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Corsi e ricorsi: Via l’Ici sulla prima casa?

A volte ritornano. Dal governo in affanno riemerge la proposta dell’abolizione dell’Ici lanciata, prima delle elezioni, dall’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Giusto quindi ricordare quanto scrivemmo in quell’occasione.”

Via l’Ici sulla prima casa? di Maria Cecilia Guerra

Nel programma elettorale depositato, assieme al simbolo, dalla Casa delle libertà la parola Ici non ricorre nemmeno una volta. La proposta di eliminare l’Ici sulla prima casa, avanzata da Silvio Berlusconi nel confronto con Romano Prodi di lunedì sera, è quindi a tutti gli effetti un’improvvisazione. Come ogni proposta che coinvolge il disegno del sistema fiscale e, in particolare, per quanto riguarda l’Ici, anche l’autonomia finanziaria degli enti decentrati, andrebbe invece meglio meditata.


Il finanziamento


La proposta di abolire l’Ici sulla prima casa si aggiunge alle quindici proposte di tagli alle imposte già contenute nel programma della Casa delle libertà. Questa da sola avrebbe un costo stimato di 2,5-3 miliardi di euro (ovvero, come ha ricordato Berlusconi all’assemblea della Confcommercio, sarebbe pari a circa un punto di cuneo fiscale sul lavoro).

Come sostituire questa imposta o come finanziarne altrimenti l’abolizione non è stato ancora indicato. Si è infatti parlato di dismissione di immobili e recupero dell’evasione fiscale, ma ci si dimentica che queste fonti sono già state “ipotecate” per il finanziamento delle misure esplicitamente previste nel programma.

La situazione dell’economia e dei conti pubblici richiede però molta attenzione nel decidere se e quali imposte tagliare. Le perdite di gettito devono essere coperte e le poche risorse che (forse) saranno disponibili devono essere concentrate su obiettivi accuratamente selezionati.

L’eliminazione dell’Ici sulla prima casa, se anche venisse finanziata, sarebbe inadeguata a favorire la crescita economica e discutibile sotto il profilo redistributivo.


Un taglio inadatto a stimolare la crescita economica


Nel caso dell’Ici sulla prima casa, si può immaginare un limitato effetto positivo sul mercato immobiliare, cosa di cui comunque non si avverte grande bisogno, e sul reddito disponibile delle famiglie proprietarie (ossia il 68 per cento delle famiglie italiane, secondo i dati dell’indagine Banca d’Italia sui redditi e la ricchezza delle famiglie italiane riferita al 2004) e, quindi, della domanda. L’esperienza recente insegna che non bisogna far molto conto su quest’ultimo effetto. Nel 2005 la riduzione delle aliquote Irpef, per un ammontare almeno doppio (6 miliardi) di quello di cui si parla per l’Ici, non sembra aver dato i risultati sperati: il contributo della spesa delle famiglie alla crescita del Pil nel 2005 è stato esattamente pari a zero (nei due anni precedenti era stato di 0,3 e 0,6 punti percentuali). Questa via non sembra, insomma, quella migliore per stimolare l’economia.


Una misura con discutibili effetti distributivi


La tutela fiscale riconosciuta al bene “casa di abitazione” è oggi nel nostro paese fortemente asimmetrica. Chi abita in una casa di sua proprietà gode di una agevolazione Irpef: la rendita della prima casa è infatti, dal 2000, esente da ogni imposta; in più, se ha contratto un mutuo per acquistarla, può detrarre in buon parte gli interessi dall’Irpef, conseguendo un ulteriore risparmio fiscale. Chi invece abita una casa in affitto non gode di nessuna agevolazione fiscale (una detrazione è riconosciuta infatti solo in presenza di “canoni convenzionali” ancora poco diffusi).

Eliminare l’Ici sulla prima casa significherebbe in primo luogo ampliare ulteriormente questa asimmetria.

