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Renzi alla prova dei fatti sui trasporti

Da sindaco, Matteo Renzi ha dimostrato di essere capace di prendere decisioni controcorrente su infrastrutture e trasporti. Da candidato alle Primarie, ha dato giudizi negativi sulle grandi opere come la Tav Torino-Lione. Ora che è presidente del Consiglio saprà passare dalle parole ai fatti?

DAL TRASPORTO LOCALE ALLE FERROVIE

Come accaduto in altri ambiti, anche in materia di infrastrutture e trasporti il neo-presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha mostrato nel recente passato di sapersi discostare da un pensiero che, spesso, sembra andare oltre le “larghe intese” e accomunare quasi tutte le forze politiche a livello locale e nazionale.

Unico fra i sindaci delle grandi città, nel 2012 Renzi ha ceduto (ma non privatizzato) Ataf, l’azienda di trasporti pubblici fino ad allora controllata dal comune. Tutti gli altri primi cittadini, almeno finora, hanno ritenuto di tenersi ben strette le proprie aziende; o, al più, come nel caso di Torino, hanno tentato di cedere una quota minoritaria per cercare di far quadrare il bilancio. E sono numerose le voci, sia in ambito politico che sindacale, che si levano a favore della assai discutibile creazione di “campioni regionali” formati dall’unione delle aziende di trasporto urbano e dell’attuale gestore dei servizi ferroviari. Non c’è da stupirsi: con la privatizzazione verrebbe meno lo scambio politico-sindacale tipico dei monopoli pubblici che è la causa principale della loro inefficienza. Naturalmente, è proprio per questo che il personale politico, soprattutto a livello locale, e gli esponenti sindacali a livello aziendale si oppongono alle privatizzazioni: emblematica in tal senso è stata, nello scorso novembre, la vicenda dello sciopero della municipalizzata di Genova.
La privatizzazione, inoltre, ovvierebbe al problema del “vincolo di bilancio soffice” che, ad esempio, ha portato l’azienda pubblica che fornisce i servizi di trasporto collettivo a Roma ad accumulare negli ultimi dieci anni un deficit di 1,6 miliardi a valle di trasferimenti pubblici complessivi di poco inferiori ai 5 miliardi; e farebbe sì che un ente locale non debba rivestire contemporaneamente il ruolo di “arbitro” e di “giocatore” in una gara per l’affidamento dei servizi cui partecipi l’azienda di sua proprietà. Non è possibile cogliere appieno i frutti delle liberalizzazioni se, al contempo, non si privatizza.
Oggi, curiosamente, Matteo Renzi torna a essere il “proprietario” dell’azienda che da sindaco cedette due anni fa, la cui quota di maggioranza è stata rilevata da Busitalia, controllata dal Gruppo Ferrovie dello Stato italiane. Il problema affrontato dal sindaco si ripropone, su scala maggiore, al presidente del Consiglio. Le stesse motivazioni che renderebbero auspicabile la vendita da parte degli enti locali delle aziende di trasporto pubblico locale dovrebbero portare il Governo a cedere il controllo della società che fornisce la parte maggioritaria dei servizi ferroviari nel nostro paese e che, fatta eccezione per l’alta velocità, sono acquistati dallo stesso esecutivo, direttamente o per il tramite delle Regioni (i ricavi della vendita di biglietti e abbonamenti coprono non più del 25 per cento dei costi di produzione).

