Perché le aziende pagano generose liquidazioni anche quando l’amministratore delegato è responsabile di una gestione dai risultati ben poco brillanti? Perché la buonuscita fa parte del pacchetto retributivo complessivo e svolge precise funzioni.
Buonuscite record per manager licenziati
La liquidazione da 100 milioni a Carlos Tavares, ex ad di Stellantis, benché smentita dalla società, ha suscitato forti critiche, come succede sempre quando si tratta di trattamenti molto generosi pagati ai manager da imprese in difficoltà e pronte ai licenziamenti.
Il caso di Tavares non è certo il primo e sicuramente non sarà l’ultimo. Probabilmente molti si ricordano lo scalpore che fece la liquidazione di 400 milioni di dollari ricevuta da Jack Welch quando lasciò la General Electric nel 2001, per non parlare dei 186 milioni di dollari che Marissa Mayer ottenne nel 2017 quando uscì da Yahoo. In Italia le cifre sono un po’ più basse, in linea col fatto che gli stipendi sono inferiori rispetto agli standard nordamericani, ma restano sempre cifre notevoli. Basti pensare ai 40 milioni di liquidazione di Alessandro Profumo quando nel 2010 ha lasciato Unicredit o ai 25 milioni di Flavio Cattaneo concordati con Telecom nel 2014. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.
In generale, le liquidazioni dei top manager sono diventate sempre più generose. La figura 1 conferma che negli ultimi tre anni la stragrande maggioranza delle imprese degli Stati Uniti ha pagato liquidazioni più alte.
Figura 1
Una parte di un pacchetto complessivo
Perché le liquidazioni sono così generose quando il Ceo viene estromesso perché l’impresa va male, ossia quando si può presumere che non sia stato all’altezza del compito? Sono davvero solo un regalo senza motivazione economica che il consiglio di amministrazione fa al licenziato, ossia sono solo uno scambio di favori in un clima collusivo? Cosa ci dice la teoria economica al riguardo?
Tra gli economisti ci sono visioni contrastanti sulla funzione svolta dalla liquidazione. Alcuni autori sostengono che quelle così elevate non hanno una giustificazione economica, basti pensare alle dure critiche rivolte da Lucian Bebchuck e Jesse Fried alle retribuzioni manageriali e al mancato controllo da parte dei consigli di amministrazione. Altri autori invece offrono valide motivazioni economiche per i pagamenti. Del resto, nella maggior parte dei casi, i contratti stipulati dai manager prevedono il pagamento della liquidazione e sembrerebbe strano che avvenisse senza una giustificazione economica.
L’aspetto da tener presente è che la buonuscita fa parte di un pacchetto retributivo complessivo che svolge diverse funzioni, dal cercare di attrarre i manager migliori al fornire gli incentivi perché, una volta assunti, perseguano gli obiettivi dell’impresa definiti dal consiglio di amministrazione.
Un incentivo agli investimenti
Tralasciamo qui il dibattito su quali dovrebbero essere gli obiettivi aziendali, che rimandiamo ad un’altra occasione. Semplificando, possiamo dire che ciascuna componente della retribuzione ha una sua funzione, ma che bisogna guardare l’insieme per capire come interagiscono le varie parti e per poter poi valutare l’effetto complessivo. Ad esempio, la liquidazione normalmente è espressa in termini di annualità di stipendio e relativi bonus. Quindi il suo aumento riflette anche l’enorme crescita delle retribuzioni dovuto alla concorrenza più serrata per attrarre i migliori manager prodotta dall’internazionalizzazione di questo mercato verificatasi negli ultimi decenni.
La funzione più specifica svolta dalla liquidazione riguarda l’incentivo a investire. Ad esempio, il Ceo può essere riluttante a fare investimenti che sono nell’interesse dell’impresa ma che, se non andassero a buon fine per il rischio connesso all’attività economica, potrebbero portare al suo licenziamento. Un caso estremo, ma significativo, è quello degli effetti del Covid su tutte quelle imprese che avevano appena investito in base alle previsioni di domanda disponibili, che poi sono state ribaltate. In generale, un manager potrebbe evitare investimenti innovativi, ma rischiosi, per il timore di mettere a repentaglio il suo posto: la liquidazione, riparandolo dagli effetti del licenziamento, può essere uno strumento per spingerlo a perseguire le attività innovative. Il punto importante è che la liquidazione svolge un ruolo positivo di incentivazione ex-ante, ossia prima che il manager la riceva: è ovvio che una volta che l’azienda ha preso la decisione di licenziare il manager, la cosa migliore sarebbe non pagare nulla, ma distruggerebbe l’incentivo nel periodo precedente.
Bisogna poi tener conto che la liquidazione, alzando i costi di licenziamento, ha l’ulteriore effetto di disincentivare il consiglio di amministrazione dall’allontanare il manager con “troppa” facilità. Se il manager è più protetto, avrà un incentivo a fare investimenti adeguati. Non solo, la liquidazione ha anche l’importante compito di evitare che in caso di licenziamento l’ex Ceo intraprenda azioni legali, perché un’impresa impegnata in una battaglia legale si trova a operare con gravi limiti e può perdere rilevanti occasioni di crescita e sviluppo.
Ma quali sono i fattori che portano a pagamenti così elevati? Senz’altro il rapporto diretto della liquidazione con lo stipendio e i relativi bonus. In più, in un recente articolo abbiamo evidenziato il ruolo dell’eccesso di ottimismo, ossia della sopravvalutazione sistematica delle probabilità di successo. Ulrike Malmendier e Geoffrey Tate hanno verificato che è assai più comune fra i manager che nel resto della popolazione: sarebbe eccessivamente ottimista circa il 40 per cento dei manager. Un amministratore delegato eccessivamente ottimista penserà di ottenere risultati positivi ed eventuali bonus associati con una probabilità superiore a quella “reale”: ciò aumenta la liquidazione perché, in caso di licenziamento, chiederà il compenso per la perdita di una retribuzione (comprensiva di bonus) più alta di quella che verrebbe pagata se il rapporto di lavoro proseguisse.
In sintesi, la teoria economica ci offre diverse spiegazioni del riconoscimento delle liquidazioni anche quando i risultati aziendali non sono positivi. Non vuol dire che le liquidazioni effettivamente pagate dalle varie aziende siano sempre ottimali o che i pagamenti ricevuti dai manager siano equi da un punto di vista sociale. È però importante capire che la liquidazione è parte integrante della retribuzione del manager e svolge precise funzioni in termini di incentivi per allineare le scelte manageriali agli obiettivi del consiglio di amministrazione. Bisognerebbe perciò valutare criticamente gli accordi contrattuali complessivi più che la singola voce di pagamento.
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Daniele
In che modo il manager sarebbe incentivato ad investire per il bene aziendale se sa’ di avere un “paracadute” cosi’ elevato? Inoltre cosa si intende per investire quando un manger è valutato stile un calciatore di calcio, fa male una stagione e viene mandato via, visto che quello che conta è la divisione dei dividendi annuali? Inoltre a quel livello vi sono anche interferenze politiche nazionali e non nazionali (vedi UE), quindi un manager non può fare proprio quello che vuole, quindi viene ancor meno il discorso di remunerazioni cosi’ elevate.
Come sempre l’Economia ragiona per modelli “semplificati” ma la realta’ poi è ben diversa.