Il concetto di prima casa è poi un concetto ambiguo: è prima casa un appartamento di 80 metri quadrati in periferia, ma è prima casa anche l’appartamento ristrutturato in centro a Roma o la villa di Arcore. L’esenzione dall’imposta distribuirebbe quindi un beneficio in modo molto sperequato fra cittadini. Come è invece attualmente disegnata l’Ici permette di andare incontro ai piccoli proprietari (con una generosa detrazione di imposta), senza favorire troppo i patrimoni milionari.

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Gli studi condotti sugli effetti distributivi dell’Ici nel nostro paese mettono in evidenza che essa è un’imposta proporzionale rispetto al valore del patrimonio, ma progressiva rispetto al reddito (questo perché il patrimonio immobiliare è distribuito ancora meno equamente di quanto non lo sia il reddito). Eliminare o depotenziare questa imposta significherebbe quindi ridurre ulteriormente l’efficacia redistributiva complessiva del nostro sistema fiscale.

Con l’abolizione dell’Ici i proprietari della prima casa si troverebbero a beneficiare dei servizi comunali rivolti a tutte le abitazioni (fognature, illuminazione delle strade, altre spese di urbanizzazione, eccetera) senza concorrere a pagarli, trasferendone cioè l’onere su altri soggetti (nel caso in cui l’Ici venisse sostituita con trasferimenti statali finanziati con la fiscalità generale si potrebbe trattare addirittura di cittadini residenti in altre parti di Italia). Anche questo effetto non sembra certo condivisibile sotto il profilo distributivo.

Pro Ici, di Massimo Bordignon

La proposta del presidente del Consiglio di abolire l’Ici sulla prima casa suscita numerosi interrogativi. Per i modi e per i contenuti. Per i primi, uscire con una proposta del genere a quattro giorni dal voto, senza che questa fosse stata prima scritta nel programma e senza uno straccio di analisi seria alle spalle che consenta di valutarne i dettagli, dà una forte impressione di populismo e di estemporaneità. Per i secondi, la proposta suscita perplessità su più fronti.

 

Le perplessità

 

1) In merito ai rapporti tra governi. Tagliare le imposte degli altri, lasciando poi a questi di cavarsela da soli, è come minimo indice di cattiva educazione. Dà adito al sospetto di una volontà punitiva nei confronti di amministrazioni in larga misura di colore politico diverso, un comportamento a cui questo Governo non è nuovo.
2) In merito ai criteri di finanziamento alternativi. L’ipotesi che i comuni si auto-finanzino con la partecipazione alle politiche di accertamento è risibile. Nessuno sa come questa partecipazione dovrebbe avvenire, con quali strumenti e costi per gli stessi comuni e con quali risultati. È anche risibile che l’Ici venga sostituita con la vendita di immobili da parte dei comuni a riduzione del loro debito (e relativa riduzione in conto interessi); chi voleva farlo lo ha già fatto. Comunque l’ipotesi della Cdl, scritta nel loro programma, è che la vendita degli immobili degli enti territoriali serva a finanziare la riduzione del debito statale, non quello comunale.

3) Dunque, il taglio dell’Ici prima casa potrebbe essere finanziato solo con un aumento dei trasferimenti erariali ai comuni. Ma questo significherebbe sostituire trasferimenti ad un tributo proprio. E questo è un male. Per più ragioni.

4) L’Ici è una buona imposta comunale. Il valore degli immobili dipende in larga misura dalle politiche che lo stesso comune fa (in termini di urbanizzazione, trasporti, collegamenti eccetera); dunque, soddisfa un criterio di beneficio o controprestazione. Chi riceve di più, paga di più. Del resto, e per questa stessa ragione, la tassazione della ricchezza immobiliare è al cuore della tassazione locale nella maggior parte del mondo, in modo esclusivo nei paesi di tradizione anglosassone.

5) L’Ici è un’imposta molto visibile. La scelta dell’aliquota dell’Ici e delle sue varie declinazioni è la principale scelta tributaria che un sindaco prende e ci sono robuste evidenze empiriche che suggeriscono che i sindaci siano puniti o premiati specificamente sulla base del loro comportamento su questo fronte. Dunque, l’Ici soddisfa bene il principio dell’autonomia e della responsabilità fiscale.

