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Governo: bene i diritti ma poi ci vorrà un bagno di realtà

Il governo Conte bis si è dato un programma di sinistra populista, incentrato su un’ambiziosa estensione dei diritti individuali e sociali. Obiettivi da sottoporre a un bagno di realtà per rendere il piano praticabile.

Un programma di sinistra populista per estendere i diritti individuali e sociali

Nel suo discorso al Parlamento, il rinominato presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha pronunciato tante belle parole e indicato obiettivi condivisibili da chi crede in un’Italia che riporti su di qualche tacca la discussione pubblica e la convivenza civile rispetto ai tempi neanche tanto lontani in cui Lui – il segretario della Lega Matteo Salvini – dettava legge aspirando a ricevere “pieni poteri” (cioè a diventare premier) dopo elezioni anticipate. Scorrendo il programma di governo descritto dal presidente del Consiglio si trovano descritte idee e tanti provvedimenti che definiscono una sinistra populista, schierata a difesa dei diritti ma che prova anche a pensare al futuro. Dopo che “riforme” era diventata una parolaccia da non usare con il governo gialloverde, l’esecutivo giallorosso invece torna a centrare la sua attività sulla parolaccia, tanto che Conte si è riferito a una “nuova stagione riformatrice”. Non saranno le riforme economiche pro-concorrenziali che piacciono alle organizzazioni internazionali (la parola “liberalizzazione” non è menzionata), ma piuttosto cambiamenti istituzionali e sociali che avranno l’obiettivo di riavvicinare i cittadini e le organizzazioni intermedie alla politica e che allargheranno i diritti sociali investendo ambiti come l’assistenza alle famiglie, la scuola e l’università. Il rischio è che si tratti di un “vaste programme” che richiede anche modifiche costituzionali (cioè tempo) e che quindi ha poche possibilità di essere realizzato. Tra i provvedimenti economico-sociali, l’adozione di un salario minimo e di maggiori tutele e maggiori possibilità di partecipazione per i lavoratori, “soprattutto se donne e se giovani, e soprattutto nel Mezzogiorno”, oltre alla ripresa di politiche di incentivazione dell’innovazione e al rafforzamento societario delle aziende.

Ci vorrà però un bagno di realtà

Per promuovere i diritti bisogna però farlo bene. Per esempio, come ricordava tra l’altro il governatore campano Vincenzo De Luca a Cernobbio, il reddito di cittadinanza del governo precedente pare abbia fatto scomparire il lavoro stagionale. Capita cioè quello che ci si poteva aspettare: un welfare generoso può dare un reddito dignitoso a chi non l’aveva prima, ma se scoraggia la ricerca di lavoro proprio delle categorie (giovani e donne) che in modo sproporzionato sono escluse dal mercato del lavoro rischia di mancare uno dei suoi obiettivi. Si vedrà se il M5s è disponibile a rivisitare la sua misura bandiera in modo da evitarne gli effetti deteriori sulla partecipazione al mercato del lavoro.

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Anche nella fissazione del salario minimo, il rischio di generare effetti non desiderati e controproducenti sul mercato del lavoro proprio per i giovani dipende in modo cruciale dal livello a cui si fissa questo salario. Come discusso anche da Andrea Garnero su questo sito, fissarlo a 9 euro l’ora implicherebbe stabilire un livello relativamente elevato (pari all’80 per cento circa del salario incassato dal lavoratore mediano, quello che sta esattamente a metà della distribuzione dei salari) che non si ritrova negli altri paesi Ocse, dove il salario minimo si colloca tra il 40 e il 60 per cento del salario mediano. Una possibilità – perseguita in Francia ma costosa per il bilancio pubblico – sarebbe quella di compensare l’eventualmente eccessivo livello del salario minimo con una detassazione del costo del lavoro.

