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Purtroppo rimarremo provinciali

Il ddl approvato dal Senato non abolisce affatto le province. Si limita a svuotarle senza stabilire a chi andranno le loro funzioni, ripetendo gli errori del federalismo. Difficile superare i 150 milioni di risparmi. E le città metropolitane sono già quindici.

NON ABOLISCE LE PROVINCE

Contrariamente a quanto proclamato da molti titoli di giornali, giovedì non abbiamo affatto dato l’addio alle province. Il disegno di legge approvato col voto di fiducia al Senato (dovrà adesso tornare alla Camera) non abolisce le province. Non poteva essere altrimenti dato che per farlo era necessaria una riforma costituzionale. Vero che la proposta di riforma del Titolo V della Costituzione, presentata assieme alla legge ordinaria a settembre 2013, si è persa nei meandri della Camera e ora è stata assorbita nella nuova proposta di abolizione del Senato. Speriamo di sprovincializzarci prima della fine della legislatura. Nel frattempo il disegno di legge appena approvato si limita a svuotare le province, a renderle più leggere, togliendo loro cariche (e compensi) direttivi. Come sempre nelle riforme incompiute, il rischio di rimanere a metà del guado, o meglio a mezz’aria, con province più leggere, acefale e svuotate di competenze, ma di fatto immortali, non va sottovalutato.

RISPARMI MODESTI

Per le ragioni di cui sopra, il testo approvato al Senato genera pochi risparmi. Né dipendenti né funzioni delle ex province scompaiono e, di conseguenza, non scompaiono neanche i costi relativi, la stragrande maggioranza delle spese di questo livello di governo. E siccome le province rimangono in vita, anche se la dirigenza politica è ora espressa in modo indiretto, non si riducono neanche le spese di rappresentanza degli altri enti territoriali e del governo presso le province. Quello che si risparmia con certezza è solo il finanziamento degli organi istituzionali (le indennità del presidente, assessori e consiglieri e i vari rimborsi connessi alle loro attività), che vengono aboliti, insieme alle spese delle relative consultazioni elettorali. Il finanziamento degli organi istituzionali è una partita di circa 110 milioni secondo gli ultimi dati disponibili. Non verrà azzerata dati i costi dei nuovi organi delle città metropolitane. Le consultazioni elettorali costano circa 320 milioni e si tengono ogni cinque anni, dunque il risparmio annuale è di circa 60 milioni, in totale i risparmi saranno attorno ai 150 milioni di euro. Meglio che nulla, ma certo non è una cifra particolarmente significativa su una spesa pubblica complessiva di circa 800 miliardi di euro. E non si tiene conto del fatto che la legge aumenta il numero di consiglieri comunali (vedi sotto): il Governo si è impegnato a rendere questa operazione a costo zero, ma è difficile aumentare le cariche senza aumentare le spese.

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LE CITTÀ METROPOLITANE

Vengono istituite nove città metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria) sulla base di criteri interamente politici. Nessun riferimento alla struttura urbana, come dimostra il caso di Reggio Calabria. A queste si aggiungono Roma capitale e le cinque già istituite dalle Regioni a statuto autonomo (Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste). Il problema è che la legge, mentre non pone i paletti di criteri oggettivi sulla base dei quali fondare lo status di città metropolitane, apre la possibilità di istituire altre città metropolitane. Gioco facile, ad esempio, per Padova o Verona sostenere che se Venezia è citta metropolitana, loro hanno molte più ragioni per diventarlo. Il rischio è che molte province (non solo i capoluoghi di Regione!) cambino solo denominazione trasformandosi in città metropolitane. Del resto, il territorio e le risorse finanziarie delle nuove città metropolitane coincidono con quelli delle vecchie province. Al contempo, regna grande la confusione su quali saranno le competenze dei nuovi enti locali, dunque forte il rischio di creare nuove sovrapposizioni (o conflitti) di competenze, come quello di dare nuove funzioni senza risorse adeguate. In tutta la legge approvata al Senato non c’è alcun tentativo di definire le funzioni più appropriate da allocare ai vari livelli di governo, e le risorse di cui dotarli, esattamente lo stesso errore compiuto nel costruire il “federalismo” al contrario negli ultimi venti anni.
L’unica nota positiva è che ci sono state risparmiate le città metropolitane “ciambelle” delle versioni precedenti del disegno di legge; non è più possibile per gruppi di comuni, magari strategicamente piazzati nel mezzo dei nuovi territori, decidere di andarsene e tenersi le vecchie province.