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TAV E GRANDI INFRASTRUTTURE

Nel programma per le Primarie del 2012 Matteo Renzi proponeva che gli investimenti pubblici venissero “valutati uno per uno, sulla base di un piano economico vero” e di “rivedere il piano delle infrastrutture chiedendo che una commissione internazionale di esperti fornisca un parere indipendente su costi, rischi, vantaggi e benefici di proposte alternative”. Nel maggio 2013, intervenendo al Salone del libro di Torino, affermava di “non credere a quei movimenti di protesta che considerano dannose iniziative come la Torino-Lione. Per me è quasi peggio: non sono dannose, sono inutili. Sono soldi impiegati male”. Giudizio che lo accomuna alla stragrande maggioranza di coloro che hanno guardato ai numeri del problema e lo differenzia dalla quasi totalità dei decisori politici a livello nazionale e locale che hanno mostrato un’adesione quasi fideistica al mito delle “grandi opere”.
Il neo presidente del Consiglio ha ora la possibilità di tradurre in atti concreti le sue passate prese di posizione, in particolare nell’ambito della spending review. Fino a oggi il suo auspicio di una valutazione economica comparativa dei maggiori progetti infrastrutturali non si è tradotto in realtà e l’interminabile elenco delle opere strategiche della Legge obiettivo del lontano 2001 è stato tramandato, con poche varianti, da un esecutivo all’altro senza che vi sia stato un reale sforzo di individuare i progetti che meritano di essere realizzati.
Molti rientrano in quelli che il “rapporto Giarda” del 2011 classificava come “sprechi di tipo 7”, ossia la progettazione di opere di dimensione eccessiva rispetto alla capacità realisticamente sfruttabile. Tale condizione sussisteva già nel passato, ma si è rafforzata negli ultimi anni a seguito della rilevante riduzione dei flussi di traffico determinata dalla recessione economica. A titolo di esempio, analizziamo i dati della nuova linea ferroviaria Torino–Lione. L’analisi costi-benefici governativa del 2011 (significativamente redatta a posteriori rispetto alla decisione di realizzare l’opera) stima che sul versante nord-occidentale delle Alpi i flussi complessivi su strada e ferrovia crescano dai 28,5 milioni di tonnellate registrati nel 2004 ai 97,3 milioni nel 2053 in assenza di progetto (e a 110,6 milioni nel caso l’opera venga realizzata). La stima risulta del tutto inconsistente con l’evoluzione reale dei flussi che negli ultimi dieci anni sono diminuiti di oltre il 20 per cento e si sono attestati nel 2012 a 22,4 milioni di tonnellate a fronte di una capacità complessiva delle infrastrutture esistenti pari a non meno di 100 milioni di tonnellate. La nuova linea porterebbe la capacità ad almeno 140 milioni di tonnellate equivalenti a circa sette volte il traffico attuale. È come se, nel caso di un’autostrada con un traffico in diminuzione da vent’anni e tale da occupare approssimativamente due corsie, si proponesse un ampliamento a quattordici.
Peraltro, la sostanziale refrattarietà dei precedenti esecutivi (e parlamenti) a prendere atto del mutato quadro della domanda, oltre che di quello originario, non dovrebbe meravigliare troppo. Una siffatta operazione condurrebbe molto probabilmente a un radicale ridimensionamento della “lista dei desideri”: dolorosa per molti interessi particolari, ma assai benefica per i conti pubblici. Sarà in grado il nuovo esecutivo di “cambiare verso”?

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Fonte: F. Pasquali (2012) La nuova linea ferroviaria Torino-Lione: analisi costi benefici

 

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Fonte: nostra elaborazione su dati Alpinfo e F. Pasquali, La nuova linea ferroviaria Torino-Lione: analisi costi benefici

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10 commenti

  1. Eugenio Palmieri

    Perché dovrebbe aumentare la quota di autofinanziamento del Tpl? I biglietti altro non sono che imposte parafiscali recessive. Quindi un aumento delle tariffe, in presenza di esternalità positive ed effetti redistributivi, ha un impatto sociale negativo. Il modello Inglese, dai report di Banca Italia (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/qef_20_2008/QEF_20.pdf , http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/QF_84/QEF_84.pdf ), con il più alto grado di autocopertura dei costi, risulta avere anche: prezzi alti, basso costo del personale (salari più bassi e/o meno dipendenti), parco mezzi vecchio, con bassi investimenti per il suo rinnovo. E’ questo che vogliamo?

