La Banca d’Italia ha di recente imposto politiche di accantonamento più severe. Ciò deprimerà ulteriormente la già asfittica redditività bancaria. Ma renderà anche più solide le banche italiane, facilitandone l’accesso ai mercati finanziari. Dopo la crisi, cresce infatti l’avversione al rischio.
POLITICHE DI ACCANTONAMENTO ADEGUATE?
Il peggioramento della qualità del credito erogato dalla banche, evidenziato in un mio recente articolo, trae principalmente origine dal pessimo quadro economico-finanziario italiano. A fronte di questo shock fortemente negativo, e per certi versi inatteso per la sua protratta gravità, la reazione degli istituti di credito, nel periodo più recente, è stata incompleta. Gli accantonamenti, necessari per costituire fondi che possano coprire le potenziali perdite su crediti, sono troppo contenuti, così come recentemente evidenziato dal Fondo monetario internazionale (comunicato stampa del 26 marzo 2013) e autorevolmente riconosciuto dalla stessa Banca d’Italia. Quest’ultima, a seguito delle ispezioni di vigilanza che hanno coinvolto le prime venti banche operanti in Italia, ha imposto di attuare scelte prudenziali ben più rigide di quelle finora adottate.

Grafico 1. Tasso di copertura dei crediti deteriorati*
(dati relativi a gruppi e banche individuali domestiche in %)


*Fondi svalutazione crediti in percentuale del totale dei crediti deteriorati.
Fonte: Bce.
Per valutare la situazione delle banche italiane in tema di gestione del rischio di credito è utile fare riferimento al tasso di copertura dei crediti deteriorati. La misura esprime il rapporto tra i fondi complessivamente accumulati per fare fronte alle perdite su crediti e il totale dei crediti che hanno evidenziato qualche stato di patologia (cosiddetti crediti deteriorati), data la difficoltà del prenditore nel restituire puntualmente i debiti contratti. Dal confronto internazionale, il livello del tasso di copertura italiano risulta essere in linea con quello tedesco e olandese, ma inferiore al dato della Spagna, Grecia, Portogallo e Francia (grafico 1). Pur se influenzato da possibili differenze nelle modalità di definizione degli aggregati relativi ai crediti deteriorati, il tasso di copertura italiano potrebbe rivelarsi inadeguato qualora si tenesse conto dell’evoluzione dei crediti patologici. Ovvero la politica di accantonamento potrebbe risultare insufficiente: secondo i dati più recenti, infatti, il tasso di copertura dei crediti deteriorati è collocato su un livello inferiore a quello osservabile prima dello scoppio della crisi economico-finanziaria. Nello specifico, nel 2007 per ogni euro di finanziamenti deteriorati, le banche italiane avevano accumulato fondi per la copertura di perdite su crediti di 50 centesimi. Nel 2011 il rapporto è sceso al 40 per cento e le indicazioni più recenti, relative al terzo trimestre 2012, ottenute sulla base dei dati dell’Osservatorio Avantage Reply, segnalano un’ulteriore leggera flessione.
GARANZIE INVARIATE PER LE IMPRESE
Un elemento in grado di giustificare il più basso livello del tasso di copertura potrebbe essere costituito dalla maggiore incidenza delle garanzie presenti sui crediti deteriorati. Disporre di una garanzia permette, infatti, di recuperare con maggiore certezza una parte del finanziamento erogato, per cui risulterebbe meno pressante l’esigenza di accantonare risorse per far fronte alle perdite future. I dati della Banca d’Italia sulla quota di sofferenze (cioè i crediti di peggiore qualità) su cui è presente una garanzia reale o privilegio, mostrano come vi sia un incremento, negli ultimi tre anni, della parte garantita per il comparto delle famiglie consumatrici. Sul fronte delle imprese, il comparto più in difficoltà nel far fronte ai debiti contratti, la copertura tramite garanzie è rimasta sostanzialmente invariata. Considerando il totale delle sofferenze verso imprese e famiglie, la percentuale coperta da garanzie è aumentata complessivamente di soli 2 punti percentuali, passando dal 32 per cento di inizio 2009 al 34 per cento di metà 2012. Il tasso di copertura sulle sole sofferenze, calcolato sulla base dei dati dell’Osservatorio Avantage Reply, è invece diminuito nello stesso periodo dal 65 per cento circa al 55 per cento.

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Grafico 2. Price-to-book ratio e tassi di copertura

Note: 1° e 99° percentile della distribuzione delle due variabili considerate sono stati eliminati. I gruppi maggiori (Irb) includono Unicredit, Intesa e Mps. I gruppi grandi (non Irb) includono Bnl, Banco Popolare, Bper, Bpm, Bpvi, Carige, Cariparma e Ubi.
***,* Relazione statisticamente significativa all’1 e al 10 per cento, rispettivamente

Fonte: elaborazioni Cer su dati Osservatorio Avantage Reply.
Queste evidenze spiegano le motivazioni e l’urgenza dell’intervento della Banca d’Italia, che sperabilmente dovrebbe riuscire a invertire le tendenze in atto oramai da troppi anni. Se politiche di accantonamento più severe avranno necessariamente l’effetto di deprimere ulteriormente la già asfittica redditività bancaria, renderanno comunque le banche italiane più solide, facilitandone l’accesso ai mercati finanziari. Come evidenziato in un’analisi condotta nell’ultimo Rapporto Banche del Cer, si riscontra l’esistenza di una relazione positiva, e statisticamente significativa, tra il tasso di copertura sui crediti deteriorati e il price-to-book ratio (pari al rapporto tra prezzi azionari e valore di bilancio di una singola banca – grafico 2). In altri termini, le banche che hanno attuato politiche di accantonamento più prudenziali sono risultate più appetibili agli occhi degli investitori. Dopo la crisi finanziaria internazionale, quest’ultimi sono divenuti più avversi al rischio, e quindi sono disposti a rinunciare anche a una buona parte della redditività pur di salvaguardare in misura maggiore il capitale.
 

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