La linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione costerà tredici miliardi di euro. Anche accettando le stime di domanda più ottimistiche, il rapporto costi/benefici appare estremamente basso. Se lobiettivo è quello di dare a Torino una dimensione internazionale e rilanciare leconomia piemontese, forse dovremmo scegliere una forma di investimento pubblico più efficace. Per esempio, con molto meno di tredici miliardi potremmo creare a Torino la migliore università dEuropa. Per i nostri lettori un commento di Giuseppe Pennisi e la controreplica dell’autore
13 Maggio 2004 Dopo una serie di false partenze, i Governi di Francia e Italia hanno finalmente firmato l’accordo per la ferrovia ad alta velocità tra Torino e Lione. Chi userà la nuova linea? Il risultato principale della nuova linea sarà di fare risparmiare un paio di ore a chi si sposta tra Torino e Lione. Il tempo di percorrenza previsto sarebbe di 1 ora e 45 (anziché le 3 ore e 50 attuali). Per andare a Parigi, ci si metterà circa 3 ore e 30 da Torino e più di 4 ore da Milano Questo risultato non va preso alla lettera, ma può farci riflettere sull’ordine di grandezza. Moltiplichiamo pure per dieci il numero di passeggeri previsto sopra: ipotizziamo che la Torino-Lione attiri 2 milioni di passeggeri (quando la Londra-Bruxelles ne ha solo 1.500.000!). Sono ancora più di 350 euro a passeggero per sola andata una cifra che non ha nessun senso economico in tempi in cui RyanAir ci porta in giro per l’Europa a poche decine di euro. Meglio una galleria o una università? Ma allora perché si vuole fare la Torino-Lione?
Sarà un’opera faraonica con un tunnel di cinquantadue chilometri sotto le Alpi.
Il costo previsto è di tredici miliardi di euro. Ne vale la pena? (1)
Proviamo a fare un paio di calcoli mettendoci nei panni di un utente che debba scegliere tra aereo e treno. Utilizziamo come confronto l’Eurostar, che collega Londra con Parigi (in 2 ore e 45) e con Bruxelles (in 2 ore e 20).
Se guardiamo al totale dei viaggi aerei o ferroviari, Eurostar controlla una quota del 60 per cento della tratta Londra-Parigi e meno del 50 per cento su Londra-Bruxelles. È ragionevole supporre che, se il tempo di percorrenza del treno è intorno alle 2 ore e 30, alcuni utenti sceglieranno la ferrovia, altri l’aereo.
Ipotizziamo che per tempi di percorrenza minori gli utenti scelgano la ferrovia e optino invece per l’aereo se il collegamento ferroviario è più lento.
Vediamo cosa succederebbe sulla Torino-Lione sotto tali ipotesi.
Con i tempi di percorrenza dell’alta velocità, chi deve spostarsi tra Torino e Lione sceglierà senz’altro il treno. Invece sulle tratte Torino-Parigi e Milano-Lione, treno e aereo si divideranno il mercato, mentre presumibilmente chi va da Milano a Parigi continuerà a prendere l’aereo.
Proviamo a quantificare la domanda potenziale. (2)
Al momento attuale non esiste un collegamento aereo tra Torino e Lione segno che la domanda di spostamento tra queste due capitali regionali è trascurabile.
Esistono invece trentatré collegamenti aerei settimanali tra Torino e Parigi, per un totale di 188mila passeggeri all’anno (fonte Sagat). I passeggeri tra Milano e Lione sono invece circa 200mila. (3) Se metà dei passeggeri di queste due tratte comincia a utilizzare il treno, avremmo meno di 200mila passeggeri all’anno. Se prendiamo un tasso di sconto del 5 per cento, questo significa spendere 3.750 euro per ogni viaggio di sola andata. E questo solo di investimento fisso. (4)
Le parole chiave sono “prestigio” e “rilancio”. Si pensa che un’infrastruttura di queste dimensioni sia destinata a ridare prestigio a Torino e contribuire al rilancio dell’economia piemontese.
Il fine è lodevole (almeno dal mio punto di vista di torinese), ma siamo sicuri che il modo migliore di ottenere questo risultato sia scavare una galleria di cinquanta chilometri? E se usassimo i tredici miliardi (o anche solo la quota di sei miliardi dell’Italia, più alta del fondo in dotazione al Mit) per creare a Torino un’università a vocazione internazionale?
Con una somma di quel genere, potremmo attirare a Torino i migliori ricercatori europei e ottenere ricadute immense sia in termini di prestigio internazionale che di rilancio economico.
(1) Si vedano anche i dubbi espressi su lavoce.info a proposito del corridoio Lisbona-Kiev e delle grandi infrastrutture in generale.
(2) La nuova linea potrebbe essere utilizzata anche per il trasporto merci, ma è difficile vedere che differenza possano fare in questo caso due ore in più o in meno.
