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VIDEO NEGATO ALLE OPPOSIZIONI

Della rappresentazione equilibrata di tutte le forze politiche nell’informazione televisiva non ci si dovrebbe preoccupare solo in campagna elettorale. Tanto più quando il quadro politico cambia, come è avvenuto in Italia dopo le elezioni del 2008. Governo e partiti di maggioranza tendono sempre più a essere considerati soggetti mutuabili e l’opposizione è ora suddivisa in diversi soggetti. C’è poi la questione della visibilità dei partiti non rappresentati in Parlamento. Sono tutti elementi della generale difficoltà a declinare il principio del pluralismo politico.

La questione di un’equilibrata rappresentazione delle forze politiche nell’informazione televisiva si pone anche al di fuori delle contingenze elettorali, durante le quali si diffonde una sorta di “febbre del minutaggio”. Del resto, però, è la stessa disciplina vigente in materia di par condicio (legge 28/2000) a dare particolare attenzione ai periodi campagna elettorale.

LA REGOLA DEI TRE TERZI

Un possibile parametro di valutazione dei rapporti di forza nello spazio dedicato a governo, maggioranza e opposizione è la cosiddetta regola dei tre terzi, di derivazione francese. Prima della revisione intervenuta nel 2000, la regola in questione stabiliva che in Francia il totale del tempo di parola, cioè il tempo fruito direttamente in voce, del governo, della maggioranza e dell’opposizione dovesse essere equamente ripartito fra i tre soggetti.
La regola, ancorché oggetto di critiche, poteva considerarsi in sintonia con un contesto politico-istituzionale sostanzialmente bipolare come il nostro, caratterizzato fino alla scorsa legislatura da un’opposizione parlamentare unica ancorché eterogenea. E infatti, non di rado, è preso a riferimento nel nostro paese da politici, osservatori, giornalisti, rappresentanti dei broadcaster. Tuttavia, il mutamento del sistema partitico all’indomani delle elezioni politiche del 2008 solleva alcune questioni in tema di pluralismo politico nell’informazione televisiva.
Il soggetto opposizione è oggi articolato in opposizioni. Senza particolari forzature, se ne possono contare addirittura cinque: tre presenti in Parlamento, ossia il Partito democratico, l’Italia dei valori, l’Unione di centro, e due extra-parlamentari, la destra e la sinistra, cosiddetta radicale, che comprende anche le forze ecologiste e socialiste. In sostanza, l’innegabile semplificazione del quadro partitico si è accompagnata a un aumento del numero dei “poli” di opposizione.
In un contesto così rinnovato, vi è il rischio che, seguendo la regola dei tre terzi, la quota riservata alle opposizioni abbia un peso specifico minore rispetto al pur recente passato.
Il rischio è accentuato dal fatto che si assiste sempre più frequentemente a una polarizzazione della dialettica politica governo versus opposizione. Non da questa legislatura, infatti, l’esecutivo tende ad assumere il ruolo di “comitato direttivo” delle Camere, con un ampliamento dello spazio a esso riservato nell’informazione televisiva, a detrimento di quello dedicato agli stessi partiti della maggioranza. Per tutte queste ragioni, occorre insomma chiedersi se il rapporto due terzi all’endiadi governo-maggioranza e un terzo alle opposizioni possa costituire oggi un parametro di riferimento adeguato in termini di garanzia del pluralismo politico.

E CHI NON È IN PARLAMENTO?