LE UNIONI DI COMUNI

Il testo varato dal Senato, infine, istituzionalizza e definisce anche le unioni di comuni (e le convenzioni), con sindaci e consiglieri dei comuni sottostanti che diventano, in parte, presidenti e membri del comitato e del consiglio dell’unione. Una scelta che può essere condivisibile per i comuni di piccoli dimensioni (il 75 per cento degli oltre 8mila comuni italiani ha meno di 5mila abitanti), che non hanno la dimensione sufficiente per offrire in modo efficiente i servizi. Con la riforma, la dimensione minima delle unioni dovrebbe raggiungere i 10mila abitanti (3mila per le comunità montane). Bene, ma perché non si è avuto il coraggio di andare più a fondo? Visto che per i piccoli comuni la gestione di tutti i servizi fondamentali in forma associata diventa obbligatoria, non si capisce bene perché non prevederne direttamente la fusione. Oppure lasciare ai comuni sottostanti meramente una funzione di rappresentanza. Invece, la legge prevede un incremento (rispetto a quanto definito dal Governo Monti) degli assessori, fino a quattro per i comuni dai 1000 fino ai 10mila abitanti, sia pure “senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”. Vedremo quanto sarà vero. Si tratta di circa 25mila cariche in più. Lavoreranno tutti gratis? O gli altri consiglieri si faranno un’autoriduzione dei loro compensi?

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UNA LEGGE RINVIO

In sostanza, quella approvata al Senato è una legge rinvio. Rinvia l’abolizione delle province e rinvia il riordino di funzioni e risorse fra i livelli di governo che dovrebbe sostituire i precedenti. Mentre il rinvio sul primo aspetto era inevitabile, non lo è sul secondo. Perché, ad esempio, non si è previsto che, una volta abolite le province sul piano costituzionale, tutte le funzioni e risorse passassero direttamente all’ente di governo di livello superiore, cioè le Regioni? Queste ultime, a loro volta, avrebbero potuto decidere come delegare funzioni e risorse: a proprie suddivisioni amministrative o alle nuove unioni di comuni previste dalla stessa legge. In attesa della riforma costituzionale, si poteva adottare qualche semplice criterio forfettario deciso dal Governo, basato sul costo storico delle funzioni rimaste alle province, per suddividere le risorse tra provincia e Regione, a cui potevano essere attribuite per default le funzioni non lasciate alle province. Ma il sospetto è che, anche in questo caso, sulla razionalità delle scelte abbia prevalso la fretta di poter esibire qualche trofeo e di giustificare agli occhi della Consulta il blocco delle elezioni dei consigli provinciali.

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28 commenti

  1. Luigi Oliveri

    Si è avuto occasione di sostenere su questo sito (http://www.lavoce.info/quel-pasticciaccio-delle-province/) che, come osserva il Prof. Boeri, la scelta più razionale, rinunciando alle province, è quella di attribuirne direttamente le funzioni alle regioni. Solo così si otterrebbe l’effetto di semplificazione e riduzione dei centri decisionali. E’ ben evidente che spacchettare le decine di funzioni provinciali tra 8100 comuni, 340 unioni di comuni, 15 città metropolitane e 20 regioni, è impresa nè semplice, nè razionale.
    Sotto questo aspetto, appare certamente più funzionale il disegno di legge costituzionale presentato dal Movimento 5 Stelle, che ha ottenuto la procedura di urgenza al Senato (http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00752120.pdf).

    Tale disegno di legge dà, in sostanza, a Stato e regioni un anno di tempo per decidere a quali enti e a quali condizioni attribuire le funzioni provinciali, decorso il quale tutto andrebbe alle regioni.
    Probabilmente, la scelta migliore è decidere da subito di assegnare tutte le funzioni e competenze alle regioni, impedendo un galleggiamento verso l’alto delle retribuzioni del personale trasferito e dando un anno di tempo per le procedure di passaggio, che sono molto più complesse di quanto, superficialmente, ha indicato il legislatore.
    Nel corso di questo anno, sarebbe consigliabile aprire procedure di trasferimento incentivato del personale provinciale verso amministrazioni caratterizzate da particolari carenze di personale, come i tribunali o gli ispettorati del lavoro, allo scopo di tentare una razionalizzazione della distribuzione dei 56.000 dipendenti prima del definitivo loro reimpiego verso le regioni.

