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Tre banche un soldo

Come si è arrivati al dissesto delle banche di provincia, che fino a pochi anni fa andavano a gonfie vele? Sono state gestite essenzialmente come centri di potere e hanno finanziato attività immobiliari di ogni tipo, senza adeguate garanzie. Come si è sgonfiata la bolla del credito immobiliare.

Un favore a Bankitalia e governo

Tre banche un soldo, come alle fiere di paese di una volta. È questo il prezzo a cui Ubi si accinge a rilevare quello che resta di Banca Etruria, Banca Marche e Cassa di risparmio di Chieti. Un dato che la dice lunga sullo stato di salute del sistema bancario: le banche operavano (soprattutto le prime due) nel cuore della provincia ricca italiana, quella che ha un reddito pro-capite fra i più alti d’Europa, quella che giustamente consideriamo la spina dorsale del nostro sistema produttivo. Insieme a Cariferrara, componevano la “banda dei quattro”, cioè delle banche di provincia che alla fine del 2015 sono state poste in amministrazione straordinaria, ripulite di una parte notevole dei crediti deteriorati, trasferiti a una bad bank e affidati per un anno alle cure dell’ente di risoluzione delle crisi. Ma sia alla prima scadenza per la vendita fissata dalla Commissione europea alla fine di aprile 2016, sia alla proroga al 30 settembre, nessuna offerta vincolante si era materializzata.
Alla fine, solo Ubi si è dichiarata disponibile all’acquisto, ma ha escluso tassativamente di occuparsi di Cariferrara. E – va detto subito – non può certo essere accusata di approfittare della situazione. Al contrario, fa un grosso favore alle autorità e al governo perché l’integrazione sarà tutt’altro che facile e indolore.

La bolla del credito immobiliare

La domanda che sorge spontanea è: come è stato possibile portare al dissesto banche che solo dieci anni fa erano considerate altrettanti punti di forza del localismo bancario e macinavano utili a tutto spiano? Non era certo facile ridurre in questo stato miserrimo tanti istituti in un periodo di tempo relativamente breve.
La risposta è molto semplice: tutte le banche entrate in crisi (quelle citate, ma anche le popolari venete, Carige e via bancarottando) sono state gestite essenzialmente come centri di potere e dunque erogavano credito in funzione degli interessi di una parte consistente dell’establishment locale, soprattutto perché hanno cavalcato con incosciente disinvoltura la fase favorevole alla crescita degli impieghi bancari che si è aperta con l’avvio dell’euro.
Anche in Italia gli impieghi bancari sono cresciuti a un ritmo molto più alto del Pil nominale a partire dal 1999 e hanno finanziato in gran parte attività immobiliari di ogni tipo, promosse da vecchie volpi del settore come i Ligresti o dai giovani rampanti (i “furbetti del quartierino” copyright Ricucci) che ambivano anche a entrare nei prestigiosi salotti di Mediobanca o del Corriere della Sera.
In provincia si sono finanziati generosamente i centri commerciali che devastavano le periferie (gli “spendodromi” come li definisce Stefano Benni) oppure si sostenevano finanzieri estranei alla zona d’azione tipica della banca, ma tutti con la loro brava connessione al potere che conta per acquisire meriti, nella consapevolezza che prima o poi il favore sarebbe stato restituito. Ma una gran parte delle nuove iniziative si è tradotta in colossali invenduti e bagni di sangue finanziario.
C’è stata anche in Italia una bolla del credito immobiliare che ha cominciato a sgonfiarsi nel 2005 sotto l’incalzare degli scandali e delle inchieste della magistratura e che non poteva che aggravarsi con la crisi finanziaria generale. Un dato per tutti: dei 174 miliardi di sofferenze lorde al settembre 2016 (ultimo Bollettino statistico della Banca d’Italia), quasi la metà (il 41,7 per cento) sono di competenza del settore delle costruzioni e delle attività immobiliari che invece pesano per poco più di un quarto (26, 3 per cento) sui crediti “vivi”. La rischiosità delle attività immobiliari è cioè doppia della media. Non basta: poco più della metà di quei crediti è assistito da garanzia reale (il 56, 5 per cento), il che è una chiara indicazione di quanto rischio le banche abbiano deciso di prendere.
Insomma i dati nazionali dimostrano che c’è stata anche in Italia una potente allocazione sbagliata del credito a favore delle attività immobiliari, che è stata una delle principali cause, se non la principale, dei diffusi dissesti delle banche di provincia. Ma, poiché queste rappresentano comunque una frazione non maggioritaria del sistema, si possono trarre indicazioni poco rassicuranti sull’efficienza delle risposte che le banche italiane hanno saputo dare a partire dagli anni Novanta ai processi di privatizzazione e di integrazione europea. Insomma, andiamoci piano a considerare la crisi di queste banche che oggi valgono meno di un caffè come un episodio marginale e limitato della situazione di quello che era stato definito ufficialmente il sistema bancario più solido d’Europa. Come nella satira di Orazio, a molti grandi banchieri nazionali che contemplano le vicende delle banche in dissesto si potrebbe dire: de te fabula narratur (è di te che si parla in questa favola).

