Chiusa l’attesa indagine conoscitiva dell’Antitrust sul settore Rc-auto. Conferma una situazione già conosciuta, con premi più elevati rispetto agli altri paesi europei. Ma i suggerimenti dell’Autorità non prendono in considerazione le cause del problema, legate a un mercato non concorrenziale.
INDAGINE SUL SETTORE RC-AUTO
Si è chiusa la tanto attesa indagine conoscitiva dell’Autorità antitrust sulla Rc-auto. (1) Le vicende del dopo-elezioni rischiano però di farla passare inosservata.
Al contrario, un’analisi dell’attuale situazione di questo importante ramo del mercato assicurativo italiano sembra opportuna, proprio al fine di evidenziare i suggerimenti di policy per il prossimo governo.
Innanzitutto l’indagine conferma che i premi Rc-auto in Italia sono più elevati rispetto agli altri paesi europei e crescono di più: i nostri premi medi sono più del 50 per cento di quelli francesi e portoghesi, più del 70 per cento degli olandesi e più dell’80 per cento dei tedeschi; la loro crescita nel periodo 2006-2010 è stata quasi il doppio di quella della zona euro e quasi il triplo di quella registrata in Francia.
La causa è individuata nella frequenza e nel costo medio dei sinistri che sono i più elevati tra i principali paesi europei. In particolare, la frequenza sinistri è quasi il doppio di quella in Francia e in Olanda e supera di circa il 30 per cento quella in Germania; il costo medio dei sinistri in Italia supera quello della Francia di circa il 13 per cento, quello della Germania di oltre il 20 per cento ed è più del doppio di quello del Portogallo.
Come già evidenziato su lavoce.info, e al contrario di quanto affermato dalle compagnie di assicurazione, il numero delle frodi accertato a livello nazionale non è altrettanto elevato e anzi in Italia appare quattro volte inferiore a del Regno Unito e la metà di quello della Francia.
LE SOLUZIONI DELL’ANTITRUST
L’indagine, svolta su un campione rappresentativo dell’82 per cento del mercato e su polizze effettivamente pagate, ha constatato l’inefficacia della riforma sul risarcimento diretto introdotta nel 2007.
Il primo suggerimento è dunque quello di modificare il sistema del risarcimento diretto, introducendo meccanismi che incentivino il controllo dei costi da parte delle compagnie assicurative, per recuperare efficienza e trasferirne i benefici ai consumatori in termini di premi più bassi. A ciò dovrebbe aggiungersi la previsione di nuovi modelli contrattuali che consentano, a fronte di sconti consistenti per l’assicurato, lo sviluppo del risarcimento in forma specifica o dietro fattura.
Un altro problema evidenziato dall’Autorità è quello della scarsa mobilità degli assicurati (stimata intorno al 10 per cento e dovuta ad agenzie ancora monomandatarie): la soluzione proposta è quella di rivedere il meccanismo delle classi di merito e di mettere a punto “preventivatori” che aiutino a scegliere la polizza più conveniente.
Un’ulteriore proposta è quella di rivedere il sistema “third party” di risarcimento, cioè la somma che la compagnia del responsabile dell’incidente versa a quella del danneggiato, che ha risarcito quest’ultimo. L’Autorità propone di abbassare il risarcimento (ora basato su un forfait calcolato secondo dati storici), in modo da incentivare miglioramenti futuri.
Altra fonte di miglioramento dei costi potrebbe essere l’incentivazione, attraverso sconti agli assicurati, di sistemi di controllo come la scatola nera, l’ispezione del veicolo prima di assicurarlo e il risarcimento in forma specifica, come la riparazione in un punto convenzionato con la compagnia, pagato direttamente da questa.
E LA CONCORRENZIALITÀ?
L’Autorità antitrust propone dunque l’applicazione di strumenti già visti nel passato, come la scatola nera e il risarcimento in forma specifica, cercando di correggerne i difetti.
Ma a parte questo, viene tenuta “sotto il tappeto” ancora tutta la “polvere” che riguarda la situazione concorrenziale del mercato.
Non vengono prese in considerazione le cause dell’aumento dei premi collegate a un mercato nel quale le imprese non competono tra di loro. Lo stesso mercato, d’altra parte, in tempi ormai lontani, è stato oggetto di numerosi interventi da parte della stessa Autorità che aveva segnalato la presenza di pratiche collusive. (2)
Non c’è stato negli ultimi anni un miglioramento e il dato relativo alla concentrazione del mercato assicurativo, considerato dall’Autorità nel caso dell’autorizzazione alla fusione Fonsai-Unipol, è in verità fuorviante perché il mercato risulta poco dinamico sia dal lato dell’offerta, a causa della mancata entrata di nuove imprese, che dal lato della domanda, per la scarsa mobilità degli assicurati.
In conclusione, è rimasto deluso chi si aspettava che attraverso l’indagine l’Autorità proponesse interventi per migliorare la situazione strutturale del mercato. E rimane la speranza che nel futuro vengano adottati interventi sulla struttura aziendale per limitare l’intreccio azionario, l’interlocking directorship e sulle barriere all’entrata che bloccano l’ingresso di compagnie straniere.