    • lavoceinfo

      Buongiorno,
      i costi di produzione dei servizi di TPL nel Regno Unito sono pari alla metà di quelli italiani. A parità di costo unitario, si potrebbero ridurre del 65% i sussidi (con un risparmio di circa 3 miliardi) senza tagliare nessun servizio né aumentare le tariffe.

      (Francesco Ramella)

      • Eugenio Palmieri

        In che senso senza tagliare nessun servizio?
        In Inghilterra dai dati di Banca di Italia (pag.19) risulta che il parco mezzi è vecchio e a ciò si unisce il più basso investimento per il rinnovo dei mezzi tra i paesi analizzati. Inoltre il costo del personale è più basso (quindi salari più bassi e/o meno dipendenti). Bassi investimenti e bassa spesa corrente spiegano i bassi costi, ma è positivo? Che una diminuzione dei costi correnti e degli investimenti sia auspicabile e non abbia effetti negativi sul servizio è tutto da dimostrare. Anzi, di solito si sostiene che il Tpl genera esternalità positive e che sarebbero necessarie maggiori risorse per il settore di quante verrebbero destinate dai privati.

  2. daniele borioli

    Sono d’accordo con lei, totalmente, per la prima parte; in disaccordo, totalmente, per la seconda. Come Assessore Regionale ai trasporti del Piemonte, ho cercato, credo unico in Italia (e, infatti, sconfitto) di liberalizzare il trasporto ferroviario regionale, con gare contendibili. E ho sostenuto l’importanza della Torino-Lione. Per due ragioni: ritengo che la programmazione delle grandi infrastrutture debba includere non solo la pur necessaria valutazione dei flussi di traffico, ma anche una visione circa le polarità territoriali, macroregionali su scala europea, da incoraggiare. Se si ritiene che la macro/euroregione alp-med, possa costituire in futuro una piattaforma di sviluppo continentale in grado di competere con Lombardia, Renania-Westfalia o Baviera, occorre che le sue linee di coesione interna siano innervate da infrastrutture moderne e collegamenti privilegiati.

    • lavoceinfo

      Buongiorno,
      incoraggiare “le polarità territoriali, macroregionali su scala europea” con ingenti risorse pubbliche è una priorità per il nostro Paese rispetto alla riduzione del debito pubblico e/o della pressione fiscale?

      L’impiego delle risorse pubbliche per finanziare la TAV è il migliore possibile oppure, a parità di spesa, si potrebbero conseguire benefici maggiori? Ad esempio: costruire 50 km di metropolitane o di metrostrade nelle maggiori città italiane non sarebbe preferibile?
      Quale livello di traffico (e sulla base di quale criterio deve essere stimato) sarebbe a suo giudizio insufficiente per giustificare l’opera? Qual è il costo massimo oltre il quale non riterrebbe opportuno costruirla?

      (Francesco Ramella)

    • piertoussaint

      Giustamente, Marco Ponti ha scritto a suo tempo che perfino il Corridoio 5 è una pura leggenda keynesiana… rientra tutto nei “buchi in terra inutili” pagati dal contribuente, per fare un piacere agli scavatori di gallerie con soldi altrui: http://archivio.lavoce.info/articoli/pagina392.html