    • Terenzio Longobardi

      Come sottolinea giustamente il prof. Boeri, il vero risparmio si otterrebbe eliminando funzioni e personale delle Province. Ma le funzioni sono reali e non eliminabili e il personale discende da esse. Quindi, potendole solo trasferire, gli eventuali risparmi sono solo quelli esigui citati nell’articolo, in parte vanificati dalla istituzione delle città metropolitane. Inoltre, non credo minimamente al fatto che i nuovi amministratori si accontenteranno di svolgere l’incarico senza indennità: troveranno il sistema di aggirare l’ostacolo, magari sotto forma di rimborsi spesa. Trasferendo tutto alle Regioni si otterrebbero delle economie di scala. Ho qualche dubbio, ma mi pare che li abbia anche il prof. Boeri, quando afferma in conclusione che le Regioni potranno delegare funzioni a proprie suddivisioni amministrative o alle unioni di Comuni. Quello delle province è stato da sempre un falso problema, un elemento di distrazione di massa per nascondere le vere fonti di spesa improduttiva, come ad esempio la spesa sanitaria delle regioni.

    • Alessandra Pillosu

      Egr. Olivieri, condivido in toto il Suo pensiero. Penso, sopratutto, all’ultimo inciso: io aggiungerei anche le agenzie delle entrate come destinazione possibile.

  2. Tino

    Se 150 milioni vi sembran pochi…Succede spesso che si tenda a sminuire gli effetti dei cambiamenti in nome di altri cambiamenti, ma questo non fa altro che costruire scenari pessimisti e rinviare decisioni.

    • Luigi Oliveri

      150 milioni sono lo 0,0186% del totale della spesa pubblica. E’ come se una famiglia intenda tagliare le spese annue, poniamo di 25000 euro, della stessa percentuale: le ridurrebbe di 4,65 euro l’anno. Si può fare di meglio, no?

      • Manfredi

        Certo che si possa fare di meglio. Si può fare sempre di meglio. Ma nell’attesa del “meglio”, mitico animale che si fa sempre inseguire e mai catturare, forse va bene anche fare semplicemente qualcosa, no?
        150 milioni qui, 150 milioni là e magari pian piano si inizia a parlare di soldi veri. Secondo questo concetto, o una legge/riforma fa risparmiare almeno 1 miliardo, oppure è inutile farla? E se invece ci concentrassimo sulla tendenza, sulla derivata della spesa e notassimo che per una volta si va nella direzione di abbassare la spesa invece che aumentarla? No, ovviamente, bisogna fare di meglio. Propongo una commissione di saggi per spiegarci come fare “meglio”, visto che hanno avuto così successo negli ultimi anni.

        • Luigi Oliveri

          La “tendenza” è all’aumento della spesa pubblica e del debito. Bisogna essere proprio molto “saggi” per pensare che lo 0,0186% possa essere utile al risanamento dei conti. Oppure, bisogna essere molto, ma molto, fiduciosi che l’agire sul singolo granello di sabbia sia efficace, invece che concentrarsi sul peso di un’intera duna (spesa sanitaria, ad esempio).

    • ginogaetano

      Su 10 miliardi di costo delle province? In piena crisi economica che si acuirà…

  3. Giulia Oliveri

    Vorrei che il Prof. Boeri si esprimesse anche sul fatto che sia i Presidenti di Provincia attualmente in carica che i Commissari Straordinari che attualmente sostituiscono gli organi elettivi delle Province, dovranno reggere questi enti (che attualmente svolgono ancora tutte le funzioni loro assegnate dal TU 267/2000) fino alla fine del 2014 senza un euro di indennità. Forse che l’impegno e le responsabilità spariscono perché non ora ma chissà quando, spariranno le Province? Mi sembra pura e semplice demagogia e una scorrettezza ancora più grave fatta da parlamentari che, sicuramente, hanno lauti stipendi ma molto molto meno responsabilità.

