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L’8 per mille dimezzato

Soldi ben spesi quelli dell’8 per mille Irpef destinati a scopi umanitari. Lo ha detto anche il presidente del Consiglio. E per il 2004 la quota appannaggio dello Stato dovrebbe essere intorno ai 140 milioni di euro. Però, la Legge finanziaria, senza dar troppa pubblicità al fatto, l’ha decurtata di 80 milioni. D’altra parte, lo stanziamento previsto per l’introduzione della de-tax ammonta per il prossimo anno a un milione. A conti fatti, sono 79 milioni di euro in meno per gli interventi di interesse sociale.

Il presidente del Consiglio si è affrettato nei giorni scorsi a sottolineare, con un apposito comunicato stampa, che l’8 per mille non è in discussione. Ha inoltre aggiunto di essere convinto che l’8 per mille sia tra “quei ricavi delle imposte che vengono meglio utilizzati non solo a sostegno della Chiesa, ma in favore dell’intera comunità nazionale e dei paesi del terzo mondo”.

Come è noto, l’8 per mille è una quota del gettito dell’Irpef che viene ripartita fra la Chiesa cattolica, altre confessioni religiose che hanno raggiunto un’intesa con lo Stato, e lo Stato stesso, in proporzione alle preferenze espresse dai contribuenti.
Gli ultimi dati ufficiali, riferiti al 1998, indicano la seguente ripartizione: 83,36 per cento alla Chiesa cattolica, 13,36 per cento allo Stato e il restante alle altre confessioni religiose.

Nell’ipotesi che questa ripartizione non sia variata, allo Stato potrebbe competere nel 2004 una quota di 8 per mille pari a circa 140 milioni di euro.E cosa ne farà? Secondo i disposti della legge 22/1985 che ha disciplinato la materia, dovrebbe destinarla a scopi di interesse sociale o a carattere umanitario, attraverso interventi straordinari nei seguenti ambiti: fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali.

Un curioso intervento

La Legge finanziaria per il 2004 è però curiosamente (e silenziosamente) intervenuta su questa materia, con un piccolo comma, il 69, dell’articolo 2, disponendo che la quota dell’8 per mille che lo Stato destinerà, dal 2004 in poi, agli scopi sopra richiamati sia ogni anno decurtata di 80 milioni (e cioè più che dimezzata).
In compenso, con il decreto 269 del 2003, lo Stato ha istituito la famosa de-tax attraverso cui il cittadino può destinare parte di un’altra imposta, l’Iva, a enti che svolgono attività etiche (vedi Gandullia).
I conti però non tornano: i soldi stanziati per finanziare la de-tax sono infatti pari a 1 milione di euro nel 2004 e 5 milioni di euro nel 2005 e 2006.

Lo storno di risorse da finalità di interesse sociale e umanitario è quindi di 79 milioni di euro. Speriamo che se ne faccia buon uso in altri campi.

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Senza compromessi

  1. Giorgio Di Maio

    Come è possibile che gli ultimi dati ufficiali sulla ripartizione dell’8 per mille risalgano al 1998? Nel frattempo non è stata generalizzata la trasmissione informatica delle dichiarazioni dei redditi e quindi non dovrebbe essere possibile avere i dati relativi ad un dato anno entro tempi più ragionevoli? Come è stata effettuata la ripartizione dei fondi negli anni per i quali mancano i dati sulle scelte dei contribuenti?