  3. Pietro Salizzoni

    Sono un ingegnere di Torino che vive e lavora a Lione da più di 10 anni. All’inizio facevo l’andata-ritorno in treno. La durata del viaggio era di 3 ore e 50 con fermata a Oulx, Bardonecchia (con attesa per controllo dogana), Saint Jean de Maurienne, Chambery, Aix-les-Bains. Non sarebbe stato difficile ridurre il tempo del tragitto a poco più di 3
    ore, riducendo e ottimizzando le fermate. Dal dicembre 2003 il treno diretto Torino-Lione non esiste più. Uno dei Tgv diretti ferma all’aeroporto a 30 km dal centro cittadino (bisogna prendere un tram); l’alternativa è cambiare a Chambery. I tempi del tragitto sono aumentati (5 ore e mezza circa); orari e costi del biglietto (70 euro) sono tali che è preferibile viaggiare in auto, anche da solo, oppure in pullman. In questi anni il collegamento per Nizza da Torino ha subito sorte analoga. Dato questo stato di cose, la domanda sorge spontanea. Se per lei (e per la quasi totalità delle forze politiche dell’arco costituzionale) tale collegamento è strategico e ad esso è legato il destino della macro/euroregione Alp/med (sulla cui coesione territoriale nutro non pochi dubbi, ma tant’è), perché se ne affida i destini ad un’opera che vedrà la luce (forse) tra 20 anni (e che vien promessa da altrettanti) e costa decine di miliardi di euro e, nel frattempo, si dismettono i collegamenti
    ferroviari esistenti? In altre parole: perché promettere un super-treno quando non si riesce a garantire un treno? Spero che lei possa capire che la profonda contraddizione che esiste tra i propositi da lei espressi e la realtà della cose possano facilmente indurre a ritenere che le ragioni per cui si vuole fortemente quest’opera siano, in realtà, legate a tutt’altre motivazioni.

  4. Paolo Rossi

    Il dibattito che questo articolo riapre, ponendo direttamente la questione se Matteo Renzi vorrà o meno tenere fede ai propositi espressi nelle campagne per le primarie ed in altre sedi analoghe prima di divenire segretario del PD, è fondamentale per gli anni futuri.

    Se Matteo Renzi confermerà i propositi espressi potremo forse assistere per la prima volta ad una politica meno autoreferenziata ed ad una maggiore concretezza nei processi decisionali, con una netta soluzione di continuità rispetto al passato, sia di stampo PD che di stampo PDL/FI (che proprio in merito alla Torino Lione hanno saputo esprimere certamente comportamenti quantomeno discutibili).

    Oggi, anche in Francia è lo stesso governo a riconoscerlo, la politica dell’Alta Velocità ferroviaria deve cedere il posto a maggiori investimenti verso il TPL. Questo processo credo debba essere interpretato come un vero cambiamento nel modello di società cui l’Europa globalmente vuole tendere (anche se molte forze politiche non lo hanno ancora messo bene a fuoco).

    Di fatto la competitività dell’intera società europea, associata alla capacità di garantire un buon tenore di vita ai cittadini, dipende strettamente dalla soluzione nei prossimi decenni della questione energetica. Ci si può infatti attendere nei prossimi anni un sensibile aumento dei costi dell’energia, ed in particolare del petrolio, il ché genererà forti tensioni a livello planetario. Le diseguaglianze tra Paesi produttori e consumatori tenderanno a crescere e le conseguenti tensioni potrebbero sfociare in tumulti, conflitti che in ogni caso possono solo ridurre ricchezza e libertà dei cittadini.

    Se l’Europa, non autosufficiente a livello energetico, saprà riorganizzarsi in senso di minori fabbisogni, maggior sfruttamento delle fonti rinnovabili, progressivo annullamento della dipendenza dalle fonti fossili, allora potrà mantenere un elevato margine di competitività economica a livello mondiale e garantire reddito e diritti effettivi dei cittadini. Diversamente non oso neppure immaginare in quale situazione andremo a cacciarci.

    I trasporti sono, prima ancora che uno strumento economico per assicurare prodotti di buona qualità e competitivi nel prezzo, uno strumento di libertà delle persone. Assicurare la libertà di movimento è un fattore critico per garantire cultura, innovazione, crescita sociale. E’ evidente che in uno scenario di costi energetici crescenti la libertà di movimento dovrà essere primariamente garantita da mezzi di trasporto energeticamente efficienti ed il treno è certamente il primo della lista.

