Prima di Nizza lequilibrio politico nella Ue era garantito da un sistema di attribuzione di voti nel Consiglio che tutelava i piccoli Paesi attribuendo ai Grandi un sostanziale diritto di veto. Un equilibrio che si rivela equo anche secondo i principi della statistica. Ma mantenerlo dopo lallargamento a Est avrebbe significato condannare lUnione alla incapacità di prendere decisioni. Di qui la necessità di una riforma, come quella elaborata dalla Convenzione con il sistema della doppia maggioranza. Fino a Nizza (dicembre 2000), i pesi per le decisioni a maggioranza nel Consiglio dei ministri UE erano assegnati in modo meno che proporzionale, secondo una formula che richiamava una “radice quadrata” della popolazione. Il fine era dar voce ai Paesi minori, per difenderli dalla “tirannia della maggioranza”. Così, il Lussemburgo con 440mila abitanti aveva due voti, mentre la Germania ne aveva dieci (un quinto dei voti contro 1/180 della popolazione). Tuttavia, con una maggioranza qualificata intorno al 70 per cento, i Paesi di grandi dimensioni mantenevano un sostanziale diritto collettivo di veto (minoranza di blocco). Non solo, ma la “radice quadrata” rispondeva anche a un criterio di equità basato su calcoli probabilistici: già nel 1946 lo statistico inglese Lionel Penrose aveva dimostrato che la formula della radice quadrata compensa il cittadino di un Paese piccolo della minore capacità di influenzare le decisioni politiche tramite il suo rappresentante. Come Nizza “prepara l’allargamento” Dopo l’allargamento ad Est (che avrebbe coinvolto molti nuovi Paesi mediamente poco popolosi), con questo sistema le cose sarebbe cambiate radicalmente. La probabilità di raggiungere la maggioranza sarebbe scesa ulteriormente. Ma soprattutto, con molti Paesi piccoli proporzionalmente più “pesanti”, si rischiava che i tiranni (i Grandi) si trasformassero in tiranneggiati. Primo: attraverso una riponderazione dei voti che desse a tutti l’illusione di guadagnare (il Lussemburgo passa da due a quattro voti; così Malta ne può ricevere tre), ma che nella sostanza correggeva a favore dei Grandi la distribuzione (la Francia passa da dieci a ventinove). Secondo: mediante l’abbassamento della minoranza di blocco, ottenuta attraverso una aumento nella soglia della maggioranza qualificata al 74 per cento. Difficile prendere decisioni Tuttavia, questa soluzione creava problemi sul piano della capacità di prendere le decisioni. Con l’aumento dei membri dell’Unione e con un tendenziale innalzamento della soglia di maggioranza, era sempre più difficile, statisticamente, formare maggioranze vincenti. Per esempio, Richard Baldwin e Mika Widgren calcolano che la quota di coalizioni vincenti sul totale di quelle possibili dal 21,9 per cento dell’Europa a Sei si era ridotta al 7,8 per cento con i Quindici e al 2,1 per cento con le regole del trattato di Nizza. In una parola, il Consiglio rischiava la paralisi. Sempre Widgren e Baldwin mostrano che con la proposta Giscard della doppia maggioranza la probabilità di formare una maggioranza torna verso i valori dell’Europa dei Sei (21,9 per cento). Una parziale correzione è dovuta al fatto che si richiede anche una maggioranza numerica dei Paesi. I più piccoli recuperano perché occorrono molti Stati per adottare una decisione. In altre parole, i quattro Grandi avrebbero i numeri per soddisfare la prima condizione, ma in un’Europa a Venticinque dovrebbero trovare almeno altri nove Paesi per soddisfare anche la seconda.
Questo spiega il forte affanno di “preparare l’allargamento” che, nella accezione di Nizza, consisteva soprattutto nel preservare il potere dei Paesi grandi nel Consiglio. Come?
Ma si tenga conto che dietro al sistema di doppia maggioranza si cela una vera e propria riponderazione dei voti in Consiglio. Ogni Paese peserebbe in modo proporzionale alla popolazione (e non come prima meno che proporzionalmente). E questo ovviamente va a svantaggio dei Piccoli. Mentre a Nizza la Francia pesava 29/4 rispetto al Lussemburgo, nell’Europa della Convenzione il peso relativo rifletterà il rapporto fra le popolazioni dei due Paesi (circa 545/4, anziché 29/4).
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