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L’accoglienza umanitaria non è un optional

Proseguono gli sbarchi sulle coste italiane di migranti e rifugiati. Gli scafisti sono spesso mercanti di speranza, anziché di morte. Continuano gli appelli all’Europa: andrebbe superato il principio di una gestione nazionale del problema.

Proseguono gli sbarchi sulle coste italiane di migranti e rifugiati provenienti dalle coste meridionali del Mediterraneo e si susseguono i commenti e le prese di posizione sullo scottante argomento. Desidero qui analizzare due dei temi più ricorrenti: quello dei mercanti di morte, evocati per esempio dal ministro Alfano, e quello ancor più diffuso dell’appello all’Europa perché si faccia carico del problema.
MERCANTI DI SPERANZA
L’etichettatura degli scafisti come pericolosi criminali, responsabili della morte in mare di molti passeggeri, collega il favoreggiamento dell’immigrazione non autorizzata con il traffico di esseri umani: un termine che a sua volta evoca scenari drammatici, di tratta, sfruttamento, sopraffazione. Questo legame è servito a innalzare la soglia di allarme, a giustificare l’impiego di ingenti mezzi nella sorveglianza delle coste e a inasprire le sanzioni nei confronti dei passatori.
Le due questioni del favoreggiamento dell’immigrazione e del traffico di esseri umani andrebbero invece disgiunte. E’ un dato certo che gli organizzatori dei viaggi e gli eventuali traghettatori traggono profitto dalla loro attività: in altri termini si fanno pagare dai migranti che desiderano raggiungere le agognate sponde europee. E’ anche vero che l’accresciuta sorveglianza ha provocato un innalzamento dei livelli di organizzazione illegale del trasporto e soprattutto l’imposizione di maggiori rischi a carico delle persone trasportate: abbandonate lontano dalle coste o non adeguatamente assistite nel viaggio, allo scopo di ridurre i rischi per i passatori. Ma per l’appunto i loro passeggeri, pressati dalle situazioni che hanno alle spalle, si imbarcano volontariamente e pagano per il servizio di trasporto.  Una volta sbarcati, molti di essi presentano domanda di asilo e ricevono una qualche forma di protezione dalle nostre autorità: 10.288, pari al 40,1% dei richiedenti nel 2011.
L’etichettatura come “mercanti di morte” entra quindi in contraddizione con lo status di rifugiati riconosciuto a molti dei passeggeri trasportati. Benché il paragone possa apparire provocatorio, l’attività svolta dagli scafisti non è molto diversa da quella dei contrabbandieri che durante l’ultima guerra aiutavano dietro compenso ebrei e altri perseguitati a raggiungere la Svizzera attraverso i valichi alpini.  Bisognerebbe quindi parlare di “mercanti di speranza”, anziché di “mercanti di morte”.  Certamente mercanti, perché non si tratta di benefattori dell’umanità. Non agiscono per solidarietà con i rifugiati, ma per profitto. Tuttavia i servizi di trasporto che offrono consentono a persone sottoposte a gravi pericoli di raggiungere luoghi sicuri e disponibili all’accoglienza. Chi  cerca scampo da gravi minacce generalmente non ha altre possibilità che affidarsi a loro.
LE SCELTE EUROPEE
Veniamo alla questione Europa. Qui i dati importanti sono due. Anzitutto, nel 2005 l’Unione Europea ha varato il sistema Frontex per coordinare la vigilanza sulle frontiere esterne dell’Unione. Finanziato con 6,3 milioni di euro nel 2005, ha visto il suo budget crescere a quasi 42 milioni nel 2007 e a circa 87 milioni nel 2010.  L’Unione quindi non lesina le risorse per il controllo delle frontiere, con incrementi molto maggiori di quelli registrati da tanti altri capitoli di spesa. La seconda questione riguarda il numero dei rifugiati accolti da altri governi di questa Europa dipinta come distante e indifferente rispetto agli sbarchi sulle coste italiane. I dati del 2011 parlano di 571.000 rifugiati per la Germania, quarto paese al mondo per numero di persone accolte; 210.000 per la Francia; 194.000 per il Regno Unito; 87.000 per la Svezia; 75.000 per i paesi Bassi, contro 58.000 per l’Italia. Se guardiamo al rapporto tra rifugiati e numero di abitanti, i dati ci dicono che  la Svezia supera i 9 rifugiati ogni 1000 abitanti, la  Germania si colloca sopra quota 7, i Paesi Bassi intorno ai 4,5, mentre l’Italia ne accoglie meno di 1.  Dobbiamo quindi ammettere che l’Italia, come il resto dell’Europa meridionale, si è finora tenuta abbastanza al riparo dai flussi internazionali di persone in cerca di asilo. I nostri partner europei, senza dirlo apertamente, a partire dalle convenzioni di Dublino (in particolare quella del 2003) stanno cercando di riequilibrare la situazione, obbligando i richiedenti asilo a presentare domanda nel primo paese dell’Unione in cui approdano.
UN’ACCOGLIENZA SERIA E TRASPARENTE
Veniamo infine a qualche idea su come affrontare la questione. Andrebbe superato anzitutto il principio di una gestione nazionale del problema internazionale delle cosiddette migrazioni forzate: servirebbe una disciplina unica e una gestione comunitaria del dossier, affidata ad un’Autorità comunitaria. In secondo luogo, l’accoglienza andrebbe organizzata vicino ai luoghi di origine dei flussi, scongiurando il più possibile pericolosi viaggi per terra e per mare e tagliando per davvero le fonti dei profitti dei mercanti di speranza. Una volta accolti e assistiti i profughi in luoghi sicuri e dignitosi, le domande di asilo potrebbero essere istruite e vagliate con la cura necessaria. Se venissero accettate, i paesi dell’Unione Europea e possibilmente anche altri, dovrebbero accogliere i richiedenti secondo quote concordate e sulla base di idonei programmi di integrazione.
L’accoglienza umanitaria non è un optional, ma un preciso obbligo internazionale. I mercanti non si sconfiggono con le cannonate, e neppure con le manette, ma organizzando un’accoglienza alternativa, seria, rigorosa e trasparente.

