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Come dissinnescare la bolla immobiliare

Il mercato immobiliare in Italia è ancora fermo. Per rimetterlo in moto non bastano gli incentivi fiscali. Occorre agire anche sul lato dell’offerta. A partire da una indispensabile riduzione dei prezzi delle case, per ristabilire l’equilibrio con i redditi delle famiglie. Ecco dove intervenire.

NON BASTANO GLI INCENTIVI FISCALI
Gli indicatori disponibili sul settore dell’edilizia abitativa (per esempio, il numero delle compravendite, il numero dei mutui ipotecari, il numero dei premessi di costruzione) sono tutti ancora abbondantemente al di sotto dei livelli raggiunti ante crisi.
Difficile fare previsioni su quando il mercato si rimetterà in moto. Le proposte sono diverse, ma per ridare vigore al mercato della casa è indispensabile una riduzione dei valori immobiliari.
Di recente, l’Abi e l’Ance hanno avanzato alcune proposte di carattere fiscale. (1)
Si chiede di attenuare gli effetti dell’Imu sul mercato della locazione e l’esenzione dall’imposta, per cinque anni, a favore dei proprietari che acquistano una casa dalle imprese di costruzione; la prosecuzione degli incentivi per elevare gli standard di efficienza energetica degli edifici e per la riqualificazione delle città; la riduzione delle imposte sul trasferimento degli immobili per favorire la mobilità della popolazione e altre agevolazioni fiscali per la manutenzione e ristrutturazione degli immobili. Tutte proposte connotate dalla comune rivendicazione di un intervento dello Stato, il cui bilancio dovrebbe sopportare un onere finanziario non quantificato, ma sicuramente ingente.
Il documento Abi-Ance non fa, invece, alcun cenno agli ostacoli al rilancio del settore che operano dal lato dell’offerta. E tuttavia, le condizioni dell’offerta hanno avuto una responsabilità non secondaria nell’originare la crisi, ed è principalmente su di esse che occorre intervenire per uscire dalla crisi.
ALL’ORIGINE DELLA CRISI
La figura 1 offre la cornice per interpretare l’origine e il perdurare della crisi del settore degli immobili destinati alla residenza. È ripreso dal Rapporto immobiliare 2013 e mette a confronto l’andamento nel tempo del prezzo delle abitazioni (ottenuto come prodotto tra il prezzo unitario a metro quadro e la dimensione media delle abitazioni compravendute) con il reddito medio delle famiglie. (2)
Fatti 100 entrambi i valori rilevati al 1° semestre del 2004, la forbice tra il numero indice del costo delle abitazioni e quello dei redditi delle famiglie si apre progressivamente sempre di più fino al 1° semestre 2008. A partire da allora il divario tra i due indici si mantiene sostanzialmente stabile, senza scendere mai al di sotto dei 20 punti percentuali.
La ragione per cui gli indicatori continuano a segnare negativamente il mercato dell’edilizia residenziale va individuata innanzitutto nello scarto rilevante tra i prezzi delle case e la situazione economico-finanziaria delle famiglie, che ha indebolito la domanda
Su questo divario si sono innestati altri fattori aggravanti. Primo tra tutti, le difficoltà incontrate dalle famiglie nel finanziare gli acquisti di abitazioni a causa del credit crunch, con la stretta nel numero dei mutui concessi, la riduzione del rapporto tra valore dell’immobile e prestito bancario e del rapporto tra l’ammontare del prestito richiesto e di quello concesso. (3)
Facilitare l’accesso al credito di famiglie e investitori è di grande importanza. Ma l’elemento fondamentale da cui partire per ridare fiato al settore immobiliare è riequilibrare il rapporto prezzo delle abitazioni/reddito delle famiglie. In altri paesi, il livello di quel rapporto è stato abbassato dallo scoppio della bolla immobiliare e dal conseguente crollo dei prezzi delle abitazioni.
LA NECESSITÀ DI UN CALO DEI PREZZI
L’Istat ha rilevato che in Italia, negli ultimi tre anni, l’indice dei prezzi delle abitazioni ha registrato una flessione sensibile per le abitazioni esistenti, ma non per quelle nuove. (4)
Che sia necessaria una riduzione dei prezzi delle abitazioni è riconosciuto anche in un documento del centro studi confindustriale, dal titolo eloquente: “I prezzi delle case in Italia sono ancora alti”. (5) E che il rilancio del mercato della casa passi per da qui è implicitamente ammesso anche dall’Abi, quando propone la conversione degli immobili invenduti in immobili di edilizia sociale, con conseguente “forte riposizionamento del loro valore di riferimento” con “evidenti impatti negativi sia per le imprese di costruzione che per la banca che ha finanziato l’iniziativa”. L’Abi ritiene che l’operazione dovrebbe essere parte di un piano casa che preveda anche “un intervento del sistema integrato dei fondi avviato da Cdp Investimenti Sgr spa, a fronte di uno sconto del prezzo di vendita dell’immobile e una ristrutturazione del relativo finanziamento bancario”. (6)