6) I comuni hanno già ampi spazi per poter ridurre o differenziare le aliquote Ici, in particolare sulla prima casa. Possono applicare una detrazione in somma fissa (103,29 euro); possono sottoporla a aliquota ridotta; possono arrivare ad abolirla del tutto se il debito d’imposta del contribuente è inferiore alla detrazione. Del resto, questo è esattamente quello che molti comuni già fanno.

7) L’Ici prima casa con il sistema di detrazione fissa svolge un’utile funzione redistributiva. In un paese che ossessivamente tassa solo il reddito, oltretutto fortemente evaso, eluso o eroso da specifiche categorie di contribuenti e di cespiti, l’Ici ha capacità perequativa. La detrazione in somma fissa significa che per una casa di 100 metri quadri in via Monte Napoleone un contribuente milanese paga per la prima casa circa 500 euro l’anno; ne paga meno di 80 alla Bovisa per una casa delle stesse caratteristiche. Con l’eliminazione dell’Ici prima casa questi effetti scomparirebbero.

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8) Sostituire l’Ici prima casa con trasferimenti significherebbe eliminare tutti questi vantaggi, privando i comuni di un tributo proprio e mortificando la loro autonomia, alla faccia del federalismo fiscale. Casomai, si potrebbe fare l’argomento opposto: ampliare ulteriormente gli spazi di manovra dei comuni sulla prima o sulle altre case. Chi vuole abolirla lo faccia, e ne paghi i costi di fronte ai propri elettori.

9) Se c’è un problema serio con l’Ici è dovuto alla scarsa affidabilità del catasto, che spesso attribuisce valori fuori mercato alle abitazioni con discriminazioni anche incomprensibili. Ma qui la soluzione è la revisione degli estimi e delle categorie catastali, una revisione in larga misura già fatta ma mai applicata per la negligenza dello stesso Governo.

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Sommario 1 Aprile 2006

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Ironia, ironia, per piccina che tu sia

14 commenti

  1. Fabrizio Ghisellini

    D’accordo su tutto, tranne sulla “risibilità” dellla copertura proposta da Brunetta. Per vari motivi (alcuni difendibili,anche di teoria dei giochi, altri meno) nessun comune vende gli immobili per tagliare l’ICI. Inoltre, il piano della CDL (vendere immobili per ridurre il debito/PIL ) riguarda il debito della P.A: funziona quindi lo stesso sia che si tagli il debito statale sia quello locale. L’operazione è sbagliata, ma la sua copertura è quindi tecnicamente possibile.

  2. Paolo Cervi

    Nel vostro articolo leggo quanto già sentito in interventi di altri esperti in materia di fiscalità: l’ICI è un’imposta che ristora il Comune per i servizi (fognature, acqua, luce, gas, ecc.) forniti agli immobili.
    Vorrei però far notare che tale assunto cozza contro la realtà: quei servizi, al momento della loro realizzazione, furono pagati, almeno in parte, attraverso il contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione + quota percentuale sul costo di costruzione). La fornitura dei beni acqua, corrente elettrica, ecc., è poi pagata attraverso tariffazione.
    In realtà l’ICI copre spese per stipendi, acquisti, contributi, e supplisce ad introiti insufficienti derivanti da tassazione di altri servizi (tipo TARSU).
    L’abrogazione dell’ICI sulla casa sarebbe essa, pertanto, un atto di equità, ravvisabile nel non far pagare due volte il medesimo servizio. Che a beneficiarne sarebbe la villa di Arcore piuttosto che la stamberga in periferia è del tutto irrilevante. Diverso il discorso della effettiva sperequazione, a livello IRPEF, tra proprietari ed affittuari.
    Cordiali saluti.

