Il declino demografico non è solo una questione di calo della popolazione. È soprattutto un problema di squilibri tra generazioni, con implicazioni sociali ed economiche. Favorire la ripresa delle nascite non basta. Per salvaguardare il nostro benessere futuro, è necessario agire in tre direzioni.
Per cinque milioni in più. O in meno
Stiamo forse uscendo dalla crisi economica, ma non da quella demografica. Al primo gennaio 2016 i residenti nel nostro paese risultano essere 60 milioni 665mila, con una perdita di 142mila abitanti rispetto a inizio 2015, secondo i dati del Bilancio demografico Istat.
Dopo una lunga fase di crescita, ora siamo ufficialmente in declino. Dobbiamo preoccuparcene? La risposta è sì, non tanto per il semplice fatto di essere in calo, ma per ciò che sta alla base della diminuzione e per le implicazioni che produce.
Modifichiamo allora la domanda: se anziché poco più di 60 milioni, fossimo 55 milioni oppure 65 milioni cosa cambierebbe? Le ultime due cifre non sono indicate a caso. Corrispondono alla popolazione che approssimativamente avremmo oggi in due diverse ipotesi: la prima se non si fossero verificate le immigrazioni consistenti dagli anni Ottanta in poi; la seconda se avessimo seguito un percorso di sostegno alle nascite simile alla Francia.
Cinque milioni in più o in meno di per sé non sembrano dirci molto sulla possibilità di vivere meglio o peggio in questo paese nei prossimi anni e decenni. In realtà dipende da dove si mettono o si tolgono questi abitanti. E allora è bene tener presente che nel declino sono soprattutto i giovani che perdiamo, come si può vedere in figura 1. In particolare, il divario delle curve tra l’Italia complessiva e quella senza stranieri, ci dice che l’immigrazione negli ultimi decenni non ha per nulla inciso sulla popolazione tardo adulta e anziana, ha invece contribuito a compensare, seppur solo in parte, la riduzione dei giovani e dei giovani-adulti italiani. Detto in altre parole, potremmo essere oggi 5 milioni in meno se non ci fosse stata l’immigrazione, con conseguenti maggiori squilibri nel rapporto tra generazioni a svantaggio della popolazione potenzialmente più attiva e produttiva.
Il divario delle curve tra Francia e Italia è invece utile per capire come la nostra maggiore denatalità abbia prodotto una erosione dal basso, rendendo via via sempre meno consistenti le nuove generazioni. I due paesi hanno, infatti, un numero non dissimile di residenti dai 40 anni in poi. La differenza diventa rilevante sui trentenni e si allarga in modo esorbitante nelle età ancora più giovani. Non aver fatto negli ultimi trent’anni il numero di figli realizzato dai francesi ci porta oggi ad avere oltre 5 milioni di abitanti in meno, ma con una perdita tutta concentrata, di nuovo, sulla popolazione potenzialmente più attiva e produttiva.
Come combattere il “degiovanimento”
Il declino demografico non è quindi solo una questione di calo della popolazione, ma ancor più di squilibri tra generazioni con le implicazioni sociali ed economiche che ne derivano. Il dato negativo del 2015 ci dice che il “degiovanimento” (riduzione dei giovani) è addirittura più forte dell’invecchiamento (aumento degli anziani): ovvero perdiamo più giovani di quanti anziani guadagniamo.
Cosa fare per non subire, o comunque limitare, le conseguenze negative sul nostro benessere futuro? Favorire la ripresa delle nascite è condizione necessaria (e urgente) ma non sufficiente. Anche se, per pura ipotesi, raggiungessimo nel giro di pochi anni i livelli della Francia (salendo da un figlio e un terzo a valori più vicini a due figli per donna), rimarrebbe in ogni caso il deficit dei nati negli ultimi trent’anni. In particolare, i 10-20enni di oggi sono già nati e sono molti di meno degli attuali 50-60enni. Quando avranno 30-40 anni e saranno al centro della vita produttiva e sociale (immaginatevi la curva di figura 1 che si sposta verso destra), il paese potrà crescere solo se nel frattempo li avremo rafforzati quantitativamente e qualitativamente.