DEPURARE IL PREZZO DALLA RENDITA
Se però vi fosse la disponibilità degli imprenditori proprietari degli alloggi ad abbassare i prezzi, non sarebbe necessario aspettare un futuribile nuovo piano casa. L’operazione può essere avviata subito, alle condizioni già altrove delineate. (7)
In sostanza si tratta di allineare i prezzi dell’edilizia di mercato ai più bassi valori dell’edilizia convenzionata. A parità di caratteristiche costruttive e di localizzazione, la differenza di prezzo tra le due tipologie di alloggi è data principalmente dal diverso valore attribuito all’area edificabile. Nel caso dell’edilizia convenzionata, è il risultato della negoziazione tra comune e impresa di costruzione ed è mantenuto relativamente basso. Nel caso dell’edilizia libera, il valore dell’area è stabilito dal mercato, in genere oligopolistico in ragione del numero ristretto di proprietari dei terreni agricoli che diventano edificabili; è un valore molto alto. (8) L’incremento di valore delle aree, che fa lievitare il prezzo delle case, costituisce la rendita che l’operatore incassa senza particolare merito (se non, forse, quello di una capacità di interazione con la pubblica amministrazione). Se la rendita viene depurata e si contabilizza il solo valore di acquisto delle aree, i prezzi di vendita delle case si abbassano in misura consistente e si riequilibra il loro rapporto con il reddito delle famiglie. Gli imprenditori che hanno realizzato gli immobili su aree di cui erano già proprietari prima che diventassero edificabili (è il caso più ricorrente in molte aree) non accuserebbero nessuna perdita. Semplicemente guadagnerebbero di meno, ma accrescerebbero le probabilità di vendere i loro alloggi. Una ripresa delle vendite porterebbe benefici anche alle banche che li hanno finanziati.
Se, come sostengono Confindustria e Abi, la ripresa del mercato della casa necessita di una caduta dei prezzi, è interesse di tutti i soggetti coinvolti non aspettare che la bolla esploda, bensì innescare una deflazione controllata.
 Figura 1: Reddito unitario delle famiglie e prezzo delle case (numeri indici; primo semestre 2004=100)
lungarella
(1) http://www.abi.it/DOC_Info/Orientamenti/ABI_Ance_DocumentoMercatoImmobiliare_9_5_2013.pdf.
(2) http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/Nsilib/Nsi/Documentazione/omi/Pubblicazioni/Rapporti+immobiliari+residenziali/Rapporto+immobiliare+2013/RI_2013_Quadro_generale_web_ret03062013.pdf
(3) Felici R., Manzoli E. e Pico R., La crisi e le famiglie italiane: un’analisi macroeconomica dei contratti di mutuo, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, n. 125, 2012, http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/QF_125/QEF_125.pdf.
(4) Si veda, rispettivamente, Istat, “Prezzi delle abitazioni: dati provvisori, IV trimestre 2012” (http://www.istat.it/it/archivio/86862); Lungarella R. “Perché calano i prezzi delle case esistenti”, (http://www.monitorimmobiliare.it/articolo.asp?id_articolo=14429).
(5) Pignatti M., “I prezzi delle case in Italia sono ancora alti”, Centro studi Confindustria, nota 10/2012, http://www.confindustria.it/studiric.nsf/f597a6d3a5f4264fc1256fc00052ef64/bf7b9197d46f4de5c1257a760052cd7e/$FILE/Nota%20CSC%20n.%2010.pdf.
(6) Abi, audizione del direttore generale, Giovanni Sabatini, Indagine conoscitiva sulla tassazione degli immobili, Senato della Repubblica, Commissione VI, seduta del 13 giugno 2013,
(7) Lungarella R., “Come ripulire le banche dai titoli tossici” (http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Raffaele-Lungarella-18296).
(8) La sopravvalutazione può essere intesa come la differenza tra il prezzo dell’edilizia libera e l’edilizia convenzionata, oppure di quanto i prezzi correnti sono “sopravvalutati” rispetto alla effettività della domanda. In entrambi i casi una valutazione è difficile. Ma nel primo caso è un poco più semplice fare qualche congettura. In via generale, si può ritenere che nelle grandi aree urbane la differenza di prezzo tra edilizia libera e convenzionata, riconducibile all’incidenza dell’area edificabile, si aggiri sui 1.000 euro a mq.

