In tutto il mondo le persone annunciano nascite, matrimoni e morti. Solo in Italia però i necrologi si accaparrano intere pagine di quotidiani. Perché all’estero si dà un’informazione, mentre da noi si segnala soprattutto l’appartenenza a un club, qualsiasi esso sia, e lo status sociale che questo presuppone. Sono dunque una forma di spreco sociale, e come tali andrebbero tassati, per devolvere il ricavato in opere di bene. Sherlock Holmes, ne “Il Mastino dei Baskervilles” (1901-2), suggerisce che la chiave per risolvere un mistero a volte sta nel capire perché qualcosa che sarebbe dovuta accadere, in realtà non sia avvenuta. All’esterrefatto amico Watson, l’investigatore di Conan Doyle fa notare che il mastino avrebbe dovuto abbaiare all’intruso della villa, ma, misteriosamente, non lo ha fatto. Perché? Evidentemente, conosceva l’assassino. Chi ha occasione di leggere i più autorevoli quotidiani europei e americani, da Le Monde al New York Times, vi avrà forse notato una misteriosa “non presenza”: il necrologio. Quando non del tutto assente, nella stampa estera occupa uno spazio ridottissimo rispetto a quello che gli dedica, per esempio, il nostro Corriere della Sera. Forse all’estero si muore di meno? Tre macabri interrogativi Per quale ragione conoscenti, condomini, etc. pubblicano necrologi, replicando gli annunci dei familiari? Certo non per informare. Né (solo) per manifestare alla famiglia la propria partecipazione al lutto: perché non inviare piuttosto un biglietto affettuoso, invece di pagare (a caro prezzo) un annuncio? Che cosa spiega l’enorme disparità tra il numero di necrologi dedicati a diversi defunti? Certo, le persone ricche e potenti hanno avuto in vita un numero di contatti personali molto maggiore rispetto ai “comuni mortali”, e dunque, forse, molti più amici. Basta? No. Anche se fosse possibile considerare come tali condomini e consigli d’amministrazione, rimane valida l’obiezione precedente: perché pagare? Perché infine quest’ampia diffusione del necrologio non si osserva all’estero ma solo in Italia? La teoria dei club La teoria economica dei club suggerisce un’interessante chiave di lettura. È noto che spesso gli individui tendono a effettuare spese intrinsecamente inutili al solo scopo di impressionare i loro vicini e segnalare il proprio status sociale. Allo stesso fine, alcuni cercano di essere ammessi ai club più esclusivi (un circolo della vela, ad esempio), aspettandosene notevoli benefici sociali. D’altra parte, ciascun club ha interesse a limitare l’accesso alle sole persone ricche e importanti. (1) Ma se il reddito o le relazioni sociali di un individuo non sono immediatamente osservabili, come sarà possibile segnalare la propria (idoneità all’) appartenenza a un club, o circolo sociale esclusivo? Una spesa intrinsecamente inutile, ma osservabile da tutti, può servire allo scopo, tanto più se essa permette di ostentare familiarità con un (ex) socio del club (2). Ad esempio, un necrologio. La soluzione del mistero Dunque, la pubblicazione del necrologio da parte di conoscenti vari, più che esprimere la partecipazione al lutto, serve a manifestare pubblicamente che il firmatario appartiene (o vorrebbe appartenere) al club del defunto. Ciò spiega i primi due interrogativi. Ma perché solo in Italia? Evidentemente, tanto maggiore è il beneficio atteso dal segnale della (vera o presunta) appartenenza al club (élite, cordata, salotto, corrente, corporazione, scuola etc.) rispetto al costo, tanto più probabile è che i giornali siano inondati di necrologi di veri, presunti e aspiranti membri. Come appunto accade da noi, ma non all’estero. Una semplice implicazione finale Dalla teoria dei club segue una semplice implicazione di politica economica. Poiché il necrologio (aggiuntivo) non ha, per sé, alcuna utilità, e, se ampiamente diffuso, perde anche d’ogni contenuto informativo, costituisce uno spreco sociale. Va tassato, e le entrate devolute, non in fiori, ma in opere di bene. (1) A tal proposito, il grande Groucho Marx scrisse all’Hollywood’s Friar’s Club: “Vi prego di accettare le mie dimissioni. Non tengo a far parte di nessun club che mi abbia come membro”. (2) Per una formalizzazione di queste idee si veda Jaramillo, Kempf and Moizeau, 2000, “Conspicuous Consumption, Social Status and Clubs”, Fondazione Enrico Mattei Nota di Lavoro 58, 2000.