  4. Francesco Crispino

    Non c’è dubbio che la legge in corso di approvazione risente della fretta e della necessità del nuovo governo di conseguire comunque un risultato nel segno del cambiamento. Ciò che mi pare gravissimo è che la cultura scientifica ed accademica non sia in grado di offrire un adeguato supporto alle proposte in campo. Ragione per la quale le proposte sono confuse e contraddittorie ripartendo sempre da capo come nel gioco dell’oca.

    Per quanto mi riguarda personalmente il tema della riforma degli enti locali e della riorganizzazione delle competenze ha occupato il dibattito disciplinare e non solo dal lontano 1990, dopo la emanazione della legge 142. L’incidenza reale però non ha mai varcato la soglia del convegno e della discussione. Le possibilità di riorganizzazione pure accordate dal decreto legislativo 267/2000 “testo unico delle leggi
    sull’ordinamento degli enti locali” sono state enunciazioni prive di contenuto nessun provvedimento è stato assunto per riformare la struttura dei comuni. Al contrario si è assistito al proliferare di nuove province soprattutto nelle regioni del nord e in quelle insulari.
    In conclusione ritengo che alla condivisibile critica del prof. Boeri si debba aggiungere una concreta proposta volta a definire un contenuto chiaro ed un nuovo assetto degli enti locali, nella prospettiva di una nuova Europa veramente unita e quindi questa si federale. Tema sul quale ho avuto già modo di esprimermi su queste pagine.

  5. Alessandra

    Perché nessuno dice che ponendo la fiducia, come al solito, non si è consentito un dibattito degno di questo nome? Inoltre perché non si dice che il Movimento 5 stelle ha votato contro, proprio dicendo quanto dice il Prof. Boeri, ovvero che senza modifica costituzionale era un provvedimento di pura facciata e inconcludente? Perché manca sempre la trasparenza nella comunicazione? Perché non si dice la verità su quanti ai vertici dello stato (soprattutto Renzi) gettano cenere e ciance in pasto agli organi d’informazione da rigovernare, pre-digerire e gettare nella mischia per rimbesuire la gente che, soprattutto per il governo in carica, non deve veramente comprendere, ma lasciarsi infinocchiare dalle parole e dai comunicati superficiali.

    • Manfredi

      Le cose che dici sono parzialmente vere. Per esempio, vale la pena notare che è vero che per cancellare veramente le Provincie serve una legge costituzionale, ma è anche vero (e questo non lo dici) che per farla ci vuole un sacco di tempo e svariati passaggi parlamentari. Quindi questa legge è da considerare un primo passo avanti, nella giusta direzione. Crea dei risparmi, evita l’elezione di nuovi presidenti e organi proviciali costosi (150 milioni saranno pure bruscolini, ma come diceva zio Paperone, “sono gli acini dei dollari che fanno i grappoli dei milioni”). Se il M5S fosse serio nel voler ridurre gli sprechi avrebbe votato questa legge di corsa, anzi avrebbe cercato di renderla più aggressiva. Invece ha preferito come al solito trincerarsi nel rifiuto di qualunque discussione, nascondendosi dietro il paravento della modifica Costituzionale.

  6. Rossano Mastacchi

    Perché tutti allineati con la vulgata antiprovince? Qualcuno è in grado di spiegarmi perché in tutta Europa (quell’Europa che è il nostro faro) esistono gli stessi livelli di governo che ci sono in Italia e tutto funziona per il meglio e noi dovremmo eliminarle? perché in Germania stanno dando maggiori competenze ai loro enti corrispondenti alle nostre province? perché non si parla di abolire le regioni se proprio siamo afflitti da furia iconoclasta? le ostriche, le mutande verdi, le bambole e tinture, le nutelle, le carte igieniche (e qui mi fermo per carità di patria) sono state comprate con i nostri soldi nelle province o nelle regioni? ci sono rapporti della corte dei conti che dimostrano che l’abolizione dell’ente porterà maggiori costi e minore efficienza. Le province sono l’1,6% della spesa pubblica, quindi nessun risparmio cari signori, è per questo che se la prendono con loro: perché la politica ci rimette poco. Mi meraviglio del movimento a 5 stelle che si lascia abbindolare così, invece di fare una campagna per eliminare il vero ente dannoso: la regione, se la prende con le province che sono vicine ai cittadini (tutti, non solo quelli del capoluogo di regione); non sarà che anche loro hanno tutto l’interesse a entrare nel circuito da cui si ricavano parecchie lire (la scelta del nome del conio non è casuale)?. Invece i giornalisti tutti allineati e coperti non mi meravigliano. Sarebbe tanto semplice far funzionare tutti i livelli di governo ciascuno per le proprie competenze, ma ciò che è semplice per un normale cittadino non sembra esserlo per i politici che pensano con un massimo di 140 caratteri.

