La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno europeo. Ma per i cittadini dell’Unione non è previsto un diritto di soggiorno illimitato. Se è superiore ai tre mesi, spetta solo ai lavoratori subordinati o autonomi e a chi dispone di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia. La legge italiana di recepimento, poi, contemplalimitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico. Perché sindaci e prefetti che chiedono più poteri sull’ordine pubblico non la applicano?
Ci è voluto il grave delitto commesso a Roma da un cittadino romeno lo scorso 31 ottobre 2007 perché in Italia ci si interrogasse sull’efficacia della legislazione vigente che disciplina il soggiorno degli stranieri comunitari in Italia. Amministratori e forze dell’ordine si sono difesi dall’accusa di non essere in grado di garantire la sicurezza nelle città italiane sostenendo che la normativa europea impedirebbe loro di allontanare cittadini comunitari che costituiscono una minaccia per la pubblica sicurezza. I sindaci e i prefetti invocano a gran voce nuove leggi e più poteri. Regole europee inadeguate e vuoti legislativi sarebbero, dunque, tra le cause dell’insicurezza delle nostre città. Ma è davvero così ?
Il diritto alla libera circolazione
Il diritto di circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari è regolato a livello europeo, agli Stati membri spetta la disciplina di dettaglio per l’attuazione delle normative comunitarie.
Non dobbiamo dimenticare che la cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e che la libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno. Ogni limitazione e condizione posta all’esercizio di tali diritti deve avvenire nel rispetto del trattato Ce e delle disposizioni adottate in applicazione dello stesso. La disciplina rilevante in tema di circolazione e soggiorno delle persone fisiche è contenuta in una recentedirettiva (2004/38) che, raccogliendo in un unico testo la normativa europea stratificatasi nel corso degli anni, ha posto le regole per le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari e le sue restrizioni per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.
La direttiva distingue tra diritto di circolazione e soggiorno fino a tre mesi, per il cui godimento è richiesta la sola formalità del possesso di un documento d’identità o di un passaporto valido, dal diritto di soggiorno per una durata superiore a tre mesi. Il cittadino comunitario che intenda avvalersi del diritto di soggiorno superiore ai tre mesi deve soddisfare le seguenti condizioni: esercitare un’attività in qualità di lavoratore subordinato o autonomo; disporre di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia; seguire una formazione in qualità di studente e disporre di risorse sufficienti e di una assicurazione malattia per evitare di diventare un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno; essere un familiare di un cittadino dell’Unione facente parte di una delle categorie sopra menzionate.
Gli Stati possono legittimamente allontanare il cittadino dell’Unione o un suo familiare per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o sanità pubblica. Tuttavia, la decisione non può essere dettata da ragioni economiche, nel senso di misure protezionistiche intese a favorire i cittadini dello Stato ospite, e i provvedimenti relativi alla libertà di circolazione e di soggiorno devono basarsi esclusivamente sul comportamento personale dell’interessato che deve costituire una minaccia effettiva e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale dello Stato. Il provvedimento di rifiuto dell’ingresso o di allontanamento dal territorio deve essere motivato e notificato all’interessato. Fatta eccezione per casi urgenti, il termine ultimo per lasciare il territorio non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data di notifica. La direttiva prevede tutta una serie di garanzie procedurali. In particolare, l’interessato deve avere accesso ai rimedi giurisdizionali e eventualmente amministrativi previsti nello Stato membro ospitante.
La legge italiana
L’Italia ha tardivamente recepito la direttiva con il decreto n. 30, del 6 febbraio 2007 che per la gran parte riprende il testo stesso della direttiva e detta poche norme di dettaglio. Tra queste, sono degne di nota le disposizioni contenute negli articoli 20 e 21 che riguardano, rispettivamente, le limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico e l’allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno. Si tratta di due fattispecie ben distinte.
La prima riguarda l’allontanamento di cittadini comunitari che pongono in essere comportamenti contrari all’ordine pubblico e alla sicurezza dello Stato e la competenza a emanare tali provvedimenti viene attribuita al ministro dell’Interno (il decreto legge del 1° novembre 2007 ha esteso la competenza ai prefetti nei casi comportamenti contrari alla pubblica sicurezza). La seconda riguarda l’allontanamento dei cittadini comunitari che non soddisfano le condizioni per poter godere del diritto di soggiornare in Italia e la competenza a emanare i provvedimenti spetta ai prefetti.
