Gli studi empirici mostrano che l’Unione monetaria migliora l’andamento economico dei paesi che ne fanno parte. Ma è anche associata a una maggiore disuguaglianza e una minore spesa sociale. Tutto ciò solleva dubbi sulla sostenibilità politica dell’Unione monetaria senza una integrazione politico-sociale e un più ampio sviluppo del mercato finanziario. E guardando al futuro, sarebbe sbagliato e pericoloso non prendere in considerazione le implicazioni dell’integrazione economica sulle cause e i rimedi della disuguaglianza di reddito.
Si pensa generalmente che lintegrazione economica internazionale migliori lefficienza: e certamente lo farebbe se le barriere alla mobilità internazionale di beni, capitali e persone fossero gli ostacoli che si frappongono tra il mondo reale e il mondo perfetto dellequilibrio competitivo degli economisti. Tuttavia, proprio perché lintegrazione estende la portata dei mercati oltre i confini nazionali, i singoli paesi hanno anche maggiori difficoltà ad attuare politiche tese ad affrontare altre imperfezioni del mercato. Lintegrazione offre alle aziende nuove libertà, non soltanto di sfruttare le opportunità commerciali, ma anche di sfuggire alle normative e alle tassazioni nazionali.
Le imperfezioni del mercato
Sarebbe un bene se lazione di governo fosse dettata dalla ricerca di rendite politiche. In questo caso, lintegrazione economica può migliorare lefficienza non soltanto direttamente, ma anche favorendo la competizione tra giurisdizioni – competizione che può costringere i cattivi governi a fare meglio. Tuttavia, i governi temono ogni tendenza allintegrazione economica che li privi di potere decisionale. Così, la competizione fra giurisdizioni può essere essa stessa un ostacolo a una integrazione più stretta, in particolare perché le interazioni politiche hanno ancora luogo principalmente allinterno dei paesi. E molte politiche nazionali non mettono in atto semplicemente una redistribuzione dannosa, servono anche allutile obiettivo di affrontare le imperfezioni del mercato: lintegrazione economica non migliorerà il benessere sociale se rende inattuabili tali politiche.
È una questione ben nota e i processi di integrazione europea e internazionale affrontano la più evidente delle "corse al ribasso". Gli accordi commerciali definiscono standard di qualità dei prodotti e regole di sicurezza nei luoghi di lavoro perché consumatori e lavoratori sono spesso incapaci di stimare i danni impliciti che derivano dalleseguire un dato lavoro o dallusare un dato prodotto. E perché i singoli imprenditori e i singoli produttori potrebbero non avere incentivi a fornire informazioni veritiere nei mercati decentralizzati. La paura può facilmente danneggiare le interazioni di mercato in assenza di monitoraggio governativo, certificazioni e azioni di controllo.
Meno si fa, e si può fare, per gli effetti dellintegrazione economica che concernono un altro elemento che il mercato difficilmente può offrire: lassicurazione contro i rischi del mercato del lavoro e altri aspetti della vita. Il mercato non ha strumenti adeguati per affrontare questi rischi, perché il salario e loccupazione di un individuo dipendono in modo significativo dalla fortuna (e dunque lassicurazione è un bene), ma anche dallimpegno, che non è osservabile ed è fastidioso, e che inevitabilmente scompare se la sua assenza fa crescere solo la possibilità di ricevere i pagamenti dellassicurazione, ma non quella di dover ridurre i consumi.
Redistribuzione e sicurezza sociale
Per affrontare questo fallimento del mercato, i governi introducono in ciascun paese sistemi di redistribuzione e di sicurezza sociale. È ragionevole che cerchino di farlo. Ma la loro capacità di raccogliere informazioni e di controllo, benché superiore a quella dei singoli attori del mercato, non è comunque tale da eliminare gli effetti negativi che lassicurazione produce sullimpegno, loccupazione e la produttività. Così, la sicurezza sociale sarà meno sostenibile quando un paese è povero, ma anche quando lintegrazione economica fa sì che sia importante prevenire cadute di produttività, che potrebbero avere conseguenze disastrose per la posizione di mercato del paese e che potrebbero garantire agli individui egoisti nuovi modi per sfuggire la tassazione e per cercare sussidi oltre confine.