L’altra questione è la rappresentazione televisiva delle forze politiche che, pur non avendo raggiunto le soglie previste dalla normativa elettorale nazionale ed europea, sono ancora radicate nel tessuto sociale del paese. Nelle ultime elezioni europee queste forze hanno complessivamente raccolto circa il 10 per cento dei voti, alcune attestandosi non troppo al di sotto della soglia di sbarramento del 4 per cento. Si tratta poi spesso di forze presenti e determinanti in numerosi esecutivi di Regioni ed enti locali. E in vista della tornata elettorale del 2010, non si deve trascurare il fatto che le caratteristiche dei sistemi regionali di voto incentivano, e in non poche Regioni rendono necessaria, la formazione di coalizioni le più inclusive possibili.
La questione della rappresentazione televisiva di queste forze politiche può essere affrontata ancora una volta attraverso la comparazione con altri paesi di democrazia pluralista. In Francia, il rigido schema quantitativo dei tre terzi è stato sostituito nel 2000 dal Conseil supérieur de l’Audiovisuel (Csa) con il principe de référence. Non solo prescrive un riequilibrio dei tempi goduti da maggioranza, governo e opposizione, ma estende il diritto di tribuna, sia pure senza definirne le modalità applicative, a una quarta categoria: i partiti non rappresentati in parlamento.
In Italia, invece, dopo le elezioni politiche, le opposizioni rappresentate in Parlamento hanno coperto circa il 95 per cento dello spazio complessivamente offerto all’opposizione dai telegiornali nazionali, considerando il tempo fruito dal soggetto politico sia direttamente in voce sia attraverso la mediazione giornalistica. Poche e ben circoscritte le eccezioni (cfr tabella). Nel primo anno della legislatura in corso, le forze di destra e di sinistra cosiddette radicali hanno goduto in media, rispettivamente, solo dello 0,2 per cento e dell’1,3 per cento del totale del tempo di antenna dei soggetti politico-istituzionali nei telegiornali.
Ruolo e rapporti di forza tra governo, maggioranza (che tendono sempre più a essere considerati soggetti mutuabili) e opposizione (anche alla luce della sua "nuova" articolazione) nella comunicazione politica, visibilità dei partiti non rappresentati in Parlamento sono questioni che sottolineano le più generali difficoltà di declinare nella pratica, anche al di fuori del mero momento di campagna elettorale e alla luce dei possibili mutamenti nel contesto politico-istituzionale, il principio del pluralismo politico nel sistema dell’informazione televisiva.

Presenza dei partiti di opposizione nei telegiornali –  1 maggio 2008 – 28 aprile 2009
% sul totale tempo di antenna dei soggetti politico-istituzionali (*)
                             
Partiti mag giu lug ago set ott nov dic gen feb mar 3-15 apr 16-28 apr media
  2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2008 2009 2009 2009 2009 2009 periodo
Pd+Partito Radicale 16,2% 14,5% 18,3% 14,2% 17,8% 18,1% 16,8% 25,6% 17,0% 27,2% 16,8% 12,1% 15,7% 18,2%
Italia dei valori 3,0% 4,1% 4,4% 1,7% 2,1% 3,7% 3,1% 5,0% 3,6% 2,1% 2,1% 1,1% 2,4% 3,1%
Centro (a) 2,7% 2,2% 2,8% 1,7% 2,5% 2,4% 2,3% 1,8% 2,3% 2,3% 2,2% 3,1% 3,0% 2,4%
Sinistra (b) 1,1% 0,9% 4,4% 1,0% 0,9% 1,2% 1,1% 0,9% 1,4% 0,9% 0,6% 0,4% 1,4% 1,3%
Destra (c) 0,5% 0,0% 0,2% 0,4% 0,1% 0,0% 0,7% 0,1% 0,2% 0,1% 0,1% 0,0% 0,2% 0,2%
Totale opposizioni 23,5% 21,8% 30,0% 19,1% 23,3% 25,4% 24,0% 33,4% 24,4% 32,5% 21,8% 16,6% 22,6% 25,2%
Fonte: elaborazione su dati Isimm Ricerche                        
                             
(*) Incluse le alte cariche istituzionali (Presidente della Repubblica, presidenti della Camera e del Senato) alle quali mediamente viene attribuito tra il 10 e il 15% del totale del tempo di antenna
(a) Udc, Svp e Autonomie
(b) Partito socialista – Sinistra democratica – Verdi – Pdci – Prc
(c) La Destra – Forza Nuova

 

