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Sempre meno omicidi in Italia

Il numero di omicidi commessi nel nostro paese scende costantemente da 24 anni. Un cambiamento importante che dovrebbe rimettere in discussione idee molto diffuse sulla violenza nella società italiana, l’influenza della lunga crisi economica e il divario Nord-Sud. L’affermazione dello Stato.

Il tasso più basso di sempre

È appena arrivata una notizia buona, anzi ottima, che nessuno poteva prevedere e neppure sperare. Si aggiunge ad altre ventitré dello stesso stampo, note da tempo, ma che pochi osservatori hanno preso sul serio. La notizia è che, nel 2015, il numero di omicidi commessi nel nostro paese è diminuito ancora, passando dai 475 dell’anno precedente a 468. E d’altra parte è dal 1992, ovvero da ventitré anni, che il tasso di questo reato ha conosciuto una continua e apparentemente inarrestabile flessione, arrivando ora a 0,80 per 100mila abitanti (figura 1).
Il calo ha riguardato tutte le forme di omicidio: di criminalità organizzata, legato a furti e rapine, commesso per liti, risse e futili motivi o per passioni e conflitti fra familiari. Così oggi l’Italia ha il tasso più basso di questo reato della sua storia recente e passata (figura 1). Il più basso dell’ultimo secolo e mezzo, perché, subito dopo l’Unità, era di 6,8 per 100mila abitanti, otto volte e mezzo maggiore di quello attuale. E a ben vedere anche il più basso degli ultimi sei secoli, perché nella prima metà del Quattrocento era di 62 per 100mila abitanti, secondo una stima fatta da storici seri e rigorosi in base a una buona documentazione.

Figura 1

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Fonte: elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno

Violenza e crisi economica

Si tratta di uno straordinario cambiamento che dovrebbe rimettere in discussione tre idee molto diffuse nell’opinione pubblica e tra buona parte degli studiosi. La prima è che la società italiana è dominata dalla violenza e che anzi non vi è mai stato un periodo in cui questa malattia sociale abbia colpito tante persone. È un’idea alimentata anche dai mezzi di comunicazione di massa, che continuano a rifarsi al principio che “if it bleeds, it leads”, ovvero “se c’è sangue, suscita interesse, fa notizia”. Ed è un’idea talmente radicata che chi la condivide accoglie con scetticismo, se non con una punta di irritazione, ogni notizia che tenda a smentirla.
Ovviamente, vi sono forme diverse di violenza, verbale e fisica, rivolta contro gli animali e gli esseri umani, contro gli amici, i familiari o gli estranei, i nostri pari o gli inferiori. Ma è indubbio che, da tempo immemorabile, quella omicida è la forma più grave di violenza e che in Italia non è mai stata così poco frequente come oggi.
La seconda idea riguarda le conseguenze della grande crisi economica degli ultimi anni. La lunga recessione che ha colpito il nostro paese ha avuto sicuramente effetti su molti aspetti della società italiana, sullo stile di vita, le scelte familiari, lo stato di salute e l’umore delle persone. Ma, a differenza che in altri paesi (ad esempio in Grecia), non ne ha avuti sulla frequenza della violenza omicida. La flessione del tasso di omicidi registrata a partire dal 1992 non ha subito un’inversione di tendenza e non si è arrestata nel 2008 né negli anni successivi, ma è continuata durante tutto il periodo della crisi (figura 1).

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Il divario Nord-Sud

La terza idea ha a che fare con le differenze e le diseguaglianze territoriali. Il dualismo Nord-Sud, lo sappiamo bene, è una caratteristica strutturale dell’economia e della società italiana. Considerato nell’arco di un lungo periodo di tempo, il divario fra le regioni centro settentrionali e quelle meridionali e insulari è diminuito per certi aspetti (la salute e la speranza di vita, l’istruzione), aumentato per altri (il Pil pro capite). Dal 2008 a oggi, durante gli anni della crisi, le differenze sono ulteriormente cresciute per quanto riguarda il tasso di occupazione delle donne, quello dei giovani diplomati e laureati, la percentuale di famiglie in povertà assoluta. Non altrettanto si può invece dire per l’andamento del tasso di omicidi: nell’ultimo quarto di secolo, è diminuito in tutte le regioni italiane, salvo che nel Molise dove è sempre stato particolarmente basso (tabella 1). La flessione è stata molto forte anche nelle regioni settentrionali più avanzate – in Piemonte, in Lombardia, in Liguria, nel Veneto, in Emilia Romagna – dove si è ridotto di due terzi. Ma ancora più forte è stata la riduzione in quelle meridionali. In Campania, oggi, il tasso di omicidi è quasi un quarto rispetto al 1991, in Calabria un settimo, in Sicilia addirittura un decimo. Il divario fra il Sud e il Nord è dunque diminuito, in modo considerevole. Se nel 1991 nel Mezzogiorno ci si uccideva 5,4 volte più che nel Settentrione, oggi lo si fa 2,2 volte di più (figura 2).
La letteratura scientifica internazionale è sostanzialmente d’accordo nell’attribuire diminuzioni così forti della violenza omicida all’affermazione dello Stato, della sua capacità di detenere il monopolio della violenza legale, della sua legittimità e all’interiorizzazione, da parte dei cittadini, dell’imperativo che non ci si può fare giustizia da soli. Questa ipotesi può aiutarci a capire cosa è successo, e sta succedendo, nel nostro paese.

