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La Gran Bretagna si sveglia laburista

Mentre la sconfitta dei conservatori va oltre le previsioni, Kier Starmer diventa il nuovo primo ministro della Gran Bretagna, con una solida maggioranza alla camera dei Comuni. Le relazioni future con l’Unione europea rimangono però un’incognita.

Gli exit poll

La sera del 4 luglio, alle 22 e un minuto, subito dopo la chiusura dei seggi, la Bbc ha rivelato l’exit poll per le elezioni del Parlamento del Regno Unito. Anche i più pessimisti tra i progressisti hanno tirato un sospiro di sollievo: l’annunciato immenso trionfo del laburisti – cui andrebbe il 63 per cento dei seggi ai Comuni – e la sensazionale distruzione dei tory – che perderebbero 241 dei 376 seggi vinti cinque anni fa –, al risveglio si rivelerà magari meno totale, ma certo non verrà ribaltato, come invece successe nel 1992 e nel 2015, quando le previste sconfitte dei tory svanirono a poco a poco durante la notte, trasformate l’una in altri cinque lunghi cupi anni di thatcherismo, l’altra nello spettro della Brexit.

L’exit poll predice anche 13 seggi per Reform UK, ma secondo fonti interne dei laburisti è una previsione ottimistica. In televisione, pochi tory sono disposti a rilasciare interviste. Tra i pochi, c’è l’ex ministro per la giustizia Robert Buckland: afferma che il suo partito merita la batosta e si augura un ritorno ai valori tradizionali dei conservatori.

Lo spoglio dei voti

Poi è cominciato lo spoglio: al contrario di quanto avviene in Italia, i voti dei seggi elettorali in un dato collegio sono mescolati, per cui è impossibile sapere come si è votato nei diversi paesi e quartieri che lo compongono. Le varie stazioni televisive passavano da una palestra all’altra mostrando una processione di disfatte tory.

Il traguardo dei 326 seggi per i laburisti è stato raggiunto alle cinque del mattino, con circa 480 dei 650 seggi dichiarati. Venerdì 5 luglio Keir Starmer incontra re Carlo a Buckingham Palace e accetta il suo invito a formare il governo.

Il grande sondaggio di opinione

A mano a mano che si accumulano i seggi, il quadro si fa più chiaro. La sconfitta tory è peggiore delle previsioni ed è causata da una combinazione di fattori, ognuno dei quali ha aiutato a incanalare il voto di protesta e il desiderio di defenestrare un partito che il paese non sopportava più: primo elemento fra tutti, la certezza che i laburisti avrebbero non solo formato il governo, ma anche disposto di una maggioranza definibile con una scelta di aggettivi che va da solida a strabiliante. I bookmakers domenica scorsa erano concordi che il numero di seggi più probabile per i laburisti (cioè quello che dava il premio più basso per ogni sterlina scommessa) era tra 450 e 499. Per mettere le cifre in prospettiva, Tony Blair vinse 419 seggi e l’ultima volta che i tory hanno superato i 400 seggi è stato nel 1935.

Questo clima ha trasformato le elezioni in un enorme sondaggio di opinione, in cui nessun voto contava e ogni elettore poteva sfogarsi come preferiva. Era già accaduto nelle elezioni per il Parlamento europeo del 2019 – quando il partito di Nigel Farage (allora chiamato Brexit Party) fu il primo, seguito dai Lib-Dem, Labour, Verdi, con i tory al quinto posto. Anche in questo caso il voto non contava e gli elettori della destra retriva, anti-immigrazione, anti-sindacati, anti-woke non si sono sentiti in dovere di turarsi il naso e votare conservatore per evitare un governo labour. Così hanno votato in massa per Reform UK, la nuova formazione di Farage, mentre gli elettori tradizionali a favore del libero mercato, della libertà individuale, dello stato di diritto e dell’efficienza, disgustati dall’incompetenza e dalla corruzione dei tory, hanno eletto un deputato Lib-Dem nei collegi più ricchi del paese, da Harrogate, a Chichester, a Cheltenham, dove un altro dei possibili pretendenti alla leadership dei tory, il moderato ministro della Giustizia Alex Chalk, è caduto nel massacro dei tory. E, naturalmente, gli elettori del centro-sinistra hanno votato per il partito nella miglior posizione per sconfiggere i tory. Dove era chiaro per chi votare hanno scelto in modo tattico Lib-Dem o Labour, ma senza preoccuparsi troppo, dato che comunque il governo sarà guidato da Starmer. Così, nel mio collegio, il deputato tory, pur perdendo metà dei suoi elettori, è stato eletto con il 35 per cento dei voti, seguito dai Lib-dem con 24 per cento e Reform e Labour con 18 per cento ciascuno: un voto tattico ben organizzato non l’avrebbe risparmiato, ma il buon dottor Luke Evans non si era guadagnato il disgusto della nazione come alcuni dei suoi colleghi, tra i quali non si può non menzionare Liz Truss, e non è sembrato così essenziale coordinare il voto di centro-sinistra per mandarlo a casa.