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  1. Nino

    A distanza di quasi venti anni possiamo dirlo che c’è stata una parte d’Italia, rappresentata da Prodi, che ha lavorato per riportare in ordine i conti (dopo il dissesto del 1992) e un’altra parte, cavalcata da Berlusconi, che pur avendo a disposizione (o proprio perché li aveva) gli insight necessari a contenere la crisi, ha voluto approfittarne. Dove non è arrivata la coscienza dell’uomo e la lenta giustizia dello Stato, arriverà l’anagrafe.

  2. Ma la situazione adesso lei com e l definirebbe ,tenuto conto degli interventi del governo in generale il sistema bancario itailiano e’ o non e’ ancora buono o ci si deve aspettare delle novita’ negative per i risparmiatori .Le poste italiane come le vede .Lei farebbe degli investimenti sulle proposte delle poste o no?

  3. Professor Onado , comprendo la critica alle banche “locali” ma meno l’implicita estensione a quelle di maggiore rilevanza. Per molti anni ho seguito il contenzioso di una delle banche che sono confluite in una delle principali banche odierne ed ho avuto modo di verificare come le banche “locali”, fossero esse banche popolari o di credito cooperativo, fossero pericolosamente condizionate dai rapporti con i loro soci, finanziandoli in maniera preferenziale sino al punto di trasferire al resto del sistema i loro problemi: in breve, dare il “benefondi” riguardo agli assegni tratti da lorosoci- clienti su conti scoperti o gestire le sofferenze – quando i soci- clienti erano finanziati da molte altre banche – assicurandosi garanze non revocabili prima di lasciar emergere il dissesto aziendale. Il rapporto con i soci-clienti prevaleva sulla trasparenza del sistema, se possibile non si segnalavano le sofferenze (danneggiando in maniera scorretta le altre banche, si trattasse di credito immobiliare o industriale). Quali dati La inducono ad evocare Orazio?

  4. Interessante analisi delle CAUSE dei NPL. Dare la colpa all’inettitudine di poche banche locali non convince. Il credito immobiliare dovrebbe rappresentare dopo i titoli di Stato la quota più sicura degli impieghi. Ormai solo il 56% di quei crediti è coperto da ipoteche perché in 10 anni i valori sono crollati. Perché il problema emerge tanti anni dopo la crisi dei sub-prime negli USA? Perché nel frattempo tutto è rimasto bloccato? Perché fino a ieri chi ha il potere e le responsabilità, governo e vigilanza, insisteva che le banche italiane sono le più solide? Le vere cause del disastro – di cui il buco delle banche locali è solo un epifenomeno – sono più profonde, strutturali: bizantinismo normativo (iter dei permessi di costruire, procedure lente di realizzazione delle garanzie, procedure fallimentari farraginose, regimi fiscali inefficienti) e amministrativo (potere politico locale discrezionale, giustizia lenta e incerta, controlli deboli) creano sacche di potere occulto, zone grigie di abuso e di frode, sfruttate da operatori senza scrupoli, da amministrazioni locali conniventi, dai partiti loro riferenti, appoggiati anche da banche primarie (ecco Orazio!) talvolta implicate in vere e proprie frodi. Il risulta (voluto) è sotto gli occhi di tutti: sviluppo immobiliare sregolato, arricchimento veloce, rischio bancario; deficit e debito in aumento mentre numerosi colpevoli se la godono impuniti. Il sistema da a mangiare a tanti, chi rema contro viene estromesso.

    • Matteo Montedoro

      Condivido, aggiungendo che la leggerezza da parte delle autorità nei controlli in fase di introduzione dell’EURO, che ha prodotto l’esplosione dei prezzi immobiliari, ha stimolato ancora di più gli investimenti immobiliari ed il relativo finanziamento. Anche in tal caso la nostra politica corrotta ha spiegato i propri tentacoli a favore di palazzinari.
      Di tutto questo sfacelo e dei principali artefici, pochi parlano. In compenso si enfatizzano le sole colpe di alcune banche di provincia.

  5. Michele

    Pessime notizie per il futuro del mercato immobiliare italiano: quando i tanti NPL ceduti dovranno essere monetizzati al meglio dagli acquirenti, arriverà sul mercato una gran massa di immobili con valori di carico molto bassi (30%?) e quindi con una elevata propensione ad abbassare considerevolmente i prezzi per accelerarne il realizzo.

    • Silvio

      Cribbio “-Se si continua a dire che l’ economia va male, la gente poi si convince e finisce che va male davvero- Conoscete la barzelletta della tribù indiana che va a domandare a un santone su un monte come sarà l’ inverno alle porte?”
      [cit. Silvio Berlusconi all’incontro a Bruxelles con Gerrit Zalm (5-7-2004)]

    • fatti neri

      purtroppo questo già accade da due anni……….le prime 4-5 sedute vanno deserte a casua della tempistica: le perizie risalgono a 3-4-5-6- anni fa a seconda dei casi,,,,quindi ai tempi in cui i prezzi erano ben naggiori degli attuali. tra questo e pesante imu su 2a casa ect ci siamo avvitati verso il basso. non è un caso ma cosa voluta

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