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Parlamento, quanto mi costi

La prima parte di un confronto tra numero e trattamento economico dei parlamentari italiani rispetto a quello dei colleghi dei paesi europei. Riduzioni possibili, soprattutto superando il bicameralismo perfetto. I tagli attuati da M5S ci riporterebbero a medie europee. I contributi per lo staff.
UNO STIPENDIO IN DISCUSSIONE
Uno dei temi più dibattuti negli ultimi mesi è stato quello delle remunerazioni dei politici, in particolare dei parlamentari. Da più parti della società civile ne è stata richiesta una riduzione, anche se rimane difficile definire un livello “appropriato”.
Il confronto con i partner europei può perciò fornire indicazioni preziose. Proprio questo è il tema di un recente studio condotto da Roberto Baecellan, Alfonso Celotto, Enrico Giovannini, Ugo Trivellato, Giovanni Valotti e Alberto Zito, meglio noti come “commissione Giovannini”. (1) Il rapporto della commissione ha cercato di tracciare una comparazione per un campione di sette stati europei (fra cui il “bel paese”), studiando livelli retributivi e funzioni dei principali organi statali (organi costituzionali, autorità amministrative indipendenti, agenzie ed enti, e così via). I risultati dello studio non sono però incoraggianti: vi si conclude l’impossibilità di operare una comparazione omogenea fra paesi e, dunque, di stilare appropriate ricette di policy.
Sebbene non sia possibile superare l’ostacolo delle differenze delle funzioni dei diversi parlamenti nazionali, riteniamo che il confronto tra trattamento economico dei parlamentari italiani rispetto a quello dei loro colleghi di altri paesi europei possa essere utile per stimolare una riflessione più approfondita sul tema.
Il nostro contributo sarà diviso in due parti: in questo primo articolo ci concentreremo sul numero dei parlamentari, sulle loro indennità e sui rimborsi; mentre nella seconda parte ci focalizzeremo sulle indennità di fine mandato, sulle pensioni e su di un’analisi complessiva.
SONO DAVVERO TROPPI?
Uno dei punti più dibattuti è la questione del numero degli onorevoli e senatori nel Parlamento italiano: in molti ritengono che sia eccessivo e vada urgentemente ridotto. (2) Ma cosa ci dice il confronto con gli altri paesi?
Come si può vedere nella figura 1.A, i cinque paesi più popolosi tra quelli considerati occupano le prime posizioni per numero totale di parlamentari. Il nostro paese è il primo, superando solo marginalmente la Francia. La Germania, il Regno Unito e la Spagna hanno un numero di “onorevoli” inferiore di quasi il 30 per cento. (3) Chiude la lista la Danimarca con meno di 200 eletti.
Questo computo, tuttavia, non considera la dimensione demografica dei paesi: è infatti ragionevole che nazioni più popolose abbiano un maggior numero di parlamentari per meglio rappresentare l’elettorato. Dividendo il numero di eletti per la popolazione (in milioni di abitanti), come mostrato nella figura 1.B, la situazione cambia radicalmente: l’Italia, come la maggior parte dei grandi paesi, presenta un rapporto nettamente inferiore alla media, mentre i piccoli mostrano valori maggiori. Se però ci concentriamo solamente sui cinque paesi più popolosi, l’Italia ha un valore superiore agli altri, con circa 15 parlamentari per milione di abitanti: solo uno in più della Francia, ma circa il doppio della Germania. Quest’ultima discrepanza è in larga parte spiegabile con l’esclusione del Bundesrat dal computo.
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Appare dunque evidente come il numero di eletti italiani sia largamente superiore alla media. Tuttavia, una volta presa in considerazione la popolazione, il dato non sembra in sostanziale disallineamento rispetto alle altre nazioni, anche se un confronto con i paesi più grandi lascia spazio a un eventuale ritocco al ribasso del numero degli eletti. I margini per una riduzione sarebbero più ampi in un’ottica di superamento del bicameralismo perfetto, prendendo a modello il sistema tedesco, dove sono i rappresentanti delle regioni a sedere nel Bundesrat. Una riforma di questo tipo potrebbe portare anche benefici di altra natura: a titolo d’esempio, Tito Boeri e Vincenzo Galasso hanno sottolineato come una maggiore competizione elettorale possa portare a una minor livello di corruzione.
RETRIBUZIONI A CONFRONTO
Un altro tema all’ordine del giorno è quello delle retribuzioni degli eletti. In particolare, il Movimento 5 Stelle ne ha fatto uno dei suoi “cavalli di battaglia”, con una riduzione di circa il 50 per cento del salario lordo (10mila euro). (4) L’argomento è così sentito che appena eletti i presidenti di Camera e Senato si sono ridotti lo stipendio. D’altra parte, già nel 2010 un contributo su lavoce.info mostrava l’ampia distanza tra le indennità reali degli eletti italiani (maggiori) rispetto a quelle degli americani.
