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La risposta al viceministro

Ringrazio il viceministro Guerra per l’attenzione con cui ha letto le mie osservazioni (il titolo non è mio) e la sua risposta, che fornisce, come auspicavo, importanti informazioni e chiarimenti. So bene che la vicenda della carta acquisti è complicata non solo per la frammentarietà dei finanziamenti (e la loro obbligata diversità nella distribuzione territoriale), che costringe a costruire dei puzzle, ma anche per il debole appoggio che una misura universalistica contro la povertà trova in parlamento e nello stesso governo. Occorre riconoscere che è merito del Ministro Giovannini e della viceministra Guerra se abbiamo, appunto, almeno un puzzle, con un disegno unitario, e non un insieme di frammenti eterogenei, pur all’interno di un quadro che rimane categoriale. La sperimentazione continua, infatti, a riguardare solo le famiglie con figli minori: una categoria certo meritevole, ed in cui vi è una forte concentrazione di povertà, ma che esclude altri soggetti.

Prendo atto che la sperimentazione verrà ora allargata a tutto il territorio nazionale, coinvolgendo tutti gli ambiti territoriali e con un’estensione dei potenziali beneficiari tramite un alleggerimento di alcune delle condizioni categoriali. Quindi, se non riguarderà tutte le condizioni di povertà, coinvolgerà tutti i tipi di contesti socio-economici e amministrativi, non solo per quanto riguarda il trasferimento economico, ma le misure di accompagnamento e integrazione sociale. E’ sicuramente un aspetto importante e da non sottovalutare, stante che molti comuni ed ambiti territoriali non hanno alcuna esperienza nella realizzazione di una misura così complessa. Per attuare un’effettiva sperimentazione, tuttavia, sarebbe opportuno non selezionare i beneficiari esclusivamente sulla base di una graduatoria del bisogno, come sta avvenendo attualmente, ma in modo da avere una varietà di situazioni, pur all’interno della categoria ristretta di potenziali beneficiari indicata. Temo, tuttavia, che sia improbabile che ciò avvenga, perché di difficile sostenibilità politica, tanto più in quei, numerosi, contesti locali ove non esistono altre misure di sostegno per i poveri. Non va, infine, sottovalutata la possibilità che una sperimentazione così estesa e lunga, se monitorata seriamente contribuisca a legittimare nell’opinione pubblica e nelle amministrazioni locali l’esistenza di una misura di contrasto alla povertà di questo tipo, favorendone così il percorso politico-istituzionale di introduzione nel nostro sistema di protezione sociale, come livello essenziale di prestazione (Lep) per tutti coloro che si trovano in povertà.
Rimango, tuttavia, convinta che una sperimentazione così lunga sia problematica e rischiosa, per diversi motivi. In primo luogo, sembra che in Italia si ricominci sempre da capo, come se non ci fossero state già altre sperimentazioni su cui basare il disegno di una misura a regime. In secondo luogo, solo una parte dei potenziali beneficiari entro ciascun ambito territoriale in queste regioni riceverà un sostegno per un tempo lungo (fino a tre anni, se mantengono le condizioni di accesso), mentre gli altri non riceveranno nulla. In terzo luogo, temo che una lunga sperimentazione di una misura categoriale favorisca di fatto la legittimazione di questa categorialità anche a regime. Infine, un orizzonte temporale così lungo prima della auspicabile messa a regime è in contrasto con l’incertezza circa la durata di questo governo e le tensioni interne alla maggioranza che lo sostiene. Non è colpa del Ministro e vice-ministra, ovviamente. Ma il rischio è che, come è successo già con il Reddito minimo di inserimento, sperimentato su scala molto più piccola nella seconda metà degli anni Novanta, la sperimentazione finisca nel nulla, o addirittura venga interrotta, da un cambio di governo. Occorrerà quindi costruire alleanze politiche che offrano una qualche ragionevole garanzia che questa sperimentazione raggiunga il suo scopo, ovvero la messa a punto di uno strumento efficace di sostegno ai poveri. Sappiamo che Forza Italia e Nuovo Centro-destra sono contrari. [tweetability]Sarebbe interessante sapere se il PD di Renzi consideri la SIA per tutti i poveri tra le sue priorità[/tweetability]. E se M5S e SEL pensano che possa costituire il terreno di una proposta comune.

 

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Il “Sia” non è vecchia politica*

  1. AM

    Quando si parla di poveri, in senso relativo, si dovrebbero distinguere i cittadini italiani dai residenti stranieri e ancor più dagli immigrati irregolari. Conosciamo ovviamente la situazione patrimoniale degli italiani poveri, ma non quella degli stranieri residenti, i quali spesso possiedono proprietà immobiliari o quote di proprietà immobiliari nonché investimenti finanziari e depositi nei paesi d’origine. E’ ben vero che in base alla normativa fiscale vigente in Italia questi stranieri dovrebbero compilare il quadro RW nella dichiarazione dei redditi dove oltre agli immobili recentemente è stato introdotto l’obbligo di denunciare depositi bancari per qualunque importo (in precedenza solo per le somme eccedenti i 10.000 Euro). Ma a detta di funzionari del Fisco di mia conoscenza solo pochissimi stranieri lo hanno fatto. L’ultimo provvedimento che obbliga a dichiarare qualsiasi somma, anche di modesto importo, detenuta all’estero è da annoverare fra le papere del Governo Letta.

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