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Quell’Italicum che tutti (non) vogliono cambiare

Tra polemiche e mozioni incrociate provenienti da tutti gli schieramenti, l’Italicum è un cantiere ancora aperto e che non accenna a chiudersi. Con il rischio di trasformarsi in una legge elettorale approvata, ma mai utilizzata.

Il primo luglio di quest’anno è entrata in vigore la nuova leggere elettorale (L. 52/2015; conosciuta come “Italicum”), che sostituisce la precedente dopo che questa era stata corretta per vizi di incostituzionalità dalla Consulta.
L’Italicum è una legge elettorale che prevede un premio di maggioranza per la lista vincitrice (almeno 340 seggi sui 630 totali) e un eventuale secondo turno qualora nessuna lista raggiunga il 40 per cento dei voti al primo turno. Altre caratteristiche dell’Italicum sono la presenza di capilista bloccati, di liste di lunghezza variabile su cui è possibile esprimere fino a due preferenze (per candidati di genere diverso), e la totale mancanza di un qualche riferimento all’elezione del Senato. Il testo dell’Italicum infatti è stato concepito in modo tale da accompagnarsi alla riforma costituzionale che a breve sarà sottoposta al giudizio degli elettori e che prevede, per l’appunto, la riforma radicale del Senato della Repubblica. Ovviamente, legge elettorale e riforma costituzionale vivono ognuna una vita propria. Ma dato l’intreccio evidente tra le due, non c’è da stupirsi che il consenso sulla riforma costituzionale passi anche da contrattazioni sull’Italicum stesso.
A riprova di ciò, alcune mozioni sul tema sono state recentemente presentate, discusse e votate alla Camera. Vediamo di che cosa si trattava.

Le mozioni delle opposizioni…

Tre le mozioni presentate dalle minoranze di opposizione, tutte poi respinte.
La mozione di Sinistra italiana si concentrava sui vizi di incostituzionalità che la Consulta aveva già evidenziato con riguardo alla legge precedente e che, secondo i firmatari, l’Italicum finirebbe per riproporre. Nello specifico, questi vizi riguardano da un lato la “lesione dell’uguaglianza del voto e nella violazione del voto diretto” dovuta alla presenza del premio di maggioranza, e dall’altro la “mancata previsione di meccanismi idonei a consentire ai cittadini di incidere sull’elezione dei rappresentanti” per via della presenza di capilista bloccati.
La mozione del Movimento 5 stelle invece, oltre a criticare aspramente la legge in vigore, proponeva di approvare “in tempi rapidi […] una nuova legge elettorale con formula proporzionale in circoscrizioni medio-piccole e modalità di espressione della preferenza da parte degli elettori”.
Una mozione del centrodestra (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega Nord), infine, chiedeva invece che le necessarie modifiche alla legge avvenissero “in tempi ristrettissimi, immediatamente dopo il prossimo referendum costituzionale”. 

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… e la pigrizia della maggioranza

Vaga e squisitamente politica la mozione presentata dalla maggioranza, che impegna la Camera “ad avviare nelle sedi competenti una discussione […] al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte”. La mozione, che è stata approvata, non ha ottenuto il voto della minoranza del Partito democratico ed è servita probabilmente solo a mostrare un certo grado di apertura – ma davvero poca voglia –  verso la possibilità di rimettere mano alla materia elettorale.

Un “cantiere” ancora aperto

Nessuna proposta tra le varie mozioni discusse contiene alternative precise all’Italicum. L’unica proposta alternativa era e resta quella del M5s, che rimane comunque sul vago per quanto riguarda i dettagli. In ogni caso, è utile ricordare che il proporzionale con possibilità di esprimere le preferenze è già stato sperimentato nel nostro paese per le elezioni parlamentari fino agli inizi degli anni novanta, per poi essere abolito proprio a seguito di due referendum popolari (1991, sull’abolizione delle preferenze multiple; 1993, rinuncia del principio proporzionale). Un sistema simile resta comunque ancora in vigore per quanto concerne le elezioni europee. Rispetto al passato, la proposta del M5s sembra distinguersi per l’esplicito riferimento a circoscrizioni piccole, sul modello spagnolo, che tendono a premiare i partiti più grandi e a punire in maniera anche eccessiva i partiti medio-piccoli, avvantaggiando al tempo stesso minoranze fortemente radicate in territori specifici. Bisogna però ricordare che il sistema elettorale spagnolo ha funzionato sì bene in presenza di due soli grossi partiti, ma che con l’emersione di forze alternative è entrato in crisi, tanto è vero che a dieci mesi dalle prime elezioni e a tre dalle seconde, il Parlamento spagnolo non è ancora riuscito ad esprimere una maggioranza di governo (si veda qui e qui).
Sull’Italicum, oltre al dibattito parlamentare (che per quanto poco produttivo avviene almeno alla luce del sole) e a quello tra e nei partiti (che avviene in maniera più latente) grava anche la futura decisione della Corte costituzionale, che avrebbe dovuto esprimersi il prossimo 4 ottobre ma che ha rinviato, probabilmente a dopo il referendum costituzionale, il suo giudizio.
Il cantiere sulla legge elettorale, dunque, resta aperto. E la possibilità che l’Italicum passi alla storia come una legge elettorale mai utilizzata è sempre più reale.

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  1. L’apertura del Presidente del Consiglio a modifiche all’Italicum è solo una trappola per attirare voti al referendum (e dare un pretesto a chi dice che con questa legge elettorale vota no)

  2. Bobcar

    Non capisco questa frase “il sistema elettorale spagnolo ha funzionato sì bene in presenza di due soli grossi partiti, ma che con l’emersione di forze alternative è entrato in crisi” non vedo la crisi del sistema elettorale. In un contesto politico quadripolare, il sistema spagnolo ha dato un esito in termini di seggi parlamentari “quadripolare”. Dunque, direi che ha funzionato benissimo, cioè ha fatto quello che doveva fare, cioè riflettere la volontà popolare espressa con il voto nel parlamento. Casomai, quello che vuole dire è che il “sistema politico bipolare” in Spagna è andato in crisi, non il sistema elettorale. Certo che confondere “sistema politico” e “sistema elettorale” ragazzi miei…

  3. Non è corretta l’analisi della proposta elettorale M5S che è precisa e non replica il difetto del sistema in vigore prima dei referenda 1991 e 1993 (di cui il secondo era quello stravolgente), perché l’assegnazione dei seggi avviene in modo definitivo nei collegi e non a livello nazionale. Non è corretta l’analisi del sistema spagnolo meglio valutato dal commentatore bobcar. Il così detto Democratellum potrebbe essere una soluzione intelligente accettabile a quasi tutti (avversari politici e giuristi, giudici) a condizione di mettersi d’accordo su collegi omogenei di 3 a 5 seggi (cioè dividendo in due gli attuali collegi dell’Italicum da 6, 7, 8 o 9 seggi) e limitare la preferenza ad una sola (che vale sia per la lista sia per il candidato). Tale soluzione rispetterebbe tutte le osservazioni fatte dalla Corte cost. e escluderebbe comunque individui e liste che non raggiungono il 16%/24% circa in almeno uno dei circa 160 collegi. Sarebbe molto favorevole ai grandi partiti e movimenti soprattutto se poi si usa anche la formula di riparto “giusta”, cioè la d’Hondt. Provate ad assegnare 5 seggi con 30, 29, 16, 14 e 11% a solo cinque liste in corsa.

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