(3) Dati estrapolati dai primi tre mesi del 2004, fonte Aeroporto di Lione. Per “passeggero” si intende un viaggio di sola andata. Un passeggero che fa andata e ritorno conta doppio.
(4) A giudicare dalle difficoltà finanziarie di Eurotunnel, anche il costo di gestione non è trascurabile.
L’articolo di Andrea Prat sulla ferrovia ad alta velocità Torino-Lione (La voce.info del 14 maggio 2004) suscita perplessità di metodo e di quantizzazioni . Sotto il profilo del metodo, è difficile comprendere come e perché raffrontare i 13 miliardi (costo stimato della ferrovia) con un ipotetico impiego alternativo delle risorse quale l’istituzione a Torino di un’università a vocazione internazionale tale da attirare i migliori ricercatori internazionali. Tale raffronto può essere, al più, una mera boutade giornalistica priva di fondamento di analisi economica. Come è noto, infatti, l’analisi costi benefici (l’approccio a cui Prat fa riferimento) è dicotomica: fornisce risposte o negative o positive nei riguardi di un progetto (od una politica specifica) oppure (con alcune varianti tecniche) di alternative di disegno progettuale. Non può essere utilizzata è un limite dello strumento- per raffrontare progetti o politiche alternative in settori differenti.
Altre perplessità sorgono ad un esame delle quantizzazioni “economiche” ipotizzate da Prat: le cifre paiono riferirsi ad un’analisi finanziaria relativa ad una sola categoria di utenza non ad un’analisi economica basata su calcoli (più o meno elaborati) del soprappiù del consumatore per differenti categorie di utenti. Lo conferma il fatto che i calcoli non includono voci pertinenti quali le esternalità tecnologiche e le interdipendenze.
Altre perplessità vengono dal fatto che Prat pare non conoscere la vasta letteratura sulla materia ed in particolare le analisi della ferrovia Torino-Lione effettuata tramite il metodo delle opzioni reali ossia un approccio che tiene conto delle opportunità di lungo periodo derivanti dal progetto. Secondo stime pubblicate da Pasquale Lucio Scandizzo e da me nel libro “Valutare l’incertezza” , Giappichelli 2003 (a pp. 346-355) , mentre gli indicatori di convenienza economica risultano negativi ad un’analisi costi benefici tradizionale, essi risultano molto positivi ad un’analisi estesa alle opzioni reali; i calcoli sono disponibili, oltre che nel libro, in articoli ed interviste apparsi sulla stampa quotidiana (ad esempio, “ItaliaOggi”, “Avvenire”, “Il Giornale”). Seguendo un percorso leggermente differente, arriva a conclusioni analoghe uno studio dell’economista Massimo Centra, presentata al recente Congresso Scientifico dell’Associazione Italiana di Valutazione (Aiv) e disponibile sia al sito dell’Aiv sia a quello della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (Sspa).
E’ di certo auspicabile un dibattito sui meriti economici delle grandi infrastrutture: a mia memoria l’ultimo che ha interessato i media risale al lontano 1987 e riguardava la conversione della centrale termonucleare di Montalto di Castro. Se si confondono i lettori con battute prive di fondamento metodologico, non si fa un servizio utile a nessuno.
(1) Ma certo: la mia analisi e’ solo una rozza approssimazione — tanto per avere un’idea degli ordini di grandezza. Pero’, come Pennisi sapra’, una seria analisi costi/benefici esiste. E’ stata fatta dall’Ispettorato Generale delle Finanze del Governo Francese (che ha un’enorme esperienza di grandi progetti ferroviari). Lo studio consiglia di lasciare perdere, almeno nel breve-medio termine, proprio perche’ non sembra esserci sufficiente domanda. Il testo completo e’ disponibile in francese (2) Non capisco la critica metodologica all’idea di confrontare i benefici di spendere N miliardi per una ferrovia e N miliardi per un’universita’ (o per qualsiasi altro impiego alternativo). Ovviamente e’ un confronto difficile, ma proprio per questo va fatto. Andiamo pure al di la’ della “boutade giornalistica”, ma per favore cerchiamo di capire qual e’ l’impiego migliore per questi 13 miliardi! In alcuni commenti si sostiene che uno dei vantaggi della To-Lione sarebbe quello di aumentare la capacita’ di trasporto merci via ferrovia tra l’Italia e i paesi transalpini. Pero’, al momento l’offerta e’ di gran lunga superiore alla domanda. Il gia’ citato rapporto del governo francese (p. 36, “Les projets ferroviaires”), dopo avere esaminato i dati disponibili, conclude: “E’ dunque molto improbabile che le infrastrutture esistenti siano saturate entro il 2015 ed e’ ancora troppo presto per prevedere quando la saranno”. Quindi, per quanto e’ dato sapere, sarebbe sorpendente se la nuova ferrovia recasse grossi benefici dal lato del trasporto merci.
