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Norme antiscalata: tanta confusione e qualche vero pericolo

Si è detto che con le misure antiscalata previste dalla Finanziaria 2006 lo Stato si sia precostituito uno strumento per potere uscire dal capitale delle società partecipate, senza perderne il controllo. La norma tace o è ambigua su molti punti, finendo per creare una situazione di incertezza legale che si ripercuoterà sul mercato e sull’appetibilità delle società in mano pubblica. Ma è davvero in grado di ostacolare le scalate? Se lo Stato cedesse le partecipazioni, l’intero meccanismo difensivo cadrebbe come un castello di carte.

La Finanziaria per il 2006 contiene alcune norme “antiscalata” a vantaggio delle società in cui lo Stato detiene una partecipazione rilevante, come ad esempio l’Enel (lo Stato ha il 30 per cento del capitale), l’Eni (30 per cento) e Finmeccanica (32 per cento).

Queste società potranno ora emettere titoli (azioni o strumenti finanziari “ibridi”) che attribuiscano “all’assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di richiedere l’emissione, a favore dei medesimi, di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto”. (1)

 

La disciplina

 

La stampa ha sollevato il dubbio che in tal modo lo Stato si precostituisca uno strumento per potere uscire dal capitale delle società partecipate, senza perderne il controllo. Se così fosse, lo Stato potrebbe difendere l’“italianità” di società operanti in settore chiave, come Enel ed Eni, pur cedendone il controllo.

La cosa singolare, però, è che le società per azioni già possono emettere, sulla base del codice civile, sia azioni speciali sia strumenti finanziari ibridi, e anche legare a titoli speciali un warrant su future emissioni azionarie. Si deve concludere, quindi, che la normativa “antiscalata” della Finanziaria sia del tutto superflua?

La prima stranezza della norma sta nel fatto di attribuire all’assemblea dei proprietari dei titoli speciali, e non a ciascuno di loro singolarmente, il potere di “richiedere l’emissione” delle nuove azioni a loro riservate.

La norma, però, non può attribuire all’assemblea speciale il potere di deliberare l’aumento di capitale riservato. Se così fosse, infatti, essa sarebbe contraria al diritto comunitario, in base al quale la competenza ad aumentare il capitale, e a escludere il diritto d’opzione, spetta all’assemblea generale. (2) Pertanto, l’aumento di capitale continua a dovere essere deliberato dall’assemblea straordinaria.

Non è chiaro, quindi, a cosa serva la delibera dell’assemblea speciale. L’unica soluzione plausibile è che la delibera di aumento di capitale, con cui la società emette le azioni destinate ai proprietari dei titoli speciali, sia condizionata dalla legge all’approvazione dell’assemblea speciale, mancando la quale l’aumento non può essere eseguito.

Il potere dell’assemblea speciale di rendere efficace l’aumento riservato, però, non può essere privo di un termine. La legge, tuttavia, nulla dice in proposito, creando una situazione di incertezza legale che si ripercuoterà sul mercato e sull’appetibilità delle società in mano pubblica.

 

Chi può sottoscrivere i nuovi titoli speciali

 

I titoli speciali potranno essere emessi sia gratuitamente, sia a pagamento. In quest’ultimo caso i sottoscrittori devono essere “individuati in base alla percentuale di azioni detenute”.

Anche questa frase è ambigua. Si potrebbe pensare che la società sia autorizzata ad attribuire titoli speciali solo ai soci che detengono più di una certa soglia di partecipazione. Questa lettura, però, non sarebbe accettabile, poiché contrasterebbe col principio di pari trattamento dei soci stessi.

La norma, quindi, afferma solamente che, se l’emissione va deserta, i titoli non possono essere offerti a chi non è socio e che, inoltre, se le sottoscrizioni fossero meno dei titoli speciali emessi, i soci non potranno averne una quota maggiore della percentuale di azioni attualmente detenuta.

 

Il prezzo

 

I criteri “per la determinazione del corrispettivo” saranno individuati con decreto ministeriale. Il ministero della Giustizia, quindi, potrà fissare anche un corrispettivo inferiore al prezzo di mercato del titolo.

