Una giornata senza acquisti. È stata promossa da alcune associazioni dei consumatori contro quello che viene considerato un generalizzato rialzo dei prezzi. È un’iniziativa positiva? Al di là di anacronistiche tentazioni di ritorno a calmieri e prezzi amministrati, può contribuire a formare un’opinione pubblica che spinga per attuare la riforma del commercio al dettaglio, liberalizzare alcuni servizi i cui costi gravano sulle imprese e, magari, opporsi ai protezionismi agricoli. Perché mercato e concorrenza sono il migliore e più efficace avvocato dei consumatori.

Siamo stati sollecitati a una analisi del recente “sciopero del carrello”, promosso il 16 settembre da alcune associazioni di consumatori. In una lettera, un nostro lettore, dubbioso circa l’iniziativa, affermava che “lo “sciopero” più efficace dei consumatori è quello di ricercare l’offerta dei produttori che non hanno aumentato i prezzi o li hanno aumentati in misura inferiore, sino al limite di non effettuare e ridurre drasticamente il consumo“.

La curva di domanda e le ragioni del consumatore

Da un certo punto di vista, il nostro lettore ha ragione: nessuno è obbligato a comprare un particolare prodotto in uno specifico esercizio, e ogni consumatore ogni giorno, dovendo scegliere se acquistare o meno un bene, è nella condizione di attivare un suo piccolo “sciopero” rifiutando l’acquisto.
La curva di domanda, in fondo, ci dice che man mano che il prezzo scende, questi “scioperi” si verificano per un numero sempre minore di consumatori, e le vendite aumentano. E allora, perché lo “sciopero generale“?

Tuttavia, ponendoci nei panni di un consumatore, troviamo a questa domanda una risposta ovvia: come esercito la mia libertà di scelta quando mi trovo di fronte prezzi uniformemente elevati? Tra acquistare a caro prezzo e non acquistare, vorrei avere a disposizione una terza alternativa, quella di trovare il prodotto che cerco a un prezzo più contenuto. Come possono i consumatori dar voce a questa richiesta?
Innanzitutto, realizzando che i prezzi non sono fissati “dall’euro” ma “dalle imprese”: dobbiamo quindi capire come agire di fronte a politiche di rialzi (effettivi o percepiti come) generalizzati.

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I consumatori potrebbero coalizzarsi, operando in modo coordinato e centralizzando i propri acquisti, definendo una sorta di “gara” per la loro fornitura (questo, in fondo, è quello che fanno i grandi clienti quando trattano con le imprese): sarebbero in grado di spuntare prezzi migliori, diminuendo il potere di mercato delle imprese.
Tuttavia, sappiamo come sia difficile superare i problemi che si frappongono alla formazione di coalizioni numerose (quelli che gli economisti chiamano problemi di free riding).

Resta poi la scelta di una azione collettiva di dimostrazione, che faccia appello alla definizione di politiche pubbliche che affrontino il problema. La capacità dei consumatori di operare come opinione pubblica è cruciale, e i movimenti e le associazioni dei consumatori si muovono in questo senso.

Due anime nel movimento consumatori

Per quali politiche? Qui il panorama è variegato, ma ci sembra che i movimenti dei consumatori ospitino due anime tra loro in forte contraddizione. Un’anima dirigista, che vede in interventi di calmiere dei prezzi o nel ritorno a prezzi amministrati una risposta al problema che si sollevava all’inizio. E un’anima, che non nascondiamo di preferire, che invece guarda ai meccanismi di mercato e allo sviluppo della concorrenza come il terreno principale attraverso cui i prezzi possono scendere e gli interessi dei consumatori possono essere difesi.
Ad esempio, portando avanti la riforma del commercio al dettaglio, varata dal Governo dell’Ulivo e poi naufragata nella sua realizzazione a livello locale per la forza delle lobby dei commercianti. O liberalizzando alcuni servizi che, nell’ultima relazione del presidente Tesauro (si veda su questo sito Il costo delle liberalizzazioni incompiute), sono indicati essere uno degli elementi più rilevanti che gravano sui costi delle imprese. O infine facendo sentire la propria voce sul vergognoso protezionismo agricolo della Comunità europea, che beneficia una lobby agricola oramai ristretta facendo pagare i costi ai contadini poveri del Terzo Mondo e ai consumatori europei.

Insomma, riteniamo che la capacità di coalizzarsi dei consumatori sia un fenomeno positivo nel funzionamento dei mercati. E che questa iniziativa possa rappresentare un’occasione per comprendere come il mercato e la concorrenza sono il migliore e più efficace avvocato dei consumatori.

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