Oggi, sindaci e prefetti chiedono più poteri in materia di ordine pubblico, ma non spiegano perché non si avvalgono delle disposizioni già in vigore.
L’Unione Europea non legittima le migrazioni di persone prive di mezzi di sussistenza, né impedisce agli Stati di predisporre misure di difesa purché, naturalmente, siano rispettose dei diritti fondamentali della persona. Il diritto comunitario non prevede un diritto di soggiorno illimitato ai cittadini dell’Unione. Il diritto di soggiorno superiore ai tre mesi spetta solo ai lavoratori subordinati o autonomi, a chi non lavoratore dispone di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia e agli studenti che dispongano di risorse sufficienti e di una assicurazione malattia.
Ma le persone che oggi si vorrebbero allontanare per motivi di pubblica sicurezza soddisfano queste condizioni ? La direttiva consente agli Stati di procedere a verifiche quando vi sia un ragionevole dubbio sulla titolarità del diritto soggiorno. Poiché il problema sembra venire da situazioni di degrado ben note a comuni e prefetture, nulla impedisce di procedere a controlli per verificare che le persone che vivono in quelle condizioni siano in Italia da più di tre mesi e se dispongono di un reddito sufficiente e di un’assicurazione medica. Ciò presuppone un costante controllo sul territorio che sopperisca al venir meno dei controlli sistematici in frontiera, ma che comunque sarebbe limitato a coloro per i quali possa sorgere un ragionevole dubbio sulla capacità di soddisfare le condizioni richieste dalla legge per beneficiare del diritto di soggiorno. Non va dimenticato che l’iscrizione anagrafica è obbligatoria per i cittadini dell’Unione che intendano soggiornare nel nostro paese per un periodo superiore ai tre mesi.
Certo, l’allontanamento per mancato soddisfacimento delle condizioni richieste per beneficiare del diritto di soggiorno, a differenza dell’allontanamento per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e salute pubblica, non può essere accompagnato da un divieto di reingresso. Tuttavia, una disposizione nazionale che sanzioni con il divieto di reingresso la persona destinataria di più provvedimenti di allontanamento emanati in un breve arco temporale sarebbe ammissibile considerando il sistematico abuso del diritto di soggiorno come un comportamento contrario all’ordine pubblico.
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Fiorenzo
Plaudo all’articolo di Maria Paola Mariani che finalmente rompe l’anti-scientifico silenzio scientifico sui molti effetti negativi, economici e sociali, dell’immigrazione in Italia. Sindaci e Prefetti non espellono i comunitari presenti illegalmente in Italia (e provenienti ovviamente dall’Est europeo) perché tali cariche, nella nostra epoca, sono purtroppo occupate da personaggi intellettualmente mediocri ed istituzionalmente infedeli. Costoro quindi si piegano facilmente alla moda, imposta dal padronato italiano e dal Vaticano con effetti gravissimi sull’economia e sulla società italiane, di aprire le frontiere del nostro Paese a stranieri che sono qui solo per delinquere,per togliere il lavoro ai lavoratori italiani ed abbassare i salari di quei lavoratori italiani che un lavoro, per quanto sempre più precario (a causa degli immigrati), l’hanno ancora.
Sergio Briguglio
Apprezzo l’articolo, ma dubito che l’allontanamento per mancanza di requisiti sia praticabile, a meno di non controllare quotidianamente la condizione della persona sotto esame. Se il controllo non e’ quotidiano, infatti, l’interessato puo’ dichiarare di essersi allontanato dall’Italia e di esservi appena rientrato legittimamente (facendo ripartire il computo dei tre mesi). L’onere di dimostrare il contrario spetterebbe al prefetto, non essendo tenuto il cittadino comunitario ad alcun adempimento amministrativo per i soggiorni fino a tre mesi. Non c’e’ controllo alla frontiera che tenga, dato che se anche il cittadino comunitario appartenesse a un paese non-Schengen, potrebbe affermare di aver interrotto il proprio soggiorno in Italia col recarsi in altro paese Schengen, e questo metterebbe lo spostamento (vero o presunto) al riparo da qualunque controllo.
Peppe Dantini
Come ho spiegato ampiamente in questo articolo, la questione non va vista solo dal punto di vista dell’immigrazione. http://www.pleonastico.it/modules/news/article.php?storyid=110 L’immigrazione è una questione in cui confluiscono diversi problemi; prima di tutto la giustizia, poi la responsabilità sociale, infine (ma non meno importante) l’ignavia del governo.