Per farlo è necessario agire in tre direzioni contemporaneamente: migliorare la formazione di base e l’acquisizione di competenze avanzate nelle nuove generazioni; investire in politiche in grado di migliorare la possibilità di essere attivi e solidamente inseriti nel mercato del lavoro; gestire flussi di entrata funzionali al nostro modello economico e bilanciati rispetto alla possibilità di integrazione dinamica nel nostro modello sociale.
Su tutti e tre questi punti dobbiamo dimostrare di saper fare meglio e di più se non vogliamo condannarci a un irreversibile declino, non solo demografico.
Figura 1 – Popolazione per età all’1.1.2016. Francia e Italia (con e senza stranieri)
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Flavio
Grazie per questa sintetica analisi. Mi pare che le prime due delle tre proposte andrebbero comunque attuate a prescindere dalle considerazioni demografiche (sulla terza, io personalmente vorrei capire i dettagli, in ogni caso mi pare di difficile attuazione a meno che non si introducano delle discriminazioni).
In generale, tuttavia, non capisco tutta questa preoccupazione per il calo demografico considerate le pressioni ambientali che la popolazione esercita. E’ un dato infatti che il nostro “footprint” sulla Terra ha ormai superato il livello di sostenibilità. Quindi, a meno che non si trovi qualche tecnologia o sistema miracoloso che ci faccia consumare ai livelli attuali (o in crescita) senza mettere in pericolo la sostenibilità ambientale, oppure si decida di consumare meno in media (cosa che trovo irrealistica anche se auspicabile almeno per la parte ricca del pianeta), l’unica soluzione rimane il calo della popolazione dai livelli attuali. Ovviamente è un problema non solo italiano ma mondiale. Quindi sconsiglierei politiche di natalità come quelle francesi o di altri paesi (a parte investire in asili nido magari, che aiutano ambedue i coniugi a lavorare) che oltretutto non sono certo a costo zero.
oscar blauman
Essendo dell’avviso che il’ambiente debba essere la priorita’ nella nostra epoca sono d’accordo con il precedente commento. A proposito dell’articolo non ho trovato una chiara indicazione di quale sia il problema demografico a parte il tautologico invecchiamento della societa’. Credo di capire che ancora piu giovani aggraverebbero il problema dell’occupazione giovanile e non vedo gli anziani lamentarsi della loro condizione di piu di quanto non sia sempre accaduto.
D’altro canto una riduzione della popolazione metterebbe automaticamente a disposizione di una ridotta popolazione giovanile il patrimonio costante dei beni non deperibili
Essendo ovvio che non possa essere il pil globale l’obbiettivo di un paese, e’ dibattibile che lo sia quello pro capita, mi sembra ci sia solo da rallegrarsi di un imminente decrescita demografica.
Pier Doloni Franzusi
Dal punto di vista globale non c’e’ ovviamente alcun problema di bassa natalita’, ma se guardiamo al caso italiano le cose cambiano decisamente.
Con questa demografia ci sono due possibilita’:
– ci saranno sempre meno persone in eta’ da lavoro che dovranno mantenere i pensionati, fino a quanto l’economia sara’ strozzata dall’eccesso di spesa o i diritti dei pensionati saranno fortemente ridotti
– dovremmo aprire sempre di piu’ all’imigrazione da quei paesi dove la natalita’ e’ elevata, con conseguenze a livello sociale e identitario fortissime
Secondo me e’ il singolo argomento piu’ importante per un paese come l’Italia, altro che…
oscar
L’italia e’ un paese a densita’ di popolazione molto alta vedi per es il grafico population density vs energy consumptiom p.c. a http://www.theenergycollective.com/robertwilson190/257481/why-power-density-matters per un confronto quantitativo. Lo so quantificare e’ complicato ma non c’e’ alternativa al metodo di Galileo.