Grazie ancora,
Andrea
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C. Marin
Grazie dell’articolo, é interessante anche se non mi convince del tutto per la scelta degli argomenti a sostegno della dimostrazione, quando altri numeri, di cui purtroppo non dispongo all’istante, poterebbero magari a un ragionamento piu fondato:
– quid del traffico sulla tratta TGV Marsiglia Parigi, di durata similare a Milano Parigi?
– le merci non sono cosi secondari, si tratta di un problema di congestione delle alpi a medio e lungo termine, da risolvere, in un modo o l’altro. Quanto costano le altre soluzioni, economicamente e politicamente?
Poi che investire sulla ricerca e l’università sarebbe una bella cosa, non lo nego. Ma in Italia, Lunardi avra sempre piu soldi della Moratti da investire. E non é un problemà tanto di politica, seconda la mia esperienza da ingegnere in F, I e D, é radicato nel DNA italiano: le aziende italiane non investono alla pari nella ricerca sviluppo, sia a livello di soldi che di impegno dei manager. A conferma di ciò, l’articolo di oggi sui brevetti di Roberta Piergiovanni e Enrico Santarelli.
La scelta non é tra investire nelle infrastrutture e nell’università, ma sapere se ogni investimento é giusto per se.
Spero dunque che LaVoce continuera a trattare l’argomento To-Lione.
lucca
Non ne capisco un acca, però credo, a naso e per logica, che abbiate ragione. ma il nostro ministro Lunardi non le legge stè cose. E si che di scavi se ne intende. E’ come per il ponte di Messina. Ora gli agricoltori siciliani si prenderanno Comiso per raggiungere Milano più rapidamente in aereo dei loro colleghi israeliani. Ovvio chi primo arriva….prima alloggia
emilio rossi
I due punti sono:
1) nella valutazione del costo non escluderei che con appropriato marketing e prezzo qualche viaggiatore decida di andare in treno tra Milano e Parigi (il nuovo collegamento diventa della stessa durata di quello Milano-Roma, effettivamente molto utilizzato)
2) non e’ chiaro su quanti anni e’ distribuito il calcolo del viaggio
Aggiungo anche un commento: visti gli ordini di grandezza indicati, anche tenendo conto dei 2 punti di cui sopra, non si puo’ che concordare sulle conclusioni dell’articolo
Marco Marcon
Personalmente non sono in grado di valutare se la spesa per la Torino Lione sia congrua o meno, o se non sarebbe stato meglio investire in una Universita’ (non lo escludo). Pero’ contesto il voler finalizzare tutta l’operazione al risparmio di due ore tra Torino e Lione, quando invece l’obiettivo principale (almeno quello dichiarato) e’ quello di spostare il traffico merci verso la rotaia costruendo nuove infrastrutture. Infrastrutture che tutti giudicano carenti salvo poi lamentarsi quando vengono costruite.
Probabilmente, se si fosse utilizzato lo stesso metro di giudizio, anche l’attuale linea ferroviaria costruita all’epoca di Cavour non sarebbe stata giudicata utile e conveniente!
Giuseppe Puglisi
a) conosco gli studi francesi. non solo sono datati ma si basano su un’impostazione dell’analisi costi benefici in cui si confonde analisi finanziaria (dal punto di vista degli enti ferroviari) con analisi economico) con analisi economica (dal punto di vista della collettività)
b) senza dubbio si può esaminare se sotto il profilo della società o dell’economia nazionale è preferibile utilizzare le scarse risorse disponibili in alta velocità od istruzione & ricerca. Occorre, però, fare ricostro a strumentazione differente dall’analisi costi benefici: a modellistica computabile di equilibrio economico . Sempre che si disponga di una matrice di contabilità sociale sufficientemente dettagliata.
Giuseppe Puglisi
sergio ronco
Mi pare che i ragionamenti siano funzionali per trovare giustificazione ad una posizione di partenza precostituita (e a mio avviso sbagliata).
Senza entrare nel merito dei numeri sottolineo solo due considerazioni:
1) Il confronto tra aereo e treno per misurare benefici è assurdo: l’aereo fa collegamenti punto-punto dalla partenza all’arrivo; il treno realizza collegamenti su tutto un asse. Infatti mentre partendo da Milano si può pensare di scendere anche su stazioni ferroviarie intemedie non ci si può paracadutare da un aereo. Quindi al minimo il ragionamento trascura la possibilità di collegamento degli interessi commerciali tra tutte le località lungo l’asse Milano
Parigi.
2) La geografia economica (soprattutto se letta con sensibilità storica) ci insegna che lo sviluppo delle aree e delle regioni dipende dalla facilità dei collegamenti. Un tempo erano i fiumi ed i valichi, oggi lo sono i collegamenti con elevata capacità e rapidi. Se si costruisce la possibilità del collegamento, allora compariranno gli interessi di trasporto e lo sviluppo. E’ assurdo basare calcoli sul traffico attuale tra due punti estremi del tragitto …