Annunciando di aver riesaminato la propria strategia di politica monetaria, la Federal Reserve ha di fatto allungato ulteriormente l’orizzonte della politica degli acquisti e dei bassi tassi d’interesse. Come leggere le parole del presidente Jerome Powell.
Autore: Andrea Terzi Pagina 1 di 4
Andrea Terzi si è laureato in economia politica presso l’Università Bocconi di Milano e ha conseguito il Ph.D in economics presso Rutgers University. È professore di economia nella Franklin University Switzerland, ricercatore associato del Levy Economics Institute del Bard College (NY), e insegna Economia Monetaria nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È autore di La Moneta (Farsi un'idea, il Mulino, 2002) e Salviamo l'Europa dall'austerità (2014, Vita e Pensiero). È coautore e coeditore di Euroland and the World Economy: Global Player or Global Drag? (Palgrave Macmillan, 2007).
A settembre la Bce ha deciso di introdurre due livelli di remunerazione sulla liquidità in eccesso detenuta dalle banche. I vantaggi dell’intervento sono tanti. Soprattutto incoraggia una maggiore attività del mercato monetario tra diverse giurisdizioni.
Al di là dell’inviperito tweet di Trump sul taglio dei tassi timido, ha fatto notizia la decisione della Fed di immettere liquidità in un sistema bancario che ha un eccesso di riserve. Fa trasparire la necessità di una messa a punto delle tecniche operative.
Di fronte a una nuova probabile recessione mondiale l’arma monetaria è spuntata perché manca lo spazio per ridurre i tassi di interesse, già molto bassi. Dunque, non resta che una svolta nella politica fiscale, con o senza un bilancio federale unico.
Al Forum per i primi venti anni di euro, Mario Draghi ha aperto a nuovi interventi della Bce per sostenere l’economia europea. La Bce ha già salvato l’Europa una volta dall’implosione finanziaria. Ora però è tempo di scelte politiche condivise.
L’incompletezza dell’unione monetaria dà un pericoloso alibi ai governi nazionali, soprattutto quando non sanno proporre un disegno coerente per il futuro del loro paese. La risposta è una struttura istituzionale europea che punti a una maggiore equità.
Mario Draghi ha ribadito che non è imminente un rialzo dei tassi e che il Qe continuerà. Ma il programma di acquisto dei titoli non è uno strumento per contenere gli spread. È perciò nell’interesse dell’Italia cercare un compromesso con la Commissione.
Nonostante le rassicurazioni della Bce, la crescita non appare ancora così solida. Mentre l’inflazione eccezionalmente bassa potrebbe essere l’occasione per introdurre strumenti fiscali per finanziare progetti di investimento di interesse europeo.
Il ministro Savona sembra aver confuso creazione delle Omt, avvio del Qe e rientro delle banche dai crediti con i paesi in crisi. Chi lo ha criticato è caduto in altre inesattezze. Facciamo un po’ di chiarezza, proposta sul tasso di cambio compresa.
Di per sé la fine annunciata del Quantitative easing non avrà un effetto diretto sugli spread. Perché la moneta unica è irreversibile. A patto però che i paesi non mettano in discussione il disegno politico dell’Unione europea e, anzi, sappiano riformarlo.