    • La redazione

      Caro lettore,
      l’Amministrazione finanziaria, liquida l’8 per mille alle diverse confessioni religiose sulla base delle scelte espresse nella dichiarazione annuale dei redditi, dai cittadini (legge 222/1985), dato di cui senza dubbio dispone.
      I dati della ripartizione sono resi noti alle singole confessioni, che generalmente pubblicizzano non solo l’ammontare ricevuto ma anche l’uso che ne fanno. Non sono invece riuscita a trovare sui siti ufficiali dell’Amministrazione pubblica nessuna informazione, ufficiale appunto, posteriore alla ripartizione relativa al 1998. La parte del sito di palazzo Chigi dedicata all’8 per mille è, ad esempio, dedicata alle modalità con cui si può fare domanda per essere fra i soggetti destinatari dell’8 per mille di competenza dello stato, ma non fornisce dati circa l’ammontare dell’8 per mille stesso.
      In vari siti, non ufficiali, è possibile ricavare informazioni interessanti circa l’impiego che dell’8 per mille è stato fatto dallo stato nei diversi anni. Si tratta per lo più di siti molto critici nei confronti dell’8 per mille stesso. La quota di 8 per mille destinata alla Chiesa cattolica è cresciuta nel tempo. Secondo i dati resi noti dalla Cei, le assegnazioni totali alla chiesa cattolica, pari a 210 milioni di euro nel 1990, sono cresciute a 449 milioni di euro nel 1995, 642 milioni nel 2000, 762 milioni nel 2001, 908 milioni nel 2002 fino a 1.016,4 milioni nel 2003. Meno del 40% dei cittadini esprimono una scelta circa la destinazione dell’8 per mille. La quota di 8 per mille non ripartita sulla base delle scelte espresse dai cittadini viene ripartita fra stato e chiesa cattolica e altre confessioni religiose (escluse Assemble di Dio in Italia e Valdesi, in ragione dell’intesa da essi firmate con lo stato), in proporzione alle preferenze espresse.

      Maria Cecilia Guerra

  2. Giorgio Ponzetto

    Gentile Dr. Guerra, le chiederei un cortese chiarimento reletivamente all’articolo sull’ otto per mille. Se ho capito bene, con la modifica introdotta nella legge finanziaria, i cittadini che indicano come beneficiari enti religiosi vedranno interamente rispettata la loro volontà, mentre quei cittadini che indicheranno come beneficiario lo stato, vedranno solo in parte adempiuta la loro volontà in quanto una parte consistente delle somme derivanti dalla scelta di questi cittadini saranno dallo stato distratte verso altre destinazioni. Le cose sono in questi termini? Se così è mi sembra un fatto di una gravità inaudita, non tanto per le somme in gioco, quanto per l’impostazione del rapporto stato cittadino che questa disposizione evidenzia. Al contribuente viene chiesto di fare una scelta e nel contempo si pone in essere un meccanismo per non rispettare la scelta stessa.
    Ne approfitto per chiedere anche un’informazione su un altro aspetto non trattato nell’articolo: ho sentito che la somma destinata agli interventi in relazione all’otto per mille non corrisponde, come si potrebbe razionalmente pensare, al’importo totale risultante da quanto i cittadini hanno deciso di devolvere a questo scopo; al contrario come base di calcolo verrebbe assunto l’intero gettito IRPEF comprendendo quindi anche quello dei contribuenti che non hanno effettuato alcuna scelta. In altre parole l’indicazione dei cittadini servirebbe solo a stabilire quanto viene destinato a questo o a quell’ente, ma non l’ammontare totale su cui si effettua il prelievo. Anche in questo caso se le cose stanno così non mi sembra un rapporto corretto fra stato e contribuente.

    • La redazione

      Caro lettore,
      al momento della dichiarazione, il contribuente è chiamato ad esprimere la sua scelta circa la ripartizione dell’8 per mille dell’Irpef fra i seguenti soggetti: Stato, Chiesa cattolica, Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione Comunità Ebraiche Italiane. I cittadini che non esprimono la loro scelta, non fanno per questo calare l’ammontare di risorse che viene suddiviso fra le 7 destinazioni, che è sempre uguale all’8 per mille.
      La ripartizione di questo ammontare avviene in proporzione alle scelte espresse, la quota relativa alle scelte non espresse viene ripartita secondo la medesima proporzione risultante dalle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle Assemblee di Dio in Italia e all’Unione delle chiese metodiste e valdesi sono lasciate allo stato.
      La destinazione della quota di 8 per mille di competenza dello stato a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario è fissata dalla legge 222/1985, che ha disciplinato sin dall’origine l’intera materia. Un’altra legge dello stato, la legge finanziaria per il 2004, a cui mi riferisco nel mio articolo, ha disposto che la quota dell’8 per mille di spettanza dello stato da destinarsi alle finalità di cui sopra sia decurtata ogni anno di 80 milioni, a partire dal 2004. Si tratta di decisioni legittime. Sarebbe però importante che i cittadini venissero correttamente e compiutamente informati degli effetti delle loro scelte (e delle loro non scelte). Nelle istruzioni alla compilazione dei redditi del 2004 si legge invece ancora che la quota dell’8 per mille data allo stato è destinata a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario.