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10 commenti

  1. Alessandro Balestrino

    Grazie per la chiarezza con cui ha esposto il problema e indicato possibili soluzioni. Soprattutto sarebbe importante diffondere la consapevolezza che l’afflusso dei migranti nel nostro paese non è per niente travolgente come a volte si vuol far credere, che lo si può gestire con maggiore umanità e serietà. Questo articolo va fermamente nella direzione che io condivido.

  2. lamberto uguzzoni

    Buongiorno,non sono convinto della sua affermazione sull’etichetta di mercanti di morte,in quanto solo l’8% dei richiedenti viene riconosciuto come rifugiato e quindi non sono tanti;poi che l’accoglienza sia un obbligo internazionale andrebbe spiegato a quei paesi che non permettono alle navi di entrate in porto,oppure come è capitato qualche tempo che hanno sparato ai migranti.Grazie.

  3. “l’accoglienza andrebbe organizzata vicino ai luoghi di origine dei flussi”
    Finalmente ci siamo arrivati. Ma la soluzione era già stata da me proposta qualche anno fa (11/10/2009) sul giornale Il Tirreno, da cui cito:
    “L’ accoglimento dei barconi ha il difetto di incentivare le partenze per un cammino costoso ed estremamente pericoloso. Solo chi dispone di risorse economiche ingenti in relazione ai magri redditi del paese di partenza, magari perchè finanziato da organizzazioni criminali che vorranno la loro contropartita una volta che il migrante arrivi a destinazione, si può permettere di intraprendere un lungo cammino soggetto alle depredazioni e alle angherie dei paesi di transito e al rischio elevato di imetterci la vita. In definitiva in caso di accoglimento si premia chi ha vinto una lotteria di cui ha pagato un costoso e crudele biglietto, incentivando tanti altri disgraziati a seguire il suo esempio. Non sarebbe invece preferibile venire in aiuto di chi non ha le risorse per partecipare alla crudele lotteria e chi, proprio per questo, ha probabilmente maggiore bisogno di aiuto? L’ Italia e l’ UE potrebbero stabilire dei centri di accoglienza nei paesi vicini ai paesi di provenienza nell’ immediato confine di questi, dove poter valutare le richieste di asilo, senza costringere coloro che vogliano proporle a viaggi lunghi, costosi ed estremamente pericolosi. Per esempio, in Kenya, al confine della Somalia, dove oltre 11 milioni di somali che vivono in condizioni di estremo pericolo potrebbero essere accolti e trasportati in Europa con un ponte aereo (lasciando le milizie e i caporioni che giocano alla guerra civile sulla pelle dei civili al loro destino). Lo stesso dicasi per gli altri paesi di provenienza, come l’ Eritrea, anch’ essa antica colonia italiana, dove un regime totalitario e crudele impedisce l’effettivo esercizio delle libertà democratiche e i cui cinque milioni e passa di abitanti, a norma dell’ art. 10 della nostra Costituzione, hanno diritto d’ asilo in Italia. Ad esempio In Kenya 300000 rifugiati somali sono ospitati (si fa per dire) in un campo profughi in condizioni disastrose (vedi Somali camps ‘unfit for humans’ http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/8235089.stm>http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/8235089.stm). La prima cosa da fare sarebbe organizzare un ponte aereo per portarli tutti in salvo da noi.”
    Ma la stessa misura potrebbe ovviamente essere estesa a diversi milioni di abitanti dei bacino del mediterraneo e dell’ Africa Sub-sahariana.
    Alberto Chilosi

  4. giovanni

    ho letto con molta attenzione il suo scritto, anche perchè ultimamente ho avuto modo di confrontarmi con persone che in modo alquanto superficiale e qualunquistico ritengono che l’Italia sia una vittima di tale situazione, e concordo pienamente con quanto da lei sostenuto e con le possibili soluzioni.