La figura 2 confronta le indennità mensili lorde percepite al netto di eventuali contributi straordinari (non previdenziali o sanitari). (5) Per completezza e per fornire un quadro complessivo, riportiamo anche le retribuzioni al netto delle imposte (applicando le aliquote per il reddito da lavoro dei rispettivi paesi), sia nominali che in purchasing power parity. (6)
Come si può notare, le indennità italiane sono notevolmente superiori rispetto agli altri paesi considerati. Il livello retributivo è circa del 25 per cento più alto di quello austriaco, che occupa la seconda posizione per retribuzione nominale. Vale la pena osservare, infine, che i livelli di retribuzione nominale per i famigerati Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) si possono dividere in due sottogruppi: da un lato Grecia, Portogallo e Spagna presentano un livello retributivo modesto; dall’altro Italia ed Irlanda si collocano ai primi posti.
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Se consideriamo le tasse sul reddito, le differenze con gli altri paesi si assottigliano notevolmente, sebbene il nostro paese mantenga il primato di stretta misura rispetto alla Germania. (7) La situazione rimane più o meno invariata quando si corregge la nostra misura per le differenze dei prezzi, utilizzando il valore in Ppp.
Infine, si può tener conto della distanza tra le indennità e il livello di reddito medio percepito nel paese attraverso il calcolo del rapporto tra le due grandezze (linea nera). (8) Anche in questo caso, l’Italia si presenta come un outlier con un rapporto superiore a 3.5, contro un livello tra il 1.5 ed il 2.5 per la maggior parte degli altri paesi (vale la pena notare come Grecia e Portogallo presentino valori considerevoli).
Questa breve analisi sembra, almeno in parte, confermare il fatto che le retribuzioni italiane sono “eccessive”. Al lordo d’imposta sono molto superiori rispetto a quelle dei nostri partner e anche se al netto d’imposta la distanza si assottiglia notevolmente, il rapporto con le retribuzioni medie segnala un forte disallineamento rispetto agli altri paesi. La riduzione del 50 per cento, attuata dal M5S, ci porterebbe a un livello simile agli altri paesi con un rapporto tra indennità e salari pari a 2.
DIARIA E RIMBORSI
La seconda parte degli emolumenti è caratterizzata dalle somme versate agli eletti per le spese di sussistenza nella capitale (diaria) e dai rimborsi (di vario tipo). Abbiamo organizzato i dati per il nostro campione di paesi nel documento allegato all’articolo, mentre qui riportiamo le informazioni per un gruppo ristretto di paesi (Italia, Germania, Spagna, Francia, Grecia e Regno Unito).
La tabella 1 presenta i dati per la Camera: oltre a diaria e rimborso per spese generali (definito “di segreteria e rappresentanza”) sono riportate le esenzioni e i rimborsi per i trasporti, per le comunicazioni e per lo staff. È interessante notare come i rimborsi per spese generali possano essere forfettari (caso di Germania e Francia), parzialmente forfettari (Italia), oppure totalmente soggetti a rendicontazioni (Regno Unito, dove il limite massimo non è dichiarato). L’Italia rappresenta dunque un caso intermedio, con una parte dei rimborsi soggetta a rendicontazione: 50 per cento alla Camera e 36 per cento al Senato. Pur con la rendicontazione, rimane naturalmente la possibilità che i fondi siano adoperati per scopi inappropriati per un’inadeguata applicazione delle regole. In ogni caso, il nostro sistema si allontana dalla best practice anglosassone dove la rendicontazione è totale, dopo gli scandali dei rimborsi del 2009.
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(a) previste decurtazioni per assenze
(b) 50% forfettario, 50% da rendicontare
(c) 100% forfettario
(d) versati direttamente al collaboratore; controlli per le assunzioni.
(e) se residenza nella capitale decurtato di euro 870,56
(f) 100% forfettario
(g) se non utilizzato confluisce nel budget della camera
(h) importo computato in base alla residenza (qui valore massimo)
(i) importo assegnato in base alla residenza (qui valore massimo), da aggiungere rimborso locazione auto e viaggi ufficiali
(l) da aggiungere un contributo una tantum in base alla legislatura
(m) ufficio, comunicazioni, alloggio e interessi mutuo