  7. Massimo Matteoli

    La cosa migliore della legge (ed una delle poche cose buone) è l’istituzione delle città metropolitane e non per il nome (ha ragione Boeri, di metropoli se ne vedono poche in giro) ma perché per lo meno dice chiaramente chi deve fare e cosa e permetterà in queste zone di razionalizzare la gestione dei servizi e delle politiche amministrative (basti pensare solo alla programmazione urbanistica, finalmente unica)
    Se pensate che non sia importante ne riparleremo per le altre zone d’Italia dove non si capisce chi avrà la competenza delle attuali funzioni delle Province.
    Sarà dei Comuni, anche quelli più piccoli che non sono in grado di farlo? Oppure della Regione con un neo-centralismo regionale che non fa sperare in nulla di buono?
    Purtroppo come accade spesso in Italia siamo andati dietro alle mode senza affrontare il problema vero e cioè la gestione dei servizi e delle politiche locali di area vasta.
    Evidentemente interessano poco o nulla alla nostra opinione pubblica e purtroppo anche a persone serie come quelli della Voce.
    Peccato che si stia parlando di questioni essenziali per la nostra vita e per quella delle nostre città.

  8. rob

    Per dare senso letterale e reale di città metropolitana in Italia ne esiste solo una: Roma! Ma quest’orda famelica e affamata di masanielli politicanti ( cosa mai vista in Italia dal 1860 ad oggi un degrado simile in politica) per mantenere i loro privilegi sono disposti a tutto. Vorrei sapere dove sono coloro che parlavano di ” bufala federalista” in maniera furbescamente roboante. Se l’economia vera di questo Paese fosse cresciuta come “l’economia falsa della classe politica” oggi noi saremmo il 1° paese al mondo. Molti non hanno ancora compreso che l’economia del futuro e l’apertura globale dei mercati non accetteranno più posti creati fittiziamente per raccattare 4 voti. La furbizia è un atteggiamento che non dura a lungo!

  9. Rocco Tancredii

    Il risparmio, che tutti invocano, potrebbe arrivare dell’eliminazione delle regioni che hanno dissipato ingenti risorse per tenere in vita i “Boiardi regionali” che fanno a gara con i vecchi boiardi di Stato. Sarebbe interessante analizzare costi e benefici dal 1970 ad oggi. Ricordo che alle prime elezioni regionali era difficile trovare candidati in tutti i partiti.

  10. Pietrandrea Masa

    L’approvazione del disegno di legge è già un discreto passo avanti – la regola del “tutto o niente” mi pare pericolosa, sempre.
    Lo svuotamento può essere utile per accelerare l’iter del disegno di legge costituzionale, smarrito nei “meandri parlamentari”.
    Per i comuni minori sarebbe già molto positivo realizzare rapidamente la gestione consociata dei servizi fondamentali; per le casse di quelli piccoli un bel po’ di quattrini si potrebbero risparmiare ritornando alla vecchia e utile pratica delle corvée personali (nostalgia di un vecchio bacucco per gli anni di gioventù, quando per amministrare il suo comunello bastavano mezzo segretario comunale e una guardia tuttofare).