In tutto il mondo, le famiglie pubblicano annunci di nascita, matrimoni e morte per informare amici e parenti. Ma solo da noi, che io sappia, alcuni giornali pubblicano pagine e pagine di necrologi; annunci replicati spesso centinaia di volte, a firma d’amici, conoscenti, condomini, polisportive, circoli culturali, redazioni, rappresentanze sindacali, dipartimenti, consigli d’amministrazione e così via. Perché? L’irrilevanza del necrologio in molti paesi e la sua diffusione in Italia illuminano a mio parere alcuni tratti caratteristici della nostra società. E pongono tre interrogativi, un po’ macabri.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Francesca
Vorrei contestare quanto si sostiene nell’articolo riguardo a quanto accade all’estero. In Germania, dove vivo, o anche in altri Paesi che ho visitato in Europa, i necrologi nei giornali ci sono eccome! e anche numerosi. L’unica differenza e’ che le edizioni nazionali ne hanno pochi ma le edizioni locali e cittadine ne sono piene, esattamente come in Italia. Anzi direi che nei quotidiani di alcune citta’ i necrologi sono anche piu’ numerosi che sul corriere ed hanno il formato di annunci pubblicitari a volte.
La redazione
Grazie mille per l’informazione sulla Germania. Tuttavia la tesi sostenuta nell’ articolo è questa: in Italia, a differenza di molti (ma non tutti) altri Paesi, le relazioni e “reti” sociali sono estremamente importanti e sostituiscono spesso meccanismi relativamente impersonali, quali il mercato. Si pensi al ruolo delle conoscenze e raccomandazioni nella ricerca di un impiego, oppure a quello di corporazioni e interessi costituti
nell’economia. Il necrologio è un modo costoso e “improprio” per segnalare un’appartenenza. Ciò non significa che l’Italia in questo sia unica. Mi aspetterei qualcosa di simile nei paesi con minori tradizioni di mercato, e l’esempio della Germania potrebbe confermare la mia tesi. Inoltre mi riferisco alla stampa nazionale: in quella locale immagino che scopo dei
necrologi sia quello “proprio” di informare la comunità, come del resto accade da noi.
Paolo Manasse
giorgio tavolini
Concordo con lei pienamente, in tali necrologi di partecipazione oltre allo “spreco sociale” intrinseco si insinua lo spettro di un classismo, per di più ipocrita, che induce a considerare alcuni de cuius più de cuius di altri.Ma se tassiamo tali necrologi come la mettiamo con le migliaia di cappelle familiari dorate (quasi più costose di un modesto appartamento residenziale), tempietti neoclassici, lapidi in marmopersiano… che vediamo nei nostri cimiteri civici?In quel caso si ha anche spreco materiale…perchè non impedire tali scempi?La morte è ‘na livella oppure no?
La redazione
Le proposte del lettore mi stuzzicano…ma, a differenza dei divieti, le imposte producono gettito, e consentono di trasformare quelle forme di superbia in beni di pubblica utilità!
PM
Paolo Manasse
Le argomentazioni dell’articolo sui necrologi mancanti sono interessanti, come pura la proposta di tassarli. Forse sarebbe stato utile aggiungere una stima dei proventi della tassazione, così tanto per rendere meno futili le argometazioni.
La redazione
Non credo che le argomentazioni siano futili, benchè l’articolo sia uscito in tempi di ferragosto. Quanto alle stime un lettore molto informato viene in nostro aiuto. Egli stima che un quotidiano locale provinciale medio incassa annualmente tra i 500 mila e un milione di euro l’anno. Ed un giornale nazionale “molto di più” (diciamo 2 milioni l’anno, come minimo). Assumendo che ciascuno dei 103 capoluoghi di provincia italiani abbia un quotidiano locale, e considerando 10 quotidiani nazionali, una stima conservativa della base imponibile annuale è pari a 71,5 milioni di euro (=500mila x 103 + 2milioni x10). Assumendo una elasticità della spesa in necrologi pari a zero, un’aliquota del 20% produrrebbe un gettito di 14,3 milioni di Euro, una del 30% un gettito pari a 21,45 milioni. Niente male, Mr Tremonti?