Se da una parte si può notare che Italia e Francia risultano i paesi con un budget più alto in termini di diaria e rimborsi, dall’altra vale la pena osservare che Germania e Francia prevedono un plafond molto generoso dedicato al pagamento dello staff (a differenza dell’Italia, dove le risorse provengono direttamente dai rimborsi). L’inclusione di plafond porterebbe il totale dei rimborsi dei paesi che li prevedono a eccedere largamente il livello italiano. Bisogna, inoltre, notare che questi fondi sono versati direttamente al collaboratore e sono accompagnati da alcuni vincoli. Ciò mira a evitare usi impropri dei fondi (ingenti) e allo stesso tempo garantisce un giusto trattamento economico dei collaboratori. E potrebbe essere un interessante spunto per una riforma del sistema italiano.
Infine, la quasi totalità dei paesi presenta esenzioni per trasporti e comunicazioni, mentre sono limitati i rimborsi ad hoc per queste voci.
La tabella 2 presenta i dati per il Senato. La situazione è simile per i vari paesi con la differenza della camera dei lord inglese, dove i rappresentanti non percepiscono salario, ma soltanto un rimborso (determinato in base ai giorni di seduta), oltre ad altri tipi di esenzioni. (9) In generale, Italia e Francia continuano a mostrare gli importi più alti, considerando le varie voci (includendo i fondi per lo staff la Francia risulta decisamente lo stato più generoso).
4(a) previste decurtazioni per assenze
(b) 64% forfettario, 36% da rendicontare
(c) il senato federale non percepisce una diaria ad hoc
(d) se residenza nella capitale decurtato di euro 870,56
(e) 100% forfettario
(f) non c’è una seconda camera
Un caso interessante è, infine, la situazione degli eletti al parlamento europeo dove la diaria risulta particolarmente alta: l’abbiamo stimata intorno a 10.987 euro mensili; con il rimborso staff a disposizione, è di 21.209 euro mensili. (10)
Da questa prima parte della ricerca possiamo trarre una serie di conclusioni. In primo luogo, per quanto riguarda il numero degli eletti, sebbene la cifra totale sia superiore alla media europea, la misura dei parlamentari italiani per milione di abitanti non mostra scostamenti sostanziali rispetto agli altri paesi. Rimangono tuttavia margini per un loro ridimensionamento; bisognerebbe tenere a mente l’insieme delle funzioni svolte dalle Camere, sollevando l’annosa questione del bicameralismo perfetto. Dunque, la vera domanda non sembra essere “sono troppi?”, ma “sono ben impiegati?”.
Per quanto riguarda i salari degli onorevoli, il divario fra i compensi degli italiani e degli altri paesi è tangibile e sembra un punto su cui si possa intervenire. Anche se la differenza si assottiglia notevolmente se si considera il salario netto, rimane il fatto che il nostro paese presenta una delle forbici più ampie tra gli emolumenti degli onorevoli e il livello medio dei salari netti.
In terzo luogo, la situazione dei rimborsi appare poco chiara. Sebbene il valore di quelli diretti e della diaria siano complessivamente superiori rispetto agli altri paesi, il totale stanziato per ogni parlamentare risulta più alto in Germania e in Francia, una volta considerati i plafond per lo staff. Inoltre, alcuni miglioramenti potrebbero scaturire dall’estensione degli obblighi di rendicontazione e da una miglior regolamentazione dei collaboratori (si potrebbe decidere uno stanziamento specifico accompagnato da una serie di vincoli al suo utilizzo).
Il quadro, per ora parziale, sarà completato nel prossimo articolo.
(1) Baecellan, Celotto, Giovannini, Trivellato, Valotti e Zito, 2012 “Rapporto della Commissione sul livellamento retributivo Italia Europa”, 31 marzo
(2) http://www.corriere.it/politica/12_marzo_04/riforme-taglio-deputati_cf6dbe16-65ff-11e1-be51-f4b5d3e60e3d.shtml
(3) Va ricordato che nell’analisi non è stata considerato il Bundesrat, la camera federale, in quanto composta dai delegati dei governi dei vari Länder. La loro inclusione, in ogni caso, non modifica la posizione relativa della Germania. Abbiamo poi escluso la House of Lords, in quanto composta da membri non eletti, con mandato a vita.
(4) http://www.beppegrillo.it/2013/03/il_m5s_si_tagli.html
(5) Ad esempio, gli emolumenti per i parlamentari greci sono riportati al netto del 20 per cento versato al partito, del 5 per cento versato al ministero delle Finanze e un ulteriore 5 per cento versato come contributo straordinario.
(6) Si tratta di una conversione in una valuta comune (il dollaro internazionale), che tiene conto delle differenza del livello dei prezzi nei diversi paesi.
(7) I dati riguardanti Svezia e Danimarca non sono presenti in quanto non è stato possibile ottenere una misura delle indennità netta dalle imposte date le caratteristiche dei loro sistemi fiscali.
(8) Si è chiaramente considerato il reddito nazionale medio al netto delle imposte del paese in questione.
(9) I lords percepiscono un rimborso giornaliero di 300 sterline; da tale ammontare si è qui stimato, in euro, il rimborso mensile.
(10) La diaria (mensile) consiste in una quota fissa di 4299 euro più una variabile di 304 euro per ciascun giorno di seduta.

