Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Berlusconi sulle coperture del programma del centro-destra. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.
Quanto costa il programma di centro destra?
Molto è stato detto sulla fattibilità delle proposte dei partiti politici, in particolare per i programmi elettorali più roboanti. Silvio Berlusconi però rilancia, e a Che tempo che fa, su Rai 1 afferma:
“Abbiamo trovato per i conti, che per noi sono di 110 miliardi, una possibile copertura di 275 miliardi. Arrivano da tax expenditures, trasferimenti alle imprese (30 miliardi), evasione fiscale (40 miliardi), chiusura cause fiscali di 21 milioni di contribuenti”.
Una promessa impegnativa, che va analizzata nel dettaglio. Berlusconi centra l’attenzione sulle coperture individuate, ma qualche parola si può spendere anche sulla maggiore spesa prevista. 110 miliardi è la cifra individuata da Forza Italia, che non corrisponde però ad altre analisi di osservatori indipendenti. Carlo Cottarelli, fondatore dell’Osservatorio sui conti pubblici, ha individuato nel programma del centro-destra misure per almeno 136 miliardi di euro, con fonti di copertura di circa 82 miliardi. Roberto Perotti, su Repubblica, indica i costi tra 171 e 310 miliardi e addirittura solo 10 miliardi di coperture
Le coperture: tax expenditures
Per quanto riguarda i 275 miliardi di coperture annunciati, circa un terzo della spesa pubblica complessiva, probabilmente l’ex presidente del Consiglio si riferisce a un orizzonte di legislatura.
La prima voce riportata dal leader di Forza Italia è il taglio delle tax expenditures, le cosiddette spese fiscali, cioè detrazioni e deduzioni che lo stato elargisce. In totale, secondo l’Ufficio valutazione impatto del Senato nel 2016 erano in vigore sconti fiscali per 54,5 miliardi a livello centrale e 22 miliardi a livello locale. Tenendo per buona l’ipotesi che Berlusconi riesca a imporne il taglio completo anche agli enti locali, il maggiore gettito disponibile si assesterebbe a poco più di 76 miliardi di entrate. L’abolizione totale di queste misure sarebbe d’altronde in contraddizione con alcune proposte del centro-destra, come il mantenimento della detrazione per spese sanitarie e delle deduzioni della rendita catastale sulla prima casa. Roberto Perotti, nell’articolo su Repubblica, calcola in soli 10 miliardi i tagli possibili alle spese fiscali; l’Osservatorio dei conti pubblici, più ottimista, arriva a 64 miliardi (pari alla perdita di gettito dovuta all’introduzione della flat tax). Prendiamo in considerazione una copertura di 54,5 miliardi, il 100 per cento delle spese fiscali riconosciute dallo stato, una stima molto ottimistica, che comporterebbe d’altra parte un aumento di pari impatto della pressione fiscale.
Trasferimenti alle imprese
Berlusconi si concentra poi sul taglio dei trasferimenti alle imprese. In totale sono 32 miliardi di euro (2013, per il Mef), si tratta di sussidi, ma anche di trasferimenti erogati in cambio di servizi prestati da imprese pubbliche (in particolare partecipate dallo stato o dagli enti locali). Nel 2014 erano ad esempio circa 5 miliardi e mezzo i trasferimenti a Ferrovie dello stato, Poste e Anas, e circa 2 miliardi le commesse militari. Vi è poi una quota di finanziamenti che sono in realtà prestiti a tassi agevolati e garanzie, volte a favorire il credito per le imprese. Non si tratta quindi di spesa, ma di crediti dello stato nei confronti delle imprese, non computati nel deficit e dunque non aggredibili per tagliare le tasse. Gli ex commissari alla spending review indicano in non più di 6 miliardi i margini di risparmio.