Angioletta Battista
Grazie della chiarezza con cui Maria Paola Mariani descrive il principio, le possibilità e i limiti della libera circolazione e soggiorno delle persone dell’Unione Europea. Il servizio televisivo nazionale potrebbe utilizzare i momenti di maggiore ascolto per dare ai cittadini il contesto normativo entro il quale accadono certi fatti. Un conto è il dibattito tra le varie parti politiche e sociali dove ognuno esprime la propia opinine, altro è l’informazione corretta di carattere legislativo, non opinabile. E così, per giorni abbiamo assistito ad un avvicendarsi di discussioni e dibattiti sulla vicenda di Tor di Quinto, con rimbalzo di palla a destra e a sinistra, mentre il cittadino "comune" era in balia delle ragioni e degli umori degli uni e degli altri, perchè privo di una esauriente informazione normativa. Capisco che la legge non ammette ignoranza, ma non tutti abbiamo abbastanza tempo da dedicare ai Codici!
Fabrizio Farnedi
Complimente per l’articolo! Finalmente si entra nei meandri della legge in questione e lo si fa obiettivamente! Secondo me, sindaci e prefetti non applicano la legge in questione perchè non essendoci un’autorità statale ( autorevole perchè da l’esempio) al di sopra delle parti che controlla il loro operato e da sanzioni o premi a seconda dei casi, ogni sindaco e prefetto tira a campare anche perchè ( secondo motivo) il cittadino medio italiano non si ribella quasi mai in modo vigoroso e le rare volte che lo fa non riesce a fare massa critica ( essendo in pochi) per ottenere quello che gli spetta: servizi decenti a fronte delle tasse pagate!!
Davide
Non dimentichiamoci mai la situazione sociale esistente nel luogo in cui si nasce e la storia di ciascun individuo, altrimenti è la disumanizzazione. L’ipocrisia di una politica volta solo al massimo profitto permette in Europa la libera circolazione dei capitali (e favorisce il libero stabilimento delle imprese), le istituzioni europee sono molto attente ad evitare che le normative interne ai singoli paesi non ostacolino la libera circolazione. Siamo arrivati all’assurdo, i capitali finanziari e le persone giuridiche hanno più diritti degli esseri umani. Nel momento in cui non vedo più nell’altro un essere umano ma solo un nemico, colui che può ledere i miei diritti … è finita. Solo una politica sociale finalizzata al recupero del tessuto sociale potrà migliorare la qualità della vita di tutti noi e garantire pari opportunità. O forse pensiamo che in questa società tutti abbiano pari opportunità?
Francesco
Un ringraziamento sentito per lo studio e l’analisi fatta. La risposta alla domanda (perchè sindaci e prefetti non applicano le disposizioni vigenti) è molto semplice: si tratta della consueta ipocrisia italiana nell’applicare le leggi, della cronica mancanza di pragmatismo nell’affrontare i problemi, della spasmodica ricerca del cavillo per giustificare inerzia ed inettitudine. Con il paravento di una finta solidarietà, come testimoniato anche da risposte qui apparse, si sta alimentando una miscela esplosiva che entro breve esploderà.
Lia Toller
Oggi in Italia esiste un problema sicurezza che presenta troppe sfaccettature per ridurlo a questione legata all’immigrazione. Chi delinque può essere italiano, straniero, indigente, ricco, vicino o assolutamente lontano al potere economico e politico. In un sistema sociale degradato come il nostro l’insicurezza deriva tanto dalla presenza della microcriminalità nei quartieri quanto dalla crescente difficoltà a sopravvivere con un salario decente e un tetto sopra la testa, o dal degrado urbanistico in cui versano molte periferie. Le sanzioni , che nel nostro paese sono applicate tra l’altro in modo inadeguato e poco efficace, non possono essere l’unico rimedio per limitare il danno che da tutto ciò deriva. Quanto all’allontanamento dei cittadini neocomunitari non in possesso di risorse sufficienti per il proprio mantenimento concordo sul fatto che si può applicare la normativa vigente ma sollevo dubbi sull’efficacia di provvedimenti di allontanamento che ,data anche la condizione di nomadismo che caratterizza i destinatari,verrebbero facilmente aggirati tramite reingressi, ed altri espedienti che sono tipici di chi viene espulso o allontanato. Dobbiamo renderci conto che un’apertura delle frontiere declinata in termini economici ma per nulla programmata e ragionata nel suo impatto sul sistema sociale, amministrativo, penale dei paesi oggetto di flussi d’ingresso lascia sul tappeto problemi di questo tipo. In breve : non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca! Si è voluto approfittare dei vantaggi offerti dalla delocalizzazione nell’est europeo, si sono voluti allargare i mercati di sbocco di merci e manodopera e non si è pensato al fatto che, come i capitali, le persone si spostano dove conviene, soprattutto se stanno male. In un mondo globalizzato le organizzazioni sovranazionali come l’UE, gli stati e gli enti locali dovrebbero progettare accoglienza, integrazione, riduzione del disagio sociale e del degrado che nelle città affligge non solo gli stranieri ma spesso gli stessi connazionali. Tutto ciò sarebbe efficace -se vogliamo- anche dal punto di vista delle tecniche di controllo, e andrebbe coniugato ad un sistema di sanzioni che abbiano il carattere della certezza e dell’effettività, sistema di cui disponiamo ma che non sappiamo usare grazie all’inefficienza dell’amministrazione.