Leggi anche:  La locomotiva d'Europa si è fermata

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12 commenti

  1. Jorge Pirola

    La situazione non sostenibile di Camera e Senato non è tanto quella del numero e della retribuzione dei mille parlamentari, ma il costo spaventoso e ingiustificabile di alcune migliaia di dipendenti delle due camere, con retribuzioni medie annue di circa 150 mila euro, tre o quattro volte i loro colleghi all’estero. Significativo che esistano ex segretari generali della Camera che ricevono di pensione circa mezzo milione di euro, il 50% sopra la retribuzione di Mario Draghi, che probabilmente ricopre il ruolo di maggior rilievo in Europa!

    • michele

      Verissimo!
      Limitare drasticamente il numero dei parlamentari, a mio avviso, è un segno di grande democrazia, contrariamente a quanti in malafede sostengono che la democrazia si alimenta di numeri, di grossi numeri di partecipanti..
      Osserviamo il nostro Parlamento da..sempre. La stragrande maggioranza degli inquilini,passeggia,chiacchiera,dorme, gioca col telefonino..non per colpa loro, ma perchè non hanno nulla da fare, da proporre, non hanno obiettivi veri..
      Tanto le decisioni, quelle che poi contano, le prendono sempre quelli della “sporca dozzina”..
      E, allora, perchè buttare via soldi preziosi di questa povera italietta???
      A tutto questo spreco si aggiungono i lauti stipendi di tutta quella immensa pletora di sfaccendati, amici degli amici del partito…
      Secondo me, la Democrazia, quella con la lettera maiuscola, si sostiene non con molti,ma con i meritevoli ai quali io cittadino posso gridare: ” sei valido, complimenti, ti apprezzo” ovvero ” Sei inutile, dannoso, cambia mestiere”
      Son certo che quelli sono soldi investiti…bene.
      Un saluto michele

  2. davide445

    Sinceramente potrei anche accettare un salario premiante vedendo risultati lusinghieri in termini di credibilità internazionale, razionalizzazione nell’uso delle risorse, servizi al cittadino. Sarei molto più felice di vedere migliori parlamentari piuttosto che svalutare quelli presenti.
    Visto però come vanno le cose temo non ci siano alternative: dati i risultati (della gestione, e della qualità media dei nuovi entranti a partire dalle ultime elezioni) la loro remunerazione è sicuramente troppo elevata.

  3. Michele G.

    Condivido con Davide445, sarei felice che venissero pagati bene parlamentari che lavorano alacremente per il bene comune e per la soluzione dei problemi del paese.
    Mentre non vorrei pagare miei rappresentanti in parlamento che difendono:
    – interessi di partito;
    – interessi di corporazioni, lobby di pressione;
    – interessi personali e/o dei propri leader;
    – interessi della criminalità organizzata;
    Spero che si arrivi alla definizione di un organismo europeo che valuti l’efficienza dei parlamentari e che giudichi il loro lavoro.
    Noi da soli non possiamo farcela.