Il che porta a ricordare che garantire i diritti costa (altro esempio: l’abolizione del superticket sulle prestazioni sanitarie costerebbe circa 600 milioni). Già ci sarà da trovare tanti soldi per disattivare l’aumento dell’Iva. Ma poi rimane che estendere diritti ai cittadini dà luogo a doveri, specificamente fiscali oppure di riduzioni di altre voci di spesa, da parte del governo che propone tale estensione. Il non riconoscimento di questi altri doveri (che sono poi l’altra metà del bilancio pubblico) rischia di trasformare in regali temporanei la concessione di diritti giustamente descritti come conquiste di civiltà o applicazioni della nostra costituzione. È vero che potrebbero arrivare risorse aggiuntive da un’ulteriore riduzione dello spread sotto i 150 punti base, a cui si è giunti con l’esclusione dei no-euro dal governo e dall’auspicata flessibilità di bilancio negoziata con Bruxelles. Ma future riduzioni dello spread sono tutte da guadagnare sul fronte interno. Sarà un caso, ma Moody’s ha infatti subito ricordato che l’auspicata riduzione del rapporto debito-Pil indicata tra gli obiettivi dal premier è incoerente con l’insieme delle misure economiche prospettate finora. Il rischio concreto è che la luna di miele di cui ha inizialmente goduto il nuovo governo (soprattutto per demerito del governo precedente) possa arrivare rapidamente e dolorosamente a una conclusione se presentasse una legge di bilancio velleitaria. E anche la flessibilità di bilancio ottenibile dalla nuova Commissione europea – visto il (positivo!) recupero di buoni rapporti con l’establishment europeo – dovrà comunque per ora essere ancorata alle regole esistenti che la vincolano a specifiche circostanze. Una di queste è il verificarsi di una crescita inferiore rispetto alle previsioni: tale circostanza può regalare una manciata di decimi di punto di Pil, non interi punti di Pil rispetto all’obiettivo di deficit all’1,8 per cento preventivato dal governo precedente.

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Nel complesso, per quanto stia ovviamente alla maggioranza di governo stabilire quando farlo, rimane che l’immersione del programma del governo Conte bis in un tempestivo bagno di realtà sarebbe una cosa salutare e necessaria per la durata e l’efficacia di azione dell’esecutivo.

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10 commenti

  1. Savino

    Sono gli italiani adulti agiati a dover fare un bagno di realtà, avendo sbagliato completamente l’agenda delle priorità per il Paese. E’ una vergogna veder protestare i benestanti, come se mancasse loro il pane. I noistri giovani cervelli sono stati costretti a stare zitti e andarsene all’estero. Basta parlare della flat tax incostituzionale. Basta parlare delle pensioni. Chi ha le disponibilità e le proprietà pagasse le tasse senza nascondere al fisco i propri lingotti d’oro

  2. D. Vallone

    Il c.d. reddito di cittadinanza sembra possa ingenerare diversi effetti distorsivi. Mi chiedo, dunque, se non sarebbe opportuno pensare, da un lato, ad una sorta di integrazione del reddito di alcune fasce di lavoratori e dall’altro al pagamento dello svolgimento di attività sociali invece che ad una semplice erogazione di denaro senza sostanziali contropartite (si conoscono bene le difficoltà dei centri per l’impiego, infatti, di trovare e proporre ai beneficiari dei lavori).
    L’integrazione dovrebbe operare nei confronti di coloro che svolgono un lavoro al di sotto di un certo reddito o che svolgano lavori nell’ambito di un piano pubblico che preveda, per esempio, pulizia delle strade, delle spiagge e degli spazi verdi; manutenzione di edifici e spazi pubblici; attività sociali nei confronti di anziani, immigrati, persone con handicap, senzatetto (dall’accompagnamento per visite mediche o per pratiche burocratiche alla raccolta e distribuzione di cibo e vestiario e altro ancora). Insomma, di attività ce ne sarebbero tantissime. Il punto è che si potrebbero soddisfare esigenze per lo più, al momento, prive di risposte e, nel contempo, legare la corresponsione di denaro pubblico allo svolgimento di attività lavorative che mantengano un legame con il “fare”, con il lavoro, di persone che, se già dipendenti, vedrebbero migliorare le proprie condizioni senza aggravi di costo per le imprese e, se non occupati, svolgerebbero attività necessarie, meritorie e di vera utilità.