Le sempre crescenti preoccupazioni sulla "competitività" possono innescare in teoria una corsa al ribasso nella sicurezza sociale, proprio quando lintegrazione economica introduce nuove fonti di rischio nel mercato del lavoro di ogni paese. È una preoccupazione seria e reale e un forte ostacolo alla piena liberalizzazione dei mercati internazionali. In pratica, è difficile dire se lintegrazione ha tristi conseguenze sulla disuguaglianza e le politiche sociali, perché entrambe sono influenzate da molti altri fattori tecnologici e politici. Ma dati utili si possono ricavare dallesperimento dellUnione monetaria europea.
Eurostat pubblica, per singoli paesi e interessanti aggregati, un insieme di indicatori di disuguaglianza basato sul "rapporto tra quintili": la quota di reddito disponibile, aggiustato per le caratteristiche delle famiglie, che va al 20 per cento più ricco della popolazione, diviso per quello del 20 per cento più povero. I dati dipingono un quadro interessante dellevoluzione della disuguaglianza nel periodo intorno al cambio del millennio. Proprio mentre i paesi dellEurozona iniziano a sperimentare una piena e irreversibile integrazione economica, la disuguaglianza cresce notevolmente nei paesi dellEuropa a 15 e ancor più nellEuropa a 12, mettendo fine al suo precedente declino e riportandola nel 2004 al livello del 1996.
Evoluzione della diseguaglianza, come misurata dal rapporto tra quintili di reddito nellEuropa a 15 nellEuropa a 12.
Fonte Eurostat
Certo, cè molto altro dietro questo quadro inquietante. In particolare, una marea che sale solleva tutte le barche e dunque le dinamiche del ciclo economico tendono a ridurre la disuguaglianza fino al 2000 e ad aumentarlo successivamente. Ma si possono utilizzare questo e altri dati per dar conto del reddito e di altri fattori e isolare così le implicazioni della rimozione delle barriere internazionali al commercio e alla mobilità non solo per il prodotto, la disoccupazione e lintegrazione, ma anche per la disuguaglianza e le politiche sociali.
È facile valutare statisticamente limpatto dellUnione monetaria europea se si è disposti a credere che i paesi dellEuropa a 15 sono sufficientemente simili e influenzati in modo simile da altri eventi da garantire lattribuzione allUem delle differenze tra i paesi che fanno parte dellUnione monetaria e paesi che non ne fanno parte, prima e dopo lavvio dellUnione monetaria. Lassunzione può essere difficile da accettare, ma una qualche assunzione è necessaria in tutti i lavori empirici (ed è rassicurante scoprire che i risultati sono robusti escludendo la Danimarca e la Svezia, o il Regno Unito dal gruppo di controllo, o includendo la Norvegia, lunico altro paese per il quale siano disponibili dati sufficientemente comparabili).
Nel far questo (vedi per i dettagli un mio lavoro per la DG ECFIN Annual Research Conference) si scopre che lUem sembra migliorare la performance economica, in termini di reddito pro-capite e di disoccupazione, e lintensità degli scambi internazionali, specialmente per quanto riguarda i flussi di investimenti diretti stranieri. Ma appare essere associato anche a una maggiore disuguaglianza e a una minore spesa sociale. È interessante notare che la variazione della disuguaglianza associata allUem è pienamente spiegata dai cambiamenti della spesa per politiche sociali (pensioni escluse) come quota del Pil, e dalle variazioni del Pil e della disoccupazione: entrambe sono probabilmente influenzate dalle politiche di integrazione, così come dagli sviluppi ciclici e tecnologici. Una economia in crescita solleva tutte le barche, ma le barche più deboli si innalzano di più quando una generosa politica sociale accompagna più alti livelli di reddito.
È anche interessante notare che mentre la quota di reddito da lavoro sul Pil scende in modo molto netto con lUem – e probabilmente ciò riflette la maggiore capacità del capitale mobile di sfruttare le opportunità internazionali – tuttavia quella variabile non è di per sé rilevante nella disuguaglianza dei redditi personali. Una più alta disoccupazione è associata a una più ampia disuguaglianza nelle fluttuazioni delle serie temporali, ma i paesi con disoccupazione in media più alta sono meno diseguali in termini di reddito aggiustato per le famiglie, forse perché i capofamiglia occupati guadagnano salari più alti e vivono nella stessa famiglia con i giovani disoccupati.