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10 commenti

  1. plapla60

    Non credo proprio che l’ABI possa essere molto favorevole ad una forte riduzione del prezzo delle case. Le banche italiane sono già sofferenti a livello patrimoniale e questa discesa ridurrebbe ulteriormente la loro solidità alla faccia delle richieste europee tipo Basilea 2.
    Tra l’altro il prezzo medio delle case è già sceso almeno del 20 % con punte del 40 % nelle zone periferiche e degradate delle città, mentre i prezzi tengono maggiormente nei quartieri di pregio. Quindi forse occorre aggiornare il grafico.

  2. angelo

    L’articolo del prof Lungarella è musica per le mie orecchie
    Ho sempre pensato che la bolla immobiliare nel nostro paese dovesse ancora esplodere ed è stata bloccata, forse intendiamoci, dall’atteggiamento delle banche verso i grandi investitori (è un’ipotesi mia, non ho dati a supporto, ma si potrebbe controllare).
    I prezzi reali delle case vanno stabiliti su quelli effettivamente incassati dai privati dalle loro vendite, oltreché dal ricalcolo dei costi di costruzione.
    L’intero mercato delle costruzioni è ancora un mistero (invenduto, alloggi non occupati, mercato nero, utili da far emergere) e dovrebbe essere rifondato con criteri razionali. Il futuro dovrebbe portare ad un ridimensionamento dello stesso, un vero moloch per i capitali che potrebbero più utilmente essere impiegati in attività più utili al Paese. Senza contare il colpo mortale ai redditi occulti, ben più efficace del controllo degli scontrini fiscali.
    Comunque grazie, prof Lungarella, per il suo articolo.
    angelo

  3. Paola

    Mi pongo da tempo questa domanda: perché in Italia non si può pensare a un maggiore sviluppo del mercato delle case in affitto con politiche mirate? Penso che potrebbe essere la soluzione di molti problemi. Mettere a reddito l’invenduto, dare alle coppie giovani maggiori possibilitá di mettere su famiglia, favorire la mobilitá dei disoccupati sul territorio, mettere in circolo liquiditá. Non ho ben chiaro da dove si potrebbe cominciare, ma in Europa la percentuale dei proprietari della propria abitazione è più bassa e non mi sembra che stiano peggio di noi. Sinceramente questa ricchezza immobilizzata nei patrimoni delle famiglie mi sembra incongrua, con deprezzamento degli immobili che continua a aumentare e i mutui sempre più costosi e difficili da ottenere.
    Grazie per l’attenzione.

    • Antonio Nieddu

      Sono ottime considerazioni. In effetti si potrebbero utilizzare politiche di affitto a lungo termine, con possibilità di riscatto finale, alternative ai finanziamenti, sicuramente più economiche, più redditizie per l’impresa costruttrice rispetto al doversi tenere l’invenduto. Però le imprese costruttrici sono – stupidamente – sorde (confermo con l’esperienza).

  4. Piero

    L’autore ha centrato il problema, in ogni caso l’Imu ha definitivamente bloccato ogni acquisto immobiliare, ci dobbiamo ricordare che le case devono essere tassate come i risparmi, se vogliamo che vi sia un mercato.
    Il bravo Monti al contrario ha tassato le case e ha detassato i risparmi, che poteva succedere? La crisi immobiliare.
    Oggi vediamo che con l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa e’ ripreso il mercato, non era una cosa difficile.
    La mia meraviglia, e’ il fatto che a Monti abbiamo regalato la carica di senatore a vita per affossare l’Italia.

  5. Giuliano

    L’autore dell’articolo è della mia zona e dovrebbe quindi ben sapere che tutti gli interventi edilizi sono ampiamente finanziati dalle banche le cui erogazioni si coprono a malapena coi prezzi attuali degli immobili.
    Ergo occorre che, come le ditte costruttrici, anche le banche si facciano carico delle minusvalenze così da permettere le opportune restrizioni ipotecarie sulle unità (s)vendute.

  6. Alberto

    Ne parlavo con il titolare di un
    agenzia immobiliare e mi diceva molti genitori che hanno acquistato casa ai
    figli hanno avuto problemi con il fisco perché questo richiede che la
    dichiarazione dei redditi degli ultimi due anni (molti sono pensionati) copra il
    prezzo dell’immobile e dimostrare, con tanto di documentazione, che sono i risparmi
    di una vita non sempre è facile. Quindi molti avrebbero i soldi risparmiati per
    acquistare casa ma con tutti i problemi quotidiani un accertamento proprio non
    serve e l’IMU ha dato il colpo di grazia.
    Poi nel resto dell’Europa (come
    Germania) le case (esclude le grandi città) non solo costano meno in media e i
    mutui meno cari e le retribuzioni più alte, ma il proprietario può detrarre
    anche i costi come quelli inerenti l’arredamento se lo loca ammobiliato o ad
    esempio la sostituzione della caldaia. Le tasse e imposte sulla casa meno esose
    e non si pagano sui canoni se l’inquilino è moroso indipendentemente che un
    giudice abbia stabilito o meno.
    Acquistare casa oggi al fine di
    diversificare i risparmi non solo non conviene più (IMU, morosità inquilino,
    spese condominiali…) ma ci si deve subito difendere, e con l’inversione della
    prova, dall’essere un evasore. Forse il governo Monti doveva avere più
    lungimiranza.