    Se si condivide questo assunto, credo che anche la questione della Torino Lione vada affrontata senza legarsi strettamente ad una visione di costi-benefici a corto raggio ma potrebbero subentrare anche valutazioni di più lunga portata a favore della realizzazione del tunnel di base del Frejus. Non voglio con questo dire che deve essere fatto senz’altro… solo che in un futuro neanche troppo lontano garantire l’efficienza dei collegamenti su questa direttrice (come su tutte le altre) sarà fondamentale per assicurare il diritto dei cittadini a spostarsi a costi sostenibili.

    Come scrive un altro lettore in questi commenti, certamente l’efficienza dei collegamenti si può migliorare (e molto) ottimizzando le fermate, migliorando orari e materiale rotabile, senza investimenti pazzeschi e in breve tempo. L’introduzione del TGV invece non necessariamente soddisfa queste aspettative per la natura stessa del servizio ad alta velocità, che privilegia il tempo di viaggio (ma solo sulle costose linee dedicate) all’economicità.

    In conclusione, vorrei che il dibattito sulla Torino Lione venisse inquadrato meglio in una visione di più ampio respiro sia concernente l’intera questione del trasporto pubblico inteso come fattore di libertà dei cittadini, sia riguardante il modello di società cui vogliamo tendere.

    Personalmente sono a favore di una politica economica coraggiosa, che trasferisca alla rotaia una importante fetta di investimenti storicamente dedicati alle strade ordinarie (ed ad altri settori economici “tradizionali”), mirata a creare una rete di trasporti pubblici (sia a “bassa” che “alta” velocità) in parziale concorrenza tra loro, ma che comunque incentivino le persone a spostarsi sulla lunga distanza con il treno piuttosto che con auto (e aereo). Il mezzo privato dovrebbe essere gradualmente limitato agli spostamenti locali ove veicoli elettrici, non inquinanti e poco costosi, possono essere impiegati al posto di quelli a motore.

    Le case automobilistiche non gradiranno certo un tale scenario, ed anche buona parte della popolazione non rinuncerà facilmente al mito dell’auto che da troppo tempo viene inculcato nei cervelli fin da piccoli quale modello di vita cui tendere per il proprio successo sociale…e questo è un ingrato compito che spetta ai Politici che vorranno condividere questo mio pensiero per le generazioni future.

    Proviamo ad esempio ad immaginare una rete di servizi interregionali cadenzati (a tariffa regionale, accessibile a tutti) ove si possa disporre comunque di sedili comodi, internet a bordo, tavolini e prese di corrente (si, lo so, è fantascienza rispetto ai regionali in uso oggi)… il tempo di viaggio non sarebbe più così critico in quanto i servizi a bordo consentirebbero a molti di poter utilizzare quel tempo in modo certamente più produttivo di quanto non sarebbe se lo trascorressero alla guida di un veicolo…

    Intendo dire che il tunnel di base del Frejus, se inteso fine a sé stesso, è certamente un incredibile spreco di denaro pubblico ed è destinato a restare una cattedrale largamente inutilizzata, ancor peggio se percorso solo da pochi convogli ad alta velocità ed a caro prezzo, fruibili solo da una fetta limitata della popolazione.

    Se invece si perseguirà una politica di sistema che miri ad un diverso modello di mobilità, che preveda anche servizi di costo accessibile (ma pur sempre con un livello di servizio decente) intercalati a quelli AV, allora questo potrebbe trovare una sua giustificazione ed una collocazione in un diverso modo di muoversi a livello europeo.

  5. piertoussaint

    Arrivo in ritardo, ma ci tengo a fare i complimenti a Ramella. Ottimo lavoro, come al solito. Quanto a Renzi, sulla TAV per adesso tace, anche se Lupi e Alfano scalpitano, irresponsabilmente come loro solito. Ma, a prescindere, su Renzi non punterei un eurocent: http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/03/07/gotti-tedeschi-non-capisce-perche-renzi-cadra-sul-new-deal/

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