  11. Gianfranco Savino

    Inutile soffermarmi su tutto ciò che condivido dell’articolo (quasi ogni affermazione).
    Voglio invece aggiungere qualche elemento di riflessione da un punto di vista per così dire “interno” (sono un funzionario della provincia di Napoli).
    La riforma è debolissima e pasticciata. un approccio più concreto l’aveva la precedente riforma monti: intervenendo sul tuel, ampliando i requisiti dimensionali per la sussistenza delle province, riducendo il numero dei membri degli organi elettivi (anche senza sopprimerli) e parametrando i loro compensi in maniera più stringente, sarebbe stato possibile ottenere grosso modo gli stessi risparmi senza incasinare il sistema. trasferire le competenze delle province alle regioni non è molto ragionevole e contraddice l’intero assetto dell’articolazione dello stato come si è configurato dal 93 ad oggi.
    Ciò perché le regioni sono enti deputati a legiferare non ad amministrare mentre la necessità dell’esistenza di un livello amministrativo sovracomunale è posta da questioni di economia di scala e di coordinamento degli interventi in diversi ambiti (strade, scuole, territorio), a prescindere dalla dimensione stessa dei comuni. affidare attività amministrativa alle regioni (oltre quella che impropriamente esse ancora mantengono) significa aumentare notevolmente l’inefficienza degli interventi (La dimensione delle regioni non consente una pianificazione efficace; l’unicità del bilancio porterebbe a calmierare i problemi e le inefficienze di determinate aree con le risorse di altre aree; il sistema di contabilità in vigore presso le regioni è fatto apposta per creare debito pubblico fuori controllo, al contrario del sistema di contabilità degli enti locali, molto ordinato, chiaro e potenzialmente – cioè a meno di una volontà politica espressa di falsificare i bilanci – capace di tenere la spesa sotto controllo).
    Mediamente le province sono enti ben gestiti, privi di squilibri finanziari, perché sono enti in cui la politica conta poco e l’azione amministrativa opera su scale e con strumenti efficienti.
    Le aree metropolitane saranno un disastro. sono un duplicato inefficiente delle province, fatte solo per dare contentini politici. Il problema principale è che mentre le province mantengono un bilancio indipendente da quello dei comuni cui sono sovraordinate, le aree metropolitane fondendo i bilanci determineranno la schiacciante preminenza delle necessità dei comuni capoluogo su quelle di tutti gli altri comuni. tipico è il caso di Napoli: un comune capoluogo in dissesto, gestito come peggio non si potrebbe, che non vede l’ora di sanare i propri disastri con le risorse della provincia e degli altri comuni. più della metà dei comuni della provincia di Napoli ha già deliberato la non adesione alla città metropolitana, proprio paventano l’incubo di una simbiosi con il comune di Napoli. in base alla previsione della riforma, la provincia dovrebbe sopravvivere e agire rispetto al territorio dei comuni estranei alla città metropolitana, creando di fatto il mostro amministrativo di due enti sovracomunali che lotteranno tra loro per spartirsi le risorse e saranno in perenne conflitto di competenze, in una conurbazione dove ogni confine territoriale e delle reti di servizi è privo di significato. uno stato a base provinciale è storicamente uno stato ben amministrato perché l’esistenza delle provincie trova la sua ragione nella necessità di un livello amministrativo ben dimensionato e intermedio tra amministrazione comunale e centrale. avere invece 20 enti deputati a legiferare in sovrapposizione e in concorrenza con la legislazione nazionale non ha alcun senso e produce i disastri burocratici e l’esplosione della spesa pubblica che tutti abbiamo constatato.
    Il debito pubblico italiano comincia a gonfiarsi negli anni in cui trova attuazione l’istituzione delle regioni, ed esplode negli anni in cui alle regioni vengono conferiti poteri normativi abnormi e un’autonomia sostanzialmente irresponsabile. Ma di tutto ciò non si può discutere con razionalità e dettaglio perché razionalità e dettagli non fanno né audience nei talk show né voti nelle urne.

  12. Nicola Andrea Cisbani

    Questo ddl di riforma è improvvisato, disorganico, farraginoso. In alcuni tratti è persino delirante.
    Esisteva un disegno di legge costituzionale di riforma del Governo Letta in soli 3 articoli preciso, puntuale… art.1 comma 1: “Sono abolite le Province”