P.M.
enzo boeri
cito a memoria Walter Valdi:
“io in un giornale leggo solo la pagina degli spettacoli e quella dei necrologi. Se è morto qualcuno che conoscevo, vado al suo funerale. Se no, vado al cinema.”
Scherzi a parte, la differenza fondamentale è tra stampa locale e quella nazionale. (Ogni tanto sono tentato di mettere il mio necrologio per qualche vip scomparso…)
La redazione
Molto divertente la citazione! Di questi tempi, in effetti , non c’è granchè da star allegri, qualsiasi tipo di stampa si legga. Concordo infine col lettore che la differenza importante è tra la stampa nazionale (cui si riferisce l’articolo) e locale. Forse però, come suggerisce un’altro commento, la dimensione “locale”, meno importante per i “vip” , diventa cruciale per i notabili locali e per i legami di network.
P.M.
carloercole@infinito.it
Interessante la teoria esposta da Paolo Manasse, ma sbaglia quando differenzia giornali nazionali e locali.
Perché la pubblicazione del necrologio, come ostentazione dell’appartenenza a un clan, funziona soprattutto in un ambito cittadino e provinciale. Il Corriere della Sera e il Messaggero, essendo molto radicati in primo luogo a Milano e Roma, sono zeppi di necrologi. La Repubblica, che solo recentemente è entrata in questo business, ne ha molto pochi, proprio perché ha una vocazione nazionale.
Se uno sfoglia i due giornali italiani che vantano il record di necrologie – La Libertà di Piacenza e L’Eco di Bergamo – si accorgerà che la logica di appartenenza al club qui è amplificata alla potenza.
I quotidiani italiani danno grande spazio alle necrologie e se le contendono perché sono denaro contante che entra in cassa tutti i giorni.
Fornisco un dato certo: un quotidiano provinciale medio incassa ogni anno tra i 500 mila e un milione di euro per i necrologi (i giornali sopra citati molto di più).
Un’ultima conferma della tesi del club. Il mio barbiere, che è un gran goliardone, sulla Provincia pavese si è sentitamente stretto alla famiglia Agnelli il giorno della morte dell’avvocato.
E tutta la città si è chiesta: ma lo conosceva?
La redazione
I dati forniti dal lettore sono di grande interesse . Grazie davvero! Essi permettono di stimare approssimativamente la base imponibile dell’imposta a 71,5 milioni di euro (vedi risposta precedente). Un’aliquota del 20% produrrebbe un gettito vicono ai 14,3 milioni di euro. Quanto all’importanza dei quotidiani locali rispetto a quell nazionali, credo vi sia un trade-off. Da un lato la dimensione locale favorisce i legami di network, dall’altra quella nazionale permette una segnalazione più efficace, raggiungendo più persone. La questione è empirica, ed il lettore, che appare molto informato, potrebbe avere ragione.
P.M.
Giancarlo Perasso
Questa volta non sono daccordo con lottimo Paolo Manasse. Da un punto di vista microeconomico, io pubblico (pagando) un necrologio perche mi aspetto di riceverne dei benefici. E che male ce? Io mi compro una cravatta nuova per partecipare ad un colloquio di lavoro perche penso di avere chances migliori di ottenere il lavoro. Tassiamo (ulteriormente) la cravatta?
Il professor Manasse inoltre scrive che il necrologio e uno spreco sociale e (risposta a Francesca) che il mercato dovrebbe prendersi cura di informare tutti quanti in maniera impersonale (e, aggiungo io obiettiva). Ma questo presuppone una perfetta circolazione dellinformazione, il che non esiste. Seguendo il ragionamento del professor Manasse, dovremmo tassare (ulteriormente) tutti coloro che disseminano informazione: dai cacciatori di teste alle agenzie di pubblicita. O no?
Cordialmente, Giancarlo Perasso
(PS Negli Stati Uniti, i giornali domenicali sono pieni di annunci di prossimi/avvenuti matrimoni, meno macabro ma stessa cosa dei necrologi)
La redazione
Grazie per il commento, Giancarlo.
Due brevi osservazioni.