  4. Emigia

    Un articolo molto interessante e chiaro
    Aggiungerei un indicatore di performance mettendo in rapporto le ultime legislature con andamento PIL, disoccupazione e numero riforme/leggi importanti emanate
    Inoltre servirebbe anche un’idea sui costi di struttura ovvero delle persone che lavorano in Camera e Senato
    Questo farebbe capire quanto valgono le persone al governo e se sia necessario un taglio

  5. Fabio

    Ma che senso ha escludere “il Bundesrat … in quanto composta dai delegati dei governi dei vari Länder” e la “la House of Lords, in quanto composta da membri non eletti” in un’analisi sui COSTI dei parlamenti?

  6. Alessandro

    Per Fabio: mi sembra di capire che i rappresentanti del Bundesrat siano stati esclusi dal conteggio perchè prendono già il loro salario (così come i nostri parlamentari regionali). In altre parole, in Germania invece di mandare nel Bundesrat altri parlamentari (da pagare) ci mandano quelli già eletti nei lander (già pagati), e dunque senza aumento di costi. O ho capito male?

  7. Alessandro

    Il mio post precedente era errato. Lo correggo. Per Fabio: mi sembra di capire che i rappresentanti del Bundesrat siano
    stati esclusi dal conteggio perchè prendono già il loro salario (così
    come i nostri parlamentari regionali). In altre parole, in Germania
    invece di mandare in Parlamento altri parlamentari (da pagare in più) ci
    mandano quelli già eletti nei lander (già pagati), e dunque senza
    aumento di costi. O ho capito male?

  8. Lucio Malan

    Dove prendete le cifre? i parlamentari italiani avrebbero un’indennità lorda di più di 6mila euro? Ma se sono sotto i 5 mila da anni! E i francesi sarebbero a 4mila? Andate sul sito del Senato francese e c’è addirittura un listino paga dove c’è scritto 5400!

    • Vincenzo Scrutinio

      Gentile Lucio,
      in base ai dati ufficiali tratti dal sito della camera dei deputati, la remunerazione lorda dei deputati italiani è 10.435 (http://www.camera.it/leg17/383?conoscerelacamera=4). La misura netta da noi calcolata non tiene conto di alcune ritenute (previdenziali, sanitarie, versamento per trattamento di fine mandato) che spiegano la discrepanza con i 5000 euro riportati nella pagina sopracitata. Sebbene questa possa essere una limitazione della nostra analisi, anche i dati sui salari (guadagni medi) sono al lordo di altre eventuali ritenute e riteniamo che queste ulteriori correzioni non avrebbero un grande impatto sul rapporto tra salari dei parlamentari e salari medi.
      Per quanto riguarda il senato francese, invece, il grafico è perfettamente coerente con la cifra da lei riportata (anche se i dati ufficiali riportano un valore di 5514, http://www.senat.fr/role/senateurs_info/statut.html).
      Cordiali saluti
      Tommaso Giommoni
      Vincenzo Scrutinio

  9. henricobourg

    Sono d’accordo per dimezzare il numero dei parlamentari, ma triplicherei la diaria (10K netti al mese mi sembra congruo per un rappresentante “comme il faut”, cancellerei però tutti gli altri rimborsi, personali e di campagna elettorale. Una buona legge elettorale, un’elezione di candidati, non un voto di liste, dovrebbe portare al parlamento uomini e donne liberi, indipendenti e responsabili. Decideranno loro che cosa fare con il loro compenso, tenerselo, spenderlo per un assistente, girarlo in parte al partito per coprire i servizi prestati. Prima di espellere un partito ci penserebbe tre volte, proverebbe di accomodarsi con chi ha votato diversamente. Sarebbe vera democrazia.

  10. Emilio

    non mi sembra corretto fare il confronto in base al rapporto con I salari netti del paese – in Italia questi ultimi sono bassi per via di un cuneo fiscale abnorme, il che distorce il confronto elevando artificialmente il rapporto. Piu’ corretto mi pare il confronto tra emolumenti netti, visto che qualsiasi forma di fiscalita’ e’ unicamente una partita di giro per I costi della finanza pubblica.

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