“ci saranno sempre meno persone in eta’ da lavoro che dovranno mantenere i pensionati, fino a quanto l’economia sara’ strozzata dall’eccesso di spesa o i diritti dei pensionati saranno fortemente ridotti” e’ generico e non sostanziato da nessuna analisi, la crisi economica presente e’ da eccesso d’offerta, se non siamo capaci di ridistribuire equamente le risorse esistenti e’ un altro problema, non mi sembra ragionevole volerlo risolvere con un aumento della popolazione.
Gianmarco
Sorprendente vedere la maggioranza dei commentatori felicitarsi del declino demografico. Ho il sospetto che a parlare siano persone sicure di avere un’ottima pensione (che anche se decurtata sarà sempre sufficiente), senza o con pochi figli (per i quali è già pronto un paracadute), il tutto condito da un ambientalismo chic (non facciamo figli per abbassare l’impronta ecologica, ma non abbassiamo invece il tenore di vita).
oscar
Reazioni viscerali come la precedente dimostrano come il problema sia sentito e quindi merita d’essere approfondito al di la di provocazioni insulse come l’invocazione ad un ambientalismo chic. C’e’ una letteratura scientifica che aiuta a metter ordine, inquadrare il problema, dare risposte spesso parziali ma anche incoraggianti, per es: A broader analysis that incorporates private intergenerational transfers and the capital costs of equipping each new generation shows that low fertility, older populations, and gradual population decline favor the material standard of living.
La citazione viene da “Is Low Fertility Really a Problem?” , http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4545628/ , non facile da assimilare per la quantita’ di informazione ma senz’altro piu’ soddisfacente, anche ad una lettura superficiale, dell’articolo di Rosina. Speriamo solo che la confessionalita’ dell’ istituzione a cui appartiene non origini un bias nelle sue tesi.
Danilo
Non capisco il problema demografico. Vi sembra che siamo pochi; sette miliardi, a respirare su questo velo di cipolla (come lo ha definito l’ultima astronauta italiana che è andata nello spazio) dovranno adattarsi a respirare carbonio al posto dell’ossigeno. Considerando che ora siamo solo due miliardi a deteriorare questo velo. A Voi le riflessioni. Grazie per l’opportunità.
Marco
Volevo chiedere al Prof. Rosina se quei 5 milioni di giovani che mancano possono essere attribuiti alla legge sull’aborto: non so come mai ma il numero è in linea col numero degli aborti dal ’78 in poi (si parla di 6 milioni di persone mancanti). Grazie molte per la risposta e complimenti per la sua attività divulgativa.
Marco
Mara Gasbarrone
L’aborto c’è anche in Francia, dove ci sono 5 milioni di giovani in più.
Marco
Ok, vediamo se vale anche per la Francia, considerando la popolazione senza stranieri.
stefano
E’ un calcolo che non ha senso per una banale ragione: nel ’78 fu depenalizzato l’aborto, non fu introdotto. Prima di allora venivano eseguiti milioni di aborti clandestini o all’estero. L’introduzione della legge ha piuttosto ridotto il numero di aborti. Per cui non vi è nessuna connessione con la diminuzione delle nascite, peraltro resa possibile da una maggiore informazione sull’uso dei metodi anticoncezionali, che rappresentano oltretutto una forma di prevenzione del’aborto.
Marco
“Prima di allora venivano eseguiti milioni di aborti clandestini o all’estero.” Dove hai trovato questi dati lisergici?
Comunque la domanda iniziale era stata posta al Professore, non a Mara o stefano.