La norma, quindi, deroga alla disciplina sul prezzo delle nuove azioni prevista dal codice civile, in base alla quale le azioni devono essere emesse a un sovrapprezzo che corrisponda al valore reale (quindi alle riserve) delle azioni stesse, tenuto conto anche del valore di mercato. (3)

 

L’efficacia difensiva

 

Questa bizzarra disciplina è davvero in grado di ostacolare le scalate contro società pubbliche?

Ipotizziamo che una società in mano pubblica emetta titoli speciali e, contemporaneamente, deliberi un aumento di capitale riservato ai proprietari dei titoli speciali (e, come abbiamo visto, condizionato alla delibera dell’assemblea speciale).

Se in seguito venisse lanciata un’Opa, la conversione dei titoli speciali in azioni aumenterebbe il costo dell’Opa stessa o potrebbe persino renderla irrealizzabile (a seconda del numero di azioni di nuova emissione). Avendo in portafoglio titoli speciali, lo Stato potrebbe ridurre la sua partecipazione nel capitale della società, pur mantenendo il controllo dell’assemblea speciale. Di fronte ad un’Opa indesiderata, quindi, lo Stato avrebbe in mano un’efficace arma difensiva.

La società, infine, potrebbe emettere i titoli speciali dopo il lancio di un’Opa sulle sue azioni.

In tutti questi casi, però, la società deve rispettare la disciplina del Testo unico della finanza in materia di misure difensive: le operazioni della società che possono contrastare la riuscita di un’Opa devono essere deliberate dall’assemblea con una maggioranza rafforzata pari al 30 per cento del capitale. (4)

Pertanto, se i titoli speciali sono stati emessi in anticipo, sarà l’emissione delle nuove azioni a dover essere autorizzata nuovamente dall’assemblea con le maggioranze rafforzate. Se, invece, i titoli speciali vengono emessi solo nel corso dell’Opa, dovranno rispettare le maggioranze rafforzate sia la delibera d’emissione, sia la delibera di aumento del capitale sociale al servizio della conversione.

Oggi, lo Stato detiene in molte delle società prima menzionate una partecipazione pari al 30 per cento del capitale, sufficiente a far autorizzare misure difensive di questo e altro genere. Ovviamente, se cedesse le partecipazioni, rischierebbe di non riuscire a fare approvare le delibere che autorizzano l’emissione di nuove azioni in corso di Opa e l’intero meccanismo difensivo ora descritto cadrebbe come un castello di carte. Forse, l’attuazione della direttiva sull’Opa potrebbe essere un’ottima occasione (o una scusa) per eliminare le maggioranze rafforzate nelle deliberazioni difensive.

 

 

(1) Articolo 1, comma 273 ter.

(2) Seconda direttiva in materia societaria, 77/91/Cee, 13.12.1976, articoli 25, 29.

(3) Articolo 2441, 6° comma, ultima frase, codice civile.

(4) Il Testo unico della finanza è il decreto legislativo n. 58 del 24.2.1998. Per approfondimenti vedi F. Mucciarelli, Società per azioni e offerta pubblica d’acquisto, Milano, 2004.

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  1. Federico Parmeggiani

    Analisi chiarissima. L’unico punto sul quale nutro qualche dubio è l’affermazione conclusiva che auspica l’abolizione delle maggioranze rafforzate. A me hanno sempre insegnato che la passivity rule così come è strutturata in base al disposto dell’art. 104 TUF, è funzionale ad evitare eccessive turbative sui mercati in corrispondenza del lancio di un’opa ed a consentire solo strategie che siano ampiamente condivise dall’azionariato. E’ però anche vero che in società con capitale molto frammentato la soglia del 30% del capitale è molto alta e poco funzionale. Non sarebbe meglio però, chiedo io, se, invece di eliminarle totalmente, le maggioranze rafforzate fossero semplicemente abbassate? Inoltre per le società target restano sempre praticabili (perchè, mi sembra, consentite dalla consob stessa), strategie quali l’accordo con una società terza che offra un’alternativa all’opa lanciata o i c.d. accordi di “aggregazione aziendale”, queste strategie consentite non costituiscono un valido strumento di tutela?

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