Per rispondere al “mal d’Europa” messo in evidenza dalla scarsa partecipazione al voto nelle ultime Europee, si può pensare a un nuovo meccanismo di attribuzione dei seggi al Parlamento europeo, capace di legare la rappresentanza all’affluenza alle urne. Ogni paese sarebbe così indotto a mobilitare i propri cittadini in un’ampia partecipazione al processo di integrazione politica dell’Europa. Tematiche europee e ruolo delle istituzioni comunitarie acquisterebbero un maggior rilievo nel dibattito nazionale.

L’inesorabile calo dell’affluenza alle urne per le elezioni europee, che a giugno si è attestata poco sopra il 50% nei 15 paesi pre-allargamento e a circa il 31% nei 10 paesi entranti, mette in evidenza la crescente insoddisfazione e indifferenza dei cittadini verso l’odierna politica europea. Una valida risposta a questa tendenza negativa e a questo mal d’Europa può essere rappresentata dalla modificazione del meccanismo d’attribuzione dei seggi al Parlamento Europeo. Partendo dal numero corrente di seggi assegnati per singolo paese, si può pensare a due possibili meccanismi elettorali.
Il primo meccanismo assegna il numero di seggi riservati a ciascun paese in maniera linearmente proporzionale alla percentuale dei votanti. Abbiamo effettuato una simulazione di tale meccanismo in base alle percentuali ottenute il 13 giugno. Il Parlamento Europeo sarebbe così composto da un totale di 341 parlamentari, invece che 732. Paesi come Italia e Belgio si vedrebbero premiati in termini di peso parlamentare in quanto hanno mostrato un’alta affluenza relativa; tuttavia il loro numero di parlamentari risulterà inferiore rispetto al numero di seggi assegnati col meccanismo vigente. Di converso, Polonia, Repubblica Ceca e Regno Unito si vedrebbero ridurre in maniera considerevole il proprio peso politico all’interno del consesso europeo.
Per quanto riguarda la composizione delle diverse rappresentanze politiche, queste non risulterebbero radicalmente alterate. Lo scarto tra il Partito Popolare (PPE) e il Partito Socialista Europeo (PSE) si ridurrebbe di due punti percentuali, mentre alla flessione dei gruppi con connotazione più nazionalistica, si pensi al neonato gruppo di Indipendenza e Democrazia (ID), corrisponderebbe una maggiore rappresentanza di partiti tradizionalmente più europeisti, come i Liberal-democratici dell’ALDE e i Verdi.

 

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Il secondo meccanismo garantisce a ciascun paese membro una base minima di rappresentanti indipendentemente dal numero di votanti. Per esempio, si potrebbe garantire la metà dei seggi attualmente attribuibili per nazione. Al di là di una soglia minima d’affluenza, s’immagini il 50%, s’innescherebbe il meccanismo incentivante. Parimenti, si potrebbe pensare ad una soglia massima che sia sufficiente affinché un paese abbia diritto al numero complessivo teoricamente spettante. Poiché in paesi come il Belgio e il Lussemburgo, dove il voto è obbligatorio per legge, l’affluenza difficilmente supera il 90%, è equilibrato pensare che questa soglia massima sia ragionevole. Tra il 50% e il 90% si può pensare a svariati meccanismi incentivanti, eventualmente modulabili nel tempo, che inducono il maggior sforzo in termini d’affluenza in corrispondenza di una determinata soglia critica condivisa. Si vedano ad esempio i grafici di sotto.

Indipendentemente dalle diverse soluzioni tecniche, riteniamo, tuttavia, che è il principio che conta: attraverso meccanismi che legano la rappresentanza all’affluenza elettorale, ogni paese membro dell’UE sarà indotto a mobilitare i propri cittadini in un’ampia partecipazione al processo di integrazione politica dell’Europa.
Infatti, nei meccanismi appena proposti agisce un duplice incentivo. Da una parte, i partiti politici nazionali ricercherebbero una maggiore affluenza, garantendosi in tal modo il maggior numero possibile di eletti. Dall’altra parte, con un più alto numero di seggi nell’unico organo rappresentativo dell’UE, i singoli Stati membri avrebbero un peso relativo maggiore non solo nel potere legislativo europeo ma anche nel processo d’integrazione politica. Questo duplice incentivo rappresenta una leva formidabile per indurre una maggiore partecipazione dei cittadini europei al voto, dando così luogo a comportamenti virtuosi d’istituzioni nazionali e di partiti politici. Si osserverebbero alcuni benefici importanti:

· Campagne pubbliche d’informazione e sensibilizzazione sulle tematiche e sul ruolo delle istituzioni europee che siano più intelligibili e trasparenti, in modo da catturare il più vasto pubblico possibile.

· Il cittadino si sentirebbe maggiormente coinvolto e in grado di influire sulle scelte politiche dell’Unione, e come elettore, più responsabile di fronte al voto europeo. Da questo punto di vista, i meccanismi descritti sono in antitesi rispetto alla logica dell’obbligatorietà del voto. Quest’ultima può essere percepita come un meccanismo punitivo sui cittadini, rimuovendo o distorcendo le genuine motivazioni interiori al voto.

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· S’innescherebbe un meccanismo di “competizione leggera” tra i diversi paesi europei. Infatti, non si stabilirebbe alcuna graduatoria, che premierebbe i primi indipendentemente dalle percentuali d’affluenza. Ogni paese ha un numero massimo di seggi già stabilito, e se tutti i paesi avessero affluenze sufficientemente elevate, la differenza di poteri relativi tra i vari Stati rimarrebbe inalterata rispetto alla situazione odierna.

· Si garantirebbe un senso di equilibrio e di equità giacché si premiano i paesi più attenti e coinvolti nel dibattito di costruzione europea.

· L’identificazione dell’effetto punitivo inflitto dai cittadini nei confronti delle rappresentanze politiche del proprio paese, nel caso queste non siano state capaci di catturare le istanze dei cittadini, diventerebbe immediata. Gli elettori avrebbero a loro disposizione un’arma certamente più efficace dell’attuale opzione delle schede nulle o bianche.

· Non ultimo, i possibili risparmi di spesa delle rappresentanze parlamentari soddisfano un criterio imprescindibile di parsimonia.

Nel codificare il nuovo sistema d’attribuzione dei seggi all’interno della legislazione europea, bisognerà garantire una concreta uniformità delle procedure di voto al fine di preservare il corretto raggiungimento degli obiettivi descritti ed evitare distorsioni nel modo in cui opererebbe la citata competizione leggera. Ad ogni modo, una tale riforma, sebbene rappresenti certamente una sfida all’attuale logica intergovernativa dell’Unione, non appare di difficile realizzazione e permetterebbe di rispondere in modo più efficace alle esigenze dei cittadini europei.

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