  5. AM

    Concordo sul fatto che l’accoglienza umanitaria non sia un optional, ma mi pare che questa regola dovrebbe valere per tutti i paesi e non solo per l’Italia. E poi un conto è accogliere adeguatamente un naufrago o un profugo in prossimità delle nostre coste, mentre altra cosa è andare a prelevare persone su natanti in acque internazionali e in acque territoriali di altri paesi. In questi ultimi 2 casi l’azione umanitaria nel Mediterraneo potrebbe essere effettuata anche da navi di altre nazionalità. Nel Mediterraneo poi navigano navi militari di paesi lontani. La presenza USA è molto forte.e ci aspetteremmo una partecipazione anche da parte loro all’opera di salvataggio e accoglimento.

  6. Dario

    L’autore dell’articolo sostiene, in sostanza, che dobbiamo accogliere tutti i clandestini che arrivano indipendentemente dal numero! Le modalità sono pure elucrubrazioni mentali. L’autore non si rende conto che in Italia e nell’unione Europea non c’è più lavoro e gia adesso abbiamo circa 1 milione di immigrati disoccupati, aggiungerne altri significa solo la sicurezza che nella stragrande maggioranza dei casi dovremo mantenerli, dar loro una casa, curarli ed infine dar loro una pensione con costi assolutamente ingiusti ed insostenibili per gli Italiani e per in generale per gli Europei. Non è possibile fare considerazioni astratte senza tener conto della realtà, non possiamo più accettare altri clandestini o immigrati più o meno regolari di nessun tipo, inclusi donne incinta e bambini non accompagnati, è questione di semplice sopravvivenza! Si consideri, infine, che l’Africa ha un problema di aumento esplosivo della popolazione che oggi è di circa 1 miliardo di persone. E’ previsto il raddoppio in circa 30 anni e il quadruplo entro la fine del secolo a 4,5 miliardi di persone, un numero di persone che l’Africa non può sopportare a meno di non distruggere tutti gli ecosistemi attuali. Secondo l’articolista dovremmo quindi accettarne a breve almeno 1 miliardo perchè tale sarà la spinta degli emigranti verso l’Europa, questo però sconvolgerebbe completamente la vita dell’Europa!

  7. Enrico

    Ad essere sincero sono combattuto tra due opinioni, o meglio tra due “sentire” diversi ed opposti. Per cui non so se essere d’accordo con l’articolo o meno.
    Provo ad esprimerli al meglio:
    1) La situazione attuale la abbiamo creata noi (Europei/Occidentali) anche se siamo molti meno, almeno in parte; li abbiamo invasi, sfruttati, sottoposti a razzismo a casa loro e continuiamo a farlo. Per cui lo sconvolgimento dell’Europa per i flussi migratori ingenti….beh, anche
    noi non siamo male a creare sconvolgimenti, anche se siamo molti meno. Mi verrebbe da dire che è un miracolo che ci vedano come terra promessa invece che come un nemico.
    2) Dobbiamo essere intellettualmente onesti: tante belle parole ed intenzioni sull’accoglienza etc etc, ma poi restiamo nei nostri bei quartieri residenziali e non andiamo ad abitare dove c’è un’alta concentrazione di extracomunitari (non se possiamo evitarlo), nemmeno siamo tranquilli a passeggiare nelle strade dove ci sono capannelli interi di
    extracomunitari. Sbaglio? Siete tutti a vostro agio?
    Al massimo li sopportiamo ma siamo ben lungi dall’integrazione come negli StatiUniti
    (e anche li hanno avuto qualche problema…). Ed è vero che un po’ bisogna tenere conto dei cittadini del proprio Paese prima che degli altri: qui in Italia si è sbagliato nel momento in cui si è confusa l’assistenza con l’assistenzialismo e si sono date addirittura pensioni sociali, aiuti al collocamento (premetto che non lo so con certezza, ma è una cosa che si dice apertamente, per cui se fosse falso sarebbe meglio negarla con i dati per evitare acrimonia). Ma quest’ultimo è un vecchio vizio del nostro Paese.

  8. A.Mantovani

    I dati Riportati non sono corretti. Da questo rapporto dell’Alto Commissariato Onu http://www.unhcr.org/5149b81e9.html risulta ad esempio che i richiedenti asilo politico in Germania nel 2011 sono stati meno di 45000 e non 571000 come riportato nell’articolo.