Lotta all’evasione fiscale
Secondo Berlusconi, dobbiamo poi aggiungere il recupero di evasione fiscale, dovuto all’introduzione della flat tax. Il leader di Forza Italia abbozza un numero: 40 miliardi di nuovo gettito, contro i 20 miliardi di quest’anno. Il rapporto di governo del 2017 sul fenomeno stima che nel biennio 2012-2014 l’ammontare delle entrate sottratte al bilancio pubblico si aggirava intorno ai 110 miliardi. L’obiettivo di Berlusconi sarebbe quindi di recuperarne il 36 per cento.
È difficile valutare l’attendibilità di un’affermazione così generica, ma abbiamo provato a stimare il recupero di gettito fiscale simulando l’impatto dell’aliquota raccomandata dall’Istituto Bruno Leoni (25 per cento) sugli scaglioni di reddito, l’unica proposta di flat tax strutturata. La letteratura economica suggerisce che soltanto gli estremi della distribuzione del reddito (i primi scaglioni e gli ultimi) rispondono a variazioni nella tassazione. Applicando l’aliquota del 25 per cento a tutti i contribuenti che oggi hanno un’aliquota media superiore (quindi agli scaglioni più elastici), i nostri calcoli indicano che il recupero di gettito sarebbe soltanto di alcuni miliardi, un numero almeno dieci volte inferiore rispetto a quello auspicato da Berlusconi.
Al di là delle previsioni numeriche, la riduzione dell’evasione resta comunque uno degli effetti attesi della riforma del sistema fiscale nel medio-lungo periodo, e dunque non può essere annoverata tra le coperture immediate del programma del centro-destra.
La chiusura delle cause pendenti
Berlusconi dichiara infine che una parte delle risorse proverrà dalla chiusura delle cause pendenti con Equitalia di 21 milioni di contribuenti. Il dato è corretto, citato in un’audizione del presidente e amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Ruffini. Ma quanti soldi possono ragionevolmente essere recuperati dalle cartelle esattoriali non riscosse? I dati dell’Agenzia delle entrate indicano:
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- 817 miliardi di carico contabile residuo nel periodo 2000-2016;
- di questi, soltanto 495,2 miliardi recuperabili (il resto è a carico di soggetti falliti, deceduti o nullatenenti o per i quali la riscossione è stata sospesa).
Secondo le previsioni di Ruffini, tuttavia, solo 51,9 miliardi potranno essere verosimilmente riscossi.
Berlusconi punta alla pacificazione fiscale e offrirà ai contribuenti in debito la chiusura delle pendenze con il fisco pagando il 5, 10 o 20 per cento di quanto dovuto. Nell’ipotesi più rosea in cui tutti i soggetti solventi intendano pagare, questo porterebbe a riscuotere dai 40 ai 60 miliardi aggiuntivi una tantum.
Il verdetto
Anche ammettendo che le previsioni di Berlusconi siano realistiche (e abbiamo visto che alcune non lo sono), se sommassimo i 55 miliardi provenienti dalle tax expenditures, i 30 miliardi dai trasferimenti alle imprese, i 20 di maggiore gettito per la riduzione dell’evasione e, applicando l’aliquota del 10 per cento, i 50 miliardi di entrate a seguito della pace fiscale, avremmo 155 miliardi di risorse per finanziare il programma, prima che la flat tax entri a regime. Ben 120 miliardi in meno rispetto alle previsioni. Non sappiamo se nella lista di Berlusconi ci siano altre voci non citate in diretta tv, ma risulta difficile pensare di recuperare una cifra simile dalla porzione residua di spesa pubblica. La dichiarazione, e la promessa, di Silvio Berlusconi è dunque FALSA.
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Marco La Colla
Nelle promesse di Berlusconi, fatte solo a fini elettorali, si parala di una flat tax al 23% che, se effettivamente applicata, comporterebbe l’abolizione di una serie di detrazioni attualmente in vigore (spese sanitarie,interessi sui mutui, ecc.) che sono le principali utilizzate dalle famiglie. Ma se l’IRPEF applicata fosse già del 23%, questa riforma comporterebbe un aggravio notevole di costi, proprio per quei contribuenti con un reddito più basso. Sarebbe il caso di calcolare quanti contribuenti si troverebbero in tale condizioni e l’aggravio di costi che ne deriverebbe