Prima. Certo, di tasse, meno ce n’è, meglio è. Eppure, dovendo proprio ottenere del gettito, la teoria della tassazione
ottimale suggerisce che bisognerebbe cercare di ridurre al minimo le “distorsioni” causate dalle imposte, ad esempio tassando soprattutto il consumo di quei beni la cui domanda è “rigida” rispetto alle variazioni di prezzo. Il necrologio, visto il numero ed i prezzi sembrerebbe un buon candidato. Seconda osservazione. Il tipo di necrologio a cui mi riferisco,
è proprio quello che, a differenza di cravatta e cacciatori di teste, non informa. Non quello delle famiglie, ma quello degli (aspiranti) membri del club. Quindi è uno spreco sociale. Dimenticavo: tassare i necrologi (aggiuntivi) darebbe anche un piccolo contributo al risparmio di carta (e della foresta amazzonica!).
Paolo Manasse
Ivano Barocci
Sono d’accordo sulle considerazioni generali ma l’Italia non è affatto l’unico Paese dove si pubblicano necrologi sulla stampa. In Spagna, per esempio, anche i quotidiani più illustri pubblicano numerosissimi necrologi con tanto di foto!!. E, personalmente, avendo lavorato per anni in un periodico locale, posso dire che in Italia la “moda” del necrologio è forte soprattutto nei piccoli centri dove quasi tutti sanno di tutti e tutto, e a ricorrerci sono soprattutto le persone di basso-medio reddito. Come dire: a livello locale, il necrologio “funziona” tra le classi meno abbienti ed è ignorato quasi dalle classi “ricche”, a livello nazionale funziona il contrario. E se ci mettiamo che il tutto caratterizza, secondo me, soprattutto i Paesi del sud (Italia, Spagna….)… facciamo le considerazioni del caso, annessi e connessi
La redazione
Grazie per l’interessante osservazione sul fatto che a livello locale siano soprattutto i ceti medio-bassi a ricorrere al necrologio, mentre a livello (e sulla stampa) nazionale siano quelli medio-alti.
PM
Giuseppe
Il costo dei necrologi sui quotidiani è anacronistico! Ho visitato il sito http://www.funeras.it. La pubblicazione dei necrologi online ha un costo che varia da un minimo di 30 Euro ad un massimo di 50 Euro.
Marco
Un sito molto innovativo per pubblicare i necrologi può essere http://www.funeras.it adesso il costo esatto non saprei dirlo, comunque non dovrebbe essere troppo eccessivo. Da quello che ho visto molte imprese funebri sono presenti quindi come serietà del sito non c’e da dire nulla.
Mario
E’ incredibile come internet possa far trovare persone per quanto distanti possono essere. Parlando di necrologi una mia collega scopre di essere imparentata con una signora residente a Parigi, tramite un necrologio pubblicato su funeras. Questa signora Parigina si è messa a indagare su eventuali parenti sparsi nel mondo il risultato è stato quello trovare un necrologio con il suo stesso Cognome, indagando più attentamente è arrivata alla famiglia della mia collega di lavoro. Sembra quasi un film ma ormai ce da aspettarsi di tutto.
Giacomo
http://www.funeras.it non mi è nuovo come sito, anzi mi è già stato ripetuto molte volte da persone che lavorano nel settore funebre, quindi facendo parte anch’io di questo campo ho deciso di darci uno sguardo, considerando il fatto che internet con tutte le sue sfaccettature non mi è mai andato molto a genio, ma dopo aver minuziosamente osservato tutte le funzionalità mi è parso chiaro che come sito da molta importanza al suo contenuto, quindi il giudizio finale è positivo.
Federico Giovannini
Un’altro sito interessante e innovativo è http://www.mydear.it dove si possono pubblicare necrologi sia gratuti per un mese di durata che a pagamento fino a 10 anni di durata con tanto di foto e possibilità di condivisione via e-mail per informare le persone a cui si vuol far conoscere la propria pubblicazione.
Claudio
Penso che ormai il sito di riferimento di tutte le imprese funebri sia diventato funeras.
Ieri leggendo il giornale mi è saltato allocchio FUNERAS.IT: il primo social network italiano dedicato ai defunti .
Per curiosità ho dato uno sguardo a questo sito, e devo dire che è stato fatto bene, pensando ovviamente al suo delicato contenuto.