      Maria Cecilia Guerra

  3. Alessandro Russo

    Gentile professoressa,
    tralasciando le finalità per le quali la “proposta” di Bossi sull’otto per mille è stata formulata (e naturalmente i modi assai poco urbani), pure essa mi appare condivisibile. Non è forse corretto affermare che quella dell’otto per mille non è una scelta, anche se continua ad essere spacciata come tale, ma un perverso meccanismo coercitivo (ma è vero che è stato messo a punto da un giovane Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi?) che non solo obbliga senza scampo a versare una quota dell’IRPEF, ma anche distorce le preferenze dei singoli contribuenti, dato che il riparto avviene sul gettito complessivo? Ad esempio, se io opto per lo Stato, secondo le quote da Lei riportate oltre l’80% del mio otto per mille va alla Chiesa Cattolica, solo il 13,36% allo Stato e il resto alle altre religioni. Per converso non mi è consentito nemmeno di destinare interamente il mio otto per mille alla Chiesa Cattolica, in quanto un po’ più del 15% andrebbe comunque ad altri soggetti. È troppo chiedere che si faccia un po’ di chiarezza e di informazione su questo?
    In tal modo ognuno di noi è obbligato a finanziare anche le confessioni religiose alle quali non aderisce o che magari non condivide, mentre mi risulta che, ad esempio, i Testimoni di Geova, i Buddhisti, i Musulmani non siano riusciti ancora ad entrare nel meccanismo. Per non parlare poi delle verifiche sui rendiconti presentati in merito alle spese finanziate dall’otto per mille, che pare siano inesistenti. È possibile che in uno stato presunto laico tali forme di finanziamento pubblico delle confessioni religiose non possano venire sostituite dal libero finanziamento privato? (alla libertà equivale la responsabilità). E se proprio si intende collegare tale finanziamento alla dichiarazione dei redditi, perché, come avviene in altri paesi, non viene reso più trasparente, in modo che solo chi vuole devolvere lo faccia? La prontissima levata di scudi da parte di quasi tutti gli esponenti politici in difesa dell’otto per mille mi sembra poi un argomento in più a sfavore di questo dispositivo, nato dal rinnovo del Concordato ormai venti anni fa.
    Infine occorre aggiungere che la quasi totalità dell’otto per mille viene percepito dalla Chiesa Cattolica (pare che negli ultimi anni anche una quota consistente della porzione destinata allo Stato italiano sia stata spesa per la ristrutturazione e il restauro di beni appartenenti alla Chiesa, che comunque come Città del Vaticano costituisce anche uno stato sovrano), e che meritoriamente non tutte le altre confessioni religiose hanno aderito al riparto della quota di coloro che non hanno espresso alcuna scelta. Infine uno spunto di riflessione per i sostenitori dell’otto per mille, per ora soprattutto cattolici: in un futuro ipotetico in cui la maggioranza non sceglierà più la Chiesa Cattolica, siamo consci che saremo tutti costretti a finanziare in maniera cospicua un’altra confessione religiosa?
    Cordiali saluti

    • La redazione

      Caro signore
      la questione dell’8 per mille è molto intricata, probabilmente in modo intenzionale. Quando facevo parte della Commissione di indagine sulla povertà presieduta da Carniti avevamo cercato, invano, di venirne a capo, per vedere se era possibile utilizzare la quota data allo stato a fini,
      appunto sociali. In realtà sembra che la precisa destinazione da parte dello stato della propria quota, tanto meno un vincolo di tipo sociale, non sia stata prevista – i maliziosi sostengono allo scopo di favorire la scelta a favore della Chiesa Cattolica. A parte ogni altra considerazione, anch’io
      come lei trovo profondamente ingiusto che anche chi non destina esplicitamente l’8 per mille di fatto sia costretto a farlo e soprattutto che la quota grandissima non destinata sia ripartita sulla base delle decisioni della minoranza che viceversa la destina esplicitamente. E’ per questo che
      la parte più consistente va alla Chiesa Cattolica. Sono sicura che la maggioranza di coloro che non esercitano l’opzione sono convinti che il “loro 8 per mille” rimanga allo stato. Ma, appunto, non è così. E’ un caso esemplare di mancata chiarezza e qualche furberia nei rapporti tra stato e
      cittadini.
      Chiara Saraceno

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