  3. Paolo Debortoli

    Singolare che il “liberale” Berlusconi e il “comunista” Bertinotti propongano contemporaneamente di detassare la prima casa anche se con modalità diverse.
    Singolare che Berlusconi (quello del federalismo fiscale) stia continuamente riducendo le risorse degli enti locali.
    L’annuncio (una sorpresa che voleva tenere ancora per se) è la fotocopia dell’annuncio televisivo fatto una volta da Bush padre (il quale, però, aggiunse dei tagli al bilancio della difesa).
    Il mio sospetto è che i conti non possano tornare alla fina perché Berlusconi copia uno degli errori di Reagan negli anni ’80. Questi partì con una serie di tagli alle tasse non coperti da tagli alle spese, sicuro che a questi ultimi avrebbe provveduto il Congresso, il quale, al contrario, lasciò che il deficit andasse fuori controllo. Berlusconi non vuole dire che nei ministeri e nelle amministrazioni centrali resta ben poco da tagliare, così riduce trasferimenti e ICI, sicuro che poi i comuni faranno quadrare i conti (o che si terranno le lamentele sui servizi e simili). I conti pubblici stanno già dando dei chiari segnali.

    Paolo Debortoli

  4. Bruno Stucchi

    Per me l’abolizione dell’ICI sulla mia casa comporta un risparmio di 400 euro/anno. Non e’ poco. E l’ICI si paga in una o due rate, che si sentono. non e’ come la riduzione dell’IRPEF, che e’ spalmata su piu’ mensilita’.
    L’ICI non serve a nulla, perche’ comunque i comuni i servizi se li fanno pagare, e per le grandi opere chiedono contributi statali, regionali, provinciali ecc.
    Tagliare le unghie ai comuni e’ cosa santa e giusta.

  5. Panik

    Riporto : ” In un paese che ossessivamente tassa solo il reddito, oltretutto fortemente evaso, eluso o eroso da specifiche categorie di contribuenti e di cespiti, l’Ici ha capacità perequativa. ” e sostituisco con “l’Ici ha capacita’ di trovare soldi senza sforzi la dove siamo sicuri che ci siano”.
    Occorre qualcuno che abbia la forza e la capacita’ di far pagare le tasse a tutti. Iniziamo con la possibilita’ di detrarre dall’imponibile IRPEF tutte le spese. Questa e’ la vera capacita’ di distribuire doveri contributivi sui cittadini. E’ impensabile che si calcoli l’importo della tassazione su un imponibile che non tiene conto del fatto che buona parte dell’imponibile e’ stato speso per : benzina, aliementi, bollette, scarpe, asili, manutenzione straordinaria della propria abitazione …. e via dicendo. Questi soldi su cui paghiamo le tasse sono adesso in tasca di altri ed e’ un principio sbagliato cercare di toglierli a chi non li ha piu’. In questo modo tutti pagherebbero le tasse, il lavoro nero emergerebbe e non dovremmo piu’ avere tasse illogiche come ICI, bolli sui conti correnti, tasse sulla benzina…. Perche’ nessuno dice queste cose?

  6. Andronico

    Avete visto le reazioni dei lettori de La Voce sulla proposta di abolire l’ICI? E stiamo parlando, I guess, di un pubblico con titolo di studio e cultura economica sopra la media degli italiani. Pensano che per assicurare l’illuminazione stradale, la pulizia delle strade, i lavori di sistemazione dei marciapiedi, la cura dei parchi vicino alle loro case sia sufficiente quel che pagano di tassa sui rifiuti? Allora ascoltino.
    In primo luogo attualmente credo che l’ICI sulla prima casa la paghino veramente una percentuale esigua di cittadini. In quasi tutti i comuni esistono già ampie forme di esenzione in questo senso.
    In secondo luogo, trovo del tutto equo che un cittadino che vive in un appartamento di 200 mq in centro paghi più di un cittadino che vive in 40 mq in periferia.
    Per quanto riguarda l’impiego del gettito concludo con un esempio. A Roma il comune ha riqualificato (sotto le giunte Rutelli) due importanti aree verdi periferiche (Parco della Caffarella e Parco degli Acquedotti). Come pensate che il comune di Roma abbia finanziato questi interventi? Per inciso faccio notare che il prezzo di mercato delle case situate vicino ai due parchi ha subito un incremento pazzesco di valore di mercato.

