglio sostanziale è arrivato prima dell’estate 2008, e quindi prima dello scoppio della crisi finanziaria globale. La Finanziaria 2009 ha poi confermato la riduzione della voce di bilancio relativa agli aiuti (-56% per quelli gestiti dal Ministero degli Affari Esteri, nessuna disponibilità finanziaria per il pagamento delle rate verso le banche multilaterali di sviluppo). Inoltre, le riforme istituzionali all’organizzazione e finanziamento delle attività di cooperazione allo sviluppo proposte dal governo precendente, sulle quali la scorsa legislatura stava discutendo un testo, sono state archiviate senza nuove iniziative governative. Infine, la nomina di un Vice-Ministro con delega alla cooperazione allo sviluppo nel governo precedente, segnale di priorità politica, non è stata mantenuta.
Vi sono comunque da notare alcune iniziative interessanti e sicuramente necessarie, stimolate però più dall’attivismo dell’amministrazione che non quello della politica. Per cominciare, il Ministero sta formulando la bozza di un piano d’azione sull’efficacia degli aiuti, che sta coinvolgendo diversi attori e che ha lo scopo di rispondere all’agenda internazionale sull’efficacia degli aiuti contenuta nella Dichiarazione di Parigi. Sulla stessa linea, il Governo ha chiesto una delega parlamentare per semplificare le procedure per gli interventi di cooperazione d’emergenza e consentire la gestione dei fondi italiani da parte di altri donatori. Sfortunatamente, il provvedimento mira a favorire l’avvio e la gestione di iniziative di cooperazione anche nei paesi dove l’Italia abbia stipulato accordi di rimpatrio detentivo o controllo degli immigrati, trasformando la politica di cooperazione allo sviluppo in semplice strumento di politica interna e di sicurezza, in netta opposizione alle finalità della legislazione vigente.

GLI EFFETTI

L’effetto immediato della riduzione dei fondi disponibili per la cooperazione allo sviluppo non è soltanto quello di ridimensionare la capacità del governo italiano di rispondere alle necessità impellenti di lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo, ma anche quello di sottolineare il mancato raggiungimento degli impegni presi a livello internazionale in un momento in cui l’aiuto viene considerato come strumento di politica economica internazionale per la ripresa globale. Malgrado la promessa più volte ripetuta di portare allo 0,51% il rapporto tra aiuti e PIL entro il 2010, per il 2009 i dati del Ministero degli Affari Esteri e le stime della Commissione Europea indicano che l’aiuto italiano si fermerà tra lo 0,13 e lo 0,16% del PIL, una flessione del 27%-40% rispetto al 2008. Sulla semplificazione delle procedure e sul piano d’azione sull’efficacia, gli effetti si potranno vedere soltanto dopo che i provvedimenti saranno di fatto finalizzati e varati, e dipenderanno dalla volontà politica di metterli in pratica ed di non renderli meri esercizi di facciata (nel 2009, la cooperazione italiana sarà nuovamente oggetto di una peer review dell’OCSE).

LE OCCASIONI MANCATE

Le riforme istituzionali per modernizzare l’apparato organizzativo della cooperazione allo sviluppo italiana sono sicuramente una delle aree prioritarie di intervento che il Governo Berlusconi ha deciso di ignorare durante il suo primo anno di vita. Più grave è che il 2009, anno della presidenza italiana del G8, rischi di essere sprecato. Una preparazione più attempata e profonda sui temi legati allo sviluppo per il G8 avrebbe potuto fornire lo spunto per iniziative diverse legate sia alla quantità che alla qualità degli aiuti italiani. La mancata nomina di un Vice-Ministro con delega alla cooperazione allo sviluppo da parte del Ministro Frattini era stata presentata come un modo di dare alla cooperazione massima centralità negli indirizzi del suo dicastero, ma nei fatti il risultato è stato una sua marginalizzazione generalizzata.

LA CRISI NEL VOTO DEGLI ITALIANI

Al contrario di quanto accade in altri paesi, in Italia la crisi economica rafforza il governo, almeno per il momento. Le intenzioni di voto indicano che sono proprio le categorie più colpite, e soprattutto i giovani, ad affidarsi a Silvio Berlusconi. Dopo le elezioni, il governo non potrà dunque ignorare il segnale mandato dal settore più sofferente, ma anche più dinamico, della società. Non è il momento delle strategie dei due tempi: bisogna fare subito le riforme, per migliorare le condizioni delle giovani generazioni.

MA IL PROBLEMA NON SONO SOLO I FANNULLONI

Trasparenza e valutazione sono i due principi guida della riforma Brunetta. Il limite è l’idea che la produttività dipenda innanzitutto dagli sforzi degli individui e dalle norme di legge, ma non dai modelli organizzativi, dagli obiettivi e dalla distribuzione delle risorse sul territorio. E’ vero il contrario. Occorre dotarsi di sistemi di contabilità industriale che misurino la produttività anche nella Pa, con modelli specifici per ciascuna amministrazione. E in questi casi il principale incentivo per gli individui non è la gratifica annuale, ma il percorso di carriera.

QUELLA PROBABILITÀ UTILE IN CASO DI TERREMOTO

Dopo il terremoto in Abruzzo si è molto discusso della sua prevedibilità. Ma la certezza del verificarsi di un evento è l’unica forma di conoscenza perseguibile? Fra la decisione di sgomberare un’intera regione e quella, opposta, di tacere dell’eventualità del terremoto vi è una necessaria via di mezzo: comunicare alla popolazione la probabilità dell’evento sismico e metterla in grado di prendere decisioni. Questo comporta riformulare gli obiettivi della ricerca, educare la popolazione al concetto di probabilità e adottare efficaci strategie di comunicazione.

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