Fabrizio Scioscia
Io ho vissuto sulla mia pelle la libera circolazione, lavorando per un anno in Polonia come lavoratore autonomo. Io sono stato immediatamente controllato a domicilio dalla Polizia solo dopo aver fatto tutte le richieste inerenti la mia attività, altrimenti nessuno si sarebbe mai scomodato per andare a rintracciare una persona “inesistente”. Le autorità locali e nazionali non hanno conoscenza della presenza di un individuo europeo sul loro territorio se non a seguito di fatti delittuosi oppure espressa volontà dell’individuo di regolarizzare la propria posizione nel paese in questione. Quindi mi sembra di difficile attuazione andare ad espellere una persona di cui non si hanno tracce e di cui non si sa nulla. E poi una precisazione: per risiedere all’estero basta il tesserino sanitario nazionale che ha validità su tutto il territorio europeo, quindi non serve nessun altra assicurazione.
girolamo caianiello
Sarebbe bene chiarire una buona volta la differenza fra circolazione di capitali e imprese, da un lato, e circolazione di persone fisiche dallaltro, con riferimento a chi trova addirittura assurda una loro diversa regolamentazione. Lassurdità potrebbe certo affermarsi se la prima non trovasse limitazioni anche quando ne derivassero solamente oneri, attuali o potenziali, per il sistema socio-economico del Paese in cui capitali e imprese intendono stabilirsi, mentre tale eventualità determina invece le limitazioni poste alla seconda. Ove ciò non sia, non si vede contrasto logico nel differente trattamento fra le due ipotesi, salvi i motivi di umana solidarietà, del tutto estranei alla prima, che suggeriscano per la seconda un più favorevole trattamento, imponendo ovviamente di porsi i connessi e complessi problemi di sostenibilità.
Alessandro
Una risposta che mi viene in mente sul perchè sindaci e prefetti non applichino la legge, è che la legge sia fatta per non essere applicata. Se nello scrivere le regole, non si tiene adeguatamente conto delle difficoltà pratiche della loro applicazione, si fatica per nulla. Ad esempio, come è possibile che in caso di ragionevole dubbio sulla titolarità del diritto di soggiorno, l’onere della prova d’ingresso in uno Stato dell’area Schengen non sia a carico del cittadino straniero? Sebbene spesso le condizioni di degrado siano ben note i provvedimenti di espulsione devono essere personali e ciò implica un enorme dispendio di energie per le indagini e un conseguente rallentamento dell’intero sistema. Ora i sindaci e i prefetti invocano a gran voce nuove leggi e più poteri, ma perchè le democrazie contemporanee hanno sempre maggiormente bisogno del morto per dare risposte a problemi che, magari, proprio gli stessi sindaci e prefetti avevano già evidenziato e resi noti da tempo? Perchè, soprattutto in Italia, ci si è ridotti ad aver bisogno dell’emergenza per poter sperare in qualche cambiamento?
Peter Reister
Segnalo il mio caso perché credo che possa mettere in risalto le ambiguità di questa normativa. Sono nato in Italia da genitori stranieri e ci sono sempre vissuto, ma non ho mai preso la cittadinanza italiana (sono tedesco). In occasione di un cambio di residenza mi è stato chiesto di esibire il contratto di lavoro. E se non l’avessi? Potrei forse essere allontanato? Per andare dove, in Germania dove non sono mai stato registrato in nessuna anagrafe? Se non fosse stato per il cambio di residenza probabilmente nessuno mi avrebbe chiesto nulla.
rosario nicoletti
Larticolo chiarisce molto bene le due condizioni che consentono di allontanare un cittadino UE dal territorio nazionale: 1) ragioni di ordine pubblico, di sicurezza o di sanità 2) mancanza di un lavoro (autonomo o dipendente) o di risorse o di assicurazione malattie, dopo tre mesi di soggiorno.
Entrambe queste due condizioni sono difficilmente riconoscibili nelle situazioni reali, e credo sia normale che i prefetti o le autorità non possano utilizzarle per le espulsioni. Vediamo i motivi. La 1) è quasi risibile per la sua evanescenza: per avere sicura applicazione richiede una sentenza (passata in giudicato) emessa da magistratura, cioè qualche lustro. La 2) , dal momento che non si applica nei primi tre mesi di permanenza, presupporrebbe uno stretto controllo degli ingressi e successivamente del territorio, che credo non esista. Sarebbe necessario seguire quanti entrano senza contratto di lavoro e riaccompagnarli alla frontiera se non hanno sostentamento proprio. Una semplice proposta: allingresso, prendere le impronte digitali di chi entra in Italia senza un contratto di lavoro. Naturalmente, i benpensanti si stracceranno le vesti.
Gianluca
L’articolo è molto chiaro ed interessante. Purtroppo presenta un limite nella proposta. Già un altro lettore l’ha rilevata: con l’abbattimento delle frontiere interne tra i paesi sottoscrittori l’accordo di Schengen è impossibile dimostrare che un cittadino straniero è stato residente per oltre tre mesi in Italia piuttosto che in uno degli altri. Di più, potrebbe anche uscire dalla spazio comune di Schengen, verso paesi che riconoscono la carta d’identità come documento per l’ingresso, non facendo risultare, quindi, alcun espatrio. Esso, infatti, non avendo obbligo di passaporto né di timbratura dello stesso (un rumeno che va nel Regno Unito dall’Italia ad esempio) non risulterebbe uscito dall’Italia. Sicuramente l’obbligo della prova circa la mancanza dei requisiti deve spettare all’autorità amministrativa, per cui l’unica strada da percorrere sarebbe quella di un costante monitoraggio da parte delle forze dell’ordine con loro atti formali (i loro verbali fanno fede fino a prova di falso). Occorrerebbe un grande lavoro. Tutti i giorni o quasi un controllo dei campi dove molti di questi si trovano (parlando di rumeni). Si potrebbe pure fare, ma con quali costi in termini di denaro e di distrazione di polizia e carabinieri da altri incarichi? In realtà l’Italia non riesce ad incidere, né in termini di norme, né di stanziamenti economici, sulla clandestinità degli stranieri extra-comunitari dove i requisiti per il soggiorno sono molto più stringenti. Molti odiano i cpt. Ma il fenomeno si può controllare in misura accettabile solo se essi esistono, sono gestiti in condizioni umane decorose e soprattutto se ne vengono creati molti altri rispetto agli attuali. Altrimenti la maggior parte degli stranieri sebbene muniti di decreto di espulsione hanno infinite possibilità di restare per molto tempo in Italia: anche se successivamente controllati dalle forze dell’ordine molte volte (fermati, arrestati e poi giudicati) sono rimessi in libertà perché non ci sono i mezzi economici per fare tutti gli accompagnamenti coatti possibili (certezza della loro identità obbligo di un paese di riceverlo), né successivamente al realizzarsi delle condizioni necessarie perché non c’è posto nei cpt.
LPD
Inopinabile la constatazione che l’immigrazione vada controllata anche sulla base della sosenibilità dei costi economici e sociali che comporta. Mi pare però corretto affermare che la stessa, oltre ad essere una caratteristica fondamentale della società post-moderna, presenta anche dei vantaggi come quello di soddisfare la domanda delle imprese per certe tipologie di lavoro (la colf o il manovale, per intenderci). I problemi economici e sociali sono indotti dai "clandestini" poichè gli immigrati regolari lavorano e pagano le tasse. Detto ciò, la miope ed ideologica politica che si è sempre perseguita in Italia non ha favorito l’integrazione, generando molto spesso false credenze nell’opinione pubblica. Una volta erano i meridionali, ora gli extracomunitari….domani chi?