  7. Francesco Giacomini

    Dalla mia esperienza di assessore di un comune di circa 16000 abitanti posso dire che le entrate derivanti dall’ICI (sulla prima casa) sono al momento assolutamente necessarie per sostenere le attivita’ comunali. E’ vero che i servizi li facciamo pagare, ma le entrate da rette sono ben lontane dalla copertura totale dei costi. A titolo di esempio, un posto al nido a noi costa 800 euro al mese; mi pare ovvio che non si possa chiedere una retta del genere a tutte le famiglie. Per quel che riguarda le infrastrutture, e’ vero che la loro costruzione e’ finanziata dagli oneri di urbanizzazione, ma e’ altrettando vero che le infrastrutture vanno poi gestite e mantenute. Inoltre negli ultimi anni si va consolidando, purtroppo, la necessita’ di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare le spese correnti.
    Se l’ICI rappresenti lo strumento migliore per implementare l’autonomia finanziaria dei comuni puo’ essere motivo di dibattito, ma e’ indubbio che non puo’ essere eliminata senza offrire una valida alternativa.

  8. G. Corbisiero

    Mi pare che, sia nell’articolo che nei commenti, si assuma un’ottica di partenza sbagliata: esiste una tassa, giusta o ingiusta che sia, e vediamo cosa comporta il toglierla, se questo taglio stimoli la crescita economica, se abbia positivi effetti distributivi.
    Questa impostazione sarebbe accettabile in uno stato totalitario, in uno stato che decide dall’alto e che trova legittimazione in se stesso, e pertanto non ritiene di dover dar conto ad alcuno del proprio operato: ma ricordo a tutti che il nostro è uno stato innanzitutto democratico, che faccia piacere o no; e pertanto ogni tassa deve trovare una sufficiente giustificazione davanti all’elettorato.
    Il punto di partenza, pertanto, dovrebbe essere questo: è giusto che rimanga in vigore questa tassa? E nel rispondere bisognerebbe considerare: chi va a colpire? Ma soprattutto: su cosa va a colpire i contribuenti che la pagano? Su un lusso o una necessità? Quanti e quali effetti redistributivi ha veramente? (Ecco, qui sta il punto: non chiedersi se il toglierla abbia effetti redistributivi positivi, ma chiedersi invece se i presunti effetti redistributivi provenienti da essa siano tali e tanti da giustificarne l’esistenza).
    Spero che nel corso del residuo dibattito, anche quando si voglia difendere il conservare l’Ici (posizione ai miei occhi più che rispettabile), si tenga conto di ciò.

  9. A.Borgo

    Il giorno dopo la tornata elettorale che ha visto la “vittoria” di Prodi potrebbe mettere fine al tormentone che ci ha accompagnato in questa settimana…si può togliere l’ICI?La mia risposta è positiva in quanto questa tassa è ingiusta sia perchè va a colpire i risparmi di una vita.A giugno forse avremo la risposta, cioè dopo il referendum costituzionale che se cambierà il nostro Paese in uno federale potrebbe portare maggiori entrate agli enti locali(accompagnate a maggiori spese) e quindi si potrebbe pensare di valutare l’idea di togliere l’ICI. Una seconda soluzione sarebbe di sostituire l’ICI con un organismo decentrato addetto alla lotta all’evasione fiscale.I comuni hanno più informazioni per poter combattere questo male.I maggiori introiti andrebbero a coprire le minori entrate derivanti dall’abolizione di una tassa ingiusta.

  10. Ugo Domenichini

    Concordo con il prudente approccio al problema del prof. Bordignon.
    In effetti l’ ICI può rimanere una buona imposta locale con cui i Comuni possono meglio governare il proprio territorio, anche modulandone in modo opportuno le aliquote.
    Io propongo di azzerare l’imposta sulla prima casa acquistata in quartieri difficili, al fine di incentivare la formazione di un tessuto sociale più stabile e coeso attraverso la costituzione della piccola proprietà immobiliare dei residenti. Gioverebbe alla sicurezza, a contenere episodi di vandalismo, criminalità, indifferenza verso lo stato di degrado.