Foto: da Porta a Porta, Rai

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L’ITALIA ALLA FINE DEL TUNNEL. A MOTORE SPENTO

  1. mirco

    A dire il vero non esistono solo le problematiche evidenziate nell’articolo. Spessissimo i telegiornali Rai per non parlare dei telegiornali Mediaset, sembrano dei rotocalchi di gossip. Privilegiano notizie futili, prive di interesse giornalistico serio. Il telespettatore che ascolta il telegiornale si aspetta di essere informato sulle cose veramente importanti (politica economia, scienza e anche costume, ma nel senso di teatro, cinema, musica non nel senso di sapere quale attore è stato tradito sentimentalemnte). Ho l’impressione che i telegiornali siano veicoli pubblicitari occulti (si fanno spot passandoli come notizie) per non far sapere al popolo la realtà. E questa è mancanza di democrazia. Il cittadino non è messo nelle condizioni di poter sapere per decidere e deliberare sulle cose della repubblica. I giornalisti non hanno la schiena diritta. La classe dirigente di questo paese è indifendibile un pò in tutte le categorie, questo è il vero problema dell’Italia.

  2. Gabriele Andreella

    Non si capisce (anzi, si capisce sin troppo bene: è la volontà del Sultano) per quale motivo sia necessario appellarsi a delle regolette arbitrarie per limitare (in modo, peraltro, sempre minimo e comunque insufficiente) lo strapotere mediatico di un partito. E la risposta è semplicissima: non esiste la volontà di porre rimedio al monopolio di un mercato televisivo chiuso e senza un briciolo di concorrenza (non si può neanche parlare di cartello: Rai, Mediaset e La7 sono un unicum). Piuttosto di queste analisi che definire oziose è eufemistico, impegnatevi per denunciare il monopolio: dal punto di vista giornalistico si tratta di un’inchiesta facilissima, giacché sono addirittura presenti palesi illegalità (per alcune delle quali l’Europa ci ha già bacchettato). Stare al giochetto delle regolette insulse (come la idiotissima par-condicio, perfettamente inutile in un settore minimamente concorrenziale) è stolto.

  3. luca

    Non comprendo il perchè si debbano riservare quote di presenza ai partiti non presenti in Parlamento. Se vogliono dire qualcosa, acquistino lo spazio come privati cittadini. Oppure approfittino degli inviti a trasmissioni a tema, ma facendo ben capire, non come di sovente capita, di non essere più onorevoli. Per quanto riguarda gli eletti, invece, è giusto fissare un tetto massimo di presenza, onde evitare posizioni predominanti. Anche in questo caso, se si pagano gli spot di tasca loro, i partiti non mi creano alcun danno.

  4. Marco

    Concordo con Mirco sui contenuti spesso superficiali dei tg di tutte le reti. Basta notare quante notizie di cronaca relegate dai giornali in pagine interne occupano invece i primi minuti dei tg, spesso con accompagnamento di immagini ripetitive di auto della polizia che sgommano, ecc. Sul pluralismo politico noto che pressoche tutte le trasmissioni politiche o parapolitiche trasmesse in prima serata sono orientate a sinistra, temo che questa sovra-presenza alla fine non giovi neppure alla sinistra seria. Quando poi i testimonial sono delle stupidelle snob…meglio meno trasmissioni ma più serie, pluraliste, informative.

  5. flavio

    Il "duopolio" RAI+Mediaset e le rispettive "catene di controllo", oltre all’assenza di un mercato televisivo decentemente concorrenziale sono la vera causa all’origine di questi risultati. La sensazione è che anche coi primi sviluppi del digitale terrestre aumenteranno i canali, ma non si sta riducendo la quota di mercato televisivo del "duopolio" RAI+Mediaset. Un intervento serio in materia è un’assoluta necessità, ma chi è in condizione di favore non interverrà certo per favorire gli avversari auto-riducendosi il vantaggio! Sarebbe poi interessante un’analisi e un raffronto degli spazi televisivi dati ai partiti di maggioranza e opposizione nel biennio 2006-2008, quando il centro-sinistra era al governo e il centro-destra all’opposizione. Anche qui la sensazione è che la costante sia la prevalenza di una parte politica più che di una parte istituzionale.