  3. QualeWelfare

    interessante “sinistra populista”…chissà quale categoria analitica di populismo (che fa tanto bello nel titolo…) si sta adoperando qui..ah, se nel Belpaese gli economisti facessero gli economisti e non i politologi…chissà, magari staremmo meglio…
    ps. by we way, “premier” non esiste in Italia, il Presidente del consiglio non è un “Premier”..per questo basterebbe anche un buon manuale di Diritto Costituzionale 😉

    • Francesco Daveri

      Da maldestro economista mi limito a distinguere i populisti di sinistra (il nuovo governo) da quelli di destra (Salvini, Trump). Mi pare abbiano in mente idee diverse su quali siano le preferenze del loro “popolo”. Sono sicuro che altri scienziati sociali potrebbero fare analisi più sofisticate. Su premier: se in un pezzo giornalistico hai già usato una volta “presidente del consiglio”, la volta dopo, per evitare di ripetere la stessa espressione, usi “premier”. è una prassi. I pezzi giornalistici si distinguono dai ponderosi manuali delle varie discipline perché sono più leggeri e di facile lettura.

      • Savino

        Di sicuro, caro Professore, una corretta azione di Governo ed un corretto disegno di politica economica oggi non possono prescindere da una attenta diversificazione tra quella parte di popolo silenziosa effettivamente sofferente e quella parte di popolo chiassosa che si è arricchita negli anni della crisi. Confindustria ha proposto una tassa sul contante, la consideriamo “populismo di sinistra” o bypassiamo perchè non ancorata alle italiche consuetudini?

    • Henri Schmit

      Il termine premier esiste, eccome, nel gergo prima politico (gli attori) poi politologico (gli studiosi) italiano, almeno dai tempi di Berlusconi presidente del consiglio e promotore di riforme elettorali (con l’indicazione del candidato premier sulla scheda elettorale, una mostruosità italica non adeguatamente combattuta) e costituzionali (l’elezione diretta del primo ministro, si diceva). Le sue (QW) osservazioni anonime sono false; è troppo facile agire in questo modo senza metterci il nome e la faccia. Il commento sul populismo che può ovviamente essere di DX o di SX esattamente come le dittature possono essere di DX e di SX è talmente vuota che non meriterebbe risposta. La prossima volta taccia!

  4. Francesco

    Buongirno dott Daveri, con rispetto devo dire che i suoi articoli appaiono inefficaci. Quasi mai ci sono suggerimenti concreti. Il m5* ha origine nel mare di scandali che sono alla base del debito pubblico. La lotta alla corruzione di cui sono portabandiera è la base per ridurlo. Partendo da questo presupposto giuridico si possono fare ipotesi economiche. Tacciare di populismo una partenon è piu sufficiente a spiegare l’esigenza di legalita dei cittadini. Saluti

    • Savino

      Questo è vero e Beppe Grillo mi pare abbia fatto finalmente chiarezza. Sono piuttosto alcuni italiani che non c’entravano niente coi 5s ad avere speculato su quell’ondata di protesta. Non tutta la protesta è stata protesta sana.

    • Pao

      Il debito pubblico viene in gran parte dalle pensioni troppo generose concesse a troppe persone e secondariamente da scelte politiche che da almeno 20 anni limitano la crescita economica.
      La lotta alla corruzione (fatta come non si sa per ora) non serve quasi a nulla nella riduzione del debito pubblico.
      M5S e’ un movimento populista (tacciare? a me sembra una constatazione ovvia) e il PD va a ruota pur di andare al governo e posticipare Salvini.

  5. Marcomssimo

    La recessione sta colpendo anche in Germania; la europa nel suo complesso è la palla al piede della economia mondale, come del resto Trump dice praticamente ogni giorno.
    Se non si cambia paradigma; se non si esce da queste logiche monetariste asfittiche; se non si esce dal sadomasoichsmo economico e non si comincia a rilnciare la domanda invece di riversare soldi nelle banche che nel sistema che tanto nel sistema non ci vanno; se non si fa questo non ne usciremo mai.

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