  11. riccardo boero

    Rispondo volentieri ai quesiti del dr. Corbisiero, che si chiede fra l’altro se l’ICI vada a colpire un lusso o un bene di prima necessita`.
    A me la proprieta` immobiliare sembra un lusso assolutamente non indispensabile, fra l’altro oggi accessibile solo a famiglie dotate di mezzi economici non indifferenti. L’alternativa dell’affitto e` molto spesso obbligata, per chi non puo’ pagare mutui oltre i 1500 euro mensili, senza ovviamente contare tutte le altre spese legate all’acquisto, alla manutenzione e all’amministrazione di una proprieta` immobiliare.
    Se la crescita abnorme dei prezzi immobiliari e` causata da una domanda eccessiva, che a sua volta drena risorse dai consumi e dagli investimenti produttivi, non solo l’ICI pare bastione fondamentale per arginare questa domanda eccessiva, ma dovrebbe pure essere rinforzata in modo fra l’altro da far contribuire al grave deficit pubblico chi ha talmente tanti soldi da non temere l’acquisto di un alloggio, operazione ormai riservata ai benestanti.

  12. Antonio Fiori

    Anche se piuttosto convincenti le argomentanzioni degli autori sulle incompatibilità e iniquità dell’esenzione Ici delle prime case, devo osservare come l’entrata in vigore degi nuovi estimi catastali andrà a modificare in modo sostanziale lo scenario e i profili di equità/iniquità. Proporrei per tale data un intervento sostanziale sulla detrazione, mentre i Comuni, si può ipotizzare, coglieranno l’occasione favorevole per rimodulare verso il basso le attuali aliquote massime.

  13. angelo agostini

    Ritengo che la tassazione degli immobili DEBBA essere vista come pilastro della politica fiscale
    del paese, e questo per almeno 2 ragioni:
    1- Il semplice fatto di possedere immobili ha rappresentato soprattutto negli ultimi anni una rendita notevolissima.
    Il capitale investito ha prodotto rendite evidentemente esagerate, tanto che il mondo dell’economia la definisce una bolla.
    Comunque, che siano in un rapporto sano con il vero valore dei beni o no, tali rendite devono essere tassate
    come qualunque altra;
    2- La rendita immobiliare è parassitaria per antonomasia.
    Chi possiede dorme sonni tranquilli e vede levitare il valore del capitale in modo smodato e senza non dico
    nessun rischio, ma addirittura in assenza di ogni attività.
    Tutti sappiamo che uno dei mali di questo paese sono le rendite parassite di posizione, come i monopoli.
    Aggiungo inoltre che è evidente che da sempre il valore degli immobili viene artificialmente drogato da meccanismi
    perversi che tutti si guardano bene dal toccare, perchè i maggiori attori dell’economia italiana
    hanno da anni investito il grosso dei capitali nel mattone, e drogarne i valori significa vedere il capitale
    levitare standosene sdraiati al sole.
    Il frutto peggiore di questo trend è che sempre meno capitale fluisce negli investimenti produttivi, dato che è così
    facile far soldi comprando immobili. Se ciò si protrae per decenni, esattamente ciò che è successo nel dopoguerra
    italiano con accelerazione irresistibile negli anni da bere, l’economia si addormenta, la capacità imprenditoriale
    intesa come saper produrre valore non solo virtuale, il know-how e la meritocrazia di cui si nutre un paese moderno,
    letteralmente scompaiono.
    Per i piccoli proprietari che si lamentano di dover pagare 400 €/a per un appartamento nel centro: cosa pensano
    dell’incremento di valore a 6 cifre di cui hanno goduto negli ultimi 10 anni senza muovere un dito?

  14. L.Tamagno

    Concordo con le tesi dell’articolo. Una sola domanda (al legislatore).
    Perchè quando l’ICI si chiamava ILOR ed era una tassa ridicola era detraibile dal reddito ed ora che è una tassa seria, in quanto ad importo, questo non èpiù possibile.
    Siamo poi sicuri che sia costituzionalmente corretto?
    L.Tamagno

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