  9. Michele

    La proposta di Maurizio Ambrosini, condivisa da alcuni lettori, é di organizzare centri di accoglienza dove vagliare le domande di asilo vicino ai luoghi di provenienza, perché questo toglierebbe mercato ai trafficanti di uomini. Concordo che questo sarebbe efficace a tal fine. Tuttavia, mi chiedo se la sua proposta comprenda anche una qualche forma di limitizione numerica, o ancor meglio di selezione in base a etá, qualifica professionale, titolo di studio, precedenti penali, insomma possibilitá di integrarsi produttivamente nel paese di destinazione. Apparentemente no, o quantomeno non se ne parla in questa pagina. Quindi devo concludere che rientri nella solita visione che gli attuali cittadini dell’Italia (o dell’Europa o di qualunque altro luogo, non fa differenza) siano obbligati a ricevere chiunque abbia bisogno, solo per il fatto che costui/costei abbia bisogno, a prescindere dall’impatto che questo avrebbe sulla loro vita quotidiana. Che l’accoglienza umanitaria (con le debite procedure) faccia attualmente parte del diritto internazionale é una constatazione di fatto, ma ció non significa che possa realisticamente avvenire senza limiti. Il diritto internazionale, come ogni altra legge, si evolve col passare del tempo e il mutare della situazione internazionale. Quando dare asilo significava prevalentemente ospitare individui specifici che per la loro particolare attivitá politica, giornalistica, religiosa ecc. erano perseguiti da governi repressivi, aveva certamente senso guardare soltanto alla situazione dell’indviduo senza porre limiti numerici, perché di questi casi ve ne sono necessariamente un numero limitato. Quando peró si desidera estendere il diritto di asilo a intere popolazione, anche in presenza di condivisibilissime e oggettive motivazioni, penso che l’automatismo e l’assenza di limiti numerici trasformi in aria fritta l’intero concetto di obbligo internazionale all’accoglienza. Non é nemmeno una questione di ripartire i rifugiati proporzionalmente tra vari paesi. La vera questione é chiedere democraticamente ai cittadini dei paesi di destinazione se desiderino davvero assumersi a tempo potenzialmente illimitato il mantenimento di un numero a priori sconosciuto e illimitato di altre persone. Personalmente, voterei no, e se il sí vincesse emigrerei in un Paese di maggior buon senso (si fa per dire, in realtá sono giá emigrato parecchi anni fa, e qui sono sicuro i sí a una domanda formulata in maniera chiara e onesta come sopra non supererebbero l’immancabile pochi-% di buontemponi). Dal momento che criticare una proposta senza offrire un’alternativa é un po’ sterile, la mia proposta é che, in assenza di specifici futuri accordi bilaterali tra Paesi, lo status di rifugiato per motivi umanitari non ulteriormente specificati possa essere richiesto soltanto a un paese confinante con il proprio, che a sua volta non ha alcun obbligo legale ma solo la facoltá di concederlo o negarlo, a propria discrezione. Il diritto di asilo, garantito appunto in quanto ‘diritto’, dovrebbe essere ristretto a casi documentati di persecuzione mirati contro specifici individui (mandati d’arresto per motivi politici ecc.). Mi rendo conto questo possa sembrare ‘crudele’, ma non impedirebbe a chi si ritiene un privilegiato di fare beneficenza con i soldi e il tempo propri e a beneficio di chi vuole. Allo stesso tempo non forzerebbe alla beneficenza coatta chi ritiene di essersi sempre guadagnato il proprio e di non dovere proprio nulla a nessuno (ripeto, siamo emigrati anche io e mia moglie, e se fossimo rimasti in Italia oggi rischieremmo di dover vivere a carico dei nostri genitori).

  10. Guglielmo Bianchi

    …L’autore farebbe bene a leggersi i libri della Fallaci, che invece di passare il tempo dietro ad una scrivania ha viaggiato e conosciuto con mano la realtà medio-orientale.
    Molti immigrati islamici hanno propositi distruttivi contro la società occidentale (mi domando se questo “sociologo” abbia studiato). Alcuni di loro non si integreranno mai. C’è immigrazione e immigrazione. Non vedo perchè non la si possa limitare da alcune zone geografiche e favorire da altre (più compatibili con i valori occidentali).
    Per quanto riguarda la baggianata del “preciso obbligo internazionale” questa è proprio una panzanata. L’ONU conta come il 2 di picche, finiamola con questa storia del diritto internazionale. Il diritto internazionale lascia il tempo che trova, uno Stato non può e non deve piegarsi di fronte a norme internazionali astratte e prive di senso. Questo flusso migratorio incontrollato va fermato. Se l’autore non è d’accordo, che si ospiti i clandestini a casa sua (e a spese sue).

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