(1) “Indagine conoscitiva riguardante la procedura di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali del settore Rc-auto” – IC42, Provvedimento n. 24218, 6 febbraio 2013.
(2) Agcm, I377, 28 luglio 2000, in Boll. n. 30/2000. Agcm, Settore dell’assicurazione autoveicoli — IC 19, provv. n. 11891, 17 aprile 2003, in Boll. n. 16-17/2003.
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Robert Villa
Trovo l’analisi abbastanza parziale. per poter invocare pratiche collusive (come ragione principale del caro prezzi) bisognerebbe prima dimostrare che in Italia il ramo RCA ha generato extraprofitti. Siamo convinti che sia cosi? se si prendono gli ultimi 5-7 anni….ahi ahi
La vera analisi da fare riguarda i “costi di produzione” delle polizze che sono assai più elevati che negli altri paesi (i.e. frequenza e costi medi), e quindi le frodi e soprattutto le pratiche di rimborso dei giudici (che spesso ritengono le assicurazioni responsabili nel ripianare le differenze sociali).
Paolo Zanghieri
Potrebbe l’autrice spiegarci perché, se non c’è concorrenza, le imprese Italiane da qualche anno a questa parte stanno rimettendo soldi nel settore della R.C. auto? I dati dell ANIA e quelli dell”ISVAP mostrano che negli cinque ultimi anni, per ogni cento euro di premi RCA incassato, le imprese ne hanno pagati tra risarcimenti e spese circa 103. Sarebbe auspicabile che certe analisi si basassero su dati invece che su considerazioni un po’ impressionistiche.
franco malagrinò
Chi dice che i costi della RCA in Italia sono alti per le frodi dovrebbe dimostrare che la Assicurazioni nei fatti e non a parole le abbiano contrastate effettivamente ,e non abbiano invece scaricati i loro costi sulle tariffe di tutti. Il controllo dei costi della filiera e affare loro prioritariamente e non degli utenti. E vogliamo parlare poi dello scandalo dei tempi di liquidazione dei danni a persona, delle liquidazione dei casi di malpratices nel campo della sanità . Ci fanno credere che hanno abbondonato il settore a beneficio delle compagnie estere ( ma sarebbe imprenditorialmente e socialmente giustificabile?) salvo trovare poi le loro strutture sul campo che lavorano …per la concorrenza estera? Suvvia ….
Robert Villa
Su RCA, si fa un misto di tante cose. I costi di gestione (come dice della filiera) incidono sui costi complessive delle compagnia veramente poco: parliamo di circa 20-25%. (quindi anche essendo dei campioni e riducendo i costi totali del 10%, abbattiamo i costi complessivi del 2%). Il vero nodo è la riduzione delle spese per liquidazione. A questo concorrono anche le frodi ovviamente, che sono un costo invisibile nel sistema. quando valgono? ovviamente nessuno lo sa, ci sono delle stime ma poco più, ma ….se pensiamo che in inghilterra il tasso medio di frode è del 6-8% e le compagnie italiane dichiarano 3-5%, io direi che chiaramente si può fare di più (a patto che i giudici capiscano il problema ovviamente, altrimenti….)
Riguardo alla mediacal malpractice (diversa da rca in quanto non esiste obbligo a contrarre) il tema è molto diverso: esiste la libera scelta d’impresa nel sottoscrivere o meno i rischi.
bob
l’assicurazioni non sono altro che una tassazzione aggiuntiva che pratica lo Stato. la concorrenza e il mercato sono altra cosa
Andrea de vido
Sono deluso dalle argomentazioni. Si potrebbero menzionare tra le cause della eccessiva onerosità i comportamenti scorretti degli utenti che considerano le assicurazioni alla stregua di casse continue.
Le statistiche sui colpi di frusta, multipli delle casistiche dei paesi presi ad esempio. Etc.
Per una volta lasciamo la logica illogica e cerchiamo veramente di comprendere la verità delle cose.
gabriele
Potremmo anche parlare del fatto che sul premio gravino imposte proporzionali alla classe di merito, e ciò disincentiva riforme che vadano a ritoccare una fonte così corposa di entrate, perdippiù prive di costo e di rischio. Per capirci, la somma delle imposte (incluso l’effetto del cosiddetto “federalismo”) supera abbondantemente anche la futura aliquota IVA: per quale motivo rinunciare? Eppure, se l’imposizione fiscale non fosse proporzionale al premio, ma in aliquota fissa, a Napoli, per esempio, i premi dei neopatentati sarebbero anche molto lontani dagli importi scandalosi che si pagano effettivamente. In sostanza: prima di guardare al comportamento di compagnie e assicurati, è l’amministrazione pubblica che dovrebbe dare esempio di virtù.