Il senso di inutilità delle elezioni ha fatto perdere alcuni seggi ai laburisti. A Blackburn, la percezione che Labour fosse sbilanciato verso Israele nel conflitto di Gaza ha convinto gli elettori a votare un candidato indipendente invece di quello laburista (lo scarto tra i due è di poco più di cento voti). Mentre a Leicester si è registrato sia l’unico seggio (credo) strappato dai tory ai laburisti, sia la sconfitta dei laburisti a favore di un indipendente in un collegio con una larga popolazione musulmana. A Bristol, i verdi hanno tolto il seggio alla ministra-ombra Thangam Debonnaire. Ma forse l’esempio più clamoroso è quello di Islington, dove Jeremy Corbyn, leader dei laburisti durante la spettacolare disfatta di cinque anni fa ed espulso dal partito per il suo anti-semitismo, è stato eletto come indipendente con quasi il 50 per cento dei voti. La sensazione di un’elezione dal risultato scontato ha causato anche un alto livello di astensionismo: dal 1885, il dato è secondo solo alle elezioni del 2001, quando la certezza della rielezione di Tony Blair produsse pochissimi cambi rispetto al risultato del 1997.

Queste elezioni mettono in luce come il sistema uninominale secco utilizzato da secoli per la camera dei Comuni possa amplificare enormemente spostamenti sostanziali delle preferenze degli elettori, soprattutto quando i partiti in competizione sono più di due. Nel 1983 l’“alliance” tra liberali e socialdemocratici ottenne un decimo dei seggi dei laburisti (209 a 23), pur avendo il 2 per cento in meno dei voti (27,6 per cento a 25,4 per cento). Il voto dei tory è spalmato in modo relativamente uniforme, per cui in anni “normali” vincono molti seggi con una maggioranza relativamente piccola, ma se il loro voto si riduce in modo sostenuto, le vittorie “risicate” si trasformano in medaglie d’argento, assolutamente inutili con l’uninominale secco.

Cosa farà il governo Starmer?

Cosa succederà adesso? Prima delle elezioni si è parlato molto di una cosa irrilevante e poco di una di estrema importanza. La prima è chi guiderà i tory. Gli ultimi due primi ministri conservatori, Liz Truss e Rishi Sunak, non sono mai stati all’opposizione. Dopo l’elezione di Blair, i tory hanno eletto tre leader prima di scegliere David Cameron, che li avrebbe riportati al numero 10 di Downing Street. È perciò molto improbabile che il prossimo primo ministro tory si trovi tra i vecchi deputati e quindi è inutile, adesso, speculare a caldo.

Un argomento importante di cui finora non si è parlato sono i rapporti con l’Unione europea. Starmer ha imposto ai suoi ministri ombra il divieto assoluto di parlarne. L’unica dichiarazione è che il suo governo sarà più costruttivo dei tory, ma ha evitato di entrare in qualsiasi dettaglio. È certo, però, che i rapporti con l’Europa richiederanno molta attenzione da parte dei nuovi ministri.

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Il Punto

  1. shadok

    Mah, a guardare le percentuali dei voti la vittoria laburista va molto ridimensionata, ed è dovuta principalmente alla débacle dei conservatori, più che all’incremento (molto modesto) dei voti labour. Probabilmente se farage non si fosse presentato la sconfitta tory sarebbe stata molto meno netta. In un contesto politico che vede una progressiva frammentazione delle forze politiche il sistema uninominale “secco” produce risultati veramente poco stabili: vedere una maggioranza dei seggi schiacciante con poco più di un terzo dei voti fa un certo effetto!

    • B&B

      Le menzogne della sinistra italiana, Shlein in testa. Come in Italia il PD ha perso molti voti sia alle europee che comunali, in GB i labour hanno perso voti rispetto al 2019. La grande vittoria del partito di Farage (BREXIT) con oltre 4.000.000,00 di voti. Nessun giornalista lo ha scritto, quindi giu’ menzogne sulla vittoria della Shlein e della sinistra in europa. Dovrebbero spiegare il meccanismo delle percentuali ma sembra che i giornalisti non lo riescano a comprendere.

    • Gianni De Fraja

      Sono d’accordo sul fatto che la vittoria Labour è amplificata dal desiderio di spazzar via i tory, e anche quello che se Reform non si fosse presentato avrebbe salvato qualche deputato tory. Comunque, sondaggi che girano dicono che solo 1/4 di chi ha votato Reform avrebbe votato tory, e forse più di qualcuno avrebbe votato Labour, se nel loro seggio Reform non si fosse presentato. Molti probabilmente si sarebbero astenuti, aumentando così la percentuale di voti Labour, ma senza influenzare l’esito. Un’altra cosa da tener presente è che, per date preferenze politiche, le decisioni individuali degli elettori e quindi le percentuali dei voti che ricevono vari partiti sono molto influenzate dal meccanismo elettorale stesso: cioè dati i partiti in palio, molti elettori voterebbero in modo diverso in un proporzionale e in un uninominale secco.

  2. B&B

    EUROPEE 2024:
    Meloni ( circa + 4.978.994 voti, mancano 178 sezioni di Roma)
    Shlein PD (- 484.323 voti circa. Mancano 178 sezioni di Roma)
    M5S (- 2.244.896 voti)
    Verdi e Comunisti (+ 239.383 voti )

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