Tabella 1

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Fonte: elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno

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Figura 2

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Fonte: elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno

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18 commenti

  1. Emil

    E’ possibile risalire indietro e mostrare come il tasso di omicidi sia modificato passando dal fascismo alla repubblica?

    • Stefano

      Ovviamente no poiché durante il fascismo non c’erano statistiche, e i numeri erano tutti falsati ad arte per scopi propagandistici. Ne sia un tipico esempio il famoso caso Girolimoni.

  2. Cesare Didoni

    Sarebbe interessante qualche confronto internazionale: Italia vs Europa, media, Paesi principali; vs USA etc

    • Counterspeech

      A questo link di Eurostat i dati disponibili sugli omicidi nei paesi europei:
      http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/File:Homicides,_average_per_year,_2007–09_and_2010–12_(per_100_000_inhabitants)_YB14.png
      Questi sono invece i dati nazionali USA per omicidi dal 1960 al 2012 (fonte Dipartimento di Giustizia):
      Estimated murder and nonnegligent manslaughter
      Year United States-Total

      1960 9,110
      1961 8,740
      1962 8,530
      1963 8,640
      1964 9,360
      1965 9,960
      1966 11,040
      1967 12,240
      1968 13,800
      1969 14,760
      1970 16,000
      1971 17,780
      1972 18,670
      1973 19,640
      1974 20,710
      1975 20,510
      1976 18,780
      1977 19,120
      1978 19,560
      1979 21,460
      1980 23,040
      1981 22,520
      1982 21,010
      1983 19,308
      1984 18,692
      1985 18,976
      1986 20,613
      1987 20,096
      1988 20,675
      1989 21,500
      1990 23,438
      1991 24,703
      1992 23,760
      1993 24,526
      1994 23,326
      1995 21,606
      1996 19,645
      1997 18,208
      1998 16,974
      1999 15,522
      2000 15,586
      2001 16,037
      2002 16,229
      2003 16,528
      2004 16,148
      2005 16,740
      2006 17,309
      2007 17,128
      2008 16,465
      2009 15,399
      2010 14,722
      2011 14,661
      2012 14,827

  3. Molto interessante e sicuramente analisi corretta.
    Mi stupice che tra i fattori menzionati per spiegare il divario Nord Sud e la sua convergenza sia stato omesso l’omicidio di stampo mafioso.
    Nel periodo analizzato i soli omicidi di stampo mafioso (approssimazione per difetto visto che in molti casi l’attribuzione può essere difficile) sono passati da un tasso di circa 0.5 a uno di
    Questi hanno raggiunto un tasso di 0.5 (per 100k ab.) nel 1991 a meno di 0.1 nel 2015. Considerato che questi si concentrano soprattutto nel Meridione (e in realtà in Sicilia, Campania a Calabria), questa variabile è probabilmente che maggiormente spiega il trend.
    Peraltro il 1991 è un anno peculiare, poichè fu un anno di guerre di mafia, soprattutto di ‘Ndrangheta. Questa anomalia non lo rende un buon termine di paragone.
    Sulla riduzione degli omicidi mafiosi ci sono diverse interpretazioni. In parte le mafie non hanno il potere che avevano negli anni ’80 e ’90. In parte, la conflittualità interna si è ridotta (ad eccezione della Campania, che infatti è oggi la regione con i tassi massimi). In parte le mafie hanno compreso che la violenza omicida attrae l’attenzione e genera una reazione da parte dello stato.

  4. tOM

    Il Rapporto sulla sicurezza nel Trentino dice che negli ultimi 10 anni sono aumentati le lesioni personali, le rapine in abitazione e i furti in abitazione o esercizi commerciali. Quest’ultimi di pari passo con l’aumento della disoccupazione (e quindi dell’immigrazione, soprattutto se sotto-scolarizzata). Misurare un fenomeno complesso analizzando un singolo parametro è fuorviante. Inoltre, un tasso di violenze sessuali di 13 ogni 100’000 abitanti nella provincia di Bologna non mi lascia certo un’impressione di Italia sicura che lei vorrebbe dimostrare.