  13. Manfredi

    Tutto vero e sacrosanto. Ma sorge spontanea la domanda: allora era meglio non fare niente e rimanere paralizzati come siamo da vent’anni a questa parte?
    Chiaramente Boeri fa il suo lavoro e analizza la situazione, ma una valutazione politica non può prescindere dal fatto che se si vuole smuovere il Leviatano pubblico italiano (in tutti i suoi colori e salse) bisogna procedere per passi e attaccare velocemente quel che si può. Non è propaganda politica ma un’osservazione quasi banale dopo aver visto anni di commissioni costituzionali, con grandi saggi, arenarsi silenziosamente durante mesi di discussioni alla ricerca della perfezione costituzionale. Il disegno politico di Renzi dovrebbe essere chiaro, cioè che il fare le cose adesso è più importante del farle perfette in un domani utopico, soprattutto quando la “perfezione” è sinonimo (come negli ultimi 20 anni) di paralisi eterna alla ricerca del Graal. E in politica i simboli sono importanti: quando Boeri parla di 150 milioni di Euro di risparmi che sono pochini, mi domando, sono pochini rispetto a cosa? Rispetto ai potenziali risparmi di una grande riforma organica dello Stato? Sicuramente. Ma rispetto ai “risparmi” che non si sono mai visti nella macchina statale a memoria d’uomo, sono tantissimi.
    Secondo i grandi commentatori (anche Boeri, purtroppo) Renzi doveva forse fare come Letta e spiegare agli Italiani che c’erano tante riforme da fare e che dovevano avere due-tre anni di pazienza per studiare bene la situazione e poi fare le leggi costituzionali necessarie? Mi pare che sia una storia già vista e sappiamo tutti come è andata.

    • Luigi Oliveri

      Fare tanto per fare, per giunta frettolosamente e male, è solo controproducente. Lo capisce chiunque guardi alle cose con oggettività, senza fare il tifo.

  14. Manfredi

    Il disegno di legge costituzionale, che credo avrà procedura accelerata in Parlamento, richiede di maggioranza di 2/3, vari passaggi parlamentari ed eventualmente referendum confermativo. Si parla perlomeno di 12-18 mesi se tutto fila liscio come l’olio. Nel frattempo avremo eletto altri nuovi presidenti delle provincie (con stipendio, vitalizio, etc.). Questa legge improvvisata perlomeno li elimina in attesa di una riforma Costituzionale necessaria che però richiederà molto tempo. Come dice Boeri poi, questa leggina risparmia “solo” 150 mil di Euro, ma sarebbe stato meglio darli ai bisognosi Presidenti Provinciali?

    • Massimo65

      Non sono un politico, non sono iscritti a partiti, non ho parenti e amici presidenti o consiglieri provinciali. Ne ho conosciuti alcuni, però, persone degne e oneste: molti di loro hanno svolto egregiamente il loro compito di amministratore locale, altri un po´ meno. Nessuno, mi risulta, ha mai rubato (per usare un termine caro alla vulgata corrente). Chi fa politica e lo fa seriamente, ha diritto ad essere ricompensato in modo ragionevole. La democrazia costa ed è giusto che sia così.

  15. enrico

    Questa legge, ammesso che sia approvata, avrebbe forse carenze e difetti, ma di certo non sarebbe in contrasto con una ipotetica (molto ipotetica in questa legislatura) abolizione delle Province, che molti vorrebbero compreso me. Nell’attesa della abolizione, non ho capito perché bisogna dare addosso a un provvedimento parziale ma che non si contrappone al “meglio”.

  16. rob

    “La dimensione delle regioni non consente..”. Non consente soprattutto di ” giocare al federalismo” . Qualche furbo demente ha paragonato la ns. ” struttura federalista” agli USA , con una piccola differenza il Texas ha 25 milioni di abitanti il Molise quelli di un condominio di Roma. Di cosa vogliamo parlare : del nulla!

  17. maurizio

    Un modo molto semplice che avevano i legislatori per ridurre i costi della politica negli enti locali era quello di abolire l’art.80 del testo Unico degli Enti Locali, il DLgs 267/2000. In base a questo articolo gli oneri sostenuti per i permessi retribuiti, fruiti dagli amministratori lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati o enti pubblici economici, sono a carico dell’ente locale presso il quale gli stessi esercitano le funzioni pubbliche. Molti consiglieri vengono assunti in concomitanza della loro elezione da aziende di prestanome con profili dirigenziali ottenendo fiumi di rimborsi a spese dei contribuenti; questo avviene in Comuni,regioni e province. Qualche illuminato riformista ha riflettuto su questo fenomeno?

    • Massimo65

      Mi pare che un esempio del genere sia proprio l´attuale capo del governo, vero?

  18. moodymors

    Scrivi in questo modo.. e lavori come funzionario della provincia di Napoli? Non ti senti sprecato?

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