  6. lodovico malavasi

    Credo che il problema non sia l’opposizione, la maggioranza o UDC che a volte è all’opposizione mentre altre volte vota con la maggioranza. Ridotto tutto a politica ci si dimentica del ruolo del servizio pubblico che potrebbe presentare un unico spazio politico in contemporanea sulle tre reti come unici potrebbero essere i notiziari dei telegiornali per dare poi spazi ai politici regionali come da costituzione nelle redazioni regionali.

  7. roberto

    La tabella che chiude l’articolo è semplicemente avvilente. Siamo ormai a livelli sudamericani, e tutto avviene ormai nella più completa apatia dei media (tranne alcune lodevoli eccezioni), dei cittadini e purtroppo anche delle stesse forze di opposizione. Tutti sono ormai assuefatti a questo ignobile stato di cose, un po’ per convenienza (gli elettori di destra, ovviamente), un po’ per pigrizia (quelli imbambolati dalle chiacchiere del Sultano e dai tg formato "Novella 2000"), un po’ per rassegnazione. Eh no! Non ci si può rassegnare davanti a questo scempio della democrazia, non ci si può rassegnare ad un premier che pretende di dare direttive non solo ai propri dipendenti e lacchè ma anche a chi non la pensa come lui e da lui non viene pagato! Non ci si può arrendere davanti ad una informazione televisiva ormai completamente standardizzata, dove tutti i TG sembrano tante copie dello Studio Aperto di Italia 1, con tanta cronaca rosa, rossa, fucsia e gialla e tutti i problemi reali del paese buttati fuori dalla finestra. Cosa fare? Intanto indigniamoci, facciamo sentire la nostra voce e colpiamoli nel portafogli spegnendo la tv becera!!!

  8. roberto

    Il problema dell’informazione in Italia esiste in modo esagerato. Partiamo dai TG, sono inguardabili, non c’è mai una critica al governo, l’opposizione è stata messa al bando. Non danno più notizia: del debito pubblico, la percentuale di disoccupazione, del petrolio se cala o se aumenta, si perdono sul tempo che fa. La situazione sulla crisi economica è, solo la voce del governo, che va fiero di quello che ha fatto per superare la crisi, il Signor Presidente del Consiglio è orgoglioso perchè l’OCSE gli hanno fatto i complimenti e poi si scopre che la Francia, Giappone e Germania ci sono segnali incoraggianti e, l’Italia è ferma al palo, non sono contento è la dimostrazione che dicono grandi bugie. E’ scomparsa la cultura dalla TV, sono molto preoccupato. Il centrosinistra ha le sue responsabilità perchè non ha mai portato avanti il problema del conflitto d’interessi, quando la fatto è stato molto timido. Sulla libertà di informazione dobbiamo veramente andare a protestare è uno schifo. Non parliamo poi degli spostamenti che ci sono stati in RAI. Come cittadino italiano che pago il canone della TV avrei il diritto di informazione bipartisan.

  9. AMSICORA

    Vorrei ricordare che i maggiori programmi di approfondimento giornalistico in prima serata sono tutti pregiudizialmente ostili al governo (quando c’è l’odiato Silvio, ça va sans dire) e si tratta di Annozero e Ballarò, visti da milioni di persone non tutte ovviamente schierate a sinistra, trasmissioni che non hanno spostato un solo voto da destra a sinistra, a ulteriore prova, se ce ne fosse ancora bisogno, che gli elettori non votano Berlusconi perché indottrinati dalla tv (da Santoro e Floris?). Ad esempio durante la campagna elettorale del 2008 l’informazione Rai (società presieduta allora da un ex direttore dell’Unità e guidata da un prodiano) tranne l’eccezione di Vespa e del Tg2, era diventata quasi l’ufficio stampa di Veltroni, il quale, nonostante ciò, ha perso le elezioni.

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