  5. Secondo me anche l’invecchiamento della societa’ gioca un ruolo nella diminuzione degli omicidi. Per valutarlo, basterebbe probabilmente disaggregare il numero di omicidi di autore noto per classi di eta’.

  6. roberto savastano

    rifacendomi al principio “if it bleeds, it leads”, una vera emergenza sarebbe quella dei così detto femminicidio. Termine a mio parere insulso, ma tant’è. La narrazione generale lo da in paurosa crescita. Questo articolo suggerisce l’evidente contrario; esistono comunque sequenze di numeri certi in merito? grazie

  7. Denise

    Anche a me l’analisi pare incompleta e basata su un unico indicatore.
    Auspico che venga completata aggiungendo indicatori più dettagliati, vuoi in termini di violenza generale, violenza sulle donne, o reati contro la proprietà. Così com’è, non fornisce alcuno scenario.

    • Alvise

      Mi chiedo piuttosto se il calo di omicidi non sia dovuto semplicemente al calo dei decessi, ovvero dipeso dalla capacità di salvare la vita della vittima, in questo caso il dato tanto rassicurante è semplicemente viziato perché si confrontano dati non omogenei: quello che prima sarebbe stato classificato come omicidio, ora diventa tentato omicidio o anche semplicemente violenza. Mi piacerebbe poi sapere se non c’è anche una diversa classificazione degli omicidi-suicidi,o di coloro accompagnati all’estero per suicidarsi.
      Un po’ come dire che i furti calano perché calano le denunce, senza tener conto che queste possono dipendere semplicemente dalla minor propensione della gente a sporgere denuncia. Se infatti andiamo a vedere le statistiche sulla violenza domestica, queste è molto inferiore nelle comunità straniere, ma mi sa semplicemente che dipende più da un fatto culturale di non denunciare la violenza e la sopraffazione domestica verso la donna, per isolamento sociale o perché considerato un fatto normale in quella cultura.

      • bruno osti

        le stesse capacità di salvare la vira delle vittime è prerogativa di tutti i Paesi, diciamo così, evoluti.
        Non credo che nella media degli ospedali in Italia, ci siano chirurghi più bravi della stessa media di quelli in altri Paesi

  8. Rocco Di Rella

    Finalmente una persona seria che NON vuole campare sulle e delle paure alimentate dai mezzi d’informazione. Anch’io, da anni, tenevo sotto controllo il costante calo degli omicidi in Italia. Mi fa molto piacere che lo si faccia notare. L’Italia sta diventando sempre più civile. La crisi economica e le ondate migratorie non stanno generando più violenza nella società italiana. Spero che si consolidi la tendenza alla diminuzione degli omicidi, in modo tale da rendere disoccupati tutti quei cronisti, avvocati, criminologi, politici e sociologi che si occupano di stupidi assassini. Sconcerta il sensazionalismo creato dai mezzi d’informazione sugli omicidi, se paragonato all’indifferenza con cui trattano le morti per incidenti stradali. Sulle strade italiane, muoiono ogni anno più di tremila persone; il loro numero è sette volte il numero delle persone assassinate. Nessuno fa campagne per l’introduzione dei limitatori automatici di velocità, perché conviene di più criminalizzare gli immigrati che attaccare gli interessi delle case automobilistiche.

  9. Dario

    È bello vedere ragionamenti sensati sulla base di dati storici e con respiro decennale così da individuare le tendenze.
    Sarebbe stato interessante dividere la violenza provata e i crimini riconducibili a una matrice mafiosa.
    Mi colpisce in particolare che l’apparente leghista e intransigente Veneto abbia il tasso più basso nonostante una popolazione importante.
    Complimenti e buon lavoro!

  10. Carlo Bressan

    Anche un omicidio è troppo ma resta il fatto che in Italia sono un decimo di quelli negli USA dove le armi circolano liberamente.
    Potenziare il presidio della Forza Pubblica è la strada per proseguire in questo circolo virtuoso

  11. Strano, sono diminuiti gli omicidi e sono aumentate di molto le persone scomparse.Non sarà che gli uccisi sono finiti nell’elenco sbagliato? (Giusto per dimostrare che I’Italia è un paese sicuro).

  12. Daniele Gouthier

    Esistono i dati per genere? Quante vittime donne, quanti uomini? Quanti omicidi donne, quanti uomini?

    Sarebbe anche interessante capire la relazione di genere tra omicida e vittima, se c’è e in che misura una prevalenza di uno dei quattro casi maschio-maschio, maschio-femmina, femmina-maschio, femmina-femmina. Grazie

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