Detto tutto ciò, il quadro può apparire meno inquietante, ma rimane preoccupante. LUem sembra essere associato a un miglior andamento degli aggregati economici, ma anche a una maggiore disuguaglianza e a una più bassa spesa sociale nei paesi dellEurozona. Questo può indicare che gli effetti di disuguaglianza dellintegrazione economica sono mediati (nel confronto con paesi pre-Uem e non-Uem) da politiche sociali meno generose, e che parte dellapparente incremento del prodotto può riflettere minori perdite dinefficienza dagli effetti della redistribuzione sugli incentivi.
Il futuro dellUnione monetaria
Se tali sviluppi debbano essere visti positivamente dipende ovviamente dal lato della distribuzione del reddito in cui uno si trova e da come giudica la redistribuzione: se uno strumento corretto o fuorviante nel perseguire gli obiettivi che i mercati dovrebbero raggiungere in teoria, ma che in pratica spesso non ottengono. Lo sviluppo dei mercati finanziari può in teoria coprire alcuni bisogni affrontati dalle politiche sociali, ed è associato a una minore spesa sociale nei confronti internazionali, come si evince da un mio altro lavoro. Tuttavia, nei dati non appare che indicatori quali il rapporto sul Pil di titoli, credito, e quotazioni di borsa siano più alti nei paesi Uem, dopo ladozione delleuro, che nel gruppo di controllo.
La quantità e qualità dei dati disponibili non è né sarà mai tale da permettere conclusioni definitive. Tuttavia, mettendoli insieme, i vari pezzi della evidenza circostanziale formano un quadro della disuguaglianza e dellevoluzione delle politiche nel dopo-Uem che è coerente con i problemi messi in luce dalla teoria della corsa al ribasso. E gettano dubbi sullefficienza economica e la sostenibilità politica di una piena integrazione economica in assenza di politiche sociali comuni allarea e livelli di sviluppo del mercato finanziario osservati, per esempio, negli Stati Uniti.
Quando si parla del futuro dellUem e si delineano le sue politiche, sarebbe sbagliato e pericoloso non considerare le implicazioni dellintegrazione economica non solo per lefficienza e la crescita, ma anche per le cause e i rimedi della disuguaglianza di reddito.
Il testo inglese dell’articolo è disponibile su www.voxeu.com
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Fulvio Giulio Visigalli
Caro Prof. Bertola, ho letto con interesse la sua esposizione e credo che Lei abbia perfettamente ragione. Secondo Lei i cosiddetti “Rainy Day Funds” (vedere Rainy Day Funds: una soluzione per l’Europa? -Fabrizio Balassone, Daniele Franco, Stefania Zotteri – settembre 2007, Banca d’Italia -http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/qef_11- ) possono essere una soluzione alla problematica da Lei evidenziata? Grazie per l’attenzione.
La redazione
No, i rainy day funds riguardano le oscillazioni del reddito complessivo di ciascuna nazione. Se la politica sociale è messa in difficoltà
dall’integrazione, lo è indipendentemente dal ciclo economico (che è almeno approssimativametne tenuto in conto dalle statistiche citate nell’articolo).
piero postacchini
una riflessione personale sull’argomento è stata a me esposta all’articolo di Francesco Giavazzi in questa stessa categoria "Sarkozy e la Bce". vorrei ripetere in tale sede che la semplice unione monetaria non risolve il problema economico italiano, anzi vista la situazione della nostra economia, si sono aumentate le disuguaglianze nella società, trasferimento della ricchezza in mano a pochi indebitando la restante parte della popolazionei, abbiamo le famiglie che hanno il 50% del reddito già prenotato per pagare le rate dei debiti, non poteva essere diversamente con una politica mirata al rafforzamento dell’euro che giustamente ha fatto diventare più ricchi chi già lo erano.
G. Perri
Non potremnmo riprenderci una parte di sovranità monetaria stampando cartamoneta virtuale, rendendo gratuito l’accesso dei salariati ai mezzi pubblici, a cinema, teatri, ecc.? E tutte le altre misure tecnicamente equivalenti (fors’anche la gratuità dei generi di prima necessità?) Si avrebbe così il doppio effetto di riequilibrare gli effetti dell’unità monetaria sugli equilibri sociali e l’iniquità dell’evasione fiscale.