  7. Gi

    Salve, ho lanciato su change.org una petizione per chiedere al Governo di
    intervenire sui gravi problemi abitativi per i giovani italiani. La mia
    proposta è di espropriare gli appartamenti privati realizzati nei centri urbani
    a partire dal 01 Gennaio 1940 e oggi non utilizzati da almeno 240 mesi.
    Divenuti di proprietà dello Stato possono rappresentare una risorsa sufficiente
    all’avvio di una nuova stagione di edilizia residenziale pubblica.
    Ringrazio sin d’ora per gli eventuali suggerimenti.
    Questo il link http://www.change.org/it/petizioni/spettabile-governo-della-repubblica-italiana-spettabile-presidente-espropriare-appartamenti-realizzati-dal-1940-e-inutilizzati-da-240-mesi?share_id=PHrdlEjxjF&utm_campaign=share&utm_medium=facebook&utm_source=share_petition

  8. maurizio

    Sono un insegnante di estimo immobiliare; non è il prezzo delle aree edificabili a far lievitare il valore / prezzo dei fabbricati; il prezzo dell’area incide per non più del 10% sul valore finale dell’immobile che dipende invece dagli elevati oneri di progettazione, da costi di costruzione in continuo aumento, dalla qualificazione energetica degli edifici, dalle operazioni catastali e dalle intermediazioni. A mio parere le aree hanno prezzi troppo bassi: sono l’unico bene irriproducibile, …di terra non ne fanno più e un bel sito è per sempre. Di auto ne cambiamo tante, mobili pure, vestiti non si sa quanti; solo la terra rimane per sempre e come insegnavano i fisiocratici è l’unica che produce beni (grazie alla fotosintesi) che prima non esistevano. Quando sono crollate le torri gemelle, esempio massimo di edilizia, è rimasta la terra; sotto il Duomo di Milano o l’Arena di Verona c’è la terra. E allora?. Sia elevato il valore della terra e risparmiamo sugli arredi o sui bagni, o sui marmi e allora si che il prezzo delle case sarà più basso.

    • Alberto

      Se parliamo di zone edificabili nei centri urbani il prezzo è elevato da sempre. Se parliamo di zone edificabili nelle periferie, il prezzo al mq è decuplicato in una dozzina d’anni.
      Dove abito io il prezzo al mq di terreno edificabile è passato da 30 € del 1999
      ai 450 € del 2011, rimasto comunque invenduto anche a prezzi inferiori. La
      corsa ad accaparrarsi terreni agricoli a 8-10 € al mq nella speranza che l’intervento di qualche politico lo rendesse edificabile per poi rivenderlo a venti volte tanto è stato per molti un business.
      I Comuni / Stato hanno goduto della passata orgia immobiliare percependo in proporzione oneri di urbanizzazione e imposte ammesse (IVA, imposta registro, notaio ecc..) senza pensare alle conseguenza del dopo. I bassi tassi di interesse hanno favorito l’acquisto, relazionando il costo del mutuo mensile (seppur di trenta o quarant’anni) all’equivalente canone di locazione mensile. Banche che pur di vincolarsi il cliente elargivano mutui del 130% del prezzo di acquisto (e non del valore) dell’immobile.
      In Germania, nonostante il reddito medio sia nettamente più alto di quello Italiano, mentre il costo della vita come i tassi per i mutui e i prezzi delle case siano nettamente più bassi.
      La mancanza di intervento dello Stato/Comuni e talvolta la politica degli indici di edificabilità ha consentito che il prezzo del terreno edificabile potesse lievitare fino a farlo considerare come un giacimento di diamanti. Non è possibile che in paese normale per acquistare, in periferia, una casa singola di 120 mq con 400 mq di giardino si debba spendere 200 mila € solo per il terreno quando per un analogo immobile e giardino delle stesse dimensioni in Bassa Sassonia se ne spendono in tutto 250.000 !.
      Calmierare il costo del terreno edificabile diventato tale da quello agricolo a 3 o 4 volte il prezzo di quest’ultimo è troppo complesso per il nostro paese.

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