Bruno Cipolla
“Un altro problema evidenziato dall’Autorità è quello della scarsa mobilità degli assicurati (stimata intorno al 10 per cento e dovuta ad agenzie ancora monomandatarie)”
La scarsa mobilità degli assicurati è dovuta a diffidenza dovuta ad ignoranza e scarsa penetrazione di internet nelle menti e nelle case degli italiani.
In UK la maggioranza degli assicurati rinegozia la polizza ad ogni rinnovo, e lo fa da prima dell’esistenza di internet, tramite telefono.
Trovo sconvolgente che una polizza in classe di merito triplo zero (niente incidenti da 25 anni) debba costare (online) quasi 800 euro.
massimo sperti
Condivido in pieno quanto rappresentato da Bruno Cipolla. In Italia non esiste un sistema che premi sensibilmente chi, per la sua condotta di guida lungamente dimostrata negli anni e certificata da una lunga permanenza in classe 1^, contribuisca con rischio zero alle casse della compagnia. A mio parere occorrerebbe iniziare a pensare che al patentato che “dimostri” di non essere in grado di assicurare una condotta di guida adeguata e responsabile (per misurazione dei sinistri con colpa) vada sensibilmente innalzata la quota di RC, premiando -al contrario- con significativi ribassi i conducenti più virtuosi. Tuto ciò dovrebbe essere accompaganto da interventi tecnologici (chip con dati di assicurazione e scadenza polizza) impiantati d’obbligo su ciascun mezzo che segnalino a vigili/polizia stradale il mezzo in movimento e la sua posizione qualora questo non risulti più assicurato (proprio perchè tanti furbetti, abitualmente indisciplinati, non potendosi più assicurare continuerebbero a girare privi di copertura). Credo davvero che, se attrezzate in questo modo, le compagnie (con il sostegno di specifica legislazione) possano davvero operare con equità.
enzo pisano
Desidero avanzare una modestissima base di proposta di riforma regime assicurativo RCA e bollo auto
A) Tariffa Bonus- malus basata su pochi livelli senza distinzioni di età, sesso e provincia, valida su tutto il territorio nazionale operante per:
I. sinistri che hanno comportato lesioni a persone;
II. sinistri che hanno comportato solo danni a cose per un importo superiore ai 3.000 euro
B) Per rispettare il principio di chi più usa più paga, individuare una quota aggiuntiva al prezzo del carburante destinato all’assicurazione RCA
C) Assicurazione libera per i danni a cose fino a 3000 euro
D) Trasformazione della tassa bollo auto in tassa ecologica basata su due aspetti:
III. valore dell’auto
IV. potenziale inquinamento basato su rapporto potenza-vetustà
Enzo Pisano
Le assicurazioni nel 2011 (ultimi dati ISVAP:
Distribuzione regionale premi e sinistri – anno 2011)
hanno incassato 17,7 miliardi di euro per premi e
versato 11,6 miliardi per sinistri con un guadagno di oltre 6 miliardi di euro.
Il rapporto percentuale tra incasso ed esborso è stato del 66% a livello
nazionale.
Va rilevato che il meridione sopporta, sempre in
termini percentuali il maggior onere. In Campania con una
nettissima diminuzione rispetto al 2010, il rapporto percentuale tra premi e
pagamenti è stato del 60% (Napoli 61%) Ma ciò non ha visto ridurre le tariffe che sono triplicate
rispetto al Nord.
Questi sono i dati percentuali delle altre Regioni:
Piemonte 67%; Lombardia 61%; Veneto 66%; Liguria 60%; Emilia 68%; Toscana 73%;
Umbria 68%; Marche 71%; Lazio 73%; Abruzzo 73%; Puglia 61%; Calabria 62%;
Sicilia 68%; Sardegna 65%.
la mia condizione soggettiva è che pur non avendo mai
causato sinistri, (mi trovo in prima classe da venti anni) la mia assicurazione
ConTe mi ha aumentato il premio da 641 euro di due anni fa a 859 l’anno scorso
e 1100 euro quest’anno. Al mio reclamo la compagnia mi ha testualmente scritto: “L’analisi
statistica sui dati a disposizione ha infatti comportato un’interpretazione del
rischio differente da quella che si aveva nell’annualità precedente con
conseguente aumento del premio.”
Il problema è che sia la politica, sia anche la stampa che
avrebbe la funzione di controllo, sono attorcigliate a doppio e triplo filo con
le compagnie per cui non hanno interesse ad approfondire l’argomento e noi
napoletani portiamo la nomea (e il
marchio) di essere imbroglioni e quindi cittadini di serie b.
È semplicemente una vergogna nazionale
Visonemichele
Perchè se uno è in prima classe da 20 anni ma vive a napoli deve pagare 4 volte di piu il premio di uno che vive a milano?
Alessio Calcagno
Spezzare il mercato monopolistico. Vendere pezzi di portafolio a grandi gruppi stranieri. Limite massimo 10% del totale premi RCA per ciascun gruppo. Ma poi chi compra i BTP? Allianz, AXA, RGA? I don t think so..