Grazie
Carlo
Non capisco come si possa parlare di demografia in una logica “nazionale”. Negli ultimi 70 anni siamo passati da 2.5 a 7 miliardi di persone , e stiamo avvicinandoci ai 10.Questi 4.5 miliardi di persone sono nati nelle regioni piú povere del pianeta, e la ricerca di migliori condizioni di vita ha generato enormi flussi migratori.la sovrappopolazione mondiale é causa di scarsitá di risorse primarie come l’acqua, di crescente povertá e di devastazione dell’ambiente . Dire che gli italiani dovrebbero fare piú figli é demeziale in questo contesto, dobbiamo tutti fare meno figli, per compensare paesi come quelli africani che fanno 5 o 6 figli per donna
enzo
Anche se sono daccordo con le 3 proposte conclusive faccio alcune osservazioni.1 I paesi scandinavi furono svuotati dall’emigrazione negli usa. anche grazie a questo divennero modelli di benessere successivamente 2 i paesi del nordafrica hanno un boom demografico ininterrotto : questo non ha portato la felicità da quelle parti 3 gli usa hanno molto meno abitanti d’ europa ma un reddito superiore 4 e’ vero la piramide è deforme ma questo è stato causato dalla vera crisi demografica italiana qiella degli anni 60 ( non auspico un ritorno alla situazione deomografico/economica dell’anteguerra ) 5 il mondo economico pretende una popolazione conforme alle proprie esigenze altrettanto fanno gli individui regolandosi anche in tema di natalità in base alle opportunità che l’ambiente socioeconomico offre
bob
“Il declino demografico non è quindi solo una questione di calo della popolazione, ma ancor più di squilibri tra generazioni..”. riguardo l’ Italia oltre che uno squilibrio tra generazioni c’è uno squilibrio territoriale pauroso con territori sovrappopolati e altri autentici deserti. In ogni caso sia il calo demografico che gli squilibri territoriali sono frutto di una politica e di politicanti miopi causati negli ultimi 35 anni. Le tre direzioni che indica il prof. con tutto il rispetto per il suo lavoro, sono supposizioni teoriche a mio avviso non possono trovare applicazione nella pratica. Perchè? Siamo ultimi nella scuola e in Internet, non abbiamo mercato del lavoro qualificato, stiamo distruggendo lo stato sociale. Queste sono cose che hanno bisogno di progetti e tempi lunghi, io direi per essere ottimista che sacrificheremo almeno 2-3 generazioni. Il declino di questo Paese ha una data precisa 1970 avvento delle Regioni fine del sistema- Paese. Per fare progetti del genere abbiamo bisogno di un Paese che non vedo più
Marco
Professor Rosina,
una domanda, non è polemica, trollaggio ecc, sono semplicemente ignorante in questo argomento..
Ok essere di più, ma se la maggior parte dei giovani (20-30 anni) è disoccupata, a che pro avere più abitanti se quelli che ci sono non possono, non per volonta loro, contribuire?
Zeus
Ai professoroni sfugge un concetto semplicissimo.
La demografia non è produzione.
Nel Bangladesh sono tutti giovani e prolifici ma resta e resterà un paese povero in crisi permanente.
Un sessantenne del Giappone probabilmente produce e consuma più di 10 ventenni del Bangladesh.
1 milione di immigrati, del tipo di quelli che arrivano attualmente non corrispondono ad 1 milione di consumatori o lavoratori.
Corrispondono ad 1 milione di probabili disoccupati che non consumano ma anzi si attaccheranno allo stato sociale.
Almeno contribuiranno a tagliare le pensioni ai professoroni.
Henri Schmit
Ottimo articolo. La situazione è spaventosa. Le soluzioni tutte difficili. 1. Allungare il ciclo lavorativo, ritardare la pensione. 2. Agevolare fiscalmente e socialmente le mamme bei primi anni dopo il parto, con detrazioni, sussidi e asili nido. È quella la soluzione francese, e non solo, di 30 anni fa!!! 3. Integrare un numero congruo di giovani immigrati, desiderosi di lavorare. I vecchi rifiutano la prima misura, il governo non ha i mezzi per la seconda e i partiti senofobi denigrano la terza. Ma servono tutte e tre. Siamo messi male.
Emilio
Così come la guerra è una cosa troppo seria per essere decisa dai militari anche la demografia è argomento troppo serio per essere “gestito” dai demografi specialmente se di orientamento confessionale.
Amedeo Levorato
Osservo, e forse sfugge ai più preoccupati di andare d’accordo con Gaia, che 5 o 10 milioni di abitanti in meno significano -20% di domanda su beni di consumo, capitale investito quale infrastrutture, case, centri commerciali, trasporti. La deflazione non è solo un problema di eccesso di offerta ma di mancanza di domanda. Ospitare, educare, promuovere l’immigrazione e aumentare le nascite offrendo lavoro e prospettive ai giovani rappresentano priorità nazionali. Chi non vede è cieco.
Alessandro Buono
Caro Amedeo, come si può considerare ancora l’immigrazione come una soluzione? Solo ignorando le tristi conseguenze sociali che ha sulle comunità, cancellandone i fondamenti storici e culturali. La scienza economica non da le soluzioni a tutti i problemi.
Fabio
sempre IMHO la contrazione nella domanda di beni di consumo si ha gia’ ora e non e’ dovuta al calo di popolazione bensi’ al fatto che manca il lavoro e la sicurezza economica. questa mancanza e’ dovuta alla tecnologia ed all’informatica che hanno tolto milioni di posti di lavoro che in precedenza erano appannaggio della massa.
Fabio
Come al solito in questi articoli si tende a vedere solo una parte del problema ovvero: meno giovani=meno lavoratori=meno soldi per il welfare degli altri. Quindi bisogna crescere di numero.
Ragionamento semplicistico e IMHO senza senso perche’ implica che la crescita dovra’ essere sempre continua e costante altrimenti ogni momento di calo demografico riproporra’ lo stesso scenario.
Ma questo ragionamento non tiene conto di tanti altri fattori. Il primo e piu’ eclatante che tutti ben sanno e’ che la tecnologia e l’informatizzazione hanno tolto e toglieranno un’infinita’ di posti di lavoro. Ne hanno introdotto anche qualcuno che prima non esisteva ma il numero dei posti di lavoro perduti nelle fabbriche e nella vita quotidiana e’ enorme mentre quelli introdotti sono pochi. Percio’ aumentare ulteriormente la popolazione non fara’ altro che portare a futuri ed ancora piu’ gravosi problemi perche’ si avranno legioni di giovani ed immigrati (nel nostro caso di basso livello di istruzione) senza lavoro e mezzi di sostentamento. Ovvero una miscela esplosiva.
Invece bisogna ridurre il numero degli abitanti, quindi ben venga la contrazione. Certo l’improvvisa disparita’ numerica nelle fasce d’eta’ introdurra’ problematiche che bisogna gestire controllare quella fase che durera’ venti-trent’anni durante la quale i tanti anziani del boom delle nascite prenderanno la pensione prima di passare a miglior vita.
Ma, sempre IMHO, una riduzione della popolazione e’ auspicabile.
mimmus
Ho scritto la stessa cosa più sotto!
Chi non lo capisce, è miope.
Tommaso
Parlate per luoghi comuni, i soliti luoghi comuni. Più diminuisce la popolazione e più le risorse per gli anziani dovranno essere elargite tassando patrimoni e quant’altro (tutte cose che i giovani non hanno), ed è ovvio che in questo paese c’è chi preferisce far nascere o importare nuovi schiavi che avere una tassa in più sul proprio castello. In secondo luogo se a nascere e a venire qui sono solo i poveri avremo solo una massa di disoccupati e nessuno sarà in grado di pagare le pensioni, e questo graverà sulle stesse imprese, costrette a chiudere per la tassazione estremamente elevata. Ma poi, perché mai i giovani dovrebbero pagare le pensioni a chi gli ha rubato il futuro e continua a farlo? Unica soluzione è privatizzare le pensioni (attualmente un residuato da regime socialista), e tassare i patrimoni per detassare la produttività; le pensioni le paghino i novantenni miliardari con gli yacht e le 10 case in centro storico, non i giovani disoccupati e le pmi
mimmus
Il problema dscritto è reale ma transitorio, sicuramente serio per quelle fasce di età che si troveranno a non essere “sostenute” da un adeguato numero di persone in età produttiva.
A regime, però, la popolazione necessariamente scenderà verso un numero più ridotto e una composizione complessiva più sostenibile.
Il famoso “meno siamo e meglio stiamo” 🙂