Da mesi si discute se il bonus si sia tradotto in un aumento dei consumi. Secondo Bankitalia l’effetto c’è stato. Secondo altri studi l’effetto è stato limitato. La difficoltà di capire chi ne ha beneficiato e la sottostima delle spese famigliari possono spiegare questa differenza.
Il bonus da 80 euro del governo Renzi è stata forse la misura di politica economica più importante per stimolare l’economia sostenendo la domanda.
I calcoli di Banca d’Italia
Ha destato molto dibattito e molte opposizioni. Molti hanno espresso scetticismo, sostenendo che un uso alternativo – ad esempio un abbattimento del costo del lavoro – avrebbe avuto effetti di stimolo maggiori. Altri, osservando la fiacca evoluzione della domanda interna, ne hanno decretato il fallimento. Io ho sostenuto in alcuni articoli sul Sole che una valutazione basata sui dati aggregati non ha senso: il bonus potrebbe aver avuto un effetto forte sui consumi anche se la crescita aggregata è modesta. Semplicemente in assenza dell’intervento sarebbe stata ancora più fiacca. Solo la disponibilità di dati sui consumi famigliari e il raffronto della dinamica della spesa tra famiglie beneficiare e non può dirci qualcosa sull’effetto del bonus Renzi.
In un articolo su lavoce avevo anche suggerito una metodologia per fare questa valutazione, usando i dati dell’indagine Istat sui consumi abbinati ai dati dell’agenzia delle entrate per identificare i percettori del bonus. Ieri in un incontro organizzato dall’Inps è stato presentato una calcolo preliminare di questo effetto (il titolo della presentazione è: Primi risultati dell’impatto del bonus “80 euro” sui consumi delle famiglie italiane). Risultato: “i consumi dei lavoratori dipendenti aumentano dopo l’introduzione del bonus ma l’incremento è generalizzato tra tutti i dipendenti (non solo tra i percettori del bonus) e principalmente tra i lavoratori con più di 26000 mila euro, cioè i non-percettori del bonus”. Da queste prime evidenze sembrerebbe che se il bonus Renzi ha avuto un effetto sui consumi questo è stato trascurabile (e concentrato al più nel 2015). Come concludono gli autori “al momento, (c’è) limitata evidenza che l’ aumento (dei consumi dei dipendenti) sia dovuto ai percettori del bonus”. Oggi nella relazione annuale della Banca d’Italia si riporta una stima, basata sull’Indagine della stessa banca sulle famiglie italiane, in cui si conclude “L’Indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia sul 2014 indica che il bonus fiscale per i redditi medio-bassi sarebbe stato consumato per circa il 90 per cento”. Tra un effetto trascurabile e 90 per cento c’è una bella differenza: tanta da decretare se il bonus Renzi è stata una politica fallimentare o un enorme successo. Perché queste stime sono così diverse? Dove sta la verità?
Le ragioni di questa divergenza
Iniziamo a chiederci cosa ci attenderemmo a priori. Il bonus Renzi è un taglio permanente delle imposte a un gruppo di consumatori, che si traduce in un aumento permanente del loro reddito disponibile. Per questa ragione (come sosteneva nelle sue rinomate teorie Franco Modigliani) i consumatori dovrebbero accrescere la spesa della stessa entità del bonus. Cioè spendere il 100 per cento degli 80 euro mensili. Ovviamente se credono che quel bonus sia per sempre, altrimenti ne spenderanno un po’ di meno. Ma anche se credono che il bonus il governo lo conceda solo una volta ma sono stretti dalla crisi, beh ne consumeranno una parte rilevante, ad esempio il 50-60 per cento, magari risparmiandone un po’ per l’incerto futuro . Insomma, teoria e buon senso sono più vicini alla stima della Banca d’Italia e lontani da quella presentata all’incontro Inps. Ma perché allora non si trova l’effetto nei dati Inps? La ragione più probabile è che i dati Inps non consentono di identificare con certezza i beneficiari del bonus. Questi vengono definiti sulla base del reddito osservato negli archivi Inps e delle soglie per poter ottenere il bonus (8000 e 26000 euro); ma i redditi Inps non hanno tutte le componenti necessarie per poter definire chi ha beneficato o meno del bonus. Se questa classificazione non è esatta ma c’è errore nella misura, soprattutto se l’errore è tanto, la stima dell’effetto sarà distorta esattamente verso zero. Una prima lezione è che se il risultato di una stima è molto lontano da quello che una buona teoria suggerisce, bisogna dubitare del risultato (e non divulgarlo fintanto che i dubbi non sono stati fugati). La stima della Banca d’Italia viene avanzata prudentemente e può essere soggetta anche essa a qualche distorsione; ma di tipo diverso. I percettori del bonus vengono identificati chiedendo ai partecipanti all’indagine se loro o i loro famigliari hanno ottenuto il bonus e l’ammontare complessivo. Non c’è ragione seria – salvo che qualcuno è smemorato – per dubitare che le famiglie conoscono se sono beneficiarie del bonus o meno e che sono disposte a condividere questa informazione con l’intervistatore. La stima di quanto hanno speso si basa su una successiva domanda dove dicono quanto – fatto 100 il bonus – è stato speso, risparmiato o usato per pagare debiti. In queste risposte ci può essere qualche errore. Ad esempio, alcuni possono esagerare la spesa se vogliono accentuare il loro stato di difficoltà. E’ possibile quindi che parte dell’effetto elevato possa riflettere questo meccanismo. Ma c’è spazio anche per sostenere che le risposte delle famiglie sottostimano la spesa effettiva.
Le conclusioni che il Governo deve trarre
La Presidenza del Consiglio ha costituito un gruppo di lavoro che userà la metodologia che avevo suggerito e identificherà correttamente i percettori del bonus grazie all’abbinamento dei dati sui consumi Istat con quelli dell’agenzia delle entrare. Quell’esercizio dovrebbe consentire di affinare la valutazione dell’effetto del bonus Renzi e di dire anche se la spesa di alcuni gruppi e quali, ha risposto maggiormente allo stimolo.
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Asterix
Il problema di questo intervento è che manca completamente di visione strategica. Non è un aiuto alle categorie più deboli perché ne sono esclusi gli incapienti e perché interessa solo alcune categorie reddituali. Non è una riforma dell’IRPEF, che rimane il prelievo sui redditi delle persone fisiche più alto in europa (le tabelle di confronto allegate alla riforma fiscale presentate in Parlamento sono impietose). Non è un sostegno ai consumi visto che contemporaneamente è aumentata l’aliquota IVA e l’accise sui carburanti. E’ un sostegno troppo limitato per causare uno shock sui consumi.. Quindi la domanda da tecnici che ci dobbiamo chiedere è se potevano essere investite tali somme in riforme più strutturali che avrebbero avuto un maggiore impatto sociale ed economico (tipo una riforma Irpef a tappe, come proposto dal nens o per avviare un reddito minimo garantito)? Si allora perché non è stato fatto? Per motivi politici il bonus 80 ha un impatto mediatico più forte rispetto alle altre misure ed era l’unica cosa che la politica di austerity ci poteva concedere.. Da qui la domanda è la seguente: le politiche di austerity e le politiche mediatiche possono assicurare all’Italia (e all’Europa) una vera crescita (quel 2-3% minimo richiesto per ridurre la disoccupazione come ogni economista sa)?
bob
…credere che si possano risolvere le difficoltà di questo Paese senza azioni drammatiche e dolorosissime o è da ingenui o è da furbi! L’ altissima % di “economia inutile” andrebbe eliminata ma un buon 70% delle persone si troverebbero a spasso. Soluzioni senza dolore a mio avviso non ci sono allora si vive sugli escamotage, sullo zuccherino ….senza neanche avere coscienza che ormai non viviamo più dentro una casa con porte e finestre da poter chiudere all’occorrenza, ma siamo su una piazza aperta a tutti i venti
Pif
Nell’economia, a dispetto dei sostenitori delle scelte razionali, conta molto la psicologia ( come dimostrato dalla behavorial economics) , ora è impossibile che il bonus non abbia avuto effetto, ma d’altro canto considerando che la sensazione che abbiamo come maggioranza di cittadini è che le tasse non diminuiscano e dalla crisi non siamo usciti ciò comporta un modesto aumento della propensione marginale al consumo dei percettori di bonus. Per allargare il discorso, se sulla componente consumi si riesce a far poco, poco si è fatto sulla componente spesa pubblica ( vedi piano Cottarelli abbandonato), gli investimenti privati restano al palo e quelli pubblici promessi da Juncker sono una bufala, infine non ci rimane che l’export ,che da segni di miglioramento, ma se avessimo la lira andrebbe molto meglio. Insomma non ci sono molte speranze e siamo e restiamo in un cul de sac e tutti ripongono eccessive speranze su San. Draghi.
roberto
L’effetto bonus scemerà passato il mese di luglio, dopo che tutti constateranno le proprie uscite con il pagamento delle tasse di saldo 2014 ed acconto 2015. Il bonus é stato un benefit per fine solo elettorali. Da una parte a dato e dall’altro a tolto, vedasi le detrazioni.
Massimo GIANNINI
Certo scrivere “Il bonus da 80 euro del governo Renzi è stata forse la misura di politica economica più importante per stimolare l’economia sostenendo la domanda” eppoi non saper dire né quanto né chi ne ha beneficiato è un vero controsenso. Un’economista dovrebbe per lo meno verificare il grado di correlazione statistica tra il bonus e la domanda aggregata. E’ ragionevole pensare che l’effetto sia nullo se da una parte si è dato un bonus ma dall’altra si sono aumentate alcune tasse…
Claudio
Soldi buttati, sprecati, gettati al vento senza avere una visione di lunga durata e complessiva del paese!
Riformando tutti gli ammortizzatori sociali si poteva fare una riforma del lavoro degna di questo nome con:
3 tipologie di contratto. Intederminato. Stagionale, Apprendistato
Abolizione per tutti dell’articolo 18 e di tutti gli altri impedimenti che ostano all’assunzione.
Cassa integrazione di 12 mesi subordinata al riavvio della produzione.
Unico ammortizzatore universale uguale per tutti.
a mio parere sarebbe stata una